Tar 2025 - L’appellante presenta un articolato e dettagliato ricorso volto a dimostrare l’illegittimità del diniego di riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, contestando principalmente il difetto di istruttoria e di motivazione adottato dall’Amministrazione. La strategia argomentativa si basa sulla documentazione di specifici episodi di servizio, altamente stressanti e usuranti, che avrebbero aggravato o determinato le condizioni di salute lamentate, e che non sarebbero stati adeguatamente valutati nel procedimento amministrativo.
**1. Contestazione del difetto di istruttoria e di motivazione**
L’appellante sostiene che il giudizio negativo sia viziato da un evidente difetto di istruttoria, in quanto non avrebbe tenuto adeguatamente in considerazione le circostanze e le prove relative agli episodi di servizio da lui documentati. La mancanza di una valutazione esaustiva di tali elementi rappresenta, secondo l’appellante, una violazione del principio di piena istruttoria e di corretta motivazione, fondamentali nel procedimento di riconoscimento delle cause di servizio.
**2. Ricostruzione dei servizi prestati e delle condizioni di rischio**
L’appellante ripercorre sinteticamente il suo percorso di servizio, evidenziando le attività che ritiene altamente stressanti e usuranti, e che costituiscono elementi di conferma della causa di servizio delle infermità lamentate:
- **Corsi di addestramento in montagna:**
- svolti durante il primo periodo formativo a Cecchignola e presso la Scuola di applicazione di Torino;
- caratterizzati da marce con zavorra pesante, lunghi spostamenti, esposizione alle intemperie, movimentazione manuale di carichi, vibrazioni, posture viziate e mantenimento di posture erette per lunghi periodi;
- condizioni che comportano un sovraccarico biomeccanico significativo e frequenti pasti freddi e rapidi, spesso a orari irregolari.
- **Servizi in teatri operativi e di peacekeeping:**
- Kosovo (2006 e 2009), Libano (2011 e 2019), Afghanistan (settembre 2015 - maggio 2016);
- attività svolta a bordo di veicoli corazzati su terreni sconnessi, anche di notte, con esposizione a sollecitazioni fisiche alla colonna vertebrale;
- servizio in condizioni climatiche varie e con equipaggiamento pesante, tra cui giubbotto antiproiettile di 20 kg, armi lunghe e corte, con movimenti ad alto rischio;
- voli tattici su aeromobili militari.
- **Servizio “Operazione strade sicure”:**
- attività svolta in Italia, con esposizione alle vibrazioni dei mezzi militari.
- **Attività di consulente giuridico:**
- prestata per circa 17 anni, con una media di 12-14 ore giornaliere;
- lavoro svolto su sedie non ergonomiche, con posture viziate e condizioni di lavoro pesanti;
- presenza di una significativa mole di lavoro, attestata da circa 200 ore di straordinario annuo;
- frequenti spostamenti in auto, che contribuirebbero a uno stress biomeccanico alla colonna vertebrale.
**3. Valutazione delle evidenze e delle esigenze di tutela**
L’appellante intende dimostrare che tali episodi di servizio, particolarmente stressanti e usuranti, sono stati ignorati o sottovalutati dall’Amministrazione, che avrebbe dovuto riconoscere il nesso tra le condizioni di servizio e le infermità lamentate. La documentazione e la descrizione dettagliata di attività gravose e rischiose costituiscono elementi probatori fondamentali per supportare la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.
**4. Conclusione e richiesta**
In conclusione, l’appellante sollecita un riesame della posizione, chiedendo che vengano valutati in modo approfondito e completo tutti gli episodi di servizio rappresentati, in modo da sanare il difetto di istruttoria e di motivazione riscontrato nel procedimento amministrativo. L’obiettivo è ottenere il riconoscimento della causa di servizio delle infermità, con conseguente riconoscimento dei diritti ad esse correlati.
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**Riassunto:**
L’appellante sostiene che il diniego sia illegittimo perché fondato su una motivazione incompleta e superficiale, avendo trascurato di valutare le condizioni di servizio gravose e stressanti alle quali è stato sottoposto, e che, di conseguenza, avrebbero potuto contribuire o causare le infermità denunciate. La ricostruzione puntuale delle attività svolte e delle condizioni di rischio mira a rafforzare la richiesta di un nuovo esame che tenga conto di tutti questi elementi.
