Tar 2025 - Il ricorrente, un Brigadiere del Comando Legione Carabinieri Xxxxx, ha presentato un ricorso amministrativo in modo regolare, notificandolo e depositandolo secondo le procedure previste. Ha riassunto un giudizio già iniziato presso il TAR Xxxxx, che si era dichiarato territorialmente incompetente a decidere sulla questione, probabilmente per motivi di competenza territoriale o di materia.
Il ricorrente chiede l’annullamento di un provvedimento amministrativo che ha ricevuto, il quale ha accertato l’inosservanza dell’obbligo vaccinale contro il COVID-19 e ha comportato la sospensione immediata dal servizio lavorativo. Tale provvedimento si basa su una circolare di riferimento, che il ricorrente intende impugnare.
Inoltre, ha richiesto la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato, ovvero la revoca immediata della sospensione dal servizio, considerandolo ingiusto o illegittimo.
Il ricorrente ha anche formulato una serie di domande di carattere più ampio, che riguardano aspetti di diritto europeo e costituzionale:
- Ha chiesto di disapplicare o ottenere un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE riguardo alle norme nazionali invocate (Dl 44/2021, Dl 127/2021, Dl 172/2021 e le loro leggi di conversione), ritenendo possano essere in contrasto con norme di diritto comunitario.
- Ha inoltre proposto questioni di legittimità costituzionale delle stesse norme davanti alla Corte Costituzionale, presumibilmente per verificare la compatibilità delle misure adottate con i principi costituzionali fondamentali.
Infine, ha chiesto che il Ministero della Difesa sia condannato al risarcimento dei danni subiti a causa dell’esecuzione del provvedimento impugnato, considerando che l’adozione di quest’ultimo avrebbe arrecato un danno ingiusto o eccessivo.
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### **Diritto**
Il ricorso affronta vari aspetti di diritto amministrativo, costituzionale e comunitario:
**1. Incompetenza territoriale del TAR Xxxxx:**
Il ricorrente ha già avviato un giudizio presso il TAR Xxxxx, che si è dichiarato incompetente territorialmente. La questione potrebbe riguardare la competenza del giudice amministrativo rispetto ad altri organi o competenze speciali, e questa è una questione preliminare che potrebbe influenzare la validità del giudizio stesso.
**2. Impugnazione del provvedimento di sospensione e accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale:**
Il provvedimento impugnato si basa su normative emergenziali e di contenimento del COVID-19, in particolare:
- DL 44/2021 e la sua legge di conversione n.76/2021,
- DL 127/2021 e la relativa legge di conversione n.165/2021,
- DL 172/2021 e la legge di conversione n.3/2022.
Questi decreti-legge hanno introdotto obblighi vaccinali e misure restrittive, come la sospensione dal servizio pubblico, in funzione di tutela della salute pubblica.
Il ricorrente contesta la legittimità di queste misure, presumibilmente per motivi di eccesso di potere, mancanza di adeguate motivazioni, violazione di diritti costituzionalmente garantiti (come il diritto al lavoro, alla salute, alla libertà personale), e/o per violazione di norme di diritto europeo (in particolare, i principi di proporzionalità e di rispetto dei diritti fondamentali).
**3. Questioni di diritto europeo e costituzionale:**
- **Disapplicazione o rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE:**
Il ricorrente chiede di sollevare questioni di compatibilità delle norme nazionali con il diritto dell’UE, in particolare i principi di libertà fondamentali e di non discriminazione, o eventuali violazioni di norme specifiche come la Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE.
- **Questioni di legittimità costituzionale:**
La richiesta di verifica della costituzionalità delle norme si fonda sulla possibile violazione di principi costituzionali come il diritto al lavoro (art. 4 e 41), il diritto alla salute (art. 32), la libertà personale (art. 13), e il principio di ragionevolezza e proporzionalità (art. 3 Cost.), in relazione alle misure di contenimento del COVID-19.
**4. Risarcimento danni:**
Il ricorrente ha chiesto anche un risarcimento per i danni che avrebbe subito a causa dell’esecuzione del provvedimento, il che implica che egli ritiene che la sospensione o l’accertamento di inosservanza dell’obbligo vaccinale siano stati ingiusti o dannosi, e che quindi abbia diritto a un ristoro economico.
