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04 luglio 2025

Consiglio di Stato 2025—la questione fornisce un quadro complesso riguardante la vicenda disciplinare e giurisprudenziale relativa a un militare (denominato -OMISSIS-) coinvolto in un procedimento disciplinare, successivamente oggetto di impugnazioni e decisioni giudiziarie, fino alla sua reintegrazione e alla successiva riduzione della sanzione.

 

Consiglio di Stato 2025—la questione fornisce un quadro complesso riguardante la vicenda disciplinare e giurisprudenziale relativa a un militare (denominato -OMISSIS-) coinvolto in un procedimento disciplinare, successivamente oggetto di impugnazioni e decisioni giudiziarie, fino alla sua reintegrazione e alla successiva riduzione della sanzione.

**Analisi dettagliata del contesto e delle decisioni:**

1. **Procedimento disciplinare e sanzione originaria**:
   - L’Amministrazione ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti del -OMISSIS-, conclusosi con un provvedimento datato 12 marzo 2004 che ha irrogato la sanzione della perdita del grado per rimozione. Tale sanzione rappresenta una delle sanzioni più gravi nel settore militare, comportando la perdita definitiva dello status e delle posizioni gerarchiche.

2. **Impugnazione e pronunce giurisdizionali**:
   - Il militare ha impugnato tale provvedimento davanti al giudice amministrativo, ottenendo un primo rigetto del ricorso (come si evince dalla sentenza del T.A.R. Lazio), ma successivamente, con la sentenza n. 25/2011 del Consiglio di Stato (depositata il 7 gennaio 2011), il ricorso è stato accolto.
   - La pronuncia di secondo grado ha ritenuto sproporzionata la sanzione della perdita del grado, ovvero che questa sanzione, pur essendo legittima, risultava eccessiva rispetto alle circostanze del caso. La sentenza ha altresì sottolineato che l’Amministrazione può rinnovare il procedimento disciplinare, in modo da conformare l’azione futura, e ha evidenziato che, in presenza di una richiesta risarcitoria, non si applicano automaticamente le norme sul restitutio in integrum o sull’annullamento completo (artt. 88 ss. del T.U. n. 3/1957), poiché si tratta di interesse legittimo e non di diritto soggettivo assoluto.

3. **Principio di proporzionalità e risarcimento**:
   - La sentenza ha affermato che, in caso di richiesta di risarcimento danni, l’Amministrazione dovrà valutare tale domanda considerando che la mancata prestazione lavorativa deriva da un fatto giustificativo dell’esercizio del potere disciplinare, anche se esercitato in modo non proporzionato.
   - La quantificazione dei danni deve considerare la causalità prevalente del comportamento del dipendente, anche se egli ha diritto alla reintegrazione.

4. **Reintegrazione e successiva sanzione ridotta**:
   - Il 3 febbraio 2011, l’Amministrazione ha disposto la reintegrazione nel grado del militare e la sua riammissione in servizio con decorrenza dal 12 marzo 2004, data di cessazione del procedimento disciplinare e della sanzione originaria.
   - Tuttavia, con un provvedimento del 23 marzo 2011, l’Amministrazione ha rieditato il potere disciplinare, infliggendo al militare una sanzione di tre giorni di consegna di rigore ai sensi dell’art. 119 del DPR n. 3/1957, ovvero una sanzione minore rispetto alla perdita del grado. Tale riduzione indica una valutazione più mite della condotta e un tentativo di sanare, almeno in parte, le conseguenze del procedimento originario.

**Considerazioni conclusive**:

- La vicenda evidenzia il ruolo del giudice amministrativo nel bilanciare il potere disciplinare dell’Amministrazione e nel garantire il rispetto del principio di proporzionalità delle sanzioni.
- La possibilità di rinnovare il procedimento disciplinare permette all’Amministrazione di adottare provvedimenti conformi ai principi di legalità e proporzionalità.
- La reintegrazione e la riduzione della sanzione dimostrano come, in ambito militare e pubblico, le sanzioni possano essere soggette a revisione e adeguamento a seguito di pronunce giurisdizionali, anche per evitare effetti sproporzionati o ingiustificati.