Pubblicato il 27/05/2025
N. 00392/2025REG.PROV.COLL.
N. 00376/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 376 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Xxxx Xxxx, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Ministero della difesa - Direzione generale della previdenza militare e della leva, Ministero dell’economia e delle finanze - Comitato di verifica per le cause di servizio, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione terza) n. 2629/2022, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Ministero dell’economia e delle finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 26 febbraio 2025 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania, nella resistenza del Ministero della difesa e del Ministero dell’economia e delle finanze, ha respinto il ricorso proposto dal maggiore dell’Esercito -OMISSIS- avverso il decreto del Ministero della difesa n. 406/2022, che ha respinto l’istanza della medesima volta al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di alcune infermità (“-OMISSIS-” e “-OMISSIS-”), e all’ottenimento dell’equo indennizzo e dei conseguenti benefici di legge, nonché avverso il presupposto parere n. 2689/2022 del Comitato di verifica per le cause di servizio, che ha valutato le stesse infermità come non dipendenti da causa di servizio; ha compensato tra le parti le spese del giudizio.
L’interessata ha proposto appello. Ha dedotto: 1) Erroneità e ingiustizia della sentenza nella parte in cui ha rigettato il motivo di ricorso con il quale è stata censurata violazione e falsa applicazione del d.P.R. 461/2001, dell’art. 64 del d.P.R. 1092/1973, degli artt. 3, 32, 97 e 98 della Costituzione; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. 241/1990; difetto assoluto di motivazione; violazione dei principi di buon andamento e proporzionalità dell’azione amministrativa; eccesso di potere e sviamento sotto tutti i profili sintomatici, con particolare riferimento alla manifesta illogicità e contraddittorietà del provvedimento impugnato; difetto di istruttoria e travisamento dei fatti per carenza di accertamenti in merito al riscontro della possibile relazione (concause) della infermità denunziata con l’attività di servizio; error in iudicando et in procedendo; 2) Erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato il motivo di ricorso con cui è stata censurata la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 10-bis della l. 241/1990 e delle garanzie partecipative previste dalla sequenza procedimentale disposta dal d.P.R. 461/2001; difetto di motivazione e di istruttoria; violazione del principio del contraddittorio procedimentale e delle regole poste a garanzia dell’effettiva partecipazione procedimentale; illogicità e ingiustizia manifeste; violazione e falsa applicazione dei principi di buon andamento, linearità, trasparenza, non contraddizione, coerenza ed imparzialità dell’azione amministrativa; violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; violazione del principio del giusto procedimento; error in iudicando et in procedendo.
Reiterata la domanda istanza istruttoria già formulata in primo grado, ha domandato l’appellante la riforma della sentenza gravata, l’annullamento dei provvedimenti impugnati, il conseguente riconoscimento della dipendenza, anche quale concausa, delle predette infermità da causa di servizio, la condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento dell’equo indennizzo e dei conseguenti benefici di legge nella misura di cui alla Tabella A 7^ ctg., oltre interessi e rivalutazione. Con ogni altra statuizione conseguenziale in ordine alle spese di giudizio e compensi di difesa, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
Il Ministero della difesa e il Ministero dell’economia e delle finanze si sono costituiti in giudizio; hanno sostenuto l’infondatezza del gravame e concluso per la sua reiezione.
L’appellante ha affidato a una memoria difensiva lo sviluppo delle proprie difese.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 26 febbraio 2025.
DIRITTO
1. In via preliminare osserva il Collegio:
- che l’appello si profila maturo per la decisione ed è infondato.
Non è pertanto necessario disporre la consulenza tecnica d’ufficio richiesta dall’appellante;
- che il capo della sentenza gravata che ha respinto l’eccezione di legittimazione passiva del Comitato di verifica per le cause di servizio spiegata dal Ministero dell’economia e delle finanze, trattandosi dell’Organo che emette il parere su cui fonda il provvedimento finale, non è stata impugnato ed è quindi passato in giudicato
2. Nel merito, il Collegio non intende discostarsi dai consolidai principi affermati nella materia dalla giurisprudenza amministrativa (bene riepilogati, da ultimo, da Cons. Stato, II, 30 maggio 2024, n. 4851).
Va pertanto anche qui affermato che, in assenza di una analitica definizione normativa della nozione “causa di servizio”, è d’uopo presumere che il legislatore si sia voluto riferire a circostanze di natura particolare che, in ragione della loro eccezionalità rispetto all’ordinario, abbiano effettivamente influito in modo significativo sull’insorgenza o sull’evoluzione delle infermità per il cui il predetto titolo è rivendicato.
