Tar 2025 – la sanzione disciplinare riguarda una condotta ritenuta illecita da parte del ricorrente, che ha portato all’applicazione di una sanzione disciplinare. In particolare, la condotta contestata si basa su due aspetti principali:
1. **Pubblicazione di articoli su argomenti di servizio non rientranti nelle competenze dei sindacati militari:**
Il ricorrente ha pubblicato articoli riguardanti temi di servizio che, secondo l’Amministrazione, non sono di competenza dei sindacati militari. Questi argomenti, come l’ordinamento, l’addestramento e l’impiego del personale militare, sono considerati di esclusiva competenza dell’Amministrazione stessa. La pubblicazione di materiale su tali argomenti senza autorizzazione può essere vista come una violazione delle norme di comportamento e delle competenze sindacali, oltre che un potenziale rischio di diffusione di informazioni non ufficiali o non approvate.
2. **Contestazione delle disposizioni dell’Amministrazione:**
Il ricorrente ha anche contestato pubblicamente le disposizioni adottate dall’Amministrazione, esprimendo critiche o dissenso. Tale atteggiamento può essere interpretato come un comportamento potenzialmente lesivo dell’immagine dell’Amministrazione stessa, in quanto può generare malcontento, confusione o una percezione di instabilità tra il personale o nel pubblico. La libertà di critica, sebbene tutelata, deve comunque rispettare limiti di lealtà e di rispetto istituzionale, specialmente quando coinvolge temi di competenza esclusiva dell’Amministrazione.
**Implicazioni e valutazioni:**
L’Amministrazione ha ritenuto che tali comportamenti abbiano violato le norme di condotta previste, giustificando così la sanzione disciplinare. La diffusione di informazioni non ufficiali e la contestazione pubblica di disposizioni di carattere amministrativo possono compromettere l’ordine, la disciplina e l’immagine istituzionale, elementi fondamentali nel contesto militare.
In conclusione, la condotta del ricorrente è stata considerata illecita perché ha oltrepassato i limiti delle sue competenze sindacali e ha adottato un atteggiamento critico verso l’Amministrazione in modo che potenzialmente ha danneggiato l’immagine e l’autorità dell’istituzione militare, giustificando così l’applicazione della sanzione disciplinare.
Pubblicato il 30/07/2025
N. 00676/2025 REG.PROV.COLL.
N. 00596/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 596 del 2023, proposto dal sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato OMISSIS OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero della Difesa, Aeronautica Militare, -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Cagliari, via Dante, 23;
per l'annullamento:
1) del provvedimento dell'Aeronautica militare, …. (….), M_D ACA001 REG-OMISSIS-, notificato in data -OMISSIS-, con cui è stata inflitta al ricorrente la sanzione disciplinare di giorni uno di consegna;
2) del provvedimento “Atto Dispositivo n. -OMISSIS-”, notificato il -OMISSIS-, adottato dall'Aeronautica militare, Poligono Sperimentale e di addestramento Interforze di “-OMISSIS-”, con il quale è stato rigettato - in quanto ritenuto “infondato per […] motivi di legittimità e di merito” - il ricorso gerarchico presentato dal ricorrente avverso il provvedimento disciplinare di giorni uno di consegna, comminatogli dal Comandante del …., di cui al numero 1 che precede;
3) di tutti gli atti del procedimento disciplinare, come pure del procedimento esitato con il rigetto del ricorso gerarchico;
4) di ogni ulteriore atto, connesso, consequenziale, presupposto e collegato a quelli impugnati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e dell’Aeronautica militare -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2025 il dott. Oscar Marongiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. -OMISSIS-, 1° luogotenente dell'Aeronautica militare in servizio presso il …. (OMISSIS.) di -OMISSIS-, ha impugnato i seguenti atti:
- il provvedimento con cui il Comandante del OMISSIS. ha comminato a suo carico la sanzione disciplinare di un giorno di consegna con la seguente motivazione: “Nei mesi di ottobre e novembre c.a. sono apparsi, sul sito Internet del SI.A.M. (Sindacato Aeronautica Militare, sodalizio privo di iscrizione all’Albo Ministeriale ex art. 3 Legge 46 del 28.04.2022), ad Ella riconducibile in virtù della Sua qualità di “Segretario generale” (come riportato sul predetto sito Internet), alcuni comunicati, inerenti argomenti di servizio, potenzialmente lesivi dell’immagine della Forza Armata di appartenenza e, più in generale, del Ministero della Difesa. In particolare la S.V., e di fatto il sodalizio da Ella rappresentato, ha pubblicamente contestato, e polemizzato, a mezzo piattaforma Internet, talune recenti disposizioni emanate dai Vertici dell’A.M. Quanto sopra in violazione dei precetti indicati dagli artt. 713, 717 e 732 del d.p.r. 90/2010. Con l’aggravante del grado rivestito e dell’anzianità di servizio possedut
- l’Atto Dispositivo n. -OMISSIS-3, con cui il Comandante del Poligono medesimo ha rigettato il ricorso gerarchico presentato dal ricorrente avverso il suindicato provvedimento disciplinare applicativo di un giorno di consegna;
- tutti gli atti del procedimento disciplinare e del ricorso gerarchico.
