Consiglio di Stato 2025- Il paragrafo fornito del Consiglio di Stato del 2025 analizza in dettaglio le procedure e i requisiti normativi relativi all'accertamento delle infermità o lesioni nei militari, in particolare in relazione alle cause di servizio. Vediamo di esaminare e commentare i principali punti salienti.
### 1. **Normativa Riferita**
L’articolo 11 del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 e l’articolo 1079 del T.U. delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90) stabiliscono le procedure per l’accertamento della riconducibilità di infermità o lesioni ad attività lavorativa. La normativa indica che è necessario dimostrare un nesso causale tra i fatti di servizio e l’insorgenza della patologia.
### 2. **Nesso Causale**
Il nesso causale non è solo una condizione necessaria, ma è fondamentale per la concessione di elargizioni economiche ai militari che hanno subito infermità a causa di missioni o operazioni in contesti ambientali particolari, come l'uso di proiettili all'uranio impoverito. Questo implica che il personale militare deve fornire prove sufficienti per dimostrare che le loro condizioni di salute siano direttamente collegate ai fatti di servizio.
### 3. **Ruolo del Comitato di Verifica**
Il Comitato di verifica ha un ruolo cruciale in questo processo, in quanto è l'organo preposto a valutare in modo esclusivo il nesso eziologico. La sua composizione multidisciplinare, che include esperti medici, giuridici e amministrativi, garantisce una valutazione completa e articolata. È interessante notare che la valutazione del Comitato è considerata di massima autorità e la sua decisione si impone all'amministrazione, limitata alla verifica della regolarità procedurale.
### 4. **Discrezionalità Tecnica**
La discrezionalità tecnica del Comitato significa che le sue valutazioni non possono essere contestate in sede giurisdizionale, a meno che non vi siano vizi procedurali o evidenti irragionevolezze nelle motivazioni. Questo protegge le decisioni del Comitato da contestazioni infondate e assicura che le valutazioni siano basate su criteri scientifici e professionali.
### 5. **Giurisprudenza Rilevante**
La giurisprudenza menzionata, inclusi i pareri del Consiglio di Stato, sottolinea l'importanza di un approccio rigoroso nella valutazione delle infermità e delle patologie legate al servizio. La necessità di considerare tutti i fatti rilevanti e le circostanze specifiche è fondamentale per garantire che le decisioni siano giuste e ben motivate.
### Conclusioni
In sintesi, il documento evidenzia l'importanza di un processo ben definito e rigoroso per l'accertamento delle infermità legate al servizio militare, sottolineando il ruolo centrale del Comitato di verifica. La normativa stabilisce chiari requisiti per il nesso causale, mentre la discrezionalità tecnica del Comitato assicura che le valutazioni siano basate su competenze specialistiche e non soggette a contestazioni facilmente contestabili. La trasparenza e la correttezza del procedimento sono essenziali per garantire il giusto riconoscimento dei diritti dei militari.
Pubblicato il 18/03/2025
N. 02211/2025REG.PROV.COLL.
N. 05213/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5213 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della difesa, Ministero dell’economia e delle finanze, in persona dei Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. I-bis, -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Ministero dell'economia e delle finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2025 il consigliere Luca Emanuele Ricci e udito per parti appellante l’avvocato Angelo Fiore Tartaglia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Oggetto del presente giudizio sono due provvedimenti del Ministero della Difesa, che hanno negato la dipendenza da causa di servizio dell’infermità «esiti di .... .... per .... .... a ....con marcato impegno funzionale», sofferta dall’appellante:
- decreto prot. 419/N del 4 febbraio 2016, su conforme parere (prot. 25345/2015) del Comitato di verifica delle cause di servizio, reso nell’adunanza n. 353/2125 del 23 dicembre 2015;
- nota prot. M_D/GPREV/REG2017/0062494, adottato a seguito di riesame del fascicolo del ricorrente, all’esito di nuovo parere del Comitato di verifica (prot. 81719/2017), reso nell’adunanza n. 310/2017 dell’11 aprile 2017 e avente contenuto confermativo del precedente.