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### **Conclusioni**
Il ricorso verte sull’impugnazione di un provvedimento amministrativo che sospende il lavoratore pubblico per obbligo vaccinale, contestandone la legittimità costituzionale e comunitaria, e chiedendo anche un eventuale risarcimento dei danni. La complessità della questione risiede nell’equilibrio tra tutela della salute pubblica e rispetto dei diritti fondamentali costituzionali e europei.
Pubblicato il 31/07/2025
N. 15124/2025 REG.PROV.COLL.
N. 04854/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4854 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato xxxxx, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Difesa – Legione Carabinieri “Xxxxx” – Stazione di Xxxxx Xxxxx Xxxxx, in persona del legale rappresentante pro tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento previa sospensione dell’efficacia
1) dell’atto di accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale N. 178/22-9-2021 di prot. del 14 gennaio 2022 notificato il 15 gennaio 2022 alle ore 15.40 emesso nei confronti del Brigadiere -OMISSIS- emesso dal Comando Legione Carabinieri Xxxxx, di immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa a trattamento economico 'zero', ai sensi dell'art.4-ter, comma 3 - DL n.44/2021, convertito in legge 76/2021;
2) della circolare del Comando generale dell'Arma dei Carabinieri datata 9 dicembre 2021, avente oggetto “Estensione dell'obbligo vaccinale al personale del comparto sicurezza”;
nonchè per la disapplicazione e/o rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'UE e/o alla Corte costituzionale delle seguenti norme:
• DL n.44/2021 - Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici e relativa legge di conversione n.76/2021;
• DL n.127/2021 - Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening e relativa legge di conversione n.165/2021;
• DL n.172/2021 - Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali e relativa legge di conversione n. 3/2022.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 11 luglio 2025 il dott. Danilo Carrozzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, il ricorrente, in qualità di Brigadiere del Comando Legione Carabinieri Xxxxx, riassumendo il giudizio già incoato presso il TAR Xxxxx, dichiaratosi territorialmente incompetente, chiede l’annullamento previa sospensione degli effetti del provvedimento emesso dall’amministrazione di appartenenza ed indicato in epigrafe, avente ad oggetto l’accertamento di inosservanza dell’obbligo vaccinale e l’immediata sospensione dal diritto di svolgere l’attività lavorativa, nonché l’annullamento della circolare posta alla base del predetto provvedimento.
Ha formulato, altresì, domanda di disapplicazione e/o rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'UE e/o proporre questione di legittimità costituzionale alla Corte Costituzionale delle seguenti norme: DL 44/2021- Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici e relativa legge di conversione n.76/2021; DL n. 127/2021 - Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening e relativa legge di conversione n.165/2021; DL n. 172/2021 - Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali e relativa legge di conversione n. 3/2022.
Ha chiesto, infine, la condanna del Ministero della Difesa al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’esecuzione del provvedimento medesimo.
1.1. A sostegno della propria domanda ha formulato i motivi di diritto sintetizzati come segue:
