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31 marzo 2025

Sentenza del 02/01/2025 n. 1/17 - Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia Prescrizione di sanzioni e interessi: riscossione in cinque anni

 

Sentenza del 02/01/2025 n. 1/17 - Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia
Prescrizione di sanzioni e interessi: riscossione in cinque anni
Il diritto alla riscossione delle sanzioni e degli interessi si prescrive in cinque anni rispettivamente ai sensi dell’art. 20, co. 3, del D. Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997 e dell’art. 2948 c.c. Con riferimento alle sanzioni, in particolare, il regime prescrizionale di cui alla normativa speciale è generalizzato per qualunque provvedimento sanzionatorio e costituisce principio generale dell’ordinamento tributario che non può, pertanto, essere limitato alle sanzioni non contestuali all’atto impositivo.
Questo è quanto affermato dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia che, nel caso esaminato, ha accolto le doglianze del contribuente, in sede di riassunzione, avverso due intimazioni di pagamento afferenti il mancato pagamento delle sole sanzioni e interessi recati da precedenti cartelle di pagamento.
Ha affermato il Collegio, nello specifico, che il termine di prescrizione entro cui deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria relativa ad interessi e sanzioni è quinquennale e soggiace ad una disciplina unitaria ed autonoma che obbedisce ad esigenze di tutela e di certezza del diritto.
Intitolazione:
Nessuna intitolazione presente


Massima:
Nessuna massima presente


Testo:

--CONCISA ESPOSIZIONE DEI MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE1--

La contribuente T. E. S. G. (C.F. ---------),

ricorreva in riassunzione (quale appellata) contro AGENZIA DELLE ENTRATE - RISCOSSIONE, (C.F. e P.IVA n. 13756881002 appellante) a seguito della sentenza n. 2095/2023 con la quale la Suprema Corte di Cassazione cassava con rinvio la sentenza n. 4929/24/2019 emessa dalla CTR Lombardia all'esito del giudizio al r.g. n. 2656/2019.

La società T. E. S. G. con sede legale all'estero sarebbe stata debitrice nei confronti dell'Erario per complessivi €86.520,40.

Con ricorso notificato in data 21 luglio 2023, T. riassumeva il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Lombardia chiedendo in via pregiudiziale, di disporre la sospensione dell'efficacia esecutiva dell'intimazione di pagamento e delle pretese fiscali ivi recate, ricorrendo i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora; in via principale, dichiarare nulla e comunque annullare l'intimazione di pagamento impugnata, inclusa ogni relativa pretesa fiscale, alla stregua delle ragioni in narrativa".

In data 7 dicembre 2017, l'Agenzia delle Entrate - Riscossione2 notificava alla Società la suddetta intimazione di pagamento n. ------, recante una pretesa complessiva pari ad Euro 86.520,40, afferente al preteso mancato pagamento delle sole sanzioni e degli interessi indicati nelle seguenti cartelle di pagamento:

x cartella n. ------, notificata in data 18 agosto 2007, avente ad oggetto sanzioni e interessi in materia di IVA per l'anno di imposta 2002;

x cartella n. ------, notificata in data 13 dicembre 2008, avente ad oggetto sanzioni e interessi in materia di IVA per l'anno di imposta 2004.

Per la contribuente --atteso il fatto che l'atto impugnato riguardasse solo sanzioni ed interessi--riteneva applicabile il termine di prescrizione quinquennale previsto rispettivamente dall'art. 20, comma 3, D.Lgs. 472/1997 e dall'art. 2948 del Codice Civile e non già l'ordinario termine decennale di prescrizione invocato dall'Agenzia.

La CTP con sentenza n. 5148, pronunciata in data 5 ottobre 2018 e depositata in data 16 novembre 2018, così definiva il giudizio: "(...) il ricorrente ha preso atto, alla luce dei documenti prodotti dalla resistente, dell'effettiva regolare notificazione delle cartelle di pagamento alle quali si riferisce l'intimazione impugnata (...) tuttavia, (...) le due cartelle sono relative soltanto ad interessi e sanzioni legate all'omesso versamento IVA per gli anni 2002 e 2004, (...) che in particolare non ritiene la Commissione che l'ingresso dell'Agente della riscossione nella fase della esecuzione implichi il venir meno dei singoli termini di prescrizione dei crediti portati dal ruolo (...) diverso è il caso in cui la pretesa abbia ad oggetto solo interessi e sanzioni , in relazione ai quali il termine di prescrizione, (...), è più breve, e pari a 5 anni. (...) PQM (...) Accoglie il ricorso e per l'effetto annulla l'atto impugnato".