2. I fatti rilevanti per la vicenda, come emergono dagli atti di causa, possono essere così sintetizzati:
- l’appellante è un militare dell’Esercito italiano, che ha partecipato alla missione militare in -OMISSIS-, in qualità di conduttore di automezzi, nel periodo ricompreso tra il 19 novembre 2003 e il 10 giugno 2004;
- in tale occasione, riferisce di essere stato esposto ad «esalazioni e residui tossici derivanti dalla combustione ed ossidazione dei metalli pesanti causate dall’impatto e dall’esplosione delle munizioni utilizzate per le operazioni belliche» tra cui quelle correlate all’uso di munizionamento all’uranio impoverito, di non essere stato dotato di adeguati dispositivi di protezione, né informato dei rischi derivanti dall’esposizione;
- nel novembre 2013 gli è stata diagnostica una «-OMISSIS-», per cui si rendeva necessario un intervento di .... (asportazione chirurgica del ....);
- con istanza del 5 maggio 2014, l’appellante ha chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità «esiti di .... .... per .... .... a ....con marcato impegno funzionale», nonché l’attribuzione del corrispondente equo indennizzo;
- con parere n. 25345/2015, reso in data 23 dicembre 2015, il Comitato di verifica ha escluso la dipendenza da causa di servizio dell’infermità, «in quanto, nei precedenti di servizio dell’interessato, non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo ad una genesi neoplastica». Conseguentemente, il Ministero della Difesa ha respinto la domanda presentata per l’ottenimento dei benefici di legge;
- i provvedimenti sono stati impugnati davanti al T.a.r. del Lazio, con ricorso iscritto al numero di r.g. 3468/2016;
- il Ministero ha quindi chiesto al Comitato di verifica di riesaminare della posizione del ricorrente, anche alla luce delle osservazioni e degli elementi contenuti nel ricorso;
- il Comitato di verifica, con parere 81719/2017, reso in data 11 aprile 2017, ha confermato il contenuto del precedente atto;
- anche tale parere è stato impugnato dal ricorrente, con motivi aggiunti, articolando altresì una domanda risarcitoria per i danni cagionati dalla patologia;
- nel corso del giudizio di primo grado, - con ordinanze nn. 8893 del 1° luglio 2020 e 10907 del 9 ottobre 2020 – il T.a.r. del Lazio ha disposto una verificazione sulla vicenda, affidata all’Istituto nazionale tumori Regina Elena;
- i verificatori, con relazione depositata il 5 luglio 2021, hanno parimenti escluso l’esistenza di un nesso di causalità tra le attività svolte dall’odierno appellante e l’insorgenza dell’infermità;
2.1. Con la sentenza appellata, il T.a.r. del Lazio ha respinto integralmente il ricorso. Secondo la motivazione della pronuncia:
- l’amministrazione è tenuta a conformarsi al parere del Comitato, cui la normativa vigente attribuisce una competenza esclusiva in materia di accertamento della dipendenza da causa di servizio (art. 11, d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461);
- il Ministero può dunque limitarsi a motivare le proprie determinazioni attraverso il richiamo al contenuto del parere reso dal Comitato, mentre non sussiste alcun obbligo di «motivare le ragioni per cui non recepisce il parere della Commissione medico ospedaliera», competente a pronunciarsi solo sull’esistenza dell’infermità;
- l’amministrazione non era tenuta ad inviare al ricorrente preavviso di rigetto ex art. 10-bis, l. 241/1990, trattandosi di provvedimento vincolato al contenuto del predetto parere;
- il parere del Comitato è espressione di ampia discrezionalità tecnica, fondandosi su «accertamenti condotti assumendo a base le cognizioni della scienza medica e specialistica», sindacabili nel merito dal giudice solo «ab externo, ossia per errore di fatto o per violazione dei canoni di logica formale, cristallizzati nei principi di non contraddizione, di ragionevolezza, di consequenzialità argomentativa»;
- nel caso di specie, il nesso di causalità tra la patologia diagnosticata al militare e l’attività di servizio dallo stesso svolta nella zona dei Balcani, non risulta provato alla luce della documentazione versata in atti, mentre «le mere asserzioni non sono idonee a sovvertire le puntuali valutazioni che hanno indotto il Comitato di verifica a denegare la sussistenza della dipendenza da causa di servizio della predetta patologia»;
- inoltre, il parere negativo espresso dal Comitato è stato confermato all’esito della verificazione disposta dal Collegio, che «ha svolto un’analisi ad ampio raggio del quesito posto, senza trascurare aspetto alcuno delle possibili conseguenze della esposizione a una sostanza radioattiva, approfondendo i profili legati alla tossicità chimica e alle nanoparticelle e richiamando copiosa e accreditata dottrina medica internazionale» e dal cui risultato non si rinvengono, pertanto, ragioni per discostarsi.
