Tar 2025- la sentenza analizza la questione relativa alla configurabilità di un danno all’interno del contesto lavorativo di un dipendente dell’Arma, in particolare in relazione all’evento di un sinistro stradale occorso in servizio. Alla luce delle relazioni di servizio e della giurisprudenza citata, si evidenzia quanto segue:
1. **Attività svolta dall’appuntato al momento dell’incidente**
L’appuntato si trovava, al momento del sinistro, in una condizione di normale attività d’istituto, senza essere esposto a rischi superiori alla quotidianità delle funzioni proprie dell’Arma. Le lesioni derivano da un incidente stradale in un contesto urbano, un rischio comune a tutti gli utenti della strada, e non da una condizione straordinaria o eccezionale.
2. **Riconoscimento della natura dell’evento e della sua qualificazione**
La sentenza del Tribunale di Xxxxx ha riconosciuto un grado di invalidità del 10%, ma ha escluso che l’incidente rientrasse tra le fattispecie che danno diritto ai benefici di vittima del dovere (art. 1, comma 565, legge n. 266/2005). La motivazione è che l’evento è stato considerato accidentale, imprevedibile e indipendente dall’attività svolta, come evidenziato anche dalla relazione della Prefettura.
3. **Distinzione tra evento accidentale e danno da causa di servizio**
Il Collegio sottolinea che, affinché un danno possa essere imputato all’Amministrazione in relazione a eventi occorsi in servizio, non basta che ci sia una dipendenza da causa di servizio, bensì è necessario che questa dipendenza sia collegata a «particolari condizioni» o «circostanze straordinarie e fatti di servizio».
Secondo la giurisprudenza (cfr. Cass. Civ. Sent. n. 24592/2018), le «particolari condizioni ambientali o operative» implicano circostanze che comportano un’esposizione a maggiori rischi o fatiche rispetto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto, e ciò può includere eventi imprevedibili o eccezionali.
4. **Implicazioni pratiche**
In questo caso specifico, poiché l’incidente si configura come un evento accidentale e comune alla generalità dei cittadini, senza che si possa invocare una condizione di particolare rischio o circostanza straordinaria, il danno non è riconducibile a condizioni di servizio che comportino un’esposizione a maggiori rischi. Di conseguenza, la posizione dell’Amministrazione di negare il riconoscimento dei benefici economici di vittima del dovere appare corretta e conforme alla normativa e alla giurisprudenza di riferimento.
**In sintesi:**
Il danno subito dall’appuntato, in assenza di circostanze straordinarie o particolari condizioni di rischio, non può essere qualificato come evento derivante direttamente dal servizio in senso più ampio, ma come incidente di normale vita quotidiana. Pertanto, non sussistono i presupposti per il riconoscimento di benefici economici o di qualifica di vittima del dovere in relazione a tale evento, secondo la normativa vigente e la giurisprudenza consolidata.
Pubblicato il 21/02/2025
N. 03915/2025 REG.PROV.COLL.
N. 05713/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5713 del 2021, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato ;
contro
Ministero della Difesa in persona del Ministro p.t. e Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati ex lege in Xxxxx, via dei Portoghesi, 12;
per l’accertamento
del diritto del Sig. -OMISSIS-, ad ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti in seguito all'occorso del 04.06.2014, e ai postumi invalidanti, e azione nei confronti anche del Ministero dell'Interno in relazione all'assenza di provvedimento formale di definizione della richiesta di riconoscimento dello status di vittima del dovere.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2025 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato in data 19.5.2021 e depositato in data 31.5.2021 l’ex carabiniere (Appuntato Scelto) -OMISSIS- ha adito questo TAR per ottenere (i) nei confronti del Ministero della Difesa, il risarcimento di tutti i danni subiti a seguito dell’incidente stradale occorso in data 04.06.2014, quando era alla guida dell’autoradio nello svolgimento di attività di servizio, incidente dal quale sono derivati postumi fisici invalidanti; (ii) nei confronti del Ministero dell’Interno, il risarcimento del danno “e per l’assenza di definizione espressa del procedimento amministrativo [volto al riconoscimento dello “status” di vittima del dovere] e per la illegittimità di quanto riportato nella motivazione di cui al doc. 3/d, e ciò ai fini della richiesta di risarcimento del danno ai sensi dell'art. 30, 2° co. c.p.a.”.