L’interpretazione è coerente sia con l’esigenza di delimitare in modo equilibrato la latitudine del relativo concetto, in quanto, diversamente opinando, la fattispecie sarebbe sempre potenzialmente rinvenibile, sia con l’esigenza di giustificare l’esborso di denaro pubblico solo a fronte di eventi che appaiano, con crismi di effettività, meritevoli di riconoscimento in sede amministrativa.
Indi, il venire a esistenza della causa di servizio necessita dell’allegazione di documentati specifici episodi di servizio che risultino non solo particolarmente gravosi, ma anche eccezionali ed esorbitanti rispetto agli ordinari compiti d’istituto. Solo in quanto tali, essi si rivelano idonei a incidere in maniera determinante sul manifestarsi delle infermità rivendicate come dipendenti, quantomeno sul piano concausale; per converso, non rilevano circostanze e condizioni del tutto generiche, quali quelle rappresentate da inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa.
Indi, la dipendenza da causa di servizio può essere riconosciuta allorché sia dimostrato che tra il danno riportato e i fatti di servizio esista un solido legame che attesti che il sorgere di una condizione morbosa, il manifestarsi di una patologia, la menomazione della integrità psico-fisica dell’interessato, siano da porre in stretta correlazione causale o concausale con l’attività di servizio, mentre un coefficiente di stress e di disagio della condizione lavorativa di cui non sia dimostrata l’eccezionalità va ritenuto immanente al disimpegno di quelle mansioni costituenti l’aspetto caratterizzante delle relative attività (Cons. Stato, II, 8 febbraio 2024, n. 1301; 5 settembre 2023, n. 8169; 30 agosto 2023, n. 8073; 11 maggio 2022, n. 3718).
Il corollario di tali coordinate è che, ai fini del riconoscimento della causa di servizio, stante la necessità di appurare con ragionevole certezza che l’attività lavorativa possa ritenersi concausa efficiente e determinante della patologia lamentata, non è possibile fare ricorso a presunzioni di sorta, non trovando applicazione, diversamente dalla materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, la regola di cui all’art. 41 Cod. pen., secondo cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni. Invero, il principio della causalità adeguata richiede sempre la riconoscibilità dell’esistenza di fattori riconducibili al servizio che rivestano un ruolo di adeguata efficiente incidenza nell’insorgenza e nello sviluppo del processo morboso, mentre devono ritenersi totalmente escluse tutte le altre condizioni che un tale grado di concausale ingerenza non presentino. Queste, seppure parimenti verificatesi in servizio, restano inquadrabili unicamente quali mere occasioni rivelatrici di un’infermità carente del nesso di causalità o concausalità con le condizioni di servizio (Cons. Stato, II, 7 ottobre 2021, n. 6684; III, 7 marzo 2017, n. 1076; IV, 16 marzo 2012, n. 1510).
Né è sufficiente la mera potenziale valenza patogenetica del servizio prestato, essendo invece necessaria la puntuale verifica, connotata da certezza o da alto grado di credibilità logica e razionale, della valenza del servizio prestato quale fattore eziologicamente assorbente o, quanto meno, preponderante nella genesi della patologia (Cons. Stato, II, 8 maggio 2019, n. 2975; III, 1° agosto 2018, n. 4774; IV, 4 ottobre 2017, n. 4619; I, parere 19 febbraio 2020, n. 461).
In definitiva, nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccendenti le ordinarie condizioni di lavoro, particolarmente ed eccezionalmente gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione delle circostanze e condizioni non eccezionali, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (Cons. Stato, II, 19 gennaio 2022, n. 341; 14 marzo 2022, n. 1791; 14 aprile 2022, n. 2825; 8 maggio 2019, n. 2975; IV, 29 marzo 2021, n. 2613), e che, in generale, si presentano con maggiore frequenza fisiologica in relazione alle mansioni dei militari e delle forze di polizia, dove le condizioni di criticità psicofisica (tra cui il lavoro notturno, gli straordinari e le intemperie climatiche) sono connaturate alla peculiatà del lavoro svolto, sicché, laddove non vengano in evidenza episodi di eccezionale intensità e gravità, non possono reputarsi giuridicamente concause efficienti rilevanti ai fini del riconoscimento della causa di servizio e dei benefici economici connessi (Cons. Stato, II, sentenza 30 agosto 2023, n. 8073).