3. L’appello è affidato a tre autonomi motivi:
I. «Erroneità dell’impugnata sentenza, difetto dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta. Carenza, insufficienza ed apoditticità della motivazione. Violazione dell’art. 115 c.p.c. Violazione dei D.P.R. n. 37/2009, n. 90/2010 (artt. 1078 e 1079) e n. 40/2012. Erroneità dell’impugnata sentenza derivante da un’erronea interpretazione della situazione di fatto, difetto d’istruttoria, errore sui presupposti, illogicità, incongruità, inattendibilità, insufficienza ed apoditticità della motivazione, manifesta ingiustizia, sviamento. Erroneità dell’impugnata sentenza per carenza, insufficienza ed apoditticità della motivazione. Eccesso di potere per erronea interpretazione della situazione di fatto, errore sul presupposto, illogicità, incongruità, inattendibilità, insufficienza ed apoditticità della motivazione - Eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifeste. Eccesso di potere degli atti impugnati nel giudizio di primo grado per erronea interpretazione della situazione di fatto, errore sul presupposto, illogicità, insufficienza, apoditticità, inattendibilità ed incongruità della motivazione. Illegittimità per violazione dei D.P.R. n. 37/2009, n. 90/2010 e n. 40/2012 e del relativo rischio tipizzato nonché dell’art. 2, comma 78, della L. n. 244/2007 e s.m.i.»;
II. «Illegittimità per violazione dell’art. 10/bis della L. 07.08.1990 nr. 241. Eccesso di potere per violazione dell’art. 97 Cost. e violazione del principio del giusto procedimento. Illegittimità degli atti impugnati per violazione dell’art. 10/bis della L. 07.08.1990 nr. 241. Eccesso di potere per sviamento dell’azione amministrativa e violazione del principio del giusto procedimento e del contraddittorio procedimentale»;
III. «Responsabilità contrattuale da parte del Ministero della Difesa (…) in virtù del combinato disposto tra l’art. 2087 c.c. e l’art. 32 Cost. Responsabilità ex artt. 2087 e 2050 cod. civ. (…) Risarcimento dei danni patrimoniali, biologici, morali ed esistenziali ovvero dei danni non patrimoniali riferibili ai beni costituzionalmente protetti quali il bene salute (art. 32 Cost.), il bene famiglia e l’integrità del nucleo familiare, (artt. 29, 30 e 31), il diritto di libertà nell’esplicazione della propria personalità nelle formazioni sociali (art. 2 Cost.)».
4. Il resistente Ministero si è costituito con atto del 27 gennaio 2025, senza articolare difese.
5. All’udienza pubblica del 18 febbraio 2025, il giudizio è stato trattenuto in decisione.
6. Con il primo motivo, l’appellante contesta la decisione di prime cure, per essersi “fideisticamente” conformata alla verificazione, senza considerare i numerosi elementi di segno opposto valorizzati nel corso del giudizio. Cita numerosi precedenti di questo Consiglio secondo cui secondo cui, nei casi come quello in esame, spetterebbe al Comitato di verifica l’individuazione di un fattore causale alternativo al servizio, versandosi in un’ipotesi di rischio legalmente tipizzato. Richiama il contenuto della relazione del perito di parte e l’esito degli esami clinici che hanno rilevato la presenza di nanoparticelle di metalli pesanti nei campioni bioptici e nel sangue del militare, in quantità notevolmente superiore a quella della media della popolazione. Evidenzia la possibile rilevanza concausale della somministrazione di numerosi vaccini, a breve distanza dalla missione, senza il rispetto dei prescritti protocolli. Censura, infine, la mancata considerazione del periodo svolto presso il poligono di tiro di Capo Teulada, ove è stato utilizzato munizionamento pesante, anche all’uranio impoverito.