Egli espone che il sinistro stradale, causativo dei danni conseguenti (diretti ed indiretti) per i quali chiede di essere risarcito, è avvenuto in Xxxxx il intorno alle ore 2:40 ed è stato determinato dalla collisione dell’auto di servizio da lui condotta (FIAT Bravo -OMISSIS-), con la vettura FIAT Panda targata -OMISSIS- di proprietà di -OMISSIS- e condotta nella circostanza da tale -OMISSIS-.
L’auto di servizio condotta dall’Appuntato Scelto -OMISSIS-, con a bordo il Ten. -OMISSIS-, si stava recando in via Xxxxx dove, secondo la segnalazione della Centrale Operativa, si era verificata l’esplosione di alcuni colpi di arma da fuoco provenienti da una vettura e diretti ad altra automobile, il che rendeva necessario l’intervento di varie di pattuglie chiamate a recarsi sul posto.
Nella relazione di servizio in atti (doc. 1/b ric.), sulla base di quanto riportato dallo stesso sig. -OMISSIS-, si legge che: “…mentre ci trovavamo a percorrere la via Xxxxx in direzione esterna, impegnando la corsia preferenziale, sempre mediante l'ausilio dei segnali luminosi di emergenza, giungevamo in prossimità dell'intersezione con la via Xxxxx; ivi, dopo aver attivato anche i segnali di emergenza acustici, impegnavamo quell'incrocio a velocità contenuta atteso che la lanterna semaforica che regolava quell'intersezione emetteva luce verde nel nostro senso di marcia; nel preciso istante in cui eravamo nell’area d'intersezione delle due strade, senza neanche avere il tempo di realizzare quanto stesse accadendo, notavo una vettura modello Fiat Panda che a grande velocità, giungendo dalla predetta via Tor De Schiavi impattava con la parte anteriore la parte anteriore destra dell’autoradio.
Preciso di non avere avuto né il tempo di frenare né il tempo di schivare il veicolo in argomento atteso il fatto che lo stesso è sopraggiunto a velocità così considerevole che non ho avuto alcun tempo di reazione.”
A seguito del sinistro il ricorrente ha riportato traumi e lesioni tali da richiederne il ricovero in Ospedale mediante l’intervento di un’unità del 118.
2. A seguito del sinistro sono stati diagnosticati al militare xxxxx
Tali lesioni sono state riconosciute come dipendenti da causa di servizio in data 17.07.2017 con inquadramento nell’VIII Cat. e poi successivamente in data 18.12.2020 con aggravamento ed attribuzione della VI cat. (doc.ti 1/c; 1/g; 1/m ric.).
Il Ministero resistente ha pertanto corrisposto all’odierno ricorrente l’equo indennizzo nella misura di Euro 2.310,73 (doc. 1/c).
3. Secondo la tesi del ricorrente sussiste nella specie la responsabilità civile, sia contrattuale che extracontrattuale, dell’Amministrazione nei confronti del dipendente, in quanto:
- l’art. 2087 c.c. (a mente del quale il datore di lavoro “è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”) è applicabile anche ai militari, come chiarito (tra le altre) dalla sentenza del Consiglio di Stato, II Sez., n. 11363/2023;
- per questo l’Amministrazione aveva “l’obbligo giuridico di evitare l’esposizione del ricorrente al rischio di essere attinto da colpi di arma da fuoco o di essere speronato nell’ambito di un’operazione di ripristino dell’ordine pubblico, come nel caso de quo, e a maggior ragione in caso di conflitti a fuoco”;
- si sostiene pertanto che sussiste la responsabilità contrattuale ex artt. 1218, 1223 e 1453 c.c., e, in via subordinata e concorsuale, la responsabilità civile da fatto illecito, ex artt. 2043 e 2059 c.c. e/o 2050 e 2051 c.c., diretta e vicaria ex artt. 1228 e/o 2049 c.c. del Ministero della Difesa che avrebbe dovuto dotare il militare dei mezzi adeguati al servizio che era chiamato a svolgere e, dunque, avrebbe dovuto mettere a disposizione perlomeno un’automobile blindata, in grado di proteggere efficacemente l’incolumità del militare, “impiegato nella lotta contro il crimine, e per la tutela dell’ordine pubblico.”.