- “I. Violazione e/o falsa applicazione dei diritti fondamentali: artt.1, 2, 3, 7, 15, 21 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, in combinato disposto con gli artt.1, 3, 4, 36 e 38 della Costituzione, nonché con la risoluzione 2361 (2021) del Consiglio d’Europa e il Regolamento (UE) 2021/953 nonché il regolamento (UE) 2014/536 – eccesso di potere legislativo e violazione del canone di ragionevolezza ex art.3 della Costituzione, per ingiusta disparità/discriminazione”: il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo in quanto in contrasto con la Carta dei diritti fondamentali dell'UE in tema di “Dignità umana”, “Diritto alla vita”, “Diritto all'integrità della persona”, c.d. “consenso libero e informato”, “Protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale”, “Diritto di lavorare”, di “Non discriminazione”, oltre che di “Sicurezza e assistenza sociale”. Inoltre la normativa de qua non prevedrebbe la possibilità di sottoporsi a tamponi quotidiani in luogo della vaccinazione;
- “II. Violazione di legge (artt. 82 - dpr 3/1957 e 55-quater – comma 3-bis - Dlgs 165/2001 – artt. 82 – dpr 3/1957 e 55-quater – comma 3-bis – dlgs 165/2001 e artt. 914 e ss. - dlgs 66/2010 – alla luce degli artt.3, 36 e 38 della Costituzione e del principio del c.d. favor laboratoris), nonché regolamento UE 2014/536 - eccesso di potere per manifesta ingiustizia, disparità di trattamento/discriminazione per mancata previsione di assistenza sociale sub-specie di assegno alimentare e familiare, contestualmente concesso invece a colleghi sospesi dal servizio per gravi motivi penali e disciplinari e/o a terroristi e mafiosi”: i provvedimenti impugnati creerebbero una disparità di trattamento con quanto previsto dagli artt. 82 – DPR 3/1957 e 55-quater – comma 3-bis – DLGS 165/2001, laddove prevedono il “diritto all'assegno alimentare” di cui è titolare l'“impiegato sospeso” per motivi penali e disciplinari; nonché dagli artt.914 e ss. - DLGS 66/2010 - Codice dell'ordinamento militare, dall'analogo contenuto con particolare riferimento all'art. 915, lett. d) che prevede il diritto all'assegno alimentare e familiare, anche in caso di più generiche “misure di prevenzione provvisorie, la cui applicazione renda impossibile la prestazione del servizio”. In particolare, chi è imputato per un reato o sottoposto a misure cautelari personali avrebbe diritto alla metà della retribuzione; di converso, chi non si sottopone all’obbligo vaccinale non avrebbe diritto a percepire alcuna retribuzione; inoltre, il regolamento UE 536/2014 persegue la finalità di promuovere l’efficienza delle sperimentazioni cliniche. La sospensione della retribuzione costituirebbe un condizionamento di natura finanziaria che precluderebbe la possibilità di effettuare detta sperimentazione clinica.
“III Violazione di legge (art.4 del Trattato UE, artt.11 e 117 della Costituzione in combinato disposto con l'art. 43 –legge 234/2012), per non aver, i vertici della Guardia di Finanza, disapplicato in via pre-cautelare norme e provvedimenti in contrasto conl'ordinamento UE”: con tale motivo il ricorrente si duole della mancata disapplicazione, in autotutela, da parte dell’amministrazione, degli atti impugnati, in quanto ritenuti contrari al diritto eurounitario.
2. Si è costituito il Ministero resistente contestando tutto quanto ex adverso dedotto.
3. Con ordinanza n. 3390 del 27 maggio 2022 - non appellata - è stata respinta l’istanza di adozione di misure cautelari, “Ritenuto che non sia configurabile il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile a carico del ricorrente nelle more della decisione di merito della causa, in quanto il militare dovrà essere riammesso in servizio a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge 24 marzo 2022, n. 24, per cui l’oggetto della controversia risulta ormai circoscritto all’accertamento della legittimità della pregressa sospensione dal servizio e della conseguente mancata erogazione della retribuzione per un numero limitato di mensilità”.