3. Tanto chiarito, si osserva che il Tar, nel ritenere che nel caso di specie non fossero stati dedotti episodi particolarmente gravosi, eccezionali ed esorbitanti, rispetto agli ordinari compiti di istituto dell’appellante, cui poter imputare l’insorgenza delle patologie per cui è causa, ha fatto corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche sopra rassegnate.
Né i rilievi svolti nel primo motivo di appello consentono di concludere in senso diverso.
4. L’appellante sostiene di aver documentato specifici episodi di servizio che attesterebbero l’illegittimità del diniego di riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio siccome inficiato da palese difetto di istruttoria e di motivazione per non avere valutato tali episodi, altamente stressanti e usuranti. Nel relativo percorso argomentativo, ripercorsi sinteticamente i servizi prestati dalla data dell’arruolamento (15 novembre 2005), l’appellante evidenzia, tra altri pure menzionati:
- i corsi di addestramento marce con zavorra dal notevole peso al seguito in montagna, sia durante il primo periodo formativo a Roma (Cecchignola) che presso la Scuola di applicazione di Torino, con lunghi spostamenti, esposizione alle inclemenze atmosferiche, movimentazione manuale dei carichi, vibrazioni, posizioni viziate, mantenimento di posture erette e spostamento di carichi pesanti, comportanti esposizione significativa a sovraccarico biomeccanico, e consumazione di pasti fugaci, freddi e a orari diversi;
- i periodi di impiego in teatri operativi e di peacekeeping, per conto di ONU-NATO, in Kosowo per due volte (2006 e 2009), in Libano per due volte (2011 e 2019), e in Afghanistan durante tutto il freddo inverno nell’arco temporale settembre 2015 e maggio 2016, ove ha svolto servizi a bordo di veicoli corazzati su terreni sconnessi, anche di notte, in piedi ed all’esterno, subendo sollecitazioni fisiche soprattutto alla colonna vertebrale, in qualsiasi condizione atmosferica sia in “sala” che in attività operativa, con giubbotto antiproiettile del peso di 20 kg, arma lunga a tracolla e corta, per movimenti terrestri ad alto rischio operativo, nonché a bordo di aerei militari con voli tattici;
- il servizio “Operazione strade sicure” in Italia, pure comportante l’esposizione all’azione nociva delle vibrazioni dei mezzi;
- il servizio di consulente giuridico svolto per 17 anni, per 12/14 ore al giorno, su sedie non ergonomiche e con posizioni viziate, notevole mole di lavoro, attestata dalle 200 ore annue di straordinario, posture non adeguate per lunghi periodi giornalieri, e continui spostamenti in auto.
Per l’appellante, tali servizi, svolti in condizioni ambientali disagiate anche per la natura geografica dei luoghi di impiego, protrattisi oltre le normali ore di lavoro previste, in situazioni precarie e con scarso riposo, come meglio analizzati nell’atto consulenziale versato in giudizio, avrebbero contribuito a un notevole stress psico-fisico, diverso e ulteriore rispetto alla ordinaria prestazione lavorativa, e sarebbero pertanto da considerarsi come “eccezionali”, o, comunque, determinanti dell’insorgenza ed evoluzione delle patologie, in quanto comportanti sovraccarico e sofferenza della colonna vertebrale e conseguenze sotto il profilo alimentare, anche perché i rapporti informativi dell’Amministrazione non fanno emergere che l’appellante presentasse fattori di rischio tradizionali o una personalità predisposta all’insorgenza delle infermità di che trattasi.