Con ricorso notificato il 16 maggio 2019, Agenzia delle Entrate-Riscossione impugnava in appello la suddetta sentenza avanti alla CTR della Lombardia chiedendone l'integrale riforma, argomentando in merito alla generale ed indifferenziata applicabilità -anche al caso di speciedella prescrizione ordinaria decennale per i crediti portati in entrambe le cartelle di pagamento oggetto di giudizio e, quindi, deducendo la invalidità derivata inficiante anche la legittimità dell'avviso di intimazione n. ----------- (doc. 6). Il giudizio di appello veniva definito con sentenza n. 4929/2019 la quale, in rigetto dell'appello promosso dall'Ente della riscossione, così statuiva "(...) è pacifico che quando è stata notificata l'intimazione di pagamento, nel dicembre 2017, la prescrizione quinquennale era già maturata per entrambe le presupposte cartelle, notificate nel 2007 e nel 2008.

Peraltro, come ricordato dalla difesa della società contribuente per la prima cartella di pagamento sarebbe comunque maturata anche la prescrizione decennale, poiché essa è stata notificata nell'agosto del 2007"...

Con sentenza n. 2095/2023 pubblicata in data 23 gennaio 2023 la Corte di Cassazione cassava (con rinvio alla CGT di II grado in altra composizione) la sentenza n. 4929/2019 emessa dalla Commissione Tributaria Regionale Lombardia accogliendo il terzo motivo di ricorso e stabilendo che: "Il terzo motivo è fondato. Dispone l'art. 1, comma 623, L. n. 147/2013 (...).

Tale sospensione riguarda tutti i ruoli affidati in riscossione fino al 31 ottobre 2013 (...), sospensione applicabile, pertanto, anche al caso di specie. Non può farsi questione, come deduce parte ricorrente, di questioni di fatto ma di corretta applicazione agli atti impugnati della norma contenente il suddetto termine, questione che dovrà essere vagliata dal giudice del rinvio".

Con ricorso notificato in data 21 luglio 2023, T. riassumeva il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Lombardia chiedendo in via pregiudiziale, di disporre la sospensione dell'efficacia esecutiva dell'intimazione di pagamento e delle pretese fiscali ivi recate, ricorrendo i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora; in via principale, dichiarare nulla e comunque annullare l'intimazione di pagamento impugnata, inclusa ogni relativa pretesa fiscale, alla stregua delle ragioni in narrativa".

Per la AdR i Giudici della Suprema Corte nella sentenza n. 2095/2023, avrebbero demandato al Giudice del rinvio di valutare l'applicabilità ai crediti de quibus (peraltro con unico riferimento alla sola cartella di pagamento n. ------) della sospensione prevista dalla Legge n. 147/2013.

Per AdR nel caso di specie, il credito sotteso alla cartella di pagamento n. ------ era stato affidato in riscossione nel 2006 e, pertanto, sarebbe rientrato nell'applicabilità della sospensione di cui all'art. 1, comma 623, L. n. 147/2013. Ne conseguiva che, atteso che la notifica della cartella di pagamento n.------ è avvenuta il 18 agosto 2007, il termine di prescrizione sarebbe maturato il 18 agosto 2017; tuttavia, considerando il periodo di sospensione di cui alla L. n. 147/2013 (dal 1° gennaio 2014 al 15 giugno 2014) lo stesso sarebbe stato normativamente prorogato al 30 gennaio 2018. Sicchè l'avviso di intimazione n. ------, la cui notifica era intervenuta il 7 dicembre 2017 avrebbe a parere dell'Ente della riscossione validamente interrotto il termine di prescrizione decennale.

La Corte di Giustizia di II grado odierna giudicante, ha proceduto agli adempimenti processuali di legge e quindi, all'esito, alla camera di consiglio per la deliberazione della decisione.