2. Il provvedimento impugnato origina dalla pubblicazione sul sito web del SIAM, di cui il ricorrente è Segretario generale e legale rappresentante, di alcuni articoli ritenuti dall’Amministrazione potenzialmente lesivi dell’immagine della Forza Armata di appartenenza e del Ministero della Difesa.
Nello specifico, si tratta di:
- un primo articolo, datato -OMISSIS-, dal titolo “-OMISSIS-”, riferito ad un corso formativo riservato a n. 12 manutentori, svoltosi a OMISSIS;
- un secondo articolo, datato -OMISSIS-, dal titolo “-OMISSIS-”, nel quale il sindacato ha affrontato il tema della Direttiva richiamata nel titolo, con riguardo alle disposizioni concernenti gli istituti del ricongiungimento familiare e dell’assegnazione temporanea entro il terzo anno di vita del figlio minore del dipendente.
2.1. Con atto di contestazione degli addebiti del -OMISSIS- è stato avviato un procedimento disciplinare a carico del ricorrente “finalizzato all’eventuale irrogazione di una sanzione disciplinare di corpo diversa dalla “consegna in rigore”, con contestazione della eventuale violazione degli artt. 712 (Doveri attinenti al giuramento), 713 (Doveri attinenti al grado), 717 (Senso di responsabilità), 722 (Doveri attinenti alla tutela del segreto e al riserbo sulle questioni militari) e 732 (Contegno del militare) del T.U.O.M. e art. 1472 (Libertà di manifestazione del pensiero) del C.O.M.”.
In particolare, la condotta del ricorrente è stata ritenuta illecita per avere il medesimo pubblicato articoli relativi ad argomenti di servizio non rientranti nelle competenze dei sindacati militari (ordinamento, addestramento ed impiego del personale) e per avere contestato le disposizioni dell’Amministrazione in materia, così ponendo in essere comportamenti potenzialmente lesivi dell’immagine dell’Amministrazione stessa.
2.2. L’Amministrazione ha quindi adottato nei confronti del ricorrente il provvedimento disciplinare gravato, con il quale è stata sanzionata la violazione solo di alcune delle disposizioni indicate nell’atto di contestazione.
L’Amministrazione, inoltre, ha sanzionato la condotta dell’interessato con riferimento ad alcune espressioni colorite riportate nei predetti articoli (“talune brillanti menti”, “fantasiosa dirigenza”), ritenute “lesive ed inopportune” e dirette in maniera generica a superiori gerarchici non espressamente individuati.
2.3. Il ricorrente ha proposto ricorso gerarchico avverso la sanzione in questione.
Il ricorso è stato respinto con motivazione concentrata sulla oggettiva lesività delle espressioni utilizzate nei predetti articoli.
Nello specifico, tali espressioni sono state considerate “oggettivamente lesive nei confronti dei superiori gerarchici e dei vertici della Forza Armata, quindi dell’istituzione a cui appartiene, e fondamentalmente prive di quel senso di responsabilità che deve contraddistinguere qualsiasi militare, mancanti della correttezza formale prevista nel rappresentare i particolari e delicati argomenti trattati, travalicando le norme di comportamento, il contegno ed i canoni delle comunicazioni compatibili con lo status di militare e le norme che ne regolano i principi”.
3. Il ricorso è stato affidato ai seguenti motivi:
I) “Illegittimità per violazione degli art. 21 e 39 della Costituzione – Violazione dell’art. 1472 del D. Lgs. 66/2010 – Violazione degli artt. 1 e 14 della L. 300/1970 e dei relativi principi”.
La condotta tenuta dal ricorrente, e sanzionata dall’Amministrazione, costituirebbe espressione e realizzazione di prerogative sindacali che competono al SIAM, di cui l’esponente è Segretario generale e legale rappresentante. Gli articoli in questione, difatti, non sono firmati dal ricorrente ma risultano pubblicati sul sito web del sindacato, di talché il soggetto agente sarebbe il sindacato.
Si tratterebbe dunque di condotta estranea all’ambito lavorativo, posta in essere fuori dal servizio nell’esercizio del diritto sindacale di un ente terzo.
Nel caso di specie, sostiene il ricorrente, sarebbero stati rispettati tutti i limiti previsti per l’espressione del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro da parte del lavoratore sindacalista, più precisamente anche rappresentante sindacale. In particolare sarebbero stati rispettati i limiti della verità dei fatti, della continenza formale (correttezza della forma espressiva) e della rilevanza sociale dell’argomento.