3.1. Su tali basi parte ricorrente pretende il risarcimento del danno biologico, ovvero della lesione permanente della propria integrità psicofisica, che ne ha poi comportato anche l’inidoneità al servizio e, quindi, il collocamento in quiescenza, con danno economico, sia per il tempo in cui avrebbe potuto proseguire il servizio percependo lo stipendio pieno, sia per l’importo della sua pensione (ridotto per l’anticipata cessazione dal servizio).
In base alla relazione medico legale di parte del dott. Arturo Cianciosi (doc. 6 ric.) e per effetto dei riconoscimenti, anche degli aggravamenti, da parte dell’Amministrazione, sarebbe “confermato” che il danno biologico subito dalla vittima non è inferiore al 70% della sua integrità psicofisica.
Vengono lamentati inoltre “pregiudizi morali ed esistenziali che si sommano a quelli biologici” intesi in senso stretto; detti pregiudizi sono riferiti al fatto che “la vita del Sig. -OMISSIS-, come risulta da tutta la documentazione allegata e da quanto ulteriormente dedotto nei capi che precedono, ha subito una radicale modificazione sia nel periodo di inabilità totale, sia, successivamente alla sua guarigione con postumi, e al successivo relativo aggravamento, quindi con richiesta di personalizzazione che ne tenga conto.”.
3.2. Ulteriore e distinto danno viene invece collegato causalmente alla mancata definizione in modo espresso del procedimento di riconoscimento dello “status” di vittima del dovere, ovvero per l’erroneità della motivazione (vedi doc. 3/d ric.): il ricorrente aveva diritto ad un provvedimento espresso, che definisse il procedimento amministrativo di riconoscimento dello “status” di vittima del dovere, mentre ciò non sarebbe avvenuto, in palese violazione di tutte le norme di cui agli artt. 1 e ss. della L. 241/90, come peraltro illustrato nel parallelo ricorso dinnanzi al Tribunale di Xxxxx (doc. 12 ric.).
3.3. L’entità del complessivo pregiudizio non patrimoniale subito dal ricorrente - per effetto di quanto occorso il 04.06.2014 e per i postumi permanenti che ne sono derivati (e per gli ulteriori pregiudizi non patrimoniali allegati), che sarebbero da determinare nella misura del 70% (e comunque non inferiore al 50%) - è quantificato nell’ingente importo di Euro 751.167,00 (anche alla luce dell’ulteriore sofferenza fisica e morale che la vittima avrebbe subito per avere dovuto abbandonare la divisa e, quindi, il suo stesso progetto di vita di uomo dell’Arma dei Carabinieri, oltre alla perdita della progressione in carriera e alla relativa perdita economica).
3.4. Ad esso deve sommarsi il risarcimento del danno economico patrimoniale, per il venir meno del rapporto di lavoro con il Ministero della Difesa e il pregiudizio economico che ne è derivato, e a fronte del quale la pensione INPS erogata “non può essere oggetto di compensatio”. Per tale ragione, il ricorrente chiede che questo Tribunale liquidi, in suo favore, tutti gli importi dovuti, anche per danno futuro, compresi gli importi dello stipendio che il ricorrente, in assenza dell’evento dannoso, avrebbe potuto percepire fino al suo congedo e che, invece, non ha conseguito a causa della inabilità provocata dall’incidente occorso.
4. In data 16.7.2021 si è costituito in resistenza il Ministero della Difesa.
5. Vi è stata produzione di documentazione integrativa ad opera del ricorrente (dep. 29.11.2024) e di una memoria difensiva (in data 4.12.2024).
6. Ampia memoria difensiva corredata da documenti è stata poi prodotta dalla difesa erariale in data 4.12.2024. In essa si chiede il rigetto integrale delle domande proposte.
