Translate

05 giugno 2025

Il 29 maggio 2025, il Consiglio di Stato ha emesso la sentenza n. 4703, offrendo importanti chiarimenti sul terzo condono edilizio e sui limiti imposti dai vincoli paesaggistici, soprattutto in presenza di vincoli sopravvenuti o successivi alla costruzione degli immobili.

 

Il 29 maggio 2025, il Consiglio di Stato ha emesso la sentenza n. 4703, offrendo importanti chiarimenti sul terzo condono edilizio e sui limiti imposti dai vincoli paesaggistici, soprattutto in presenza di vincoli sopravvenuti o successivi alla costruzione degli immobili.

**Contesto della sentenza**  
Il caso riguardava due immobili residenziali di circa 63 e 76 mq, costruiti in un’area che successivamente è stata inclusa nel perimetro di un Parco Naturale Regionale, soggetto a vincoli paesaggistici. I proprietari avevano presentato richiesta di sanatoria nel 2004, sostenendo che, essendo gli edifici esistenti prima dell’apposizione del vincolo, la richiesta non avrebbe dovuto essere respinta. Tuttavia, il diniego era stato motivato dal fatto che l’area era sottoposta a vincolo, e quindi, secondo l’amministrazione, non si poteva ottenere la sanatoria per nuovi volumi.

**La posizione del Consiglio di Stato**  
La decisione ha riconosciuto che, in presenza di vincoli paesaggistici preesistenti, non è possibile ottenere la sanatoria edilizia per immobili realizzati successivamente, anche se il vincolo sia stato formalmente apposto solo dopo la costruzione e la presentazione dell’istanza. In altre parole, la presenza di un vincolo paesaggistico, anche sopravvenuto, può precludere il rilascio della sanatoria.

**Punti salienti della motivazione**  
- Il Consiglio di Stato ha verificato l’esistenza di più vincoli già attivi prima del 2004, tra cui:
  - Un vincolo paesaggistico disposto con Decreto Ministeriale del 22 maggio 1985, ai sensi dell’art. 136 del Codice dei beni culturali.
  - La fascia di rispetto tra le aree tutelate ai sensi dell’art. 142 del Codice.
  - Un vincolo derivante dal Piano Territoriale Paesistico.

- La presenza di più vincoli preesistenti ha reso impossibile la sanatoria, anche considerando che il vincolo legato al Parco Naturale Regionale fosse stato apposto successivamente.

- La tesi secondo cui il vincolo sopravvenuto non avrebbe potuto influire sulla richiesta di sanatoria, perché la richiesta era stata presentata prima del vincolo stesso, non ha trovato conferma nella sentenza. La presenza di vincoli preesistenti, anche se formalmente attivi successivamente, è sufficiente a escludere la possibilità di sanatoria.

**Rilevanza della sentenza**  
Questa decisione ribadisce il principio secondo cui, in presenza di vincoli paesaggistici, la possibilità di ottenere la sanatoria edilizia è molto limitata. In particolare, non è possibile sanare immobili realizzati senza autorizzazione in aree sottoposte a vincoli, anche se tali vincoli siano stati formalmente apposti dopo la costruzione.

**Implicazioni pratiche**  
- I proprietari di immobili costruiti in aree soggette a vincoli paesaggistici devono considerare che la presenza di vincoli preesistenti può precludere la sanatoria, indipendentemente dal momento in cui sono stati formalmente istituiti.
- La presenza di più vincoli, anche di diversa natura, rafforza questa impossibilità.
- La normativa condonistica non può essere interpretata in modo tale da consentire sanatorie in aree vincolate, anche in presenza di vincoli sopravvenuti o formalmente apposti successivamente alla costruzione.

In conclusione, la sentenza del Consiglio di Stato del 2025 chiarisce che, nel contesto del terzo condono edilizio, i vincoli paesaggistici esistenti, anche se formalmente instaurati dopo la costruzione, possono bloccare definitivamente la possibilità di sanare immobili in aree sottoposte a tali restrizioni, rafforzando la tutela del patrimonio paesaggistico e culturale.



