Cassazione n. 25868 / 2025, relativa al caso del “cambio di destinazione d’uso” e del “secondo acquisto con agevolazione prima casa”, con particolare riferimento al tema della contiguità temporale (tre giorni) e all’ipotesi di mala fede del contribuente.
Contesto normativo e problematico
Il regime “prima casa” e il requisito della non titolarità
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La disciplina dell’agevolazione prima casa (nota II bis all’art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 131/1986) prevede, tra le condizioni essenziali, che l’acquirente non sia titolare, al momento dell’atto, di altre “case di abitazione” nel medesimo comune in cui è situato l’immobile da acquistare, salvo che non vi sia alienazione, donazione o decadenza del beneficio.
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La norma non fa più riferimento (nelle formulazioni recenti) all’“idoneità” oggettiva dell’immobile posseduto, ma, secondo l’orientamento maggioritario (anche già consolidato), assume rilievo la classificazione catastale vigente al momento del nuovo acquisto (ossia se l’immobile posseduto è accatastato come “casa d’abitazione” o meno).
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Se l’immobile posseduto è formalmente qualificato non come abitazione, l’acquirente può soddisfare l’ulteriore requisito per fruire nuovamente del beneficio, a condizione che non vi siano altri elementi oggettivi o soggettivi che inducono a ritenere una condotta elusiva o di mala fede.
I problemi che sorgono in caso di cambio di destinazione d’uso
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Se il contribuente, dopo aver acquistato un immobile con agevolazione “prima casa”, lo trasforma (anche catastalmente) in uso diverso dall’abitazione (es. da A/2 a A/10, studio privato/ufficio), può sorgere un dubbio: può in tal caso successivamente acquistare un altro immobile con agevolazione “prima casa”, pur essendo già proprietario del precedente immobile?
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L’Amministrazione finanziaria, spesso, contesta che il cambio di destinazione d’uso sia stato effettuato con l’unico scopo di svuotare formalmente la condizione ostativa e di aggirare la disciplina, assumendo che la vicinanza temporale tra il cambio di destinazione e il nuovo acquisto sia indizio di abuso del diritto (o di mala fede).
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In questo scenario, la questione che la Cassazione ha affrontato con l’ordinanza n. 25868/2025 è se – e a quali condizioni – la mera rapidità (qui: tre giorni) tra il mutamento catastale e il nuovo acquisto possa giustificare, di per sé, la presunzione di mala fede o abuso.
Fatti del caso oggetto della decisione
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Il contribuente aveva acquistato inizialmente un immobile con agevolazione “prima casa”, classificato catastalmente come abitazione (A/2).
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Successivamente aveva richiesto la variazione della destinazione d’uso, ottenendo la conversione catastale in categoria A/10 (uso ufficio).
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A soli tre giorni di distanza dal cambio di destinazione d’uso, il contribuente acquistava un nuovo immobile da adibire a casa (abitazione) e chiedeva le agevolazioni “prima casa” sul nuovo acquisto.
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L’Amministrazione notificava avvisi di accertamento, sostenendo che la contiguità temporale fosse indice “forte” di intento elusivo (mala fede), e chiedeva la decadenza/recupero dei benefici.
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I giudici di merito avevano accolto le ragioni del contribuente (la CTR aveva rigettato l’atto dell’Amministrazione), ritenendo che la categoria catastale al momento dell’acquisto fosse effettivamente non abitativa e che non fosse dimostrato un intento elusivo.
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L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, contestando l’interpretazione della normativa e la valutazione del rapporto temporale quale abuso.
Principi giuridici affermati dalla Cassazione (ordinanza 25868/2025)
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Parametro oggettivo della classificazione catastale al momento dell’acquisto
La Cassazione conferma che il requisito della “non titolarità di altra casa di abitazione” si fonda sull’elemento oggettivo della categoria catastale vigente al momento dell’atto di acquisto del nuovo immobile. Se al momento del rogito l’immobile posseduto è accatastato come non abitativo, il requisito è soddisfatto. (cfr. motivazione riportata da voci di commento) -
Irrelevanza, di per sé, della mera contiguità temporale come presunzione di mala fede
La Corte chiarisce che la mera prossimità temporale (nel caso, tre giorni) tra il cambio di destinazione d’uso dell’immobile e il nuovo acquisto non è sufficiente, da sola, a fondare un’asserita mala fede del contribuente. Non può essere imposta una presunzione automatica che ogni cambio di destinazione molto ravvicinato sia abusivo.