6.1. La doglianza non è condivisibile.
6.2. Secondo l’art. 11 del regolamento approvato con d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, il Comitato di verifica “accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione”.
Anche l’art. 1079 del T.U. delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90), condiziona l’attribuzione delle elargizioni economiche previste a beneficio dei soggetti di cui all’art. 603 C.O.M, d.lgs. 66 del 2010 – ovvero, per quanto qui rileva, il personale militare italiano che, “in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura effettuate entro e fuori i confini nazionali” o dell’impiego “nei poligoni di tiro e nei siti dove vengono stoccati munizionamenti”, “abbia contratto infermità o patologie tumorali per le particolari condizioni ambientali od operative” – alla circostanza che “l’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e la dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico” abbiano “costituito la causa ovvero la concausa efficiente e determinante” delle infermità o patologie.
6.3. Le disposizioni richiedono, dunque, l’esistenza di un nesso di derivazione eziologica tra specifici “fatti di servizio” – che l’interessato è tenuto a rappresentare con sufficiente caratterizzazione – e l’insorgenza della patologia.
L’accertamento di tale nesso spetta, in via esclusiva, al Comitato di verifica (cfr. anche art. 1081, comma 1, T.U.O.M.), la cui espressione «rappresenta il momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, quale la Commissione medica ospedaliera, e costituisce un parere di carattere più articolato e complesso, sia per la sua composizione, nella quale sono presenti sia professionalità mediche che giuridiche ed amministrative, sia per la più completa istruttoria esperita, non limitata soltanto agli aspetti medico-legali». La valutazione del Comitato «si impone all’amministrazione, che deve limitarsi ad eseguire soltanto una verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente iter valutativo e non può attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito tecnico, essendo tenuta ad esprimere una specifica motivazione solamente nei casi in cui, in base agli elementi a sua disposizione che non siano stati vagliati dal Comitato, ovvero in presenza di evidenti omissioni o violazioni delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere del Comitato stesso, con conseguente richiesta di nuovo parere». Inoltre, la valutazione del comitato è caratterizzata da discrezionalità tecnica, quindi «non è sindacabile nel merito in sede giurisdizionale, ameno che non emergano vizi del procedimento o vizi di manifesta irragionevolezza della motivazione per l’inattendibilità metodologica delle conclusioni ovvero per il travisamento dei fatti o, ancora, per la mancata considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione finale» (tra le tante, Cons. Stato, sez. I, parere 21 febbraio 2024, n. 184, sez. II, 26 gennaio 2024, n. 845; 20 luglio 2022, n. 6456; sez. IV, 27 giugno 2017, n. 5357).
7. Il Collegio non ignora l’esistenza di un orientamento giurisprudenziale a più riprese affermato dal Giudice ordinario (ex aliis Cass. civ., sez. lav. 8 maggio 2024, n.12595), fatto proprio dal C.g.a. (C.g.a., sez. giur., 5 novembre 2024, n. 872) e talvolta applicato anche dalla giurisprudenza amministrativa di questo Consiglio di Stato, secondo cui, «in presenza di elementi statistici rilevanti (come accade allorché il militare abbia prestato servizio in un teatro operativo caratterizzato, come nel caso di specie, da potenziale contaminazione da agenti inquinanti patogeni, le cui vie di diffusione sono molteplici e non si arrestano alla sola via aerea), la dipendenza da causa di servizio deve considerarsi accertata, salvo che l’amministrazione non riesca a dimostrare la sussistenza di fattori esogeni, dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica e determinanti per l’insorgere dell’infermità» (cfr. Cons. Stato, sez. II, 29 aprile 2024, n. 3886; sez. II, 7 ottobre 2021, n. 6684) «ovvero fornisca un principio di prova circa l’intervento di un fattore oncogenetico alternativo e diverso rispetto all’esposizione all’uranio impoverito e ai metalli pesanti» (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 novembre 2020, nn. 7557, 7560 e 7564).