Pubblicato il 29/05/2025
N. 04703/2025REG.PROV.COLL.
N. 06012/2023 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6012 del 2023, proposto da ... ..., ... ..., rappresentati e difesi dall'avvocato ... ..., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Magnanelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Lazio, Parco Naturale Regionale di ... - ..., non costituiti in giudizio;
Ministero della Cultura, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 17035/2022


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Ministero della Cultura e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2025 il Cons. Sergio Zeuli e udito l’avvocato Claudio Tuveri in sostituzione dell'Avv. ... ...;
Viste le conclusioni dell'appellata Roma Capitale, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO
1. La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso proposto dalla parte appellante per l’annullamento dei seguenti atti: 1. determinazione Dirigenziale del Dirigente della U.O. Condono Edilizio di Roma Capitale n.135 del 4 marzo 2013 che ha rigettato l'istanza di condono edilizio in sanatoria di un manufatto ad uso residenziale di proprietà dei ricorrenti di mq. 63,55; 2. determinazione Dirigenziale del Dirigente della U.O. Condono Edilizio di Roma Capitale n.136 del 4 marzo del 2013 che ha rigettato l'istanza di condono edilizio in sanatoria di un manufatto ad uso residenziale di proprietà dei ricorrenti di mq. 76,40 (s.u .) e mq. 20,40 (s.n.r.); (iii), nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.
A supporto del gravame la parte appellante, proprietaria degli immobili siti in via della ... n...., distinti al catasto al folio 16, particella 224 sub 3 e sub 4, comune di Roma, espone le seguenti circostanze:
i suddetti manufatti ad uso residenziale rispettivamente di mq. 76,40 e mq.63,40, a detta dell’amministrazione, ricadrebbero nel perimetro del Parco lacuale di ...-... e sono stati ultimati prima del 31 marzo del 2003;
l’area sarebbe soggetta a vincolo paesistico, ai sensi del combinato disposto degli artt.134 e ss. del Codice dei beni paesaggistici, d. lgs. n.42/2004 e delle leggi regionali della Regione Lazio n.29/1997 e n.36/1999, quest’ultima istitutiva del Parco di ...-...;
nel ricorso n. 9232/2013 la parte sosteneva che, ai sensi della citata normativa che regola la materia, unitamente al D.P.R. 380/2001 ed alle leggi, anche regionali, sul condono degli abusi edilizi, la specificazione e definizione del vincolo paesaggistico era avvenuta soltanto in data 20 agosto del 2010, allorché l’Ente Parco aveva adottato, con la delibera commissariale n.1/2010, il Piano Particolareggiato Paesistico che ne disciplinava la portata;
e che: ai sensi del combinato disposto degli artt.32 della legge n.326/2003 e 32 della legge n.47/1985, specificati dalla legge regionale Lazio n.12/2004, i proprietari di immobili non muniti di permesso di costruire potevano presentare domanda, tra l’11 novembre del 2004 ed il 10 dicembre del 2004, di condono edilizio in sanatoria degli abusi, corredando le istanze dell’adeguata documentazione tecnica ed amministrativa;
sicché, tramite un proprio rappresentante, la parte appellante, allora ricorrente, aveva tempestivamente presentato regolari istanze di condono per la sanatoria delle opere edilizie, certificando il pagamento dell’oblazione prevista, e presentando tutta la documentazione richiesta entro il 10 dicembre del 2004;
osservava ancora che, ai sensi del combinato disposto della legge n.47/1985, della legge n.326/2003 e della legge regionale n.12/2004, il procedimento di condono avrebbe dovuto concludersi, o con un provvedimento espresso di sanatoria, o con il silenzio-assenso decorsi sei mesi, in assenza di un provvedimento di rigetto, o, infine, con un provvedimento espresso o tacito, preceduto dal parere dell’organo tecnico competente, nel caso vi fosse un vincolo;
notava che il vincolo paesaggistico pareva essere stato apposto solo dal 20 agosto del 2010, data di adozione del Piano Paesistico che prevedeva la perimetrazione dell’area, ossia sette anni dopo l’ultimazione delle opere, e oltre sei anni dopo la presentazione delle istanze di condono e che dunque, ai sensi della normativa statale, la sanatoria era preclusa solo nei casi di aree inedificabili in base ad un vincolo imposto prima della loro ultimazione;