4. All’udienza di smaltimento dell’arretrato dell’11 luglio 2025 la causa è stata introitata per la decisione.
5. Il ricorso è infondato e deve essere respinto per le ragioni che seguono.
6. Preliminarmente deve essere respinta l’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea.
Sul punto, si osserva che, nel caso di specie, il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall’orientamento già formatosi in giurisprudenza secondo il quale la normativa qui censurata non presenta profili di interesse sovranazionale nei termini formulati dal ricorrente per le ragioni di seguito indicate:
“- come si evince dal parere n. 887/2024, in quel contenzioso il ricorrente aveva dedotto in particolare il contrasto fra la normativa emergenziale italiana e la direttiva comunitaria 2000/78/CE, e in effetti i due quesiti formulati dal Consiglio di Stato attengono proprio al possibile contrasto fra le disposizioni relative all’obbligo vaccinale (tanto con riguardo all’obbligo in sé, quanto in relazione alle conseguenze di natura patrimoniale discendenti dall’inosservanza dell’obbligo) e alcune disposizioni della direttiva n. 78 del 2000;
- pertanto, e seppure è vero che il giudice comunitario, ai fini dell’ammissibilità del rinvio pregiudiziale, interpreta il presupposto della rilevanza delle questioni sollevate dal giudice nazionale in maniera meno rigorosa rispetto, ad esempio, alla Corte Costituzionale, è altrettanto vero che la violazione della normativa sovranazionale deve essere stata comunque dedotta nel giudizio a quo. Ora, né nel ricorso introduttivo né nell’atto di motivi aggiunti si fa cenno alla direttiva 78 del 2000, per cui le precisazioni che la C.G.U.E. fornirà eventualmente al Consiglio di Stato non sarebbero comunque rilevanti nel presente giudizio;
- dalla piana lettura del parere n. 887/2024 emerge inoltre che il rinvio pregiudiziale è stato disposto dal Consiglio di Stato unicamente in relazione ai c.d. criteri Cilfit, il che è ammesso al § D del parere stesso. Al riguardo non va inoltre dimenticato che lo stesso Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, a partire dalla nota sentenza n. 7045/2021 (in parte qua condivisa anche da questo T.A.R., ad esempio nella sentenza n. 240/2023), ha chiarito che la normativa qui censurata non presenta profili di interesse sovranazionale, per cui a fortiori non appare giustificato il rinvio pregiudiziale (sul merito delle questioni sollevate dal Consiglio di Stato si rimanda ai paragrafi successivi)” (cfr. Tar Marche – Ancona, Sez I, sent. 26 aprile 2025 n. 297, pienamente condivisa dal Collegio).
L’istanza di rinvio alla CGE va dunque respinta.
7. Si procede con lo scrutinio del merito del ricorso, che è infondato e deve essere respinto per le ragioni che si vengono ad illustrare.
8. Con i primi due motivi di ricorso, viene censurato l’asserito contrasto tra l’introduzione dell’obbligo vaccinale e le restrizioni imposte ai soggetti non vaccinati e i principi di non discriminazione, di uguaglianza e di legalità (considerando anche la ritenuta assenza di proporzionalità della sanzione e l’inefficacia del vaccino a prevenire il contagio), assumendo come parametro di legalità sia la disciplina interna che quella eurounitaria e convenzionale Edu.
Su ciascuno dei punti di censura si è già espressa uniformemente la giurisprudenza, ritenendo l’impianto normativo in esame pienamente legittimo e conforme ai principi costituzionali ed europei.
In particolare, questo TAR da ultimo ha affermato che:
“E’ sufficiente richiamare i principi espressi dalla Corte Costituzionale con le sentenze nn. 14 e 15 del 2023 secondo i quali, alla luce del ragionevole e non sproporzionato bilanciamento degli interessi coinvolti quale operato dal legislatore e come tale ritenuto dalla Corte costituzionale, l’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio trova giustificazione nel principio di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione, in quanto, in nome di esso e, dunque della solidarietà verso gli altri, ciascuno può essere obbligato a un dato trattamento sanitario, anche comportante un rischio specifico, restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione.
E tali principi, pur se espressi con riferimento al personale sanitario, devono trovare applicazione anche per le altre categorie (tra cui il personale militare) per le quali è stato normativamente imposto l’obbligo vaccinale, considerati i precipui compiti ad esse affidate in materia di difesa e sicurezza pubblica durante il periodo pandemico, comprensivi di attività a contatto con terzi con rischio di diffusione del virus, nonché dell’esercizio di funzioni necessarie e indifferibili, a tutela della collettività, che non sono passibili di interruzione o rallentamenti e richiedono, pertanto, l’adozione di ogni accorgimento e trattamento sanitario utile.
Le norme in commento, pertanto, non hanno comportato alcun illegittimo sacrificio della posizione dell’interessato, essendo l’obbligo vaccinale con tutta evidenza finalizzato alla tutela di un interesse di rango primario della collettività, ragione per la quale era ammissibile l’imposizione di limiti alla posizione del privato.
La Corte costituzionale, invero, sempre con la citata sentenza n. 15 del 2023 ha chiarito che la previsione dell’obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 - anziché del più mite obbligo di sottoporsi ai relativi test diagnostici (c.d. tampone) - non ha costituito una soluzione irragionevole o sproporzionata rispetto ai dati scientifici disponibili. Infatti, disattendendo le questioni di legittimità costituzionale sollevate, la Corte ha affermato che la normativa censurata ha operato un contemperamento non irragionevole del diritto alla libertà di cura del singolo con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività, in una situazione in cui era necessario assumere iniziative che consentissero di porre le strutture sanitarie al riparo dal rischio di non poter svolgere la propria insostituibile funzione.