Deve ritenersi, preliminarmente ed in rito, sussistente la giurisdizione dell'adita Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Lombardia. Pure deve ritenersi correttamente radicata la competenza per territorio e per materia dell'adita Autorità Giudiziaria tributaria.

Del resto alcuna contestazione, sul punto, è stata sollevata da alcuna delle parti in causa.

Occorre in premessa ricordare che, per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, il Giudice, nel motivare "concisamente" la sentenza secondo i dettami di cui all'art. 118 disp. att. cpc, non è tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le questioni sollevate dalle parti, ben potendosi limitare alla trattazione delle sole questioni, di fatto e di diritto, considerate rilevanti ai fini della decisione concretamente adottata. Ne consegue che quelle residue, non trattate in modo esplicito, non devono essere ritenute come "omesse", per effetto di "error in procedendo", ben potendo esse risultare assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato. Alla luce di quanto appena ricordato, si deve quindi precisare che la trattazione sarà in questa sede limitata all'approfondimento delle sole questioni rilevanti e dirimenti ai fini del decidere, ritenendosi quindi assorbite tutte le altre eccezioni e questioni. Ciò in applicazione del principio della cosiddetta 'ragione più liquida' desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., ulteriormente valorizzato e confermato dalla Suprema Corte (Cass. Civ. SSUU sentenza n. 24883/2008; Cass. Civ. n. 26242/2014 e Cass. Civ. n. 9936/2014, Cass. Civ., ord. n. 26214/2022; Cass. Civ., ord. n. 9309/2020; Cass. Civ., ord. n. 363/2019; Cass. Civ., ord. n. 11458/2018; Cass. Civ. SSUU sentenza n. 24883/2008; Cass. Civ. n. 26242/2014 e Cass. Civ. n. 9936/2014).

Sul punto, la Suprema Corte ha ulteriormente precisato che "Non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la motivazione accolga una tesi incompatibile con quella prospettata, implicandone il rigetto, dovendosi considerare adeguata la motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l'analitica confutazione delle tesi non accolte o la particolare disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi" (Cass. ordinanza n. 2153/2020).

Secondo il consolidato orientamento della Corte, il processo tributario non ha natura esclusivamente impugnatoria e di legalità formale, ma di «impugnazione-merito», in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell'accertamento dell'Ufficio (Cass., sez. 5, 19/09/2014, n. 19750; Cass., sez. 5, 28/06/2016, n. 13294; Cass., sez. 6-5, 15/10/2018, n. 25629; Cass., sez. 5, 30/10/2018, n. 27560; Cass., sez. 5, 10/09/2020, n. 18777; Cass., sez. 5, 6/04/2020, n. 7695), sicché spetta al giudice il potere (dovere) di stabilire la correttezza e fondatezza della pretesa impositiva in modo da adottare una pronuncia eventualmente surrogatoria e sostitutiva della pretesa fiscale.

Del resto dispone l'art. 20, comma 3, d. lgs. n. 472/1997 che «il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni. L'impugnazione del provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione, che non corre fino alla definizione del procedimento».

La norma, sostanzialmente rimasta immutata nel tempo, prevede al primo comma anche un analogo termine di decadenza di cinque anni (31 dicembre del quinto anno successivo in cui è avvenuta la violazione o diverso termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi). Come osservatosi in dottrina, l'art. 20 d. lgs. n. 472/1997 costituisce norma generale in tema di decadenza e prescrizione delle sanzioni tributarie o, più precisamente, disciplina unitaria della decadenza e della prescrizione dei crediti derivanti dall'irrogazione di sanzioni tributarie, affidata a una specifica norma di legge. Il legislatore ha mantenuto l'impostazione tradizionale in tema di prescrizione di sanzioni (già disciplinata dall'art. 17, comma 1, della L. 7 gennaio 1929, n. 4, che prevedeva la prescrizione quinquennale della riscossione delle «pene pecuniarie»), assoggettando la prescrizione delle sanzioni tributarie a una disciplina autonoma e indipendente dalla prescrizione dei crediti nascenti dal rapporto tributario.