Anzi, sempre per l’appellante, proprio i rapporti informativi soddisferebbero l’onere probatorio posto a suo carico ai fini del riconoscimento della causa di servizio. Il riferimento è al rapporto informativo 16 febbraio 2021, in cui l’Autorità relazionante, avuto riguardo alle particolari modalità e condizioni di espletamento del suo servizio, conclude nel senso di non “poter escludere del tutto eventuali nessi di causalità tra il servizio pregresso e quanto esposto dall’istante”, in tal modo riconoscendo la sussistenza del possibile nesso causale tra il servizio pregresso (avuto riguardo alla specificità e tipologia dello stesso) con le patologie riscontrate. Lamenta quindi l’appellante che tale significativo elemento sia stato obliterato dal Tar, il quale, nel giungere alla qui contestata conclusione (che sarebbe anche contraddittoria con il richiamo in motivazione alle circostanze documentate dall’interessata), non si sarebbe avveduto dell’illegittimità del diniego e del presupposto parere del Comitato di verifica per incongruità e incomprensibilità. In particolare, si sostiene che il Comitato, anziché espletare, come richiede la giurisprudenza, una esaustiva istruttoria e considerare specificamente il servizio prestato nel corso degli anni e gli specifici elementi rappresentati dall’istante, anche considerando le acquisizioni della scienza medica, ha concluso che le infermità di cui si discute non sarebbero dipendenti da causa di servizio in maniera illogica e in assenza di riscontri obiettivi e motivazioni, senza neanche riferirsi all’inesistenza di episodi specifici come pure richiede la giurisprudenza. Si conclude che le formule al riguardo utilizzate dal Comitato sarebbero quindi “di stile”, non determinanti, e comunque insufficienti a dimostrare le effettive ragioni per le quali il rapporto di dipendenza non sussiste, e che, a sua volta, la sentenza gravata sarebbe erronea e affetta da vizio di motivazione, avendo ritenuto non rinvenibili nella specie le circostanze eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro nonostante la contraria dimostrazione offerta in giudizio.
4.1. Le predette argomentazioni sono prive di qualsiasi capacità persuasiva.
Si è già detto come, per consolidata giurisprudenza, anche in specifico riferimento ai militari e alle forze di polizia in generale, la prestazione di servizi connaturali al peculiare lavoro svolto non può reputarsi giuridicamente concausa efficiente rilevante ai fini del riconoscimento della causa di servizio e dei benefici economici connessi, occorrendo la dimostrazione di specifici episodi di servizio particolarmente gravosi, eccezionali ed esorbitanti rispetto agli ordinari compiti d’istituto (tra tante, Cons. Stato, II, n. 4851/2024, cit.).
Ciò posto, la debolezza del motivo in trattazione si rivela in tutta la sua intensità già alla sola luce di tale principio cardine.
In particolare, l’appellante sostiene continuativamente di avere documentato, nel procedimento di cui si discute, detti episodi gravosi, eccezionali ed esorbitanti dai compiti di istituto, laddove, in realtà, come emerge da quanto riferito al capo che precede, la relativa prospettazione costituisce la mera affermazione che tutta la carriera lavorativa dell’appellante, a partire dai corsi di addestramento e formativi e sono all’intera attività di consulente giuridico svolta per l’Amministrazione nel corso di 17 anni, debba rientrare nella sopradetta definizione.
Si tratta di una pretesa che, sul piano logico prima ancora che su quello giuridico, contraddice le premesse poste, e si fonda poi sulla narrazione di servizi comportanti disagi, fatiche e momenti di stress i quali costituiscono ordinari fattori di rischio in relazione alla tipologia della prestazione lavorativa di che trattasi.
Bene ha fatto, pertanto, il Tar, ad affermare che l’interessata non ha allegato né documentato gli specifici episodi di servizio rilevanti ai fini di causa.
Neanche può dirsi che la sentenza impugnata sia contraddittoria e lacunosa. Infatti, per un verso, il Tar non poteva non riferire quelle che l’atto introduttivo del giudizio illustrava come “circostanze documentate” dall’interessata, ciò che non costituisce, all’evidenza, il loro riconoscimento come tali; per altro verso, le conclusioni del rapporto informativo del 16 febbraio 2021, peraltro espresse, come visto, in forma di mera e lata possibilità, non possono essere ritenute dirimenti o significative o comparate con le valutazioni del Comitato di verifica per le cause di servizio, essendo questo l’unico organo tecnico a cui il sistema normativo vigente affida il compito di accertare la dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti (ex aliis, Cons. Stato, II, n. 8073/2023, cit.).
Quanto ancora al parere reso nella specie dal predetto Comitato, va rammentato che gli accertamenti sulla dipendenza di una patologia da causa di servizio rientrano nella discrezionalità tecnica di tale Organo, la cui valutazione conclusiva sulla sussistenza del nesso eziologico tra l’attività lavorativa svolta e l’infermità sofferta dal dipendente pubblico, basata su cognizioni di scienza medico-specialistica e medico-legale, non è sindacabile, nel merito, in sede giurisdizionale, salvo che non emergano vizi del procedimento o vizi di manifesta irragionevolezza della motivazione per l’inattendibilità metodologica delle conclusioni, per il travisamento dei fatti, o, ancora, per la mancata considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione finale (Cons. Stato, IV, 28 giugno 2021, n. 4909; II, 28 maggio 2021, n. 4136; 21 aprile 2021, n. 3222).