7.1. Il menzionato orientamento – a prescindere dalla sua condivisibilità – non conduce però ad affermare che la dipendenza da causa di servizio di un’infermità oncologica costituisca la necessaria e indefettibile conseguenza dello svolgimento di una missione in teatri operativi esteri o di un periodo di servizio presso poligoni di tiro. Un simile automatismo (tale da configurare una sorta di presunzione assoluta di dipendenza, vincibile solo con la prova del caso fortuito), rispetto ad esperienze che connotano, con una certa ordinarietà, la carriera dei militari, stravolgerebbe la funzione dell’istituto e il significato delle categorie logico-giuridiche ad esso sottese (in primis la causalità), oltre a porsi in contrasto con l’inequivoco tenore letterale delle disposizioni normative applicabili (art. 11 d.P.R. 461/2001 e artt. 1079 e 1081 d.P.R- 90/2010). L’inversione dell’onere della prova circa il nesso causale, anche ove si ritenga ammissibile, non può dunque prescindere da un vaglio delle circostanze concrete e delle specificità che connotano ogni singola vicenda umana e professionale, poiché un rapporto di casualità – pur affievolito – deve necessariamente radicarsi sui fatti e su una solida evidenza scientifica, non potendosi dare spazio ad assunzioni indimostrate, elevate a fatti notori, o a verità scientifiche “alternative”.
7.2. Ciò premesso, il Collegio ritiene che, nel caso di specie, anche laddove si volesse esaminare la questione alla luce dell’orientamento in ultimo citato, e non invece di quello “tradizionale” più restrittivo, ugualmente non potrebbe pervenirsi all’accoglimento dell’appello per una serie di concorrenti ragioni.
7.3. In primo luogo, a fronte di due pareri che hanno riscontrato l’assenza, nei precedenti di servizio dell’interessato, «di fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo ad una genesi neoplastica» l’appellante non ha fornito alcuna sufficiente dimostrazione in senso opposto.
In particolare, non sono state provate quelle “particolari condizioni ambientali e operative” che avrebbero reso possibile una sua esposizione, in misura significativa, alle radiazioni derivanti dall’uranio impoverito o a nanoparticelle di metalli pesanti disperse nell’ambiente e giustificato, anche solo in termini probabilistici, l’insorgere della patologia. A tale proposito, egli si limita a valorizzare il periodo trascorso in missione in Bosnia e presso il poligono di Capo Teulada, allegando una serie di concorrenti circostanze (la mancata dotazione di protezioni, la carente informazione, la costante esposizione a “esalazioni e residui tossici”, la sottoposizione ad una profilassi vaccinale che ne avrebbe indebolito il sistema immunitario) generiche e indimostrate.