Diversamente, l'art. 24 d. lgs. n. 472/1997 non introduce una espressa norma che disciplini la prescrizione (o decadenza) dei crediti nascenti da sanzioni, ma si limita a disporre che per la riscossione delle sanzioni (pertanto, in fase esecutiva e non di accertamento) si applicano le disposizioni sulla riscossione dei tributi cui la violazione si riferisce. Secondo la costante giurisprudenza della Suprema Corte, in caso di notifica di cartella di pagamento avente ad oggetto crediti per sanzioni e non fondata su una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale debba essere fatta valere l'obbligazione tributaria relativa alle sanzioni e agli interessi è quello quinquennale, così come previsto, rispettivamente, per le sanzioni, dall'art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 (Cass., Sez. VI, 8 marzo 2022, n. 7486; Cass., Sez. VI, Cass., Sez. V, 22 luglio 2011, n. 16099), decorrendo la prescrizione dall'iscrizione a ruolo del credito, ossia dall'emissione dell'atto di irrogazione della (allora) soprattassa (Cass., Sez. V, 7 novembre 2011, n. 20600). Tale principio è stato ribadito dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. U., 17 novembre 2016, n. 23397), secondo cui le sanzioni - come alcuni tributi non erariali - hanno prescrizione quinquennale e possono, al più, beneficiare dell'effetto dell'allungamento delle prescrizioni brevi in forza dell'actio iudicati a termini dell'art. 2953 cod. civ.; principio, questo, radicato nella giurisprudenza della Suprema Corte, che ha ritenuto esaustiva la disciplina prescrizionale di diritto speciale prevista dall'art. 20 d. lgs. n. 472/1997, stante il carattere speciale dell'illecito tributario (Cass., Sez. V, 2 ottobre 2000, n. 12989). Questa disciplina speciale della prescrizione in materia di sanzioni tributarie è stata dalla Cassazione ritenuta conforme al sistema e alle norme di contabilità pubblica, ove si è osservato che la disciplina speciale rispetto a quella di diritto comune trova «fondamento nei vincoli di competenza del bilancio della Stato, in forza dei quali l'amministrazione finanziaria deve potere, almeno per grandi linee, programmare e prevedere per ciascun anno il gettito fiscale ed i tempi della riscossione, tenendo conto anche delle proprie risorse di uomini e mezzi (bilancio di previsione)» (Cass., Sez. U., 10 dicembre 2009, n. 25790; conf. Cass., Sez. V, 9 agosto 2016, n. 16730).

Di converso la generalizzata durata quinquennale obbedisce anche a esigenze di certezza e di tutela del contribuente, in ordine ai tempi di irrogazione della sanzione stessa. 12. Soccorre sul tema, inoltre, l'interpretazione dello stesso Ufficio (Circolare Min. Finanze del 10 luglio 1998 n. 180), secondo cui il diritto alla riscossione delle sanzioni, quali che siano gli atti di contestazione o di irrogazione, si prescrive nel termine di cinque anni («il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni»). Il regime prescrizionale, in quanto generalizzato per qualunque provvedimento sanzionatorio, non può, pertanto, essere limitato alle sole sanzioni non contestuali all'atto impositivo e costituisce principio generale dell'ordinamento tributario. Né si ravvisa alcun contrasto nella giurisprudenza di legittimità. A differenza delle sanzioni relative a violazioni tributarie, che si nutrono di una disciplina speciale in ambito tributario, la prescrizione degli interessi che accedono a obbligazioni tributarie è regolata - secondo la giurisprudenza largamente prevalente di questa Corte - da una norma di diritto comune quale l'art. 2948, n. 4, cod. civ., secondo cui l'obbligazione relativa agli interessi riveste natura autonoma rispetto al debito principale e soggiace al generalizzato termine di prescrizione quinquennale fissato dalla suddetta disposizione (Cass., Sez. VI, 14 settembre 2022, n. 27055; Cass., Sez. VI, 28 aprile 2022, n. 13258; Cass., Sez. VI, 8 marzo 2022, n. 7486; Cass., Sez. VI, 24 gennaio 2022, n. 1980; Cass., Sez. V, 3 ottobre 2021, n. 31283; Cass., Sez. V, 15 ottobre 2020, n. 22351; Cass., Sez. V, 10 luglio 2020, n. 20955; Cass., Sez. V, 27 novembre 2019, n. 30901; Cass., Sez. VI, 25 luglio 2014, n. 17020; Cass., Sez. V, 14 marzo 2007, n. 5954; in termini analoghi Cass., Sez. II, 27 novembre 2009, n. 25047; Cass., Sez. III, 21 marzo 2013, n. 7127).