Il sacrificio imposto non ha ecceduto quanto indispensabile per il raggiungimento degli scopi pubblici di riduzione della circolazione del virus, ed è stato costantemente modulato in base all’andamento della situazione sanitaria, peraltro rivelandosi idoneo a questi stessi fini. La mancata osservanza dell’obbligo vaccinale ha riversato i suoi effetti sul piano degli obblighi e dei diritti nascenti dal contratto di lavoro, determinando la temporanea impossibilità per il dipendente di svolgere mansioni implicanti contatti interpersonali o che comportassero, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio” (TAR Lazio- Roma Sez I Bis, sent. 19 giugno 2025 n. 12067).
Ancora, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 188 del 15 ottobre 2024 ha precisato che:
“3.– In base alla disciplina delineata dal legislatore per far fronte all’emergenza pandemica, la vaccinazione costituiva requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati. Conseguentemente, come già osservato da questa Corte, la sospensione del lavoratore che non avesse ottemperato all’obbligo vaccinale rappresentava per il datore di lavoro «l’adempimento di un obbligo nominato di sicurezza, inserito nel sinallagma contrattuale» (sentenza n. 15 del 2023): tale misura è, infatti, coerente con l’obbligo di sicurezza imposto al datore di lavoro dall’art. 2087 del codice civile e dall’art. 18 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro). Del pari, sul versante della posizione dei lavoratori, la vaccinazione anti SARS-CoV-2 rientrava nel novero degli obblighi di cura della salute e di sicurezza prescritti dall’art. 20 del d.lgs. n. 81 del 2008, nonché degli obblighi di prevenzione e controllo stabiliti dal successivo art. 279 per i lavoratori addetti a particolari attività. Il datore di lavoro, dunque, era tenuto ad adottare i provvedimenti di sospensione dal servizio e dalla retribuzione del lavoratore dal momento dell’accertamento dell’inadempimento all’obbligo vaccinale e fino al suo assolvimento, ovvero fino al completamento del piano vaccinale nazionale o comunque fino al termine stabilito dalla stessa legge. La mancata sottoposizione a vaccinazione, determinando, nei termini suddetti, la sopravvenuta e temporanea impossibilità per il dipendente di svolgere le proprie mansioni, comportava il venire meno (sia pure temporaneo) del sinallagma funzionale del contratto. In applicazione del principio generale di corrispettività, l’assenza della prestazione lavorativa rende la previsione sulla mancata corresponsione della retribuzione così come di ogni altro compenso o emolumento (sentenza n. 15 del 2023) non contrastante con gli invocati parametri. 4.– Né può giungersi a diverse conclusioni con specifico riferimento alla mancata erogazione dell’assegno alimentare. Come già chiarito da questa Corte, l’effetto stabilito dalle disposizioni censurate, a norma delle quali al lavoratore inadempiente all’obbligo vaccinale non sono dovuti, nel periodo di sospensione, «la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati», giustifica «anche la non erogazione al lavoratore sospeso di un assegno alimentare (in misura non superiore alla metà dello stipendio, come, ad esempio, previsto per gli impiegati civili dello Stato dall’art. 82 del d.P.R. n. 3 del 1957, e in altri casi dalla contrattazione collettiva), considerando che il lavoratore decide di non vaccinarsi per una libera scelta, in ogni momento rivedibile» (sentenza n. 15 del 2023). Né possono ritenersi validi tertia comparationis le ipotesi – evocate dal giudice rimettente al fine di sostenere la violazione dell’art. 3 Cost. sotto il profilo della ingiustificata disparità di trattamento – in cui sia stata disposta la sospensione dal servizio a seguito della sottoposizione a procedimento penale o disciplinare, in base all’art. 82 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle diposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato) o al contratto collettivo di comparto, come stabilito dall’art. 59 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione della organizzazione delle Amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e poi dall’art. 