L’Amministrazione non avrebbe individuato alcuna lesione specifica né nell’atto di contestazione degli addebiti né nel provvedimento sanzionatorio, essendosi limitata a fare riferimento a comunicati “potenzialmente lesivi dell’immagine della Forza Armata di appartenenza e, più in generale, del Ministero della Difesa”, affermando solo in sede di rigetto del ricorso gerarchico che le espressioni incriminate sarebbero “oggettivamente lesive” per l’Amministrazione medesima.
II) “Illegittimità per violazione dell’art. 14 del D.Lgs. 46/2022 – Violazione dell’art. 11, comma 1, della Carta dei Diritti Fondamentali UE - Violazione dall’art. 10, comma 1, della Convenzione EDU - Violazione degli artt. 5 e 6 della Carta Sociale Europea”.
La condotta tenuta dal ricorrente costituirebbe espressione dell’esercizio della carica dirigenziale dal medesimo rivestita quale Segretario generale del SIAM, sindacato oggi iscritto all’Albo dei Sindacati di cui all’art. 3 della l. n. 46/2022, sotto l’egida delle garanzie di cui alla disciplina eurounitaria oltre che nazionale.
III) “Violazione – falsa interpretazione ed applicazione degli artt. 713, 717 e 732 del D.P.R. 90/2010”.
Gli articoli censurati e le relative espressioni adoperate nell’esercizio del diritto di critica sindacale non avrebbero condizionato lo svolgimento delle funzioni del ricorrente, né leso il prestigio delle Forze Armate, non contenendo alcun elemento di offesa o critica in grado di offuscarne l’immagine. Al contrario, si ricollegherebbero ai fini istituzionali sia il sollecito all’Amministrazione (nell’articolo datato -OMISSIS-) a rivedere l’organizzazione del viaggio dei destinatari del corso di formazione, sia il richiamo (nell’articolo del -OMISSIS-) alle disposizioni che governano la mobilità del personale militare, in ragione della non perfetta aderenza delle previsioni della contestata direttiva alla normativa di rango superiore.
L’Amministrazione avrebbe “valutato la condotta del ricorrente, concludendo per la relativa illiceità, non considerandola espressione di critica sindacale, non considerando che costui ha operato nella veste di legale rappresentante del SIAM, che occupa una posizione di parità nei confronti dell’Amministrazione, ma solo ed esclusivamente considerando il ricorrente nella sua veste e nel suo status di dipendente - militare, dunque spogliato dalla veste sindacale in cui ha operato, in posizione subordinata nei confronti dell’Amministrazione nonostante – come chiarito dalla giurisprudenza, come anche riconducibile all’art. 14 della L. 46/2022 - nell’esercizio delle attribuzioni sindacali il dipendente opera alla pari rispetto all’Amministrazione”.
IV) “Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità e contraddittorietà Mancanza di omogeneità tra l’atto di contestazione e i successivi – Violazione del diritto di difesa ed al contraddittorio - Eccesso di potere per errore e travisamento – Vizio d’istruttoria - Vizio di motivazione - Illegittima postuma integrazione della motivazione del provvedimento sanzionatorio - Violazione dell’art. 1355 D. Lgs. 66/2010”.
L’Amministrazione nel provvedimento sanzionatorio, discostandosi da quanto riportato nell’atto di contestazione degli addebiti (nel quale si contestava la pubblicazione di articoli attinenti ad argomenti di servizio non rientranti nelle competenze dei sindacati militari - ordinamento, addestramento ed impiego del personale - anche perché concernenti disposizioni dell’Amministrazione e, pertanto, potenzialmente lesivi dell’immagine del Ministero), e sia pure motivando la sanzione ripetendo la contestazione, avrebbe valorizzato e sanzionato la condotta con riferimento ad alcune affermazioni contenute negli articoli pubblicati che, in quanto rivolte al vertice della Forza Armata, seppure non ad un soggetto determinato, sono state considerate di “indubbio gusto e taglio fortemente ridente”, “lesive ed inopportune”, essendo i superiori gerarchici a cui erano dirette comunque individuabili.
In definitiva, “l’Amministrazione, dopo avere contestato al ricorrente il contenuto dei comunicati, per l’essere al di fuori delle materie di competenza sindacale, ritenuti lesivi perché di critica di argomenti attinenti al servizio, lo [avrebbe] sanziona[to] più che per l’argomento oggetto dei contenuti degli articoli, per le espressioni usate, non oggetto né di contestazione né di difesa”.
Da ciò l’irrazionalità, l’illogicità, la contraddittorietà e la mancanza di omogeneità tra l’atto di contestazione e i successivi atti del procedimento, inclusa la decisione sul ricorso gerarchico.