Le argomentazioni della AdR del resto on appaiono convincenti, risultando gli assunti di parte (differenziazione del regime prescrizionale in ragione della fonte degli interessi e omologazione della disciplina della prescrizione degli interessi a quella del capitale) estranei alla stessa disciplina di diritto comune, da cui conviene prendere le mosse. La norma di cui all'art. 2948, n. 4, cod. civ. prevede che si prescrivono in cinque anni «gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi».

La norma relativa alla prescrizione degli interessi è, pertanto, norma speciale rispetto alla prescrizione della sorte capitale e si applica a tutte le categorie di interessi. Rilevante appare, in proposito, la circostanza che la norma non distingue il regime della prescrizione in ragione della natura o della fonte degli interessi.

La rilevanza di una disciplina unitaria della prescrizione dell'obbligazione di interessi appare significativa, in considerazione del fatto che il codice civile conosce diverse categorie di interessi, quali gli interessi corrispettivi, dovuti in caso di debiti liquidi ed esigibili (Cass., Sez. I, 16 giugno 2020, n. 11655), gli interessi moratori, quale corrispettivo del ritardato adempimento (Cass., Sez. I, 5 maggio 2022, n. 14214) e gli interessi compensativi, diretti a compensare il pregiudizio subito dal creditore per mancato godimento di beni o servizi (Cass., Sez. I, 5 ottobre 2022, n. 28930), quali quelli previsti dall'art. 1499 cod. civ. (Cass., Sez. VI, 14 maggio 2018, n. 11605).

Deve, pertanto, ritenersi che il legislatore non abbia adottato (a livello di principio) una disciplina selettiva della prescrizione dell'obbligazione di interessi, introducendone una disciplina unitaria applicabile alle diverse categorie di interessi (corrispettivi quelli propri del diritto commerciale e moratori quelli del tradizionale diritto civile), indipendentemente dalla fonte e dalla natura degli stessi.

La generalizzata applicazione della disciplina della prescrizione quinquennale agli interessi risponde, peraltro, a una più risalente ragione storica (e di più antica codificazione) - come osservatosi in dottrina - che era quella di sganciare la riscossione dell'obbligazione "accessoria" degli interessi da quella del capitale. Benché le due prestazioni (capitale e interessi) appaiano omogenee (entrambe essendo prestazioni pecuniarie) e benché la prestazione degli interessi scaturisca dall'obbligazione pecuniaria, l'obbligazione di interessi si aggiunge alla originaria prestazione in sorte capitale e aggrava la posizione del debitore.

Il legislatore ha inteso liberare il debitore dalle prestazioni scadute, non richieste tempestivamente dal creditore, di questa prestazione accessoria in termini più rapidi rispetto all'obbligazione principale; lo ha fatto differenziando il periodo di esigibilità dell'obbligazione accessoria rispetto a quella principale attraverso l'introduzione di una disciplina prescrizionale più breve di quella ordinaria, prevista per la sorte capitale. Tracce di tale più rapida estinzione dell'obbligazione degli interessi rispetto all'obbligazione principale si rinvengono, ad esempio, in materia di regole legali di imputazione del pagamento (art. 1194 cod. civ., che prevede la preventiva imputazione del pagamento a estinzione del debito prima agli interessi e poi al capitale), quale conseguenza automatica del pagamento, inteso quale estinzione satisfattiva dell'obbligazione pecuniaria (Cass., Sez. I, 20 maggio 2005, n. 10692).

Del tutto avulso dalla giurisprudenza della Cassazione appare, inoltre, l'ulteriore assunto secondo cui la prescrizione dell'obbligazione degli interessi risulterebbe agganciata a quella dell'obbligazione in sorte capitale. La SC di legittimità ha ritenuto che il carattere dell'accessorietà dell'obbligazione degli interessi attiene unicamente all'aspetto genetico di tale obbligazione, la quale sorge unitamente all'obbligazione principale e, conseguentemente, cessa con l'estinzione dell'obbligazione principale stessa.