7.4. Nella enorme mole di documenti prodotti – la gran parte dei quali costituiti da precedenti giurisprudenziali o altri atti oggetto di pubblicazione, già direttamente accessibili al Collegio – gli unici specificamente riferiti alla vicenda professionale dell’appellante sono i tre rapporti informativi redatti dai superiori (docc. 5-7), relativi ai periodi di servizio che dovrebbero porsi in correlazione con la patologia insorta. Ebbene, da tali rapporti si desume:
- che presso il Poligono di Capo Teulada (doc. 5), ha ricoperto l’incarico di «conduttore di automezzi» e (solo «occasionalmente») di «vedetta», tra il 28 maggio e il 21 giugno 2003. Le attività interessano un periodo di appena 24 giorni e sono state svolte per la maggior parte del tempo in condizioni di relativa protezione, prevalentemente all’interno del veicolo;
- che nell’ambito dell’Operazione “Joint Force”, in località Sarajevo (docc. 6-7), tra il 19 novembre 2023 e il 21 giugno 2024, egli ha parimenti ricoperto l’incarico di «conduttore di automezzi», e quindi operato nelle medesime condizioni di cui sopra. Nei periodi in cui non svolgeva tale incarico «permaneva nei locali adibiti ad Uffici di Compagnia, per il disbrigo delle pratiche relative alle manutenzioni dei mezzi» o «presso l’officina per effettuare i previsti controlli periodici dei medesimi automezzi» o, ancora, svolgeva «servizi di “Guardia armata” ed attività di “manutenzione” dell’arma individuale e di Reparto». Si tratta, anche in questo caso, di attività svolte perlopiù in ambienti chiusi, il che limita significativamente la potenziale esposizione a fattori ambientali esterni.
7.5. Pertanto, pur avendo l’appellante operato «nell’ambito di un territorio che in precedenza era stato oggetto di pesanti bombardamenti e caratterizzato da strade dissestate, venendo spesso a contatto con vento e polvere» e alloggiato «presso un’infrastruttura all’interno della Caserma “Tito Barrack” che qualche anno prima era stata oggetto di bombardamenti» (docc. 6-7), le specifiche circostanze che caratterizzavano il servizio in Bosnia non appaiono di per sé significative rispetto all’esposizione ai fattori potenzialmente patogeni (uranio impoverito e nanoparticelle) specificamente considerati dall’art. 1079 T.U.O.M.,
7.6. A tale proposito, non può non rilevarsi che la presenza dell’appellante in Bosnia nel 2003-2004 è notevolmente successiva agli eventi bellici che hanno interessato quel territorio tra il 1992 e il 1995 (è fatto notorio che le ostilità in Bosnia sono cessate il 14 dicembre 1995, con la stipula dell’accordo di Dayton). Non può quindi assumersi a dato di fatto indimostrato quello secondo cui la permanenza in tali luoghi, a distanza di numerosi anni, abbia esposto l’appellante ad «esalazioni e residui tossici derivanti dalla combustione ed ossidazione dei metalli pesanti causate dall’impatto e dall’esplosione delle munizioni utilizzate per le operazioni belliche», né tale assunto appare ragionevolmente sostenibile, considerati i processi di dispersione e dilavamento degli elementi nel tempo, ad opera degli agenti atmosferici e delle dinamiche ambientali.
7.7. Alla luce di tali circostanze, non possono assumere rilievo i richiami, contenuti nell’atto di appello, al dibattito internazionale, alle Commissioni parlamentari di inchiesta, alla giurisprudenza amministrativa e alle risoluzioni ONU – asseritamente trascurati o non adeguatamente valutati dal giudice di primo grado – trattandosi di elementi «che si arrestano alla dimensione astratta del fatto notorio, con riguardo alla natura contaminata dell’intera area balcanica e del potenziale effetto oncologico dell’esposizione a uranio impoverito e a metalli pesanti». Manca, invece «l’ulteriore e necessaria fase di verifica dell’applicabilità alla vicenda per cui è causa delle astratte conclusioni a cui sono pervenuti i rapporti, gli studi, le relazioni e le sentenze richiamate, verifica che avrebbe richiesto la prova o anche solo l’allegazione di circostanze di fatto da cui emerga l’effettiva contaminazione della zona di missione e la conseguente esposizione a fattori di rischio specifici» (Cons. Stato, sez. II, 2 luglio 2024, n. 5866).
8. Per altro profilo, assume decisiva rilevanza la relazione dei sanitari dell’Istituto nazionale tumori, formata all’esito delle attività di verificazione disposte dal Tribunale e previo esame di tutti gli atti e i documenti di causa (compresi gli esiti delle indagini bioptiche, della spettrometria di massa, delle relative relazioni e della perizia di parte).