invocava la normativa sul condono, innanzitutto perché l’area de qua non era inedificabile tout court e, ove in ipotesi lo fosse stato, lo sarebbe stata in ragione di un vincolo apposto successivamente all’ultimazione delle opere e alla presentazione delle istanze di sanatoria, dunque non opponibile al richiedente queste ultime;
rilevava che la legge regionale del Lazio n.12/2004, novellata dalla legge n.18 del 2004, all’art.3 comma 1 lett. b) precludeva la sanatoria anche per immobili privi di titolo realizzati prima dell’apposizione del vincolo e che solo sulla base di questa previsione Roma Capitale aveva disposto la reiezione delle istanze;
sosteneva che tale decisione era illegittima perché ometteva di considerare come, nelle more, si fosse già formato il titolo edilizio in sanatoria per silenzio-assenso, insistendo pertanto per un’istanza istruttoria diretta a verificare l’insistenza dei vincoli sulle particelle dove risultavano collocati gli immobili;
dopo aver rassegnato queste premesse, la parte deduceva avverso gli atti impugnati tre motivi di illegittimità coi quali, riassunte le predette considerazioni, faceva valere, oltre all’eccesso di potere, il contrasto dell’atto impugnato, sotto varie prospettive, con l’art.32 del d.l. n.269 del 2003 convertito in legge n.326 del 2003.
La sentenza gravata ha rigettato il ricorso.
Avverso la decisione sono dedotti i seguenti motivi di appello:
I – ...zione e falsa applicazione degli artt. 134 e 142 d.lgs. 42/2004. ...zione dell’art. 3 l. 241/1990 e s.m.i. sulla motivazione dei provvedimenti di diniego nonché dell’art. 10 bis l. 241/1990 e s.m.i. sulla motivazione dei preavvisi di rigetto. Erroneità e contraddittorietà della motivazione della sentenza. Carenza istruttoria sui vincoli.
II – ...zione e falsa applicazione dell’art. 3 legge regionale del Lazio n. 1/2020 a modifica dell’art. 1 legge regionale del Lazio n. 8/2012 sull’autorizzazione paesaggistica postuma e dell’art. 167 d.lgs. 42/2004, in relazione all’art. 32 d.l. 269/2003 conv. legge n. 326/2003. Erroneità della motivazione in ...zione della legge regionale del Lazio n. 12/2004 art. 6. Sulla formazione del titolo edilizio in sanatoria per silenzio assenso anteriore all’apposizione dei vincoli
III – ...zione e falsa applicazione dell’art. 6 legge regionale del Lazio n. 12/2004. Carenza di istruttoria e difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati. Istanza istruttoria in sede giudiziale
2. Si sono costituiti in giudizio Roma Capitale e i Ministeri delle Infrastrutture e Trasporti ed il Ministero della Cultura, tutti contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.
DIRITTO
3. Gli immobili oggetto delle domande di condono edilizio, poi rigettate, sono situati in via della ... n.... del comune di Roma.
Risulta dagli atti impugnati che l’area sulla quale essi insistono è gravata dai seguenti vincoli, così individuati dal testo del provvedimento: a) beni paesaggistici, ex art.134, comma 1 lett. a) del d. lgs. n.42 del 2004, in ragione del D.M. del 22 maggio 1985; b) beni paesaggistici, ex art.134 comma 1 lett. b) del codice ... di ... e Parco Lacuale ...-...; c) PTP 15/7 Veio ... Ti/8; Parchi e Riserve L. reg. m.29 del 6 ottobre del 2007.
4. Il primo motivo d’appello contesta alla sentenza impugnata di aver ritenuto sussistenti sull’area di sedime questi vincoli ulteriori, rispetto a quelli derivanti dal parco lacuale, descritti dall’atto con una sintassi approssimativa, se non imprecisa, e comunque tali dal non renderli agevolmente identificabili, anche in relazione alla loro effettiva esistenza e vigenza.
4.1. In particolare, la parte appellante contesta sia l’a-specificità del riferimento contenuto nell’atto al vincolo derivante sui terreni da un non meglio individuato decreto ministeriale del 22 maggio del 1985, che l’inesattezza dell’aver incluso l’area corrispondente a via ... nella fascia di rispetto del ... di ..., fascia oltretutto richiamata in modo impreciso e criptico, mediante riferimento alla sola lett. b) del comma 1 dell’art.134 del d. lgs. n.42 del 2004, e ad una non meglio specificata lettera “c”, riportata in modo isolato nel corpo del testo.
