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03 agosto 2025

Cassazione 2025 - furto aggravato di gas e motivazioni della Corte di Cassazione

 

Cassazione 2025 - furto aggravato di gas e motivazioni della Corte di Cassazione
 
Premessa
La pronuncia si inserisce nel solco della costante giurisprudenza di legittimità in materia di furto aggravato, con particolare attenzione alle modalità di consumazione del reato, alla rilevanza della buona fede dell’imputato e alla corretta valutazione del fatto e delle prove. La decisione della Corte di Cassazione si concentra sulla verifica della motivazione della Corte di Appello di Torino, che aveva parzialmente riformato la pronuncia di primo grado riducendo la pena, e sulla corretta interpretazione dei fatti e delle circostanze fattuali che hanno portato alla condanna dell’imputato Claudio Cantoni.
 
I motivi di ricorso e la loro infondatezza
Il primo motivo di ricorso, che lamentava un vizio di motivazione per contraddittorietà, viene rigettato dalla Corte di Cassazione, che ne dichiara manifestamente infondata la fondatezza. La critica principale riguarda l’affermazione di contraddittorietà tra le parti della motivazione circa la natura del delitto di furto del gas e la rilevanza del pagamento successivo del gas sottratto. La Corte di Cassazione osserva che la motivazione della Corte di Appello non è illogica nel ritenere che il delitto si sia consumato e che il pagamento successivo non possa essere considerato elemento di buona fede che escluda la commissione del reato.
 
In particolare, la Corte di Cassazione sottolinea che la condotta successiva di pagamento, più che una riparazione, costituisce un fatto post-factus, che non altera la natura del reato di furto consumato. La buona fede dell’imputato, che potrebbe avere rilevanza ai fini dell’esclusione del dolo o dell’intenzione di sottrarre il gas, non può essere desunta in modo automatico senza una rivalutazione fattuale approfondita, che la Corte di Cassazione non può compiere in sede di legittimità.
 
Rilevanza della buona fede e circostanze fattuali
La Corte di Cassazione precisa che, affinché si possa affermare che l’imputato fosse in buona fede e ignaro del bypass, occorrerebbe una rivalutazione di elementi fattuali che riguardano l’accesso al locale ove il bypass era stato installato, la disponibilità delle chiavi e la presenza dell’imputato nel luogo del delitto. Tuttavia, questa rivalutazione, che rappresenta un accertamento di merito, non può essere effettuata dalla Corte di Cassazione, la quale si limita a verificare la correttezza logica e motivazionale delle decisioni impugnate, e non può entrare nel merito delle prove e delle risultanze processuali.
 
Inoltre, la Corte evidenzia che la presenza dell’imputato nel luogo del delitto e il possesso delle chiavi sono elementi rilevanti per valutare l’elemento soggettivo e la consapevolezza dell’atto, ma non costituiscono di per sé elementi decisivi per l’esclusione della responsabilità, soprattutto in assenza di un’istruttoria che abbia approfondito tali aspetti.
 
Conclusione
In conclusione, la Corte di Cassazione conferma che la motivazione della Corte di Appello, pur articolata, non presenta vizi logici o contraddittori tali da giustificare l’annullamento della sentenza di condanna. La decisione si fonda sulla corretta interpretazione dei fatti e sulla giusta valutazione delle circostanze di fatto, sottolineando che la rivalutazione di elementi fattuali non può essere operata in sede di legittimità, e che la condotta dell’imputato, anche alla luce del pagamento successivo, non esclude la consumazione del furto di gas.
 
Valutazioni finali
La sentenza si inserisce nel solco della consolidata dottrina secondo cui il furto si consuma nel momento in cui si verifica la sottrazione della cosa altrui, e la successiva riparazione o pagamento non modifica la natura del reato né la responsabilità dell’autore, salvo circostanze che dimostrino che l’imputato fosse effettivamente in buona fede e ignaro del bypass. Tuttavia, come affermato dalla Cassazione, tali circostanze devono essere valutate con un approfondimento che va oltre le mere affermazioni di parte e che, in questo caso, non sono stati adeguatamente dimostrati.
 
In conclusione, la decisione della Cassazione ribadisce il principio secondo cui la motivazione deve essere logica, coerente e sufficiente a sostenere le conclusioni, e che la rivalutazione delle prove e dei fatti spetta agli organi di merito, non alla Corte di Cassazione, che si limita a verificare la correttezza logica e motivazionale delle decisioni impugnate.

 

 

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