Vi sarebbe inoltre la lesione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio (perché il ricorrente non si è difeso in ordine alle espressioni stigmatizzate dall’Amministrazione, non destinatarie di alcuna specifica contestazione), il vizio d’istruttoria (in mancanza di verifiche volte ad appurare l’effettiva produzione del danno all’immagine), il vizio di motivazione e la contraddittorietà, l’errore e il travisamento (per aver l’Amministrazione valutato la condotta del ricorrente non in collegamento con l’esercizio del diritto di critica sindacale, ma tenendo solo conto del rapporto lavorativo in essere, alla stregua di qualsivoglia altro militare dipendente, in spregio alle disposizioni costituzionali e ai principi vigenti in materia) e la violazione dell’art. 1355 del d.lgs. n. 66/2010 (non comprendendosi come i criteri normativamente imposti per graduare la sanzione abbiano impattato sulla decisione).
V) “Illegittimità del provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico per vizio di motivazione – Violazione dell’art. 5, ultimo comma, D.P.R. 1199/1971”.
Il provvedimento con cui è stato respinto il ricorso gerarchico risulterebbe privo di motivazione, essendosi l’Amministrazione limitata a reiterare quanto già sinteticamente espresso nel provvedimento sanzionatorio.
4. Si sono costituiti per resistere il Ministero della Difesa e l’Aeronautica Militare, Poligono Sperimentale e di Addestramento interforze del “-OMISSIS-”, chiedendo la reiezione del ricorso.
5. All’udienza pubblica del 5 marzo 2025, in vista della quale le parti hanno presentato rispettive memorie, la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.
6. Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito esposte.
6.1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione del diritto di libera manifestazione del pensiero così come garantito a livello costituzionale dagli artt. 21 e 39 Cost. (libertà sindacale) nonché dall’art. 1472 del d.lgs. n. 66 del 2010 (Codice dell’ordinamento militare - COM). In particolare, l’Autorità militare avrebbe sanzionato una condotta solo indirettamente tenuta dal ricorrente quale Segretario generale del Sindacato Aeronautica Militare (SI.A.M.), ma comunque da ricondurre ad attività estranea all’ambito lavorativo e costituente esercizio del diritto sindacale, posta in essere nel rispetto di tutti i limiti previsti per l’espressione del diritto di critica da parte del lavoratore sindacalista, quali la continenza formale e la rilevanza sociale dell’argomento. L’illegittimità dell’agire dell’Amministrazione trasparirebbe, inoltre, dalla mancata individuazione di una lesione specifica agli interessi della Forza Armata derivante dal comportamento sanzionato.
6.1.1. La censura non coglie nel segno.
Nella vicenda che occupa viene in rilievo l’esercizio dei diritti sindacali internamente alle Forze Armate, in quanto, come visto sopra, il ricorrente riveste la carica di Segretario generale di un sindacato militare.
Al riguardo, giova richiamare, in via di premessa, la pronuncia della Corte costituzionale n. 120 del 7.6.2018, nella quale si è affermato che “l’art. 1475, comma 2, d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare) è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede che i militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali, invece di prevedere che gli stessi militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge, ma non possono aderire ad altre associazioni sindacali”.
Nulla questio, dunque, sulla possibilità per i militari delle Forze Armate di costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge (sul punto si tornerà infra).
Ciò posto, sostiene il ricorrente di avere pubblicato sul sito web del SI.A.M. (nelle more iscritto all’Albo dei Sindacati di cui all’art. 3 della l. n. 46/2022), nella sua veste di rappresentante sindacale, due diversi comunicati che sono stati considerati dall’Amministrazione dapprima (in sede di avvio del procedimento disciplinare: v. doc. 5 del ricorrente) “potenzialmente lesivi dell’immagine della Forza Armata di appartenenza e, più in generale, del Ministero Difesa” e, successivamente (in sede di adozione del provvedimento disciplinare sanzionatorio: v. doc. 9 del ricorrente), espressivi di “aggettivazioni e commenti che, oggettivamente, travalicano i canoni di correttezza della comunicazione”; ciò con particolare riferimento alle due summenzionate espressioni, riportate nel secondo comunicato (ovvero “talune brillanti menti” e “fantasiosa dirigenza”), ritenute “inequivocabilmente e sarcasticamente rivolte a talune figure apicali dell’Aeronautica Militare”.
Orbene, l’esame degli atti di causa disvela la legittimità dell’operato dell’Autorità Militare.
Non è anzitutto ravvisabile nella fattispecie la violazione del diritto di libera manifestazione del pensiero lamentata da parte ricorrente.