7. Il ricorrente ha depositato note di replica in data 20.12.2024.
8. All’udienza pubblica del 15 gennaio 2025, uditi gli avvocati delle parti costituite, la causa è stata trattenuta in decisione.
9. Nessuna delle domande svolte dal ricorrente merita accoglimento.
Ciò per l’assorbente ragione che non è configurabile, in relazione al sinistro avvenuto in data 4.6.2014 (e meglio descritto nella superiore narrativa), alcuna condotta illecita imputabile al Ministero della Difesa (ovvero all’Arma dei Carabinieri) né di natura contrattuale (ex art. 2087 cod. civ.) né riconducibile al paradigma aquiliano (ex art. 2043 ovvero ai sensi degli ulteriori articoli del codice civile menzionati dalla difesa del ricorrente).
10. Come osservato dalla difesa resistente e diversamente da quanto allegato dal ricorrente nella presente sede processuale (peraltro in modo non del tutto coerente con quanto affermato invece nella stessa relazione di servizio), non risulta che nella specie vi stato alcuno speronamento volontario ad opera del veicolo venuto in collisione con l’auto di servizio condotta dal ricorrente, né risulta che il sinistro sia direttamente dipeso da atto criminale all’origine dell’accaduto. Si è trattato, al contrario, di un “ordinario” sinistro stradale consistito nella violenta collisione tra i due veicoli coinvolti, verosimilmente dovuta ad eccesso di velocità degli stessi, salva la considerazione - per quanto possa qui rilevare - dell’urgenza dell’intervento richiesto all’auto di servizio condotta dal Sig. -OMISSIS- e della conseguente (presumibile) legittimità delle misure adottate (segnalatori luminosi ed acustici attivati nel corso dell’intervento).
Alla luce delle relazioni di servizio sull’accaduto risulta evidente che l’Appuntato -OMISSIS- si trovasse, al momento del sinistro, nello svolgimento di una ordinaria attività di istituto, non esposto ad un rischio eccedente la normalità delle funzioni dell’Arma; tanto è vero che le riportate lesioni sono state conseguenza di un sinistro stradale avvenuto in un sito urbano, concretizzazione di un rischio cui è esposta la totalità dei cittadini o quanto meno degli automobilisti, senza che possa invocarsi alcuna straordinarietà delle condizioni o del pericolo affrontati dal dipendente.
La stessa sentenza del Tribunale di Xxxxx, IV Sezione Lavoro, n. -OMISSIS- pubblicata il 16/12/2022 (dep. 29.11.2024 ric.), pur avendo riconosciuto all’odierno ricorrente un grado di invalidità biologica del 10%, ha respinto tuttavia la domanda proposta dal medesimo al fine di vedersi riconoscere, in conseguenza dello stesso evento lesivo per cui è causa, il riconoscimento dei benefici economici derivanti dallo “status” di vittima del dovere di cui all'art. 1, comma 565, della l. n. 266 del 2005: sulla base delle dichiarazioni rese dal teste -OMISSIS- (presente nell’auto di servizio insieme al ricorrente al momento della collisione) ed esaminata la documentazione in atti, ha ritenuto ‹…in linea con quanto rilevato dalla Prefettura di Xxxxx nella relazione in atti del 4.6.2014, che “ l’accaduto non rientri nelle fattispecie normativamente previste, in quanto l’evento lesivo non appare direttamente riconducibile all’attività svolta, bensì è stato provocato da un evento del tutto accidentale e imprevedibile, che ha azionato una serie causale autonoma, eziologicamente estranea allo svolgimento del servizio d’istituto in cui era impegnato l’interessato”›.