8.1. I verificatori hanno ritenuto, infatti, che «non sussista nesso di causalità tra le attività svolte dall’odierno appellante e l’insorgenza della infermità “neoplasia a ....del .... del tipo .... .... stadio II°». Nello specifico:
- quanto all’uranio impoverito, dai più accreditati studi non emerge una «evidenza convincente di un incremento del rischio di tumori totali nelle coorti di veterani delle guerre del Golfo o dei Balcani, né vi è evidenza consistente di un incremento del rischio per le neoplasie che potrebbero costituire un target degli effetti dell’esposizione a uranio impoverito». Non vi è comunque prova di contaminazione da uranio impoverito nei siti frequentati dall’appellante: secondo il rapporto UNEP del 2003, infatti, «non vi erano tracce di contaminazione da Uranio Impoverito in 11 su 14 dei siti esaminati (i rimanenti tre, più altri 6 siti per i quali non fu possibile ottenere dati, sono tutti fuori Sarajevo), per cui si ritiene che non furono utilizzate munizioni che ne contenevano»;
- quanto alle nanoparticelle, «esse sono ubiquitarie, ma l’associazione univoca tra la presenza di nanoparticelle e il cancro (i.e., la presenza di nanoparticelle nei tessuti di un malato di tumore NON è la prova che esse ne sono state la causa) è una tesi che allo stato attuale delle conoscenze è del tutto indimostrata». In particolare «la presenza di nanoparticelle è stata ripetutamente riscontrata da numerosi studi anche in tessuti di persone non esposte ai fattori di rischio chiamati in causa nelle patologie del personale militare»;
- con riferimento, in particolare, al tumore al testicolo e agli ulteriori numerosi “agenti” (secondo la terminologia della IARC) valorizzati dall’appellante, «la classificazione NON riconosce alcun agente cancerogeno noto per il quale esiste sufficiente evidenza di un ruolo causale nei tumori del testicolo» e «uguali considerazioni possono essere svolte riguardo alle sostanze chimiche ritrovate in concentrazioni aumentate con la spettrometria di massa nel sangue del ricorrente, peraltro a distanza di circa 15 anni dalla asserita esposizione»;
- anche la presunta “intossicazione” da metalli pesanti, essa «di volta in volta, a seconda della sostanza interessata, determina la insorgenza di sintomi di varia specie e natura, ma non risulta documentata alcuna sintomatologia del ricorrente riconducibile a tale evenienza. Fermo restando, comunque, che la “intossicazione” (intesa in senso lato) da metalli pesanti, non ha alcun ruolo eziologico nelle neoplasie del testicolo».
8.2. Si tratta di considerazioni logiche, coerenti e fondate sulle più accreditate evidenze scientifiche, oltre che specificamente riferite alla vicenda dell’appellante, ai luoghi dal medesimo frequentati, alla sua patologia. Da tali conclusioni non vi è dunque ragione per discostarsi, né alla luce della copiosa giurisprudenza citata nel ricorso in appello (relativa ad una molteplicità di situazioni disomogenee in fatto e in diritto, ciascuna con le proprie peculiarità), né delle contrastanti evidenze ivi valorizzate, che hanno già costituito oggetto di valutazione da parte del collegio dei verificatori.
8.3. Il rinvenimento di nanoparticelle di metalli pesanti nel sangue e nei tessuti dell’appellante (cfr. gli esami e le perizie svolte tra il 2016 e il 2019), anche ammettendo che essa costituisca una condizione anomala non riscontrabile nella media della popolazione, non può essere univocamente ricondotto ad esperienze di servizio risalenti ad oltre un decennio prima, trattandosi di un intervallo di tempo così esteso da rendere plausibile l’intervento di innumerevoli altri fattori di contaminazione. Non è, in ogni caso dimostrata, ed è anzi smentita dalle evidenze scientifiche (cfr. sul punto la verificazione), la correlazione tra tali elementi e l’insorgenza della specifica patologia dell’appellante. Anche con riferimento alle somministrazioni vaccinali – e fermo il fatto che non è agli atti il “libretto vaccinale” cui fa riferimento l’appellante e che dimostrerebbe la loro scorretta somministrazione – non vi è prova di una loro, anche solo possibile, rilevanza eziologica rispetto allo sviluppo di patologie di tipo neoplastico. La doglianza si risolve, quindi, in una mera affermazione di principio, sfornita di sostrato probatorio sia dal punto di vista fattuale che tecnico- scientifico.