Con specifico riferimento alle possibili limitazioni del diritto alla libera manifestazione del pensiero nei confronti dei militari la giurisprudenza condivisa dal Collegio (T.A.R. Lazio, Sez. I-bis, 13.11.2024, n. 20193, ove si richiama anche C.d.S., Sez. II, 6.6.2023, n. 556; id., Sez. II, 16.3.2022, n. 1905; id., Sez. II, 5.12.2023, n. 10532) ha avuto modo di chiarire che se, da un lato, negli ordinamenti liberali - al novero dei quali quello italiano va ascritto, quantomeno in ragione della sua adesione alle organizzazioni e convenzioni internazionali in materia - in linea di principio non è vietato al cittadino avere opinioni personali di qualsiasi contenuto, anche dissonante dai principi costituzionali fondanti, né esprimerle, purché continentemente e comunque sempre con modalità non apologetiche, neppure v’è dubbio, d’altra parte, che più stringenti limiti, anche in punto di espressione di tali opinioni, possano essere imposti ai militari in servizio e ad alcune categorie di pubblici funzionari (arg.
La Corte costituzionale ne ha infatti rimarcato i confini, con numerose pronunce, a tutela, ad esempio, della sicurezza dello Stato, “riferita alla tutela della esistenza, della integrità, della unità, della indipendenza, della pace e della difesa militare e civile dello Stato” (sent. n. 25 del 1965) ovvero del prestigio del Governo, dell’ordine giudiziario e delle forze armate (sent. n. 20 del 1974).
Anche la Corte di Cassazione ha riconosciuto che viene in considerazione un diritto che “non può essere considerato senza limiti” (Cass. civ., Sez. III, 5.11.2018, n. 28084).
Si è anche chiarito che le restrizioni imposte ai diritti del cittadino-militare derivano dai princìpi organizzativi che ineriscono alla struttura del corpo, qualificando in modo necessario il rapporto di impiego in questo comparto dell’Amministrazione, quali gerarchia, obbedienza, prontezza, coerenza interna e compattezza. Al riconoscimento generale, dunque, di tali diritti fa seguito l’imposizione, con formula altrettanto generale, di limitazioni nell’esercizio di alcuni di essi, insieme all’osservanza di particolari doveri nell’ambito dei principi costituzionali, al fine di garantire l’assolvimento dei compiti propri delle Forze armate (C.d.S., Sez. II, 18.5.2020, n. 3165).
L’esercizio del diritto di libera manifestazione del pensiero, dunque, per quanto stabilito e riconosciuto, anche a livello sovranazionale, specie con riferimento agli appartenenti ai diversi Corpi delle Forze Armate, non può intendersi come illimitato, apparendo necessari, viste le funzioni e gli obiettivi perseguiti dalla Forza Pubblica, il riconoscimento e l’apposizione di limiti che permettano di garantire l’integrità, l’unità, l’indipendenza, la pace e la difesa militare e civile quali valori da sempre perseguiti dalle stesse Forze Armate.
E lo stesso vale rispetto all’esercizio dei diritti sindacali. Infatti, posta – come visto sopra - l’illegittimità costituzionale dell’art. 1475, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010 nella parte in cui non prevedeva la possibilità di fondare o partecipare ad organismi sindacali anche in capo ai militari, non si può soprassedere sulle differenze di funzioni ed obiettivi perseguiti dagli appartenenti alle Forze Armate rispetto alla generalità dei lavoratori. Per i militari, dunque, la libertà di espressione, e con essa l’esercizio delle libertà sindacali, subisce limitazioni più pregnanti, di talché lo stesso rappresentante sindacale, quale militare e non privato cittadino, soggiace a limitazioni più significative e l’attività dal medesimo svolta in qualità di rappresentante legale di un sindacato ben può essere attenzionata mediante un intervento dell’Autorità militare diretto a scovare una eventuale lesione dell’immagine e, finanche, del prestigio della Forza Armata di appartenenza e del Ministero della Difesa.
D’altra parte, è priva di pregio anche la censura con cui il ricorrente si duole della mancata individuazione specifica della lesione causata all’immagine della Forza Armata.
L’Amministrazione ha dapprima - nell’avviso di avvio del procedimento disciplinare di corpo - qualificato come “potenzialmente lesivi” i comunicati pubblicati su Internet, ma ciò trova spiegazione nel fatto che si versava nella fase iniziale del procedimento, nella quale è del tutto appropriato l’utilizzo di una terminologia indicativa di una mera eventualità e potenzialità: la finalità tipica del procedimento disciplinare è infatti quella di verificare la effettiva sussistenza e portata dell’infrazione compiuta dall’incolpato, che potrà ritenersi confermata solo in sede di comminatoria della sanzione disciplinare.