Ritiene il Collegio che, per la configurabilità di un danno imputabile all’Amministrazione in relazione ad eventi occorsi in servizio, analogamente a quanto accade per il riconoscimento dello “status” di vittime del dovere, non è sufficiente la semplice dipendenza da causa di servizio ma è essenziale che “la dipendenza da causa di servizio sia legata al concetto di «particolari condizioni», che è un concetto aggiuntivo e specifico. La nozione di «particolari condizioni ambientali o operative» è stata chiarita dal citato d.P.R. n. 243 del 2006, nel senso che si intendono:«... condizioni comunque implicanti l'esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto». Con le circostanze straordinarie e fatti di servizio si è voluto contemplare ogni possibile accadimento che abbia comportato l'esposizione a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto” ( Cass. Civ. Sent. n. 24592 del 5.10.2018).
11. Trasponendo le considerazioni che precedono nell’ambito risarcitorio che è quello proprio della presente causa deve ribadirsi, anche in questa sede, che il riconoscimento della dipendenza dell’evento da causa di servizio (che non è in discussione in quanto è stata pacificamente riconosciuta dal Ministero della Difesa) non implica affatto la sussistenza di una condotta illecita imputabile all’Amministrazione, come fonte di responsabilità risarcitoria a suo carico.
La dipendenza da causa di servizio può semmai costituire elemento di prova di carattere confessorio ai fini dell’accertamento del nesso di causalità tra fatto di servizio ed evento lesivo, il quale opera quindi sul piano del fatto materiale ma non della sua qualificazione in termini di antigiuridicità imputabile al soggetto pubblico-datore di lavoro.
Al riguardo citando alcuni precedenti (anche di questo TAR) parte ricorrente mostra di confondere i due piani (sussistenza del nesso causale e configurabilità della condotta illecita a vario titolo imputabile all’Amministrazione-datrice di lavoro)
Al contrario il riconoscimento della causa di servizio è frutto di un giudizio espresso in via equitativa e discrezionale, cosicché l'avvenuto riconoscimento della dipendenza di una patologia da “causa di servizio” non determina, per questo, la sussistenza, in automatico, della responsabilità, dolosa o colposa, del datore di lavoro, sia con riferimento all'an debeatur, sia con riferimento al quantum debeatur. Ne consegue che la domanda di risarcimento del danno va scrutinata autonomamente anche quando vi sia già stato il favorevole riconoscimento della dipendenza dal servizio, dovendosi procedere all'individuazione degli elementi costituivi della asserita responsabilità del datore di lavoro nella produzione del fatto illecito (vedi ex multis T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 17 novembre 2023, n. 833).
Orbene, al riguardo detti elementi costitutivi non sono stati dimostrati da parte ricorrente.
Come risulta dalla superiore esposizione in fatto, l’ordine di servizio impartito all’autoradio non assumeva alcuna portata straordinaria, atteso che si è trattato di una richiesta di intervento inoltrata a più autoradio in servizio da parte della Centrale Operativa a seguito della notizia di alcuni colpi di arma da fuoco esplosi in una determinata via della Capitale.
Inoltre l’incidente, per stessa ammissione del ricorrente e del superiore presente all’evento (vedi le relazioni di servizio in atti), non è stato determinato da una volontaria azione criminale di terzi (si pensi ad es. ad uno speronamento o ad una sparatoria contro l’auto di servizio) ma è stato provocato dal mancato rispetto delle regole di circolazione stradale presso l’intersezione semaforica teatro della collisione tra le due vetture coinvolte.
Si osserva al riguardo che l’art. 2054, comma 2, cod. civ. stabilisce che “Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subìto dai singoli veicoli”.
Per quanto allegato da parte ricorrente non si evincono elementi per escludere il concorso di colpa da parte dello stesso autista dell’automobile di servizio (odierno ricorrente).
In definitiva, non si ravvisa alcun profilo di responsabilità civile nei confronti del dipendente nella condotta dell’Amministrazione, né derivante dalla natura dell’ordine impartito (avente anzi carattere di normalità e doverosità) né derivante dalle circostanze dell’incidente, le quali delineano semmai la dinamica di un “normale” sinistro stradale, come molti che si verificano purtroppo sulle nostre strade tra comuni automobilisti.
Esso è stato certamente “occasionato” dalle esigenze doverose del servizio di pattugliamento che era in corso ma non può certo ritenersi addebitabile all’Amministrazione datrice di lavoro a titolo di fatto illecito aquiliano (in uno qualsiasi dei diversi paradigmi invocati da parte ricorrente) o a titolo di mancata attivazione di precauzioni e misure di protezione (ex art. 2087 c.c.).