8.4. Quanto, poi, agli atti delle Commissioni parlamentari intervenute sul tema, trattasi di documenti caratterizzati – come la sottostante attività – da una fondamentale dimensione politica, che influenza l’interpretazione e la valutazione dei dati raccolti, nonché la formulazione delle relative conclusioni (non a caso spesso divergenti tra le forze politiche). Non è possibile, quindi, trasporre le risultanze di tali attività all’interno di questa sede processuale, luogo di accertamento dei fatti secondo criteri tecnico-giuridici e scientifici, immune da condizionamenti di natura politica o ideologica.
9. Per tali ragioni, il Collegio ritiene che non emergano profili sintomatici di irragionevolezza, illogicità e/o errori fattuali tali da tali da legittimare il sindacato di questo giudice su valutazioni connotate da elevata discrezionalità tecnica e interamente confermate dalla verificazione disposta in prime cure
10. Con il secondo motivo, l’appellante contesta la sentenza di prime cure per aver respinto la censura relativa all’omessa comunicazione del preavviso di diniego, previsto dall’art. 10-bis della l. 241/1990. Rileva, in particolare, la natura discrezionale del provvedimento, che non consentirebbe di neutralizzare il vizio ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2 della l. 241/1990.
10.1. Il motivo è infondato. Per costante giurisprudenza di questo Consiglio, nei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una determinata infermità, «il parere del Comitato di verifica, come espressamente sancito dal d.P.R. n. 461 del 2001, oltre ad essere obbligatorio, è vincolante per l’Amministrazione procedente, sicché l’Amministrazione stessa non è tenuta alla comunicazione del preavviso di rigetto, ai sensi dell’ art. 10-bis, l. n. 241 del 1990 , in quanto l’eventuale partecipazione procedimentale dell’interessato non produrrebbe effetti sul contenuto dispositivo del provvedimento impugnato».
10.2. Si rileva, peraltro, che un contraddittorio effettivo con l’amministrazione, equipollente a quello consentito dal preavviso di rigetto, si è verificato per effetto della nuova sottoposizione della vicenda al Comitato di verifica, il cui secondo parere (81719/2017) è stato espresso anche alla luce degli atti e delle doglianze di cui al ricorso introduttivo di primo grado.
11. Dall’infondatezza del primo motivo deriva, infine, il rigetto del terzo motivo, con cui l’appellante ripropone la domanda di risarcimento del danno nei confronti del Ministero datore di lavoro, a titolo di responsabilità contrattuale ed extra-contrattuale.
11.1. Riscontrata, infatti, l’insussistenza del nesso di dipendenza dell’infermità a causa di servizio, viene meno uno degli elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità, ossia il nesso causale, richiesto anche nell’ambito della fattispecie prevista dall’art. 2087 c.c. Anche in tale ipotesi, infatti, «incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito un danno alla salute a causa dell’attività lavorativa l’onere di provare l’esistenza di tale danno e la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso causale tra detti elementi, mentre grava sul datore di lavoro - una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze - l’onere di provare che il danno è dipeso da causa a lui non imputabile e cioè di avere adempiuto al suo obbligo di sicurezza, vale a dire di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le misure necessarie per impedirne il verificarsi» (Cons. Stato, sez. II, 7 luglio 2022, n. 5661 e la giurisprudenza ivi citata).
12. Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto.
12.1. La natura delle situazioni giuridiche coinvolte e l’esistenza di un quadro giurisprudenziale non sempre omogeneo giustificano l’integrale compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2025 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina, Presidente
Giovanni Sabbato, Consigliere
Francesco Guarracino, Consigliere
Maria Stella Boscarino, Consigliere
Luca Emanuele Ricci, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luca Emanuele Ricci Fabio Taormina
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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