La contestazione, poi, viene ripresa per relationem e confermata, all’esito dell’istruttoria procedimentale, nella motivazione del provvedimento applicativo della sanzione, nel quale peraltro, anche in risposta alle giustificazioni addotte dal ricorrente, si chiarisce che negli articoli oggetto di pubblicazione “si riport[a]no “aggettivazioni e commenti” che, oggettivamente, travalicano i canoni di correttezza della comunicazione. In tal senso, espressioni quali “talune brillanti menti” e “fantasiosa dirigenza”, quest’ultime inequivocabilmente e sarcasticamente rivolte a talune figure apicali dell’Aeronautica Militare, risultano esorbitanti anche rispetto all’invocato diritto di critica, poiché si risolvono in commenti che hanno, come finalità, solo quella di offuscare pubblicamente e mettere in cattiva luce l’immagine e l’operato della Forza Armata e dei Vertici Militari. Quanto precede in netto contrasto con lo spirito di leale e fattiva partecipazione che deve animare il contegno e l’atteggiamento dei mil
L’Autorità militare, dunque, ha individuato in maniera specifica sia le violazioni (attraverso il richiamo agli artt. 713, 717 e 732 del d.P.R. n. 90/2010) commesse dal ricorrente per mezzo del sito web del sindacato militare, a sua volta a lui riconducibile in ragione della carica rivestita, sia il conseguente pregiudizio arrecato all’immagine della Forza Armata.
Occorre poi aggiungere che per costante giurisprudenza “le valutazioni dell’Amministrazione in materia di sanzioni disciplinari sono connotate da ampia discrezionalità, anche in ordine alla valutazione dei fatti ascritti al dipendente, al convincimento sulla gravità delle infrazioni e alla conseguente sanzione da infliggere, ciò in considerazione degli interessi pubblici che devono essere attraverso tale procedimento tutelati. Quindi il provvedimento disciplinare sfugge ad un pieno sindacato di legittimità del giudice, il quale non può sostituire le proprie valutazioni a quelle operate dall’Amministrazione, salvo che queste ultime siano inficiate da travisamento dei fatti, evidente sproporzionalità o qualora il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente ovvero sia viziato da palese irrazionalità” (C.d.S., Sez. II, 31.3.2023, n. 3326; ex multis, C.d.S., Sez. II, 15.5.2020, n. 3112; Sez. II, 8.10.2022, n. 5969; Sez. II, 21.3.2022, n. 2004; C.d.S., Sez. IV, 4.10.2018, n. 5700;
Per quanto appena esposto il primo motivo non può trovare accoglimento.
6.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione delle norme di diritto nazionale e sovranazionale che riconoscono come non perseguibili disciplinarmente le opinioni espresse nell’esercizio di cariche dirigenziali rivestite all’interno di sindacati rappresentativi, ed in particolare:
- dell’art. 11, comma 1, della Carta dei Diritti Fondamentali UE, secondo cui “Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”;
- dell’art. 10, comma 1, della Convenzione EDU, a mente del quale “Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”;
- dell’art. 14 (rubricato “Tutela e diritti”) della legge 28 aprile 2022 n. 46 (“Norme sull’esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo”), secondo cui “1. I militari che ricoprono cariche elettive nelle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari riconosciute rappresentative a livello nazionale ai sensi dell’articolo 13: a) non sono perseguibili in via disciplinare per le opinioni espresse nello svolgimento dei compiti connessi con l’esercizio delle loro funzioni, fatti salvi i limiti della correttezza formale e i doveri derivanti dal giuramento prestato, dal grado, dal senso di responsabilità e dal contegno da tenere, anche fuori del servizio, a salvaguardia del prestigio istituzionale; [...]”.
A dire del ricorrente, peraltro, le garanzie poste a tutela del diritto di critica dal citato art. 14 della l. n. 46/2022 opererebbero nonostante all’epoca dei fatti il SIAM non fosse ancora iscritto all’Albo, venendo in rilievo il legittimo esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti di valenza generale ed intimamente connessi con l’ordinamento democratico.
L’esercizio dei diritti in questione, inoltre, risulterebbe consolidato anche alla luce delle disposizioni
di cui agli artt. 5 e 6 della Carta Sociale Europea.
6.2.1. La censura è infondata.
Quanto al riconoscimento sul piano sovranazionale della libertà di espressione e di opinione, non vi è dubbio che tali libertà siano esercitabili anche dai militari.
Purtuttavia, si è già visto sopra che l’esercizio del diritto di libera manifestazione del pensiero e dei diritti sindacali ad opera degli appartenenti ai diversi Corpi delle Forze Armate non può intendersi come illimitato, essendo invece necessari, in considerazione delle funzioni e degli obiettivi perseguiti dalla Forza Pubblica, il riconoscimento e l’apposizione di limiti volti a garantire l’integrità, l’unità, l’indipendenza, la pace e la difesa militare e civile, quali valori da sempre perseguiti dalle stesse Forze Armate.
