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17 aprile 2025

Nel panorama giuridico italiano, la tutela dei diritti fondamentali e il rispetto delle procedure costituzionali rappresentano pilastri imprescindibili dell’ordinamento penale e processuale. La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 8379 del 2025 si inserisce in questo contesto, riaffermando con fermezza il principio fondamentale secondo cui le misure cautelari devono essere adottate in modo ponderato, valutando attentamente le circostanze del caso concreto e rispettando i principi di proporzionalità e necessità.

 



Nel panorama giuridico italiano, la tutela dei diritti fondamentali e il rispetto delle procedure costituzionali rappresentano pilastri imprescindibili dell’ordinamento penale e processuale. La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 8379 del 2025 si inserisce in questo contesto, riaffermando con fermezza il principio fondamentale secondo cui le misure cautelari devono essere adottate in modo ponderato, valutando attentamente le circostanze del caso concreto e rispettando i principi di proporzionalità e necessità.

Al centro della decisione si trova la questione riguardante l’utilizzo del braccialetto elettronico come strumento di sorveglianza e contenimento, e le conseguenze di eventuali impossibilità tecniche nel suo impiego. Il caso esaminato riguarda un procedimento per atti persecutori, nel quale il Tribunale del Riesame di Milano aveva previsto, come misura cautelare, il divieto di avvicinamento alla persona offesa, accompagnato dalla prescrizione del braccialetto elettronico. Tuttavia, in presenza di una difficoltà tecnica nel garantire l’uso del dispositivo, il Tribunale aveva deciso di applicare automaticamente una misura più restrittiva, ovvero il divieto di dimora.

La Corte di Cassazione ha invece chiarito che tale automatismo è illegittimo. La sentenza n. 8379/2025 richiama infatti le pronunce della Corte Costituzionale, in particolare la n. 173 del 2024, che sottolineano come le misure cautelari non possano essere aumentate o diminuite automaticamente sulla base di presunzioni o prassi, ma devono essere invece sottoposte a una valutazione autonoma e dettagliata da parte del giudice. In altre parole, l’indisponibilità del braccialetto elettronico non può essere utilizzata come scusa per disporre in modo automatico una misura più severa, come il divieto di dimora.

La decisione delle Sezioni Unite penali, richiamata dalla sentenza, ribadisce un principio cardine: ogni misura cautelare deve essere valutata sulla base di parametri di idoneità, necessità e proporzionalità. Automatismi, sia in senso peggiorativo che migliorativo, sono contrari alla logica del sistema penale, che mira a garantire che le restrizioni siano motivate da esigenze concrete e verificabili, e non imposte tramite procedure automatiche o prassi.

Questa pronuncia rappresenta un importante richiamo all’osservanza del principio di individualizzazione delle misure cautelari, rafforzando il ruolo del giudice nel valutare attentamente ogni caso specifico e nel garantire che le restrizioni siano proporzionate alla gravità del fatto e alle esigenze di tutela della vittima. Inoltre, si configura come una tutela ulteriore dei diritti del soggetto sottoposto a misura cautelare, evitando che pratiche automatiche possano portare a restrizioni ingiustificate o sproporzionate.

In conclusione, la sentenza n. 8379/2025 della Cassazione rappresenta un importante passo avanti nel rispetto dei principi costituzionali e nel rafforzamento della tutela dei diritti individuali, sottolineando che le misure cautelari devono essere adottate con criterio, attenzione e rispetto delle procedure, senza ricorrere ad automatismi che rischiano di compromettere la proporzionalità e la legittimità delle decisioni giudiziarie. 




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