Pubblicato il 27/06/2025
N. 05621/2025REG.PROV.COLL.
N. 05210/2022 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5210 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati  , con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Guardia di Finanza - Comando Generale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma,
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 4385/2022, resa tra le parti;


Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Guardia di Finanza - Comando Generale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2025 il Cons. Stefano Filippini;
Uditi per le parti gli avvocati Luca Vergine e l'avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO
1. Per il corretto inquadramento dell’oggetto del giudizio è necessario premettere una analitica ricostruzione del fatto e dei principali snodi procedimentali e processuali:
i) il Finanziere scelto -OMISSIS- è rimasto coinvolto nel procedimento penale n. 449/2002, instaurato dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Xxxxx, in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 624 c.p., essendo stato accusato della sottrazione, in concorso con la moglie, di alcuni beni prelevati dagli scaffali di un supermercato del valore complessivo di euro 32,90; la vicenda penale si è poi conclusa con archiviazione per rimessione di querela da parte della persona offesa;
ii) all’esito di tale definizione, l’Amministrazione di appartenenza ha instaurato un procedimento disciplinare di stato nei confronti del -OMISSIS-, concluso con provvedimento in data 12 marzo 2004 di irrogazione della sanzione della perdita del grado per rimozione;
iii) l’impugnazione di tale sanzione dinanzi al giudice amministrativo ha condotto in un primo momento al rigetto del ricorso (cfr. sentenza del T.a.r. per il Lazio, n-OMISSIS-) e poi all’accoglimento dello stesso (cfr. sentenza Cons. Stato n. 25/2011 depositata il 7.1.2011); in particolare, il giudice d'appello ha ritenuto sproporzionata la sanzione inflitta al-OMISSIS-e, fermo restando il potere dell'Amministrazione di rinnovare il procedimento disciplinare, in senso conformativo della futura azione amministrativa ha affermato anche che, a fronte di una eventuale richiesta risarcitoria dell’interessato, “trattandosi dell’annullamento di un provvedimento incidente su un interesse legittimo, non si applicano gli art. 88 ss. del testo unico n. 3 del 1957e i principi sulla restitutio in integrum (rilevanti per legge solo nel caso di completo proscioglimento dell’incolpato dall’addebito). Pertanto, (…), nel caso di richiesta dell’interessato l’amministrazione sarà comunque tenuta a valutare la eventuale domanda di corresponsione del risarcimento del danno tenendo conto del fatto che la mancata prestazione dell’attività lavorativa è risultata comunque la conseguenza di un fatto giustificativo dell’esercizio del potere disciplinare, anche se nella specie è stato esercitato in violazione del principio di proporzionalità.
Pertanto, la relativa quantificazione dei danni dovrà essere effettuata tenendo conto della particolare e preponderante efficienza causale del comportamento del dipendente, malgrado questi abbia titolo alla reimmissione in servizio sulla base della presente decisione.”
iv) con atto ricognitorio datato 3 febbraio 2011, l’Amministrazione ha disposto la reintegrazione nel grado del Finanziere Scelto -OMISSIS- e la sua riammissione in servizio a decorrere dal 12 marzo 2004;
v) con provvedimento del 23 marzo 2011, l’Amministrazione, in sede di riedizione del potere disciplinare, ha inflitto la sanzione di giorni tre “di consegna di rigore”, ai sensi dell’art.119 del DPR n.3/57, così riducendo il trattamento sanzionatorio dell’illecito comunque attribuito al militare;
vi) l’interessato, con istanza del 1.6.2011, ha formulato all’Amministrazione la richiesta di risarcimento del danno e, non ottenendo riscontro, notificava in data 22.11.2011, ricorso per l’ottemperanza della citata sentenza dinanzi al Consiglio di Stato, il quale, tuttavia, con ordinanza n. 4207/2012, ha rilevato la presenza di domanda risarcitoria e dichiarato la propria incompetenza “funzionale” in favore del T.a.r. per il Lazio, dovendo tale richiesta essere soggetta a doppio grado di giudizio;