Si tratta di un limite che consente al giudice amministrativo una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza, che riguarda la mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, mentre l’accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, che sostanzia il giudizio sulla sussistenza della dipendenza delle infermità dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di merito tecnico riservato all’organo tecnico (Cons. Stato, II, 22 luglio 2022, n. 6456; 28 maggio 2021, n. 4136).
Pertanto il giudice amministrativo, in mancanza di un macroscopico travisamento fattuale e di una motivazione palesemente irragionevole, non può sostituire le proprie valutazioni a quelle effettuate dalle competenti autorità in sede amministrativa (Cons. Stato, II, 4 ottobre 2022, n. 8474; 8 agosto 2022, n. 6977).
In altre parole, per superare il giudizio espresso dall’organo tecnico dell’Amministrazione, non è sufficiente la sua mera non condivisibilità, essendo invece necessaria la dimostrazione della palese inattendibilità o dell’evidente insostenibilità della valutazione tecnica
Dette condizioni, nel caso di specie, non emergono, né sotto il profilo istruttorio né sotto quello motivazionale.
Il Comitato ha infatti esaminato l’attività di servizio svolta dall’interessata, in particolare rilevando che: “… la dipendente presta servizio nell’E.I. dal 2005 … prevalentemente nell’area della consulenza legale; … in questo ambito ha partecipato a diverse missioni estere; … l’attività all’estero ha comportato anche spostamenti su mezzi militari, come normalmente avviene per tutto il personale; … dagli atti non si evince la percorrenza chilometrica media annua a bordo di mezzi di servizio, né è evidenziato alcun periodo di particolare squilibrio dietetico in conseguenza del servizio prestato; … ha partecipato anche a addestramenti, tipici e comuni nella carriera militare”.
Si tratta di un quadro che, nel rilievo di fatti oggettivi, per quanto sunteggiati, rimanda esattamente al contesto qui descritto dall’interessata, e, nei rilievi valutativi, di tipo medico-legale, non fa emergere alcuna illogicità.
Il Comitato ha poi ritenuto che le infermità per cui è causa non possano ritenersi dipendenti da fatto di servizio. In particolare, ha rilevato trattarsi:
- quanto alla documentata “-OMISSIS-”, “di patologia che si manifesta in soggetti costituzionalmente predisposti per una specifica e particolare labilità dell’equilibrio neurovegetativo, con conseguente alterazione della secrezione gastrica [;] su tale infermità l’attività espletata dall’interessato non può essere ritenuta idonea ad agire in senso causale o concausale efficiente e determinante, perchè non caratterizzata da specifici, gravosi e prolungati disagi di carattere ambientale o stressogeno”;
- quanto all’infermità “-OMISSIS-”, “di infermità dovuta a fatti dismetabolico-degenerativi a livello delle articolazioni intervertebrali, in correlazione con l’usura conseguente al progredire dell’età, sull’insorgenza e decorso della quale non può aver nocivamente influito, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante, il servizio prestato, nell’ambito delle mansioni di competenza e non caratterizzato da particolari e gravose condizioni di disagio”.
Le valutazioni sono state entrambe rese dandosi atto del previo esame e valutazione di “tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti”.
Detti pareri non evidenziano profili di contraddittorietà e illogicità, né possono ritenersi adottati in base a un travisamento, risultando esaminati i profili relativi all’accertamento del nesso causale tra patologia lamentata e l’attività di servizio svolta dall’interessata.
Nulla muta considerando la perizia di parte allegata dall’interessata, la quale, per quanto precede, non può sostituire le valutazioni espresse dall’Organo competente, non essendo sufficiente la mera non condivisibilità di queste in carenza di dimostrazione della palese inattendibilità o dell’evidente insostenibilità della valutazione tecnica, qui non offerta: in particolare, deve escludersi che il parere del Comitato sia di per sé contestabile “alla luce di difformi conclusioni raggiunte dai sanitari compulsati autonomamente dalla parte” (così, tra altre, Cons. Stato, IV, 20 settembre 2018, n. 5477). Inoltre, contrariamente a quanto affermato nel motivo: i pareri sono stati espressamente resi alla luce delle acquisizioni della scienza medica, di cui non era necessario indicare specificamente la fonte, essi appartenendo al bagaglio culturale, scientifico e professionale proprio dell’Organo; gli stessi riportano con ogni chiarezza, nella parte dedicata alla sintetica descrizione dell’attività lavorativa dell’appellante, l’impossibilità di rinvenire specifici episodi che, in ragione della loro eccezionalità, possano aver influito in modo significativo sull’insorgenza o sull’evoluzione delle infermità di che trattasi.