Peraltro, una volta sorta l'obbligazione di interessi (per effetto del sorgere dell'obbligazione principale), il flusso produttivo di interessi vive di vita propria in virtù della sua progressiva maturazione; man mano che maturano, gli interessi vanno a costituire una obbligazione autonoma e rimangono indipendenti dall'obbligazione principale dalla quale sono sorti, per cui possono essere suscettibili «di autonome vicende rispetto all'obbligazione tributaria configurata a carico del contribuente» (in termini, Cass., Sez. U., 14 luglio 2022, n. 22281; conf. Cass., Sez. VI, 18 marzo 2022, n. 8892; Cass., Sez. V, 30 settembre 2019, n. 24295, Cass., Sez. VI, n. 17020/2014, cit.; Cass., Sez. I, 22 marzo 2012, n. 4554; Cass., Sez. V, 15 giugno 2011, n. 13080; Cass., Sez. V, 14 marzo 2007, n. 5954; Cass., Sez. V, 18 agosto 2004, n. 16123).

La conclusione che si trae è che la disciplina della prescrizione, che attiene alla fase in cui gli interessi, in quanto sorti già separati dal capitale, vengono a maturazione, deve necessariamente essere risolta in base al principio dell'autonomia, con la conseguenza che il termine prescrizionale è quello quinquennale stabilito dall'art. 2948, n. 4, cod. civ. il quale prescinde sia dalla tipologia degli interessi, sia dalla natura dell'obbligazione principale.

Deve dedursi che, stante l'assenza di norme speciali in materia tributaria, a differenza che per le sanzioni, la stessa conclusione debba trarsi per la prescrizione degli interessi che sorgono in materia tributaria. Né si evidenziano particolari ragioni sistematiche che consentano di differenziare la disciplina della prescrizione delle diverse categorie di interessi che sorgono dalle varie fattispecie tributarie previste dalla legge rispetto al diritto comune. Deve, pertanto, riconfermarsi la maggioritaria e del tutto consolidata giurisprudenza di questa Corte che applica la prescrizione quinquennale agli interessi in materia tributaria.

Questo il prospetto riassuntivo della cronologia degli atti e degli eventi...

Riscossione e quindi della statuita applicazione del termine di prescrizione quinquennale:

Descrizione

 

Cartella n. ---------------------

Cartella n. ----------------------

Data di notifica

18 agosto 2007

13 dicembre 2008

Azioni interruttive della prescrizione

No

No

Prescrizione quinquennale

18 agosto 2012

13 dicembre 2013

Data notifica intimazione di pagamento

7 dicembre 2017

Prescrizione del credito alla data di notifica della intimazione di pagamento

SI

SI

Ebbene alla luce degli oggettivi e fattuali dati cronologici così sopra riassunti nel prospetto, appare già in sè considerata del tutto irrilevante ed inconferente ai fini del decidere la pure invocata (da ADR) sospensione e ciò in quanto la prescrizione quinquennale (già da tempo risalente ampiamente maturata sia per sanzioni che per interessi) non è mai stata validamente interrotta (prima del suo compiuto ed integrale perfezionamento), sicchè i relativi crediti tributari sono (ad oggi oramai) dichiaratamente estinti ed inesigibili con la conseguenza per cui merita definitiva conferma la appellata sentenza di primo grado.

Atteso l'esito della procedura ed il principio della soccombenza, per la pronunzia sulle spese legali e di procedura si provvede come in dispositivo cui, in questa sede, si rinvia.

Quanto sopra in premessa, in fatto, in diritto ed in motivazione la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, sede di Milano, Sezione 17, in composizione collegiale, definitivamente pronunziando nella causa di cui al Ruolo Generale in epigrafe riportato, ogni contraria e diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa, visti gli artt. 59 e 15 e ss. del D. Lgs. N. 546/1992 provvede come in dispositivo.

Ogni altra e diversa questione, in rito ed in merito, definitivamente assorbita

P.Q.M.