vii) riassunto il giudizio in quest’ultima sede, il Tribunale amministrativo capitolino, con sentenza n. 4385 del 12 aprile 2022, ha giudicato inammissibile il ricorso per ottemperanza nei termini proposti (atteso che la sentenza del Cons. Stato n. 25 del 2011 si è limitata a caducare il provvedimento amministrativo ivi gravato) e ha rigettato nel resto la domanda sulla base delle seguenti considerazioni: premesso che, sulla base del dato testuale di quel ricorso, risultava che il finanziere aveva agito per i soli danni patrimoniali consistenti negli emolumenti non percepiti nel periodo in cui non ha prestato servizio, e considerato che tale domanda risarcitoria risultava tempestiva (in quanto il giudizio in questione si svolge "nelle forme, nei modi e nei termini del processo ordinario", ai sensi dell’art. 112, comma 4, c.p.a., ratione temporis vigente), la stessa comunque era infondata “… non potendosi nella specie ravvisare - peraltro nel totale silenzio del ricorrente sul punto, cui invece competeva il relativo onere della prova - il necessario presupposto della colpa dell'Amministrazione nella adozione del provvedimento disciplinare di rimozione del grado, successivamente annullato”.
2. Avverso la sentenza in epigrafe indicata la difesa del-OMISSIS-ha proposto il presente giudizio di appello, affidato ai motivi che possono riassumersi nei termini seguenti:
2.1. Violazione dell’art.112, comma 4, c.p.a.; violazione dell’effetto conformativo del giudicato; contraddittorietà manifesta: in sostanza si afferma che il T.a.r. ha travisato il contenuto della sentenza ottemperanda, non considerando le statuizioni rese in merito all’an del risarcimento, riconducendole esclusivamente al quantum.
2.2. Error in iudicando; sussistenza della responsabilità contrattuale della P.A.; violazione degli artt. 1218, 2106 e 2697 c.c.: erra il Tar nell’inquadramento della responsabilità come conseguenza di annullamento di atto illegittimo; nella specie, in ragione del rapporto contrattuale di pubblico impiego intercorrente tra le parti, la condotta datoriale deve essere valutata secondo i criteri civilistici della responsabilità, dei canoni di correttezza e buona fede, la cui violazione costituisce inadempimento contrattuale ex art. 1218 c.c.; pur ricorrendo l’ampia discrezionalità della P.A in materia disciplinare, nella specie non ricorre nessuna condotta tale da poter determinare la destituzione del militare; la proporzionalità, lungi dall'essere un canone rigido ed immodificabile, costituisce un criterio che postula la flessibilità dell'azione amministrativa e garantisce, proprio in ragione di tale flessibilità, che la stessa sia costantemente improntata ai parametri della razionalità e legalità.
2.3. Error in iudicando; applicabilità dell’art.1227 c.c.; la determinazione del danno deve rispettare il principio del giudicato contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato n.25/2011; in subordine, spetta all’appellante la ricostruzione economica e contributiva indicata nel decreto del 3.2.2011; in via ulteriormente subordinata, spetta all’appellante il diritto al trattamento economico e contributivo per il periodo in cui, non è stato riammesso in servizio, dal 7.1.2011 (data di pubblicazione della sentenza ottemperanda) al 12.03.2011 (data di riammissione in servizio), non trattandosi di prima assunzione, ma di rapporto lavorativo già costituito prestato in continuità.
3. L’amministrazione appellata si è costituita in giudizio, depositando successivamente memorie tardive, al fine di resistere al gravame.
4. L’appellante ha depositato memoria difensiva con la quale ha insistito sui propri assunti.
5. Sulle difese e conclusioni in atti, la controversia è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza del 17 giugno 2025.
6. L’appello è infondato.
7. Preliminarmente occorre dichiarare la tardività delle memorie difensive dell’Avvocatura dello Stato depositate in data 5.6.2025 e 11.6.2025.
8. Passando alla disamina dei motivi di appello, il primo mezzo di gravame non coglie nel segno.