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). In questi casi, invero, la sospensione è una misura provvisoria, priva di carattere sanzionatorio e disposta cautelarmente nell’interesse pubblico, destinata ad essere travolta dall’esaurimento dei paralleli procedimenti; il che rende improponibile la comparazione svolta dal giudice a quo (sentenza n. 15 del 2023). Come rimarcato da questa Corte nella suddetta sentenza, «la scelta del legislatore di equiparare quei determinati periodi di inattività lavorativa alla prestazione effettiva trova lì giustificazione nella esigenza sociale di sostegno temporaneo del lavoratore per il tempo occorrente alla definizione dei relativi giudizi e alla verifica della sua effettiva responsabilità, ancora non accertata». Diversamente da tali ipotesi, in cui «il riconoscimento dell’assegno alimentare si giustifica alla luce della necessità di assicurare al lavoratore un sostegno allorquando la temporanea impossibilità della prestazione sia determinata da una rinuncia unilaterale del datore di lavoro ad avvalersene e da atti o comportamenti che richiedono di essere accertati in vista della prosecuzione del rapporto», nel caso in esame «è il lavoratore che decide di sottrarsi unilateralmente alle condizioni di sicurezza che rendono la sua prestazione lavorativa, nei termini anzidetti, legittimamente esercitabile». 5.– Tali conclusioni – ha chiarito questa Corte nella medesima pronuncia – non vengono intaccate pur aderendo alla tesi della natura assistenziale, e non retributiva, dell’assegno alimentare, in quanto comunque non può considerarsi soluzione costituzionalmente obbligata l’accollo al datore di lavoro, in chiave solidaristica, di una provvidenza di natura assistenziale, esulante dai diritti connessi al rapporto di lavoro, in favore del lavoratore che non abbia inteso vaccinarsi e che sia per ciò solo temporaneamente inidoneo allo svolgimento della propria attività lavorativa. 6.– Alla luce delle considerazioni svolte, devono quindi dichiararsi non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32, secondo comma, Cost., dell’art. 4-ter, commi 1, lettera d), e 3, del d.l. n. 44 del 2021, come convertito, nella parte in cui prevede per il personale della Polizia penitenziaria, per effetto dell’inadempimento all’obbligo vaccinale anti SARS-CoV-2, la sospensione dal servizio e la perdita della retribuzione, e comunque non contempla l’erogazione di un assegno alimentare”.
Deve inoltre essere osservato che la Corte di Giustizia UE, con la sentenza 13 luglio 2023, in causa C-765/21, ha dichiarato irricevibile il rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale Ordinario di Padova, in cui si valorizzava il Regolamento comunitario n. 953/2021. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, dal canto suo, con la sentenza 29 agosto 2024 ha ritenuto legittimi gli obblighi vaccinali introdotti, fra gli altri, dal legislatore italiano (la CEDU era stata adita da cittadini di vari Paesi europei) (per le stesse considerazioni, cfr. Tar Marche – Ancona, Sez I, sent. 26 aprile 2025 n. 297, pienamente condivisa dal Collegio).
Pertanto le prime censure in esame sono infondate sia nella prospettazione dell’illegittimità dei provvedimenti impugnati sia nella prospettazione dell’incostituzionalità/anticomunitarietà delle norme di rango primario a monte dei provvedimenti impugnati.
9. Neppure può essere condiviso il secondo motivo di ricorso nella parte in cui l’esponente sostiene che la sospensione della retribuzione costituirebbe un condizionamento di natura finanziaria che precluderebbe la possibilità di effettuare la sperimentazione clinica promossa dal regolamento UE 536/2014.
Invero, nella specie non si è in presenza di una sperimentazione clinica ai sensi della direttiva comunitaria 2001/20/CE e del conseguente Regolamento n. 536/2014, bensì dell’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata (in sigla CMA), ai sensi della direttiva 2001/83/CE e s.m.i. e del Regolamento n. 507/2006, di alcuni farmaci ritenuti utili per combattere il Coronavirus.