La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, sede di Milano, Sezione 17, in composizione collegiale, definitivamente pronunziando nella causa di cui al Ruolo Generale in epigrafe riportato, ogni contraria e diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa, visti gli artt. 59 e 15 e ss. del D. Lgs. N. 546/1992 così provvede:

-Rigetta integralmente l'appello proposto dalla Agenzia delle Entrate-Riscossione e, per l'effetto, conferma l'impugnata sentenza di primo grado n. 5148/2018 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale MILANO sez. 19 e pubblicata il 16/11/2018;

-Condanna la Agenzia appellante alla refusione, in favore della parte contribuente appellata, delle spese legali di procedura qui liquidate in complessivi € 3.862,00 per il grado di legittimità ed in complessivi € 2.540,00 per il presente grado di gravame, oltre agli oneri ed accessori di legge se dovuti;

-Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello - ove dovuto - per l'atto di appello, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 13/12/2024
Elenco Atti Normativi citati

Codice civile del 16/03/1942
Approvazione del testo del codice civile

Articolo 1194

Imputazione del pagamento agli interessi.

In vigore dal 19 aprile 1942
Articolo 1499

Interessi compensativi sul prezzo.

In vigore dal 19 aprile 1942
Articolo 2948

Prescrizione di cinque anni.

In vigore dal 19 aprile 1942
Articolo 2953

Effetti del giudicato sulle prescrizioni brevi.

In vigore dal 19 aprile 1942
Costituzione del 22/12/1947
Costituzione della Repubblica Italiana.

Articolo 24

Articolo 24.

In vigore dal 1 gennaio 1948
Articolo 111

Articolo 111.

In vigore dal 7 gennaio 2000
Legge del 27/12/2013 n. 147
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014).

Articolo 1 Comma 623

In vigore dal 6 maggio 2014
Legge del 24/12/2012 n. 228
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2013).

Articolo 1 Comma 17

In vigore dal 1 gennaio 2013
Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 472
Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n.662.

Articolo 20

Decadenza e prescrizione. (N.D.R.: "Le modifiche apportate dall'art. 2 del DLG n. 99/2000 hanno effetto a decorrere dal 1 aprile 1998, salvo quelle che modificano il trattamento sanzionatorio in senso sfavorevole al contribuente").

Soppresso dal: 01/01/2026 da: Decreto legislativo del: 05/11/2024 n. 173 Articolo 101
Articolo 24

Riscossione della sanzione.

Soppresso dal: 01/01/2026 da: Decreto legislativo del: 05/11/2024 n. 173 Articolo 101
Decreto legislativo del 31/12/1992 n. 546
Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n 413.

Elenco Atti Normativi citati non presenti in banca dati

Decreto del Presidente della Repubblica del 30/05/2002 n° 115 - Articolo 13-com1 quater

Decreto legislativo del 1997 n° 472 - Articolo 20-com3

Elenco Prassi citate non presenti in banca dati

Circolare del 10/07/1998 n° 180 - Min. Finanze

Elenco Giurisprudenze citate

Sentenza del 14/07/2022 n. 22281 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio Sezioni unite
Sentenza del 15/10/2020 n. 22351 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5
Sentenza del 19/09/2014 n. 19750 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5
Sentenza del 10/12/2009 n. 25790 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio Sezioni unite
Sentenza del 18/08/2004 n. 16123 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5
Sentenza del 02/10/2000 n. 12989 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5
Elenco Giurisprudenza citate non presenti in banca dati

Sentenza del 14/09/2022 n° 27055 - Corte di Cassazione

Sentenza del 28/04/2022 n° 13258 - Corte di Cassazione

Sentenza del 08/03/2022 n° 7486 - Corte di Cassazione

Sentenza del 24/01/2022 n° 1980 - Corte di Cassazione

Sentenza del 03/10/2021 n° 31283 - Corte di Cassazione

Sentenza del 10/07/2020 n° 20955 - Corte di Cassazione

Sentenza del 27/11/2019 n° 30901 - Corte di Cassazione

Sentenza del 17/11/2016 n° 23397 - Corte di Cassazione

Sentenza del 25/07/2014 n° 17020 - Corte di Cassazione

Sentenza del 21/03/2013 n° 7127 - Corte di Cassazione

Sentenza del 07/11/2011 n° 20600 - Corte di Cassazione

Sentenza del 22/07/2011 n° 16099 - Corte di Cassazione

Sentenza del 27/11/2009 n° 25047 - Corte di Cassazione

Sentenza del 14/03/2007 n° 5954 - Corte di Cassazione

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