Quanto, poi, alle garanzie poste a livello nazionale dall’art. 14 della legge n. 46/2022 (oggi abrogato dall’art. 3, comma 1, del d.lgs. 24 novembre 2023, n. 192), in disparte i dubbi circa l’applicabilità della norma alla fattispecie (derivanti dal fatto che l’iscrizione del SI.A.M. all’Albo dei Sindacati di cui alla l. n. 46 è avvenuta, come visto, nel 2023, successivamente all’applicazione della sanzione disciplinare per cui è causa), osserva il Collegio che dalla semplice lettura della disposizione legislativa in parola emergono i plurimi limiti e temperamenti posti a corredo del principio di non perseguibilità dei militari ricoprenti cariche elettive all’interno delle associazioni sindacali militari. Tra questi rivestono particolare importanza, con riguardo al caso di specie, i doveri derivanti dal giuramento prestato, dal grado, dal senso di responsabilità e dal contegno da tenere anche al di fuori del servizio, ai quali a ben vedere si fa riferimento sia in sede di avviso di avvio del procedimento dis
La censura, pertanto, non merita accoglimento.
6.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 713 (“Doveri attinenti al grado”), 717 (“Senso di responsabilità”) e 732 (“Contegno del militare”) del d.P.R. n. 90 del 2010, deducendo in particolare che né i comunicati, né le espressioni ritenute lesive dall’Autorità militare avrebbero in realtà condizionato l’esercizio delle sue funzioni, né tantomeno leso il prestigio delle Forze Armate, risolvendosi nella mera espressione del diritto di critica riconosciuto ai rappresentanti sindacali.
6.3.1. La censura non ha pregio.
Sull’esercizio del diritto di critica, e sui limiti stringenti allo stesso applicabili con riguardo alle cariche militari, in aggiunta a quanto già osservato sopra con riferimento più in generale ai limiti alla libertà di espressione e opinione e all’esercizio dei diritti sindacali in ambito militare, giova richiamare il recente parere del Consiglio di Stato, Sez. I, 27.6.2024, n. 827, nel quale si chiarisce che: “Tale diritto fondamentale - riconosciuto espressamente in favore del personale militare dall’art. 1472 c.m. ed il cui esercizio di per se solo non può mai dare luogo a sanzioni disciplinari ex artt. 1465 e 1466 c.m. - trova un proprio limite intrinseco (oltre quelli esplicitati dai menzionati artt. 1465 e 1472 c.m.), nella necessità che le espressioni usate, in relazione al costume sociale ed alle modalità comunicative normalmente usate, non solo non integrino una lesione penalmente rilevante di altre posizioni giuridiche, ma - nei contesti sociali per i quali vige una disciplina comportamentale pi
In ragione, dunque, della disciplina comportamentale più rigorosa applicabile ai membri delle Forze Armate, si spiega la sanzione disciplinare adottata dall’Amministrazione nel caso di specie.
Così come affermato dalla giurisprudenza, infatti, “le forze armate sono regolate da un complesso di norme e principi (che gli appartenenti si obbligano ad osservare) i quali, in virtù di pubblici interessi ed in quanto rivolti a soggetti cui si chiede una disciplina “speciale”, possono trovare del tutto legittimamente un’applicazione in senso compressivo di alcuni profili di libertà comportamentale (Cons. Stato, sez. IV, 7.04.2014, n. 1609) e sono sottoposte ai doveri di contegno che incombono sui militari ai sensi degli artt. 713, comma 1 e 732, commi 1 e 2, D.P.R. n. 90 del 2010. Perciò, anche un comportamento in teoria riconducibile alla libertà garantita dall’art. 21 Cost. potrebbe essere rilevante dal punto di vista disciplinare [...]” (C.d.S., parere, 827/2024, cit.; C.d.S., Sez. IV, 7.4.2014, n. 1609).
In quest’ottica, per quanto una determinata attività, quale può essere la pubblicazione di contenuti su un sito web, possa essere formalmente e sostanzialmente ricondotta alla libertà di espressione e al diritto di critica, l’esercizio di tale libertà e di tale diritto da parte di un appartenente alle Forze Armate “deve porsi entro i consueti canoni costituzionali sostanzialmente riconducibili al rispetto della continenza, ossia del linguaggio appropriato, corretto e sereno, della pertinenza, ovvero dell’esistenza di un pubblico interesse alla conoscenza del fatto, della veridicità, cioè della corrispondenza tra fatti avvenuti e riferiti” (ex multis, Cass. Civ., Sez. VI, 3.12.2021, n. 38215).