Come affermato dal primo giudice, il dictum giurisdizionale contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato n. 25 del 2011, costituente il contenuto del giudicato da ottemperare, è limitato all’annullamento della sanzione disciplinare espulsiva e al portato conformativo scaturente rispetto al riesercizio del medesimo potere disciplinare.
8.1. Le ulteriori affermazioni contenute nella sentenza predetta, attinenti ai profili risarcitori, non costituiscono invece “giudicato” sostanziale, vuoi perché attengono ad aspetti (risarcitori) non oggetto di domanda in quel giudizio impugnatorio, vuoi perché attengono ad un potere della P.A. che non era stato ancora esercitato (quello in tema di ricostruzione della carriera); sicchè neppure può parlarsi di statuizioni finalizzate a scolpire l’effetto conformativo della sentenza caducatoria del provvedimento espulsivo, bensì di un obiter dictum, di considerazioni di contorno, indicative del fatto che il Collegio che ha emesso la sentenza n. 25 del 2011 ha anche valutato quelle che potevano essere le possibili conseguenze future della decisione che era stata assunta, dando indicazioni all’Amministrazione che tuttavia non integrano il giudicato in senso stretto.
8.2. Corretta appare dunque la decisione sul punto da parte del primo giudice, che ha ritenuto inammissibile una domanda di ottemperanza rispetto ad un dictum (quello sui profili risarcitori o sulla ricostruzione della carriera) che non risulta costituire giudicato.
9. Del pari infondato è il secondo motivo di appello. Una volta inquadrata correttamente la domanda proposta con il ricorso notificato (inizialmente dinanzi al Consiglio di Stato) in data 22.11.2011 (e poi riassunto dinanzi al T.a.r. per il Lazio) quale azione risarcitoria tesa, sulla base del dato testuale del ricorso, al ristoro dei danni patrimoniali consistenti negli emolumenti non percepiti nel periodo in cui il-OMISSIS-non ha prestato servizio, pare al Collegio evidente che la parte privata non abbia adempiuto al proprio onere probatorio rispetto, quanto meno, all’elemento della colpa, in capo all’amministrazione, atteso che il mero annullamento dell’atto sanzionatorio espulsivo non comporta di per sé la spettanza del risarcimento; e ciò, sia a voler qualificare la responsabilità risarcitoria in esame nel paradigma della responsabilità contrattuale, sia in quello extracontrattuale.
Come accennato, la sentenza n. 25 del 2011 di questo Consiglio è pervenuta all’annullamento della sanzione espulsiva dopo aver perimetrato (in senso riduttivo rispetto all’addebito di partenza) la condotta sicuramente attribuibile al-OMISSIS-e disciplinarmente rilevante, giudicando poi eccessiva la sanzione massima.
Infatti, nel ripercorrere i fatti accaduti il 16 febbraio 2002, che hanno visto il-OMISSIS-coinvolto in una vicenda di furto in supermercato (che, in sede di indagini penali, risultava ascritto in concorso al prevenuto e a sua moglie, ma che poi la citata sentenza di questo Istituto n. 25 del 2011 ha ritenuto di poter con certezza attribuire solo alla donna), la sentenza di annullamento della sanzione espulsiva ha comunque nitidamente individuato una condotta disciplinarmente rilevante in capo al militare (e cioè l’avere tenuto comportamenti ambigui, avendo inizialmente finto di non conoscere la donna fermata alle casse dagli addetti alla vigilanza, per poi rimanere nelle vicinanze e dire, solo all’arrivo dei carabinieri, di esserne il coniuge, così ingenerando ragionevoli dubbi sul significato da attribuire alla sua complessiva condotta e incidendo negativamente sul prestigio del Corpo di cui egli risultava appartenente).
In tale quadro, la condanna disciplinare inflitta al-OMISSIS-risulta indubbiamente giustificata, sotto il profilo della sussistenza dell’illecito disciplinare (e del resto, la sanzione poi inflitta a seguito del riesercizio del potere disciplinare non è stata neppure impugnata dall’interessato).
Dunque, la sentenza di annullamento della sanzione espulsiva ha essenzialmente censurato il profilo della (mancanza di) proporzionalità tra condotta certamente ascrivibile al-OMISSIS-e sanzione applicata.
