Tar 2025-legittimità e compatibilità costituzionale del quadro normativo vigente, in particolare in relazione alle contestazioni di incostituzionalità avanzate dall’Istituto resistente e alla loro successiva disamina da parte del Tribunale e del Giudice amministrativo di appello.
L’argomentazione presentata dall’INPS si basa su una interpretazione restrittiva e storicamente fondata delle norme che disciplinano la liquidazione del Trattamento di Fine Servizio (TFS), sostenendo che questa sia regolata dall’art. 1, comma 15-bis, del d.l. 379/1987, piuttosto che dall’art. 6-bis del d.l. 387/1987 come affermato dalla parte ricorrente. Secondo l’INPS, questa norma precedente limiterebbe il beneficio ai soli dipendenti cessati per specifiche cause (età, inabilità o decesso), escludendo quindi il suo riconoscimento a tutta la categoria dei lavoratori del comparto sicurezza, salvo le ipotesi sopra indicate.
L’INPS sostiene inoltre che un’interpretazione estensiva del beneficio, che includa anche le altre categorie di benefici di legge e non solo il trattamento stipendiale, sarebbe irragionevole e contraria alla legge, poiché rischierebbe di violare il principio di legalità e di eguaglianza sanciti dalla Costituzione. In particolare, si oppone all’idea di estendere il beneficio a tutti i lavoratori del comparto sicurezza senza distinzione, ritenendo che ciò porterebbe a effetti discriminatori e a un aggravio di spesa previdenziale, non sostenibile e imprevedibile, contrastando così con gli artt. 3 (principio di uguaglianza) e 81 (bilancio e finanza pubblica) della Costituzione.
In sintesi, l’INPS si afferma che la normativa vigente limita il beneficio del TFS alle condizioni e ai destinatari previsti dalla legge, e che un’interpretazione più ampia sarebbe non solo infondata ma anche costituzionalmente e legalmente inaccettabile, giustificando così il rifiuto di estendere il beneficio ai ricorrenti sulla base della normativa e della sua interpretazione storica e costituzionale.
In primo luogo, si affronta la questione relativa all’art. 6-bis del d.l. 387/1987, che è stato oggetto di contestazione circa la sua compatibilità con il principio costituzionale di copertura finanziaria (art. 81 Cost.). La risposta fornita è che questa norma non si pone in contrasto con il principio costituzionale, poiché:
- Esiste una norma di copertura finanziaria effettiva, rappresentata dall’art. 1 del D.L. n. 387/1987.
- Il principio della copertura finanziaria costituisce un limite per il legislatore, ma non per il giudice, che ha il compito di interpretare e applicare le norme nel rispetto del quadro normativo complessivo. Questa interpretazione si basa su precedenti giurisprudenziali (ad esempio, TAR Sicilia Palermo, 11 aprile 2024, n. 1221; TAR Valle d’Aosta, 20 maggio 2024, n. 23).
In sostanza, la norma è considerata compatibile con il principio di copertura finanziaria, in quanto esiste una copertura concreta e il giudice può esercitare il suo ruolo interpretativo senza violare tale principio.
Per quanto riguarda il canone di ragionevolezza, il commento cita le decisioni del Consiglio di Stato, che hanno condiviso l’idea che la disciplina in esame non comporti un’estensione indiscriminata di benefici premiali, ma piuttosto una regolamentazione mirata, soggetta a requisiti specifici (raggiungimento di età anagrafica e contributiva), e volta a evitare disparità di trattamento tra categorie di lavoratori assimilabili, in questo caso appartenenti al comparto sicurezza.
Le decisioni del Consiglio di Stato (ad esempio, sez. II, 17 aprile 2024, n. 3492) evidenziano quindi come la normativa sia giustificata e ragionevole, e come non sussistano profili discriminatori nei confronti di specifiche categorie di lavoratori, contrariamente a quanto sostenuto dall’INPS.
In conclusione, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che la normativa in questione sia conforme sia ai principi costituzionali di copertura finanziaria sia al principio di ragionevolezza, e che non sussistano profili di incostituzionalità o discriminazione tali da invalidarla.
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