In un ambito in cui vengono in rilievo, da un lato, la discrezionalità dell’Amministrazione nell’esercizio del potere disciplinare e, dall’altro, i menzionati limiti all’esercizio del diritto di critica da parte del personale militare, assume dunque un rilievo particolarmente pregnante il profilo lesivo rappresentato dalla pubblicazione di comunicati sul sito web del sindacato. La pubblicazione dei predetti comunicati su Internet, infatti, non può ritenersi innocua ma, al contrario, è suscettibile di ledere l’immagine dell’Aeronautica Militare e del Ministero della Difesa attesa la maggiore, più agevole e più rapida diffusione che un comunicato online può avere, oggigiorno, rispetto ad un comunicato diffuso tramite mezzo cartaceo.
Le censure, pertanto, non meritano accoglimento.
6.4. Con il quarto motivo il ricorrente si duole del fatto che l’Amministrazione avrebbe fondato la gravata sanzione disciplinare non tanto sulle contestazioni formulate in sede di avvio del procedimento, quanto sul contenuto delle espressioni utilizzate dal ricorrente negli articoli diffusi sul web, ritenute lesive ed inopportune poiché rivolte a superiori gerarchici individuabili (benché non specificamente individuati).
6.4.1. La censura è infondata alla luce delle argomentazioni sopra esposte con riguardo alle precedenti doglianze.
Come chiarito dall’Amministrazione nella impugnata decisione, il ricorrente, sin dall’avviso di avvio del procedimento è stato posto adeguatamente a conoscenza dell’infrazione contestata, riferita espressamente all’avvenuta pubblicazione di alcuni contenuti sul sito web del SI.A.M. ad opera dell’interessato, con cui venivano contestate alcune disposizioni emanate dai vertici dell’Autorità militare.
Non coglie nel segno neppure l’ulteriore censura con cui si contesta la violazione dell’art. 1355 del d.lgs. n. 66 del 2010.
L’Amministrazione, infatti, ha specificato di avere comminato la sanzione di un giorno di consegna proprio in considerazione del grado ricoperto dal ricorrente, quale 1° Luogotenente dell’Aeronautica Militare, oltre che della sua anzianità di servizio, nel rispetto, quindi, della citata disposizione normativa, nonché dei principi di proporzionalità e gradualità che devono caratterizzare qualsiasi sanzione disciplinare.
Da ciò l’infondatezza della censura in esame.
6.5. Infine il ricorrente, con il quinto motivo, censura il decreto di rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso la sanzione disciplinare, in quanto a suo dire privo di motivazione adeguata.
6.5.1. La censura non ha pregio.
Dalla semplice lettura del decreto in questione emerge la completezza del medesimo in ogni sua parte. La motivazione di tale atto, che nella sostanza conferma la legittimità del provvedimento irrogativo della sanzione, risulta così formulata:
“il ricorrente (rectius il Melis), ancorché Segretario Generale dell’APCSM SI.A.M., è di fatto pur sempre un militare, quindi tenuto al rispetto del d.P.R. 15/03/2010, n. 90 (c.d. T.U.O.M.), nonché del Codice dell’Ordinamento Militare d.lgs 15/03/2010, n. 66, ai sensi dei quali, in ossequio agli artt. 713, 717 e 732, deve sempre improntare il suo operato, qualsiasi correlata veste contestualmente intenda assumere, sempre che ne abbia diritto, come sostenuto a sua discolpa; quindi le affermazioni pubblicate sul sito dell’APCSM nei mesi di ottobre e novembre 2022, oggetto della contestazione degli addebiti, sono oggettivamente lesive nei confronti dei Superiori gerarchici e dei vertici della Forza Armata, quindi dell’istituzione militare cui appartiene e fondamentalmente prive di quel senso di responsabilità che deve contraddistinguere qualsiasi militare, mancanti della correttezza formale prevista nel rappresentare i particolari e delicati argomenti trattati, travalicando le norme di comportamento, il contegn
Si tratta di motivazione succinta ma esauriente, che – diversamente da quanto dedotto da parte ricorrente - non si risolve nella mera riproposizione di quanto esposto nel provvedimento sanzionatorio, ma respinge nella sede gerarchica sovraordinata le censure proposte dall’istante (sinteticamente illustrate nella parte in fatto del decreto), all’esito del riesame dell’intero fascicolo disciplinare, come espressamente indicato nello stesso decreto.
La censura, pertanto, non merita accoglimento.
7. In definitiva, il ricorso va respinto siccome infondato.
8. Le spese del giudizio, nondimeno, possono essere compensate tra le parti, tenuto conto della peculiarità della vicenda nel suo complessivo sviluppo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento UE n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2025 con l'intervento dei magistrati:
Marco Buricelli, Presidente
Oscar Marongiu, Consigliere, Estensore
Gabriele Serra, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Oscar Marongiu Marco Buricelli
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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