4.2. La mancata chiarezza, che proietta più di un dubbio sulla pre-esistenza di questi vincoli, sarebbe stata invece data per certa dal primo giudice che per tale motivo avrebbe erroneamente ritenuto che le istanze di condono presentate dalla parte fossero inammissibili.
4.3. In realtà, aggiunge il motivo, l’unico vincolo effettivamente esistente sull’area sarebbe quello derivante dalla inclusione di essa nel parco lacuale ... ..., la cui perimetrazione, tuttavia, essendo stata ultimata solo nel 2010, non esisteva (e dunque le norme a tutela del parco non erano vigenti) al momento in cui vennero realizzate le opere, né tanto meno al momento della presentazione delle istanze di sanatoria, con la conseguente inopponibilità all’instante dei relativi limiti di edificabilità.
4.1. Il motivo è complessivamente infondato.
4.1.1. Prima di analizzarlo funditus val la pena notare che dei quattro vincoli - che, in base agli atti impugnati, le precludevano la fruizione della normativa condonistica - la parte contesta l’esistenza di soli tre vincoli (rectius: di due contesta l’esistenza, in riferimento al terzo, ossia il Parco lacuale, contesta che l’area si ritrovi nel perimetro interessato dalla dichiarazione), mentre nulla obietta rispetto al vincolo – che, sempre a stare ai provvedimenti impugnati, precluderebbe il condono - derivante dal PTP 15/7 Veio ... Ti/8; Parchi e Riserve L. reg. m.29 del 6 ottobre del 2007.
Questo pertanto palesa una prima criticità dell’odierno gravame perché, anche laddove, ma così non è, si rivelassero fondate le obiezioni sollevate in ordine all’esistenza degli altri vincoli, la persistenza di quest’ultimo, imposto all’area dal PTP, precludendo comunque la condonabilità delle opere, in ogni caso validerebbe l’operato dell’amministrazione, privando di interesse la parte appellante alla coltivazione del presente gravame, dal cui accoglimento alcuna utilità potrebbe in definitiva trarre.
4.1.2. Venendo specificamente alle doglianze, si osserva che il riferimento al D.M. del 22 maggio del 1985, contenuto nelle premesse motivazionali dell’atto impugnato, che è corredato dal richiamo ivi contenuto alla lett. a) dell’art.134 del d. lgs. n.42 del 2004, norma che, a sua volta, richiama le aree di notevole interesse pubblico di cui all’art.136 del codice dei beni culturali, va inequivocabilmente riferito al precedente decreto ministeriale che ebbe a dichiarare l’area di notevole interesse paesaggistico. Non sono possibili diverse interpretazioni dei riferimenti normativi e lessicali contenuti nell’atto.
Ciò significa che il vincolo di tutela è stato impresso sull’area sin dal 1985, e che dunque esso era precedente alla data di realizzazione degli abusi, il che impediva alle opere di fruire del condono, stante l’espressa preclusione dettata dall’art. 32 comma 36 del d.l. n.269 del 2003, convertito in legge n.326 del 2003.
4.1.3. Anche la sub-doglianza che contesta l’inintelligibilità del riferimento - contenuto nell’atto impugnato, e valorizzato invece dal primo giudice - al vincolo derivante dalla prossimità dell’area con il ... di ... è infondata.
4.1.3.1. Infatti il rinvio che l’atto opera all’art.134 comma 1 lett. b) del d. lgs. n.42/2004, ancorché sia ellittico perché non riporta il richiamo anche all’art.142 del medesimo decreto legislativo, (disposizione che tuttavia è espressamente richiamato dalla citata lett. b)), indicandone solo la lett. c) consente, anche in questo caso, inequivocamente, stante l’espressa indicazione del ... di ..., di riferire il suddetto vincolo alla fascia di rispetto del ridetto corso d’acqua.
Né può fondatamente sostenersi che il rinvio poteva essere alternativamente interpretato come fosse relativo all’area ricompresa nel Parco di ...; in questa parte di testo, infatti, il riferimento è al Fosso Rio, mentre quello al suddetto parco compare solo nel successivo alinea ed è preceduto dall’indicazione PTP.
4.1.3.2. Quanto all’obiezione secondo cui gli immobili de quibus (e la stessa via della ... ...) in realtà non sarebbero collocati entro il limite di fascia di centocinquanta metri dal fiume, si tratta di allegazione non dimostrata, che trova una decisa smentita in ciò che è dato leggere nell’atto che afferma esattamente il contrario.