Deve pertanto concludersi che il Tar ha correttamente ha ritenuto i provvedimenti gravati indenni dai vizi denunziati, avendo il Comitato di verifica valutato il servizio prestato dall’appellante, ed esternato sinteticamente, ma sufficientemente in rapporto alle specifiche caratteristiche della vicenda procedimentale, la insussistenza di un nesso di causalità o di concausalità tra questo e le infermità per cui è causa, è ciò alla stregua di nozioni scientifiche e sulla base di dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale, ovvero in maniera non illogica né irragionevole.
4.2. Il primo motivo è pertanto infondato.
5. Il secondo motivo si dirige avverso il capo della sentenza gravata che ha respinto la censura relativa alla mancata previa comunicazione sia dell’avvio del procedimento che del preavviso di rigetto, perchè incombenti non previsti dalla normativa speciale applicabile al procedimento in parola, prevalente su quella generale di cui alla l. 241/1990, e anche alla luce dell’art. 10-bis di detta legge.
Sostiene di contro l’appellante, anche mediante il richiamo a giurisprudenza amministrativa di primo grado: che l’eccezione normativa richiamata dal Tar non si riferisce al procedimento di che trattasi, che non ha natura previdenziale o assistenziale bensì ha a oggetto l’erogazione di un indennizzo; che non si applica al riguardo la sanatoria di cui all’art. 21-octies della l. 241/1990; che se è vero che la disciplina speciale di cui al d.P.R. 461/2001 non prevede il preavviso di diniego è parimenti vero che lo stesso decreto non la esclude né l’istituto è con esso incompatibile.
5.1. Le predette tesi non possono essere favorevolmente valutate.
5.2. La più recente giurisprudenza, dalla quale non vi è ragione di discostarsi, ha ormai chiarito che nei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una determinata infermità, il parere del Comitato di verifica, come espressamente sancito dal d.P.R. 461/2001, oltre a essere obbligatorio, è vincolante per l’Amministrazione procedente, sicché questa non è tenuta alla comunicazione del preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10-bis della l. 241/1990, in quanto l’eventuale partecipazione procedimentale dell’interessato non produrrebbe effetti sul contenuto dispositivo del provvedimento impugnato (tra tante, Cons. Stato, II, 14 giugno 2023, n. 5832; 7 gennaio 2022 n. 122; IV, 23 novembre 2018, n. 6650).
Si conclude così (così, da ultimo, Cons. Stato, 8 febbraio 2024, n. 1301) che “Gli arresti giurisprudenziali di segno opposto, riferiti quasi esclusivamente a pronunce di primo grado, possono dunque ritenersi superati da tale orientamento, che si fonda esclusivamente sulla lettura dell’art. 10-bis della L. n. 241 del 1990 in combinato disposto e alla luce del successivo art. 21-octies, comma 2, della medesima L. n. 241 del 1990. Dovendo il giudice valutare il contenuto sostanziale del provvedimento, egli non è tenuto ad annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla sua legittimità sostanziale, rendendo irrilevante la violazione delle disposizioni sul procedimento o sulla forma allorché il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (v. ancora Cons. Stato, sez. III, 18 ottobre 2018, n. 6650). E’ dunque la natura necessitata del provvedimento, e non la sua riconducibilità al genus dei procedimenti previdenziali e assistenziali, a far sì che il mancato invio del preavviso non riverberi sulla sua annullabilità (Cons. Stato, sez. II 20 aprile 2022 n. 2994; id. 5 gennaio 2023 n. 196)”.
6. In definitiva, l’appello va respinto.
Le spese del grado possono essere compensate tra le parti in considerazione della peculiarità della controversia.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli artt. 5 e 6 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della parte appellante.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del 26 febbraio 2025 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli, Presidente
Solveig Cogliani, Consigliere
Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore
Giovanni Ardizzone, Consigliere
Antonino Lo Presti, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Anna Bottiglieri Roberto Giovagnoli
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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