12. Non convince invero neanche la doglianza secondo cui l’Amministrazione avrebbe dovuto dotare il ricorrente, per la pericolosità del servizio da espletare, di un mezzo di servizio (autoradio) blindato e quindi avente una protezione straordinaria o “eccezionale”.
In realtà l’autoveicolo condotto dall’Appuntato -OMISSIS- al momento del sinistro, come allegato da parte resistente, era dotato di parziale blindatura finalizzata a fornire una protezione balistica e a impedire la penetrazione di schegge, “conformemente alle prescrizioni illo tempore vigenti per le autovetture in uso al Nucleo Radiomobile Carabinieri di Xxxxx; si rinvia, in proposito, allo stralcio dell’allegato “C” alla lettera nr.1374/2-1-Mot. dell’aprile 2014, emanata dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – IV Reparto – Direzione della Motorizzazione” (doc. 6 res.).
Peraltro il ricorrente non ha assolto all’onere della prova gravante a suo carico non avendo in alcun modo individuato l’obbligo normativo che sarebbe stato disatteso da parte dell’Arma dei Carabinieri, nel predisporre la dotazione strumentale dell’automobile operativa. Non si comprende poi perché mai, per il servizio da espletare nell’occasione, sarebbero state richieste peculiari dotazioni “rinforzate” rispetto a quelle in normalmente uso per tutte le altre automobili di servizio.
Stante la genericità delle allegazioni ricorsuali sul punto il Collegio ritiene che parte ricorrente non abbia fornito la prova che su di essa gravava
13. Ad uguale conclusione il Collegio perviene anche con riguardo alla responsabilità contrattuale del datore di lavoro ex art. 2087 invocata, in via alternativa, dallo stesso ricorrente.
La norma citata, come correttamente eccepito dalla difesa erariale, non consente al danneggiato di esimersi dalla individuazione della condotta illecita che -ove sia allegata una responsabilità omissiva- implica quanto meno la specifica individuazione dell’obbligo inadempiuto, contrattuale o extracontrattuale che ne sia la fonte. Nel caso di specie, posto che l’autoradio di servizio condotta dall’App. Sc. -OMISSIS- era del tutto conforme alle prescrizioni relative alla dotazione dei veicoli in uso al Nucleo Radiomobile Carabinieri di Xxxxx, parte attrice non è stata in grado di dimostrare sotto quale specifico aspetto il mezzo dovesse ritenersi inadeguato al servizio ovvero l’Amministrazione inadempiente.
Si ribadisce che le lesioni subite dal ricorrente sono derivate da un sinistro stradale verificatosi nel centro urbano, non caratterizzato da circostanze anomale o connessi all’esposizione a rischi straordinari o direttamente prodotti da attività criminali.
L’idoneità (sicurezza) del mezzo sul piano costruttivo o manutentivo non è stata in alcun modo messa in discussione dalle deduzioni del ricorrente.
14. In conclusione, non sussiste la responsabilità dell’Amministrazione sotto nessuno dei profili invocati da controparte e, pertanto, la negazione del risarcimento nell’an esime questo Collegio dall’addentrarsi nell’indagine sulla sussistenza delle diverse voci di danno lamentate e sulla prova del danno nel suo esatto ammontare.
Si può tuttavia incidentalmente osservare che il CTU nominato nella causa civile sulla domanda per ottenere i benefici di vittima del dovere (definita dalla citata sentenza n. -OMISSIS- del Tribunale di Xxxxx, Sez. lavoro), esaminata la documentazione in atti, “con valutazione immune da vizi logici ha accertato che il Sig. -OMISSIS-, in seguito al sinistro in cui venne coinvolto in data 4.6.14, ha riportato delle lesioni da cui sono residuate le conseguenze descritte in precedenza che considerate nel loro insieme producono una invalidità biologica corrispondente ad una valutazione percentuale pari al 10 (dieci) %” (sentenza cit.).