Invece, la contiguità temporale può costituire elemento indiziario, ma occorrono altri elementi probatori qualificati che dimostrino che il cambio catastale sia stato fatto esclusivamente per aggirare la normativa. -
Possibilità di interpretare positivamente la contiguità come intento regolarizzativo
La Corte osserva che la vicinanza temporale fra la variazione catastale e il nuovo acquisto può essere letta non necessariamente come comportamento elusivo, ma anche come atto volto a “normalizzare” o adeguare la situazione catastale all’uso effettivamente già invalso dell’immobile precedente. In altri termini: non sempre l’azione è dissimulatoria, ma può essere legittima (es. adeguamento formale di un uso già consolidato). -
Necessità di elementi integrativi per fondare la decadenza o revoca
In assenza di altri elementi capaci di dimostrare l’intento elusivo (ad esempio: mancanza di coerenza fra l’uso precedente e quello catastale, documentazione che dimostra che il cambio è strumentale, anomalie nella tempistica dei lavori o atti, incongruenze tra dati reali e catastali), l’Amministrazione non può efficientemente sostenere la decadenza del beneficio. Il contribuente ha diritto che, nella fase di valutazione, siano considerati elementi concreti e non presunzioni rigide. -
Rigetto del ricorso dell’Amministrazione
Alla luce delle considerazioni suddette, la Cassazione rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione favorevole al contribuente e l’orientamento della Commissione che aveva rifiutato di revocare l’agevolazione.
Criticità, effetti pratici e raccomandazioni
Criticità interpretative
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Il confine fra il diritto del contribuente a regolarizzare la situazione catastale e l’operazione elusiva può essere sottile: non sempre è agevole distinguere il “vernissage” formale dall’intenzione sostanziale.
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In casi analoghi, l’Amministrazione potrebbe contestare non solo la contiguità temporale, ma anche altre circostanze apparentemente innocue (assenza di motivazioni documentate del cambio d’uso, dati catastali incongruenti, assenza di adeguate relazioni tecniche, mancata corrispondenza fra uso dichiarato e uso reale, ecc.).
Effetti positivi della pronuncia
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La decisione attribuisce una tutela maggiore al contribuente che abbia operato un cambio d’uso legittimo e che — pur in tempi strettissimi — proceda all’acquisto di un nuovo immobile.
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Diminuisce la portata della presunzione automatica di mala fede basata solo sul fattore temporale, imponendo all’Amministrazione di fornire prove concrete di abuso.
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Rinforza il principio che la verifica del requisito “non titolarità di altra casa di abitazione” debba essere basata su dati documentali oggettivi (categoria catastale), non su presunzioni soggettive.
Raccomandazioni operative
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Conservare ampia documentazione probatoria
Se vi è un cambio di destinazione d’uso, è utile predisporre relazioni tecniche, autorizzazioni urbanistiche, atti che motivino il cambiamento, prove del reale uso dell’immobile nel periodo precedente al cambio catastale, fotografie, documentazione catastale storica, ecc. -
Motivare il cambio d’uso
È opportuno dare una motivazione plausibile e coerente al cambio (ad es. esigenze professionali, trasformazione stabile dell’uso), in modo che non sembri mera operazione ad uso fiscale. -
Tempestività, ma non esclusività del tempo
Sebbene la rapidità non sia di per sé sintomo d’illiceità, sarebbe preferibile evitare che il cambio catastale e il nuovo acquisto si succedano in forma immediata e senza alcun elemento che giustifichi il comportamento. Un intervallo — anche breve — se corredato da motivazioni (es. procedure burocratiche, regolamenti locali, adeguamenti tecnici) può essere utile. -
Coerenza fra uso materiale e dichiarato
Verificare che l’uso concreto del primo immobile, prima del cambio, si concili con la destinazione d’uso successiva: se l’immobile era già da tempo utilizzato come ufficio, anche se formalmente “abitativo”, ciò può rafforzare l’argomento che il cambio catastale è adeguamento e non simulazione. -
In contenzioso: sollecitare che l’Amministrazione esponga prove dell’intento elusivo
In caso di avviso o atto di decadenza, opporsi chiedendo che l’Ufficio specifichi quali fatti concreti dimostrino la mala fede e non si limiti a presunzioni. Utilizzare la pronuncia Cass. 25868 come argomento di diritto. -
Monitorare eventuali prassi dell’Agenzia delle Entrate
È plausibile che l’Agenzia aggiorni le proprie linee guida o circolari interne, anche alla luce di questa pronuncia, per evitare contenziosi opposti a principi ormai consolidati dalla Cassazione.
Massima (proposta)
In tema di agevolazioni per l’acquisto della “prima casa”, il requisito della “non titolarità di altra casa di abitazione” si valuta con riferimento alla classificazione catastale vigente al momento dell’atto di acquisto del nuovo immobile. La mera contiguità temporale (tre giorni) fra il cambio di destinazione d’uso del precedente immobile e il nuovo acquisto non può, da sola, costituire prova di mala fede del contribuente; occorrono elementi aggiuntivi idonei a mostrare che il cambio catastale è stato posto in essere esclusivamente con finalità elusiva. (Cass. ord. n. 25868/2025)
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