4.1.3.3. Né, in tal senso, può darsi rilievo – a fronte del richiamo espresso alla lett. a) del comma 1 dell’art.134 d. lgs. n.42 del 2004, e, a quello, implicito, della lett. c) dell’art.142 del medesimo codice dei beni culturali – all’uso, da parte degli atti impugnati, della proposizione “in prossimità” che, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte, palesa e richiama l’esistenza di questo ulteriore vincolo che caratterizza l’area, non a caso evidenziato proprio quale ulteriore elemento idoneo a precludere il rilascio del condono.
4.2. In definitiva, l’analisi di entrambe le doglianze induce a convalidare l’arresto di prime cure nella parte in cui ha ritenuto che, oltre al fatto che l’area fosse stata inclusa nel parco lacuale ...-..., sussistessero comunque ulteriori ostacoli, derivanti da pre-esistenti vincoli, che impedivano di condonare gli immobili controversi.
5. Il secondo motivo d’appello contesta la ...zione dell’art.3 della Legge regionale del Lazio n.1/2020 che, aggiungendo il comma L bis all’art.1 della legge regionale n. 8/2012, ha previsto la possibilità di un’autorizzazione paesaggistica postuma per vincolo sopravvenuto, richiamando il solo comma 5 dell’art.167 del d. lgs. n.42/2004. Il che – nella prospettazione della parte appellante – escluderebbe indirettamente l’operatività dei limiti e delle preclusioni alla sanatoria ex post, contemplate dal precedente comma 4, rendendo sanabili anche le opere in questione.
In base a questa previsione la doglianza in esame sostiene che l’autorità competente avrebbe dovuto pronunciarsi sulle richieste di condono entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza, da rendersi entro il termine parimenti perentorio di novanta giorni e, qualora fosse stata accertata la compatibilità paesaggistica delle opere, il trasgressore, fermo il suo diritto a mantenere in piedi quanto da lui edificato, avrebbe dovuto essere condannato al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno recato ed il profitto conseguito.
Peraltro, aggiunge, poiché dal momento di presentazione della domanda erano già decorsi 36 mesi senza alcun diniego espresso, in applicazione di quanto previsto dal comma 36 dell’art.32 del d.l. n.269 del 2003 e dall’art.6, comma 3 della legge regionale Lazio n. 12 del 2004, già nel 2009 si sarebbe formato il titolo in sanatoria per silenzio assenso, avendo la parte interamente corrisposto le somme dovute a titolo di oblazione.
D’altro canto, poiché la perimetrazione del Parco si era avuta solo il 20 agosto del 2010, ossia in una data successiva al perfezionamento del titolo per silentium, la sentenza gravata – che ha ritenuto che le domande di condono fossero inammissibili – sarebbe errata perché, in modo esattamente opposto a quanto da essa ritenuto, l’amministrazione si sarebbe dovuta limitare a prendere atto dell’avvenuto perfezionamento della procedura condonistica, in senso favorevole per la richiedente.
5.1. Il motivo è infondato.
5.1.1. Innanzitutto, come osservato nei paragrafi precedenti, sull’area pre-esistevano vincoli ulteriori e diversi da quelli discendenti dalla sua inclusione nel parco lacuale, il che precludeva, ai sensi di quanto previsto dal comma 27 del d.l. n.269 del 2003 e ss. modifiche ed integrazioni, la possibilità di fruire della sanatoria.
5.1.2. Anche a voler prescindere dal, per vero assorbente, rilievo che precede, si osserva che l’art.3 lett. b) della legge regionale Lazio n.12/2004, nella versione illo tempore vigente, tra le cause ostative al rilascio della sanatoria edilizia contemplava “la presenza di opere realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all'interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali.”
E poiché dal 2010, l’area de qua rientra nel parco lacuale ... ..., quello appena riferito rappresenta un altro elemento che, di per sé solo, precludendo in radice la sanabilità degli interventi controversi, rendeva inammissibili le richieste di condono presentate dalla parte.