Si è pertanto ben lontani dalle percentuali di incidenza in termini di menomazione della complessiva integrità fisiopsichica invocate nel ricorso (ove si parla del 70% o “quanto meno” del 50%).
15. Inammissibile, prima ancora che infondata, è poi la domanda che parte ricorrente svolge nella presente sede nei confronti del Ministero dell’Interno in relazione alla mancata ovvero ritardata definizione del procedimento avviato con apposita istanza per ottenere i benefici che la legge n. 266 del 2005 riconosce alle “vittime del dovere” (nelle more tale definizione, in realtà, è avvenuta come dimostra la nota della Prefettura di Xxxxx del 14.1.2020 prodotta dallo stesso ricorrente)
Si è già fatto cenno al riguardo alla sentenza del Tribunale civile di Xxxxx sez. lavoro n. -OMISSIS- che ha respinto la domanda giudiziale proposta in sede civile per il riconoscimento dello “status” di vittima del dovere.
La stessa sentenza ha ribadito che sussiste in materia (pacificamente) la giurisdizione del Giudice Ordinario: “Come , infatti, precisato dalla Suprema Corte , in relazione ai benefici di cui all'art. 1, comma 565, della l. n. 266 del 2005 in favore delle vittime del dovere, il legislatore ha configurato un diritto soggettivo, e non un interesse legittimo, in quanto, sussistendo i requisiti previsti, i soggetti di cui al comma 563 dell'art. 1 di quella legge, o i loro familiari superstiti, hanno una posizione giuridica soggettiva nei confronti di una P.A. priva di discrezionalità, sia in ordine alla decisione di erogare, o meno, le provvidenze che alla misura di esse. Tale diritto non rientra nell'ambito di quelli inerenti il rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti pubblici, potendo esso riguardare anche coloro che non abbiano con l'amministrazione un siffatto rapporto, ma abbiano in qualsiasi modo svolto un servizio, ed ha, inoltre, natura prevalentemente assistenziale, sicchè la competenza a conoscerne è regolata dall'art. 442 cod. proc. civ. e la giurisdizione è del giudice ordinario, quale giudice del lavoro e dell'assistenza sociale ( cfr Cass. 16.11.2016 n. 23300 ).”.
Poiché l’omissione (o il ritardo, stando alla non perspicua esposizione di parte ricorrente sul punto) lamentata riguarda il conseguimento di un “bene della vita” che non è sottoposto alla giurisdizione di questo Giudice, anche il relativo accertamento a fini risarcitori non può che esulare dalla cognizione di questo TAR.
In altri termini, trattandosi di una attività doverosa della p.A volta a concedere alle “vittime del dovere” (ove ve ne siano i presupposti) i benefici economici spettanti per legge e corrispondenti, pertanto, ad un diritto soggettivo dell’istante, si applica la norma secondo la quale il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi può essere domandato al G.A. nei soli casi di “giurisdizione esclusiva” del G.A. (vedi art. 30, comma 2, c.p.a.), situazione che palesemente non ricorrere nella specie dove, come detto, vi è giurisdizione del G.O.
In ogni caso, parte ricorrente non ha allegato alcun elemento di prova circa il danno asseritamente subito per la ritardata definizione di un procedimento che, sulla base di quanto accertato dalla stessa sentenza di primo grado del Tribunale di Xxxxx, è stato definito dal Prefetto di Xxxxx con il diniego delle provvidenze richieste.
16. Tutto quanto sopra esposto e argomentato assume carattere assorbente rispetto a tutte le ulteriori deduzioni di parte ricorrente, ivi comprese quelle non espressamente trattate.
Per le ragioni sopra esposte, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate coma da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente sig. -OMISSIS- alla refusione delle spese processuali in favore del Ministero della Difesa che liquida in euro 3.305,00 (tremilatrecentocinque/00) oltre oneri tutti di legge ivi compreso il rimborso delle spese generali nella misura del 15%.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Xxxxx nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Giovanni Iannini, Presidente
Claudio Vallorani, Consigliere, Estensore
Domenico De Martino, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudio Vallorani Giovanni Iannini
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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