La sentenza della Cassazione n. 16925/2025 rappresenta un importante punto di chiarimento in materia di riconoscimento delle circostanze attenuanti, in particolare riguardo alla lieve entità del fatto nel contesto del tentato furto.
**Contesto e principio generale**
In diritto penale, la lieve entità dell’illecito può costituire una circostanza attenuante, che può influire sulla valutazione della pena. Tuttavia, la Cassazione ha precisato che tale circostanza può essere riconosciuta solo quando il fatto risulti effettivamente di modesta gravità, e non semplicemente sulla base di una valutazione soggettiva o di una percezione di minor pericolo.
**Contenuto della sentenza**
Nella sentenza n. 16925/2025, la Corte Suprema ha stabilito che:
- Il tentativo di furto di beni presso un negozio, anche se di piccola entità, non può automaticamente essere qualificato come fatto di lieve entità ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti.
- La mera entità modesta del valore dei beni non è sufficiente a determinare la lieve entità del fatto, perché occorre considerare anche altri elementi, come la modalità del tentativo, il comportamento dell’autore, e le circostanze di fatto.
- In assenza di elementi che dimostrino una condotta minimamente dissimulata o un tentativo di furto di scarsissima rilevanza, la Corte non riconosce la circostanza attenuante per la lieve entità del fatto.
**Implicazioni pratiche**
La pronuncia ribadisce che il giudice deve valutare globalmente il fatto, senza basarsi esclusivamente sul valore economico dei beni sottratti, ma considerando anche le modalità del tentativo e il contesto più ampio.
In concreto, per il caso di un tentato furto presso un negozio di modesto valore, la sentenza chiarisce che:
- Non può essere automaticamente riconosciuta la circostanza di lieve entità.
- La valutazione deve essere fatta caso per caso, considerando tutte le circostanze di fatto.
**Conclusioni**
La sentenza n. 16925/2025 della Cassazione sottolinea l’importanza di un’analisi accurata delle circostanze del fatto, evitando riconoscimenti automatici di attenuanti basati unicamente sulla modestia del valore dei beni. È un richiamo alla prudenza e alla necessità di una valutazione complessiva nel giudizio di commisurazione della pena, rafforzando il principio che la gravità del fatto deve essere apprezzata nella sua totalità, non solo attraverso l’elemento economico.
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