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09 maggio 2025

La sentenza della Cassazione n. 11998 del 2025 affronta un aspetto fondamentale relativo all’accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche, in particolare al ruolo dell’articolo 38, comma 3, del Dpr 600/1973. La decisione chiarisce e conferma la portata e le modalità con cui l’Ufficio può utilizzare le informazioni contenute nell’anagrafe tributaria per verificare la correttezza delle dichiarazioni dei contribuenti.

 

La sentenza della Cassazione n. 11998 del 2025 affronta un aspetto fondamentale relativo all’accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche, in particolare al ruolo dell’articolo 38, comma 3, del Dpr 600/1973. La decisione chiarisce e conferma la portata e le modalità con cui l’Ufficio può utilizzare le informazioni contenute nell’anagrafe tributaria per verificare la correttezza delle dichiarazioni dei contribuenti.

**Contesto normativo e principi di riferimento**

L’articolo 38, comma 3, del Dpr 600/1973, nel contesto delle norme sul procedimento di accertamento, consente all’Ufficio di desumere l’incompletezza o inattendibilità della dichiarazione fiscale sulla base di dati e notizie raccolti dall’anagrafe tributaria. Tale disposizione si inserisce nel quadro più ampio delle potestà di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, che può fondarsi sia su elementi diretti (come documenti, dichiarazioni, controlli specifici) sia su elementi indiziari o presuntivi, purché siano affidabili e supportati da dati concreti.

**Principio affermato dalla Cassazione**

La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, ribadisce che l’anagrafe tributaria rappresenta uno strumento ufficiale e affidabile per la verifica fiscale, e che l’Amministrazione può legittimamente desumere l’incompletezza o la falsità di una dichiarazione fiscale basandosi su elementi raccolti tramite questa banca dati. In particolare, l’articolo 38, comma 3, consente all’Ufficio di trarre presunzioni di inattendibilità del reddito dichiarato quando emerge una discrepanza tra i dati dichiarati e quelli raccolti dall’anagrafe, senza dover necessariamente procedere ad ulteriori verifiche dirette.

**Implicazioni pratiche e metodo di accertamento**

La pronuncia sottolinea che l’Ufficio deve comunque rispettare i principi di buona fede e di correttezza procedimentale, e che le presunzioni derivanti dall’anagrafe devono essere concrete, specifiche e coerenti, non semplicemente speculative. La decisione evidenzia inoltre che l’accertamento sintetico, basato su dati dell’anagrafe, può portare alla rettifica del reddito dichiarato, anche in assenza di ulteriori riscontri diretti, purché si dimostri che i dati raccolti siano significativi e affidabili.

**Criticità e tutela del contribuente**

La Cassazione, in questa pronuncia, si sofferma anche sulla necessità di un equilibrio tra l’efficacia degli strumenti di verifica e la tutela del contribuente, sottolineando che l’Ufficio deve motivare adeguatamente le proprie presunzioni e verificare che i dati dell’anagrafe siano stati correttamente interpretati e contestualizzati.

**Conclusioni**

In sintesi, la sentenza n. 11998 del 2025 conferma che, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del Dpr 600/1973, l’Amministrazione finanziaria può legittimamente desumere l’incompletezza della dichiarazione fiscale delle persone fisiche sulla base di dati raccolti dall’anagrafe tributaria. Questa possibilità rafforza il ruolo di quest’ultima come strumento di verifica affidabile e imprescindibile nel procedimento di accertamento sintetico del reddito, purché siano rispettati i principi di correttezza, trasparenza e motivazione.

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