Ciò posto, devesi ricordare che, secondo condivisa giurisprudenza, il risarcimento del danno non è conseguenza automatica dell'annullamento di un atto amministrativo, ma necessita dell'ulteriore positiva verifica in ordine alla ricorrenza dei presupposti richiesti dalla legge, tra cui quello della colpevole condotta antigiuridica della pubblica amministrazione (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2020, n. 3274); il requisito della colpa, peraltro, si considera sussistente se l'adozione dell'atto impugnato e la sua esecuzione siano avvenute in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede alle quali l'esercizio della funzione pubblica deve costantemente attenersi (Cons. Stato, sez. IV, 30 gennaio 2017, n. 361).
Dunque, il risarcimento del danno non consegue automaticamente all’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo, attesa l’esigenza di una positiva verifica, oltre che della lesione del bene della vita sotteso alla posizione giuridicamente rilevante concretamente incisa, anche del nesso causale tra l’illecito e il danno subito, nonché della sussistenza della colpevolezza dell’amministrazione; quanto all’elemento soggettivo, da ultimo citato, l’illegittimità del provvedimento amministrativo, ove acclarata, costituisce solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza, da considerare unitamente ad altri, quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità degli elementi di fatto, il carattere vincolato della situazione amministrativa, l’ambito più o meno ampio della discrezionalità dell’amministrazione, sicché la responsabilità deve essere negata quando l’indagine conduce al riconoscimento dell’errore scusabile per l’esistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto, come appunto verificatosi nella specie (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 18 giugno 2020, n. 3903; Cons. Stato, sez. IV, 5 maggio 2020, n. 2848).
Pertanto, come già affermato dal primo giudice, anche se il provvedimento amministrativo di rimozione del grado è stato in seguito annullato per la violazione del principio di proporzionalità della sanzione disciplinare applicata, pare del tutto ragionevole ritenere che nella fattispecie non possano ravvisarsi inescusabili negligenze ovvero errori interpretativi manifestamente gravi, tali da ritenere l'agere amministrativo affetto da colpevolezza evidente, avendo l'Amministrazione fondato il proprio convincimento con riguardo alla sanzione disciplinare da applicare - per quanto in seguito giudicata non proporzionata - su una serie di circostanze e dichiarazioni, richiamate nel relativo provvedimento e risultanti anche dagli accertamenti svolti dall'Arma dei Carabinieri, che ben potevano indurla in un errore scusabile, tanto in relazione alla materialità delle condotte effettivamente attribuibili all’interessato, tanto in relazione all’apprezzamento valutativo del grado di incidenza (negativa) delle mancanze disciplinari rispetto ai valori connessi all’appartenenza al Corpo e alla lesione del prestigio .
Come accennato, al momento in cui l’Amministrazione ha inflitto la sanzione espulsiva, la stessa aveva a disposizione una serie di complesse circostanze di fatto (risultanti dalle indagini svolte nell'ambito del procedimento penale 449/2002 avviato dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Xxxxx, per il reato di furto in concorso), peraltro confermate in sede di audizione nell'ambito del procedimento disciplinare da parte del Direttore del supermercato che aveva sporto la denuncia querela (poi rimessa) nei confronti del finanziere e della consorte, che ben potevano legittimare la convinzione di una condotta partecipativa all’azione furtiva che andasse ben oltre la perimetrazione poi operata dal Consiglio di Stato nella richiamata sentenza n. 25 del 2011.
In definitiva, del tutto condivisibile appare la conclusione raggiunta a tale proposito dal primo giudice, rispetto alla quale, a ben vedere, l’appello risulta anche del tutto aspecifico, non evidenziando i profili di colpa manifesta che avrebbero viziato l’esercizio della discrezionalità amministrativa sul trattamento sanzionatorio.