5.1.3. Le medesime considerazioni escludono, a maggior ragione che, sussistendo, nel caso di specie, vincoli paesaggistici, potesse trovare applicazione il silenzio-assenso invocato dalla parte ai sensi del combinato disposto dell’art.32 comma 36 del d.l. n.269 del 2003 e dell’art.167 comma 5 del d. lgs. n.42 del 2004.
Infatti, anche a volerla ritenere fondata, la costruzione potrebbe operare solo nel caso in cui le domande di condono fossero state ammissibili, condizione che non ricorreva nel caso di specie perché i vincoli insistenti sull’area, sia pre-esistenti che sopravvenuti, precludevano in radice l’applicazione della relativa disciplina.
Ne consegue che certamente trovano applicazione alla fattispecie controversa anche gli altri commi dell’art.167 del d. lgs. n.42/2004, e segnatamente anche il comma 4 che esclude l’ammissibilità di una sanatoria postuma, nel caso in cui, come accaduto nell’occorso, sull’area protetta vengano realizzati nuovi volumi, in contrasto con le vigenti normativa urbanistica e pianificazione.
6. Il terzo motivo d’appello censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che la perimetrazione del Parco lacuale di ... ... fosse incerta, e, in quanto tale, impedisse di ritenervi inclusa l’area di sedime degli immobili di cui si discute.
Al contrario, deducendo avverso il diniego i vizi di eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza di istruttoria e travisamento dei presupposti, la parte appellante sostiene che l’amministrazione avrebbe comunque dovuto acquisire il parere di compatibilità paesaggistica, utile anche a correttamente perimetrare l’area protetta, prima di decidere se assentire o meno le opere, e, in caso negativo, diversamente da come ha operato, avrebbe dovuto esplicitare le ragioni tecniche e logico-giuridiche che impedivano di accogliere l’istanza condonistica.
Proprio in ragione di tali premesse, peraltro, la doglianza in esame reitera la richiesta di approfondimento istruttorio, la cui necessità aveva già rappresentato in primo grado, onde verificare la sussistenza, nell’immobile, dei presupposti per fruire della sanatoria.
6.1. Il motivo è infondato.
6.1.1. Le considerazioni che precedono, come più volte ricordato, dimostrando l’insistenza, sull’area, di vincoli sia pre-esistenti che sopravvenuti che precludevano in radice l’operatività della normativa condonistica, rendono innanzitutto non necessario né utile il chiesto approfondimento istruttorio, che alcun apporto innovativo potrebbe fornire, da un punto di vista conoscitivo, alla ricostruzione della vicenda controversa, considerato che il diniego costituiva un atto dovuto ex lege.
6.1.2. Le medesime considerazioni inducono a disattendere – poiché la preclusione discendeva direttamente dalla legge – le eccezioni di difetto di istruttoria e di travisamento dei presupposti dell’atto, sempre in ragione della carenza in astratto delle condizioni di ammissibilità della richiesta che rendevano superfluo qualsiasi ulteriore accertamento istruttorio tecnico in ordine all’assentibilità delle opere.
6.1.3. La ricordata natura vincolata della decisione, in termini negativi per il richiedente, imposta dalla normativa condonistica, dequota anche l’obiezione che fa valere il difetto di motivazione, posto che, a sostenere il diniego di sanatoria, era sufficiente indicare, come correttamente fanno gli atti impugnati, i vincoli esistenti sull’area in quanto di ostacolo al rilascio del condono.
6.1.4. Per le medesime ragioni, contrariamente a quanto sostenuto dalla doglianza in esame, sarebbe stato inutile, oltre che diseconomico, chiedere all’autorità preposta alla tutela di pronunciarsi in merito a degli interventi, che comunque in alcun modo avrebbero potuto ottenere la sanatoria.
7. Conclusivamente questi motivi inducono al rigetto del gravame. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi euro 6000,00 (euroseimila,00), da dividersi in parti eguali, in favore delle due parti appellate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Roberto Chieppa, Presidente
Daniela Di Carlo, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere, Estensore
Marco Morgantini, Consigliere
         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Sergio Zeuli        Roberto Chieppa
         
         
         
         
         
IL SEGRETARIO

 

Nessun commento:

Posta un commento