La giurisprudenza, dalla quale il Collegio non intende discostarsi, ha avuto modo di evidenziare sul punto che:
“Come è noto, la CMA è a tutti gli effetti un’autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco, l’unica differenza rispetto all’AIC ordinaria consistendo nel fatto che alcuni passaggi procedurali vengono posticipati rispetto al momento del rilascio dell’autorizzazione, fermo restando, però, che tali passaggi debbono essere comunque ultimati prima che il farmaco sia effettivamente disponibile per gli utilizzatori finali. In particolare, mentre nel caso dell’AIC ordinaria tutti i dati relativi al farmaco debbono essere forniti all’EMA o all’Agenzia nazionale prima del rilascio dell’autorizzazione, nel caso della CMA è consentito al produttore del farmaco di fornire alcuni di questi dati anche dopo il rilascio dell’AIC. L’autorizzazione è dunque “condizionata” all’effettiva presentazione dei dati indicati dalla competente Agenzia del farmaco.
La sperimentazione clinica, invece, è una fase propedeutica alla richiesta di rilascio dell’autorizzazione alla produzione del farmaco su larga scala, il che emerge ad esempio dal disposto dell’Allegato I, punto 8, della direttiva 2001/83/CE” (cfr. TAR Marche - Ancona n. 297/2025).
In tal senso, si deve osservare che l’Istituto superiore di Sanità, l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) e l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), che costituiscono le autorità competenti in materia, hanno attestato che i vaccini anti COVID-19 non sono “sperimentali” perché hanno superato la fase sperimentazione (C. Cost. 14/2023, punto 10.2) in esito alla quale tali autorità scientifiche ne hanno comprovato la sicurezza e l’efficacia riconoscendone i benefici superiori ai rischi (cfr. C. Cost. 14/2023 punto 10.3 e 11), sicurezza che non può essere posta in dubbio da dati o opinioni provenienti da soggetti diversi dalle suddette autorità scientifiche (cfr. C. Cost. 14/2023 punto 11) (per analoga ricostruzione della natura del vaccino in esame cfr. Tar Genova sent. 18 aprile 2025 n. 457)
10. Neppure è fondato il terzo motivo di ricorso inerente alla mancata disapplicazione in autotutela dei provvedimenti per contrarietà all’ordinamento eurounitario.
Il motivo non è meritevole di accoglimento sotto molteplici aspetti. In primo luogo osta alla configurazione di un’autotutela obbligatoria il carattere pacificamente discrezionale del potere di autotutela, il quale impone il vaglio dell’interesse pubblico alla base della decisione di secondo grado. In secondo luogo, alla luce di quanto motivato ai punti superiori, non essendo ravvisabile alcun profilo di contrarietà al diritto eurounitario nei termini prospettati dal ricorrente, non sarebbe stato ravvisabile alcun presupposto normativo per tale disapplicazione. Giova in ultima analisi rammentare che il diritto comunitario non obbliga la P.A., in linea di principio, a riesaminare una decisione amministrativa anche se questa ha acquisito carattere definitivo. Tuttavia, la Corte di Giustizia (caso Kempter) ha avuto modo di precisare che, in particolari circostanze, la P.A. può essere tenuta a riesaminare una decisione amministrativa divenuta definitiva, in forza del principio di leale cooperazione di cui all’art. 4, comma 3 TUE. Il che si verifica quando, esauriti i rimedi giurisdizionali interni, vi è, tuttavia, un’interpretazione sulla disposizione pertinente da parte della stessa Corte di Giustizia. Più in particolare, tale obbligo sussiste quando la sentenza del giudice nazionale è di ultima istanza ed è fondata su un’interpretazione errata del diritto comunitario, adottata senza aver adito in via pregiudiziale la Corte di Giustizia. Presupposti che, nel caso di specie, non ricorrono, come diffusamente motivato ai punti superiori.
Il motivo pertanto è infondato.
11. In conclusione, il ricorso va respinto, sia con riguardo alla domanda impugnatoria, sia, di conseguenza, con riguardo alla domanda risarcitoria.
12. Le spese del giudizio vanno però compensate, visto che la normativa di cui è stata fatta applicazione era di recente introduzione nell’ordinamento e che l’accertamento della sua legittimità ha richiesto varie pronunce della Corte Costituzionale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2025 tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dagli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a. con l'intervento dei magistrati:
Filippo Maria Tropiano, Presidente FF
Francesca Ferrazzoli, Primo Referendario
Danilo Carrozzo, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Danilo Carrozzo Filippo Maria Tropiano
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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