10. Infondato è anche il terzo motivo di appello.
Infatti, le considerazioni sopra esposte, in quanto idonee ad escluder l’an del risarcimento, risultano assorbenti rispetto al profilo del quantum e del possibile ruolo della previsione di cui all’art. 1227 c.c. (rispetto alla quale, comunque, non potrebbe che rilevarsi la determinante efficienza causale del comportamento trasgressivo del dipendente, costituente la reale causa prima dell’esercizio del potere disciplinare e del conseguente mancato svolgimento della prestazione lavorativa).
10.1. Né a diverso esito conducono gli argomenti dell’appellante che invocano “in subordine”, la ricostruzione economica e contributiva indicata nel decreto del 3.2.2011.
Al proposito giova ricordare che, con l’originario ricorso per l’ottemperanza, la difesa del-OMISSIS-aveva chiesto l’applicazione puntuale di quanto previsto dagli artt. 88 e 89 del d.P.R. n. 3/1957.
Tali previsioni, come noto, contemplano la corresponsione di tutti gli assegni non percepiti, ma riguardano l’ipotesi del proscioglimento da ogni addebito; evenienza che, come detto, certamente non ricorre nella specie.
Né a diversi esiti può giungere il Collegio all’esito della consentita riqualificazione giuridica del petitum.
10.2. A quest’ultimo proposito, devesi premettere che, in forza del principio tempus regit actum, alla presente fattispecie non possono applicarsi le previsioni normative indicate dalla parte privata, bensì la disciplina introdotta dal Codice dell’ordinamento militare (c.o.m., portato dal d.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, entrato in vigore in data 9.10.2010), discutendosi di una possibile ricostruzione (economica e giuridica) di carriera che scaturisce dall’annullamento di precedente sanzione disciplinare espulsiva disposto solo con la citata sentenza del Consiglio di Stato n. 25 del 7 gennaio 2011, dunque in momento posteriore all’entrata in vigore del c.o.m. .
10.3. Come già evidenziato, a seguito della rinnovazione del giudizio disciplinare, l’originaria sanzione espulsiva è stata sostituita con la sanzione disciplinare “di corpo” di tre giorni di consegna di rigore.
10.4. Dalla lettura delle norme del c.o.m. applicabili alla vicenda, emerge che:
- l’art. 921 (rubricato “Ricostruzione di carriera e rimborso spese”) prevede che “in caso di revoca della sospensione, ai sensi dell’art. 918, co. 1, il militare ha diritto a tutti gli assegni non percepiti (…)”.
- l’art. 1394 (rubricato “Ricostruzione di carriera”), infine, prescrive che: “Si procede alla ricostruzione della carriera del militare, secondo le disposizioni dettate dall’art. 921, in caso di:
a) omessa instaurazione del procedimento disciplinare successivamente alla cessazione degli effetti della sospensione precauzionale;
b) eccedenza della sospensione precauzionale sofferta rispetto a quella irrogata a titolo di sanzione disciplinare;
c) annullamento del procedimento disciplinare non seguito da rinnovazione;
d) assoluzione con formula ampia a seguito di giudizio penale di revisione.
10.4.1. Dunque, anche sulla base della vigente disciplina del c.o.m., la norma non prevede alcun diritto alla ricostruzione di carriera nella specie, atteso che la sanzione espulsiva annullata è stata seguita da rinnovazione del procedimento esitata in nuova sanzione (di corpo) e difetta il pieno proscioglimento nel merito dagli addebiti, tanto in sede penale, quanto in sede disciplinare.
11. In definitiva, del tutto corretta appare la conclusione a cui è pervenuto il primo giudice. E quindi l’appello va integralmente rigettato.
12. Ricorrono tuttavia giusti motivi, attesa la peculiarità del caso, per compensare le spese di lite del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Fabio Taormina, Presidente
Maria Stella Boscarino, Consigliere
Alessandro Enrico Basilico, Consigliere
Ugo De Carlo, Consigliere
Stefano Filippini, Consigliere, Estensore
         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Stefano Filippini        Fabio Taormina
         
         
         
         
         
IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

 

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