Tar 2025.- situazione del Sig. ..... ....., secondo capo scelto della Guardia Costiera in servizio presso la Base Aeromobili di ....., riguarda un atto giudiziario volto a impugnare e chiedere l’annullamento di un provvedimento disciplinare e amministrativo emesso nei suoi confronti. Analizziamo nel dettaglio i vari aspetti della vicenda:
1. **Contesto e soggetto coinvolto:**
- **L’Interessato:** Il Sig. ..... ....., appartenente alla Guardia Costiera, ricopre il ruolo di secondo capo e lavora presso la Base Aeromobili, Nucleo aereo e sezione volo elicotteri di ......
- **Il provvedimento impugnato:** È un’ordinanza del 7 marzo 2022 emanata dal suo Comandante di Corpo, che ha disposto la sospensione dell’attività lavorativa del militare.
2. **Contenuto del provvedimento di sospensione:**
- La sospensione è prevista ai sensi dell’art. 4-ter del Decreto-Legge 1 aprile 2021, n. 44, convertito in legge, e si riferisce al periodo dal 21 dicembre 2021 al 20 gennaio 2022, per un totale di 31 giorni.
- Durante questo periodo:
- **Non è dovuto alcun compenso**, né fisso, né accessorio o indennitario.
- **Le giornate di sospensione non sono considerate servizio utile** per:
- la maturazione di classi e scatti economici,
- il rinnovo della licenza ordinaria (che sarà proporzionalmente decurtata).
- **Implicazioni pensionistiche:** Le giornate di sospensione non contribuiscono ai fini pensionistici né vengono accantonati contributi.
- **Riduzione del trattamento economico:** I compensi e assegni vengono diminuiti di una quantità proporzionale ai giorni di sospensione.
- **Detrazione di anzianità:** Si applicano i criteri delle norme di stato giuridico, comportando una riduzione dell’anzianità professionale del soggetto.
- **Valore del periodo di sospensione:** Non viene considerato ai fini dello svolgimento delle attribuzioni specifiche o periodi di comando necessari per l’avanzamento di carriera.
3. **Azioni giudiziarie proposte dal Sig. .....:**
- **Impugnazione e richiesta di annullamento:** Il militare ha impugnato il provvedimento, chiedendo l’annullamento dello stesso.
- **Risarcimento danni:** Ha altresì chiesto la condanna dell’Amministrazione al risarcimento di vari tipi di danni, tra cui:
- **Danno patrimoniale:** Per la perdita di retribuzione e benefici economici.
- **Danno biologico e esistenziale:** Per le conseguenze sulla salute e sulla vita personale, in termini di sofferenza, disagio e compromissione della qualità della vita.
- **Riserva di quantificazione:** La quantificazione dei danni è lasciata in sede giudiziaria, cioè sarà determinata successivamente nel giudizio.
4. **Richieste subordinate e ulteriori pretese:**
- In via subordinata, il Sig. ..... chiede:
- **La corresponsione del trattamento economico e degli assegni di carattere fisso e continuativo** nella misura della metà di quanto spettante, considerando il periodo di sospensione.
- **Il trattamento pensionistico:** La computazione della metà degli anni e dei contributi, ai sensi degli artt. 858 e 920 del Codice dell’Ordinamento Militare (C.O.M.).
- **Interessi e condanna:** Richiede inoltre l’applicazione di interessi e la condanna delle amministrazioni a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali.
**In sintesi:**
Il Sig. ..... ..... contesta il provvedimento di sospensione senza retribuzione e senza benefici pensionistici adottato dalla sua Amministrazione, sostenendo che tale misura sia illegittima o dannosa, e chiede che venga annullata. In alternativa, chiede il riconoscimento di una misura economica ridotta e il riconoscimento del trattamento pensionistico proporzionale, oltre a risarcimenti per i danni subiti e subendi, inserendo tutte le pretese in un quadro di tutela giurisdizionale volto a riparare gli eventuali danni e a ottenere un trattamento più equo e conforme ai diritti del militare.
Pubblicato il 20/06/2025
N. 12162/2025 REG.PROV.COLL.
N. 05582/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5582 del 2022, proposto da
..... ....., rappresentato e difeso dagli avvocati ….con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Difesa, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento del 7.3.2022 del proprio Comandante di Corpo; nonché per la condanna al risarcimento del danno derivante dal provvedimento impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 13 giugno 2025 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il sig. ..... ....., secondo capo scelto della Guardia Costiera, in servizio presso la Base Aeromobili, Nucleo aereo e sezione volo elicotteri della Guardia Costiera di ....., ha impugnato e chiesto l’annullamento del provvedimento del 7.3.2022, con cui il proprio Comandante di Corpo ha disposto che “ai sensi dell'art. 4-ter del Decreto-Legge 1 aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni dalla Legge 28 maggio 2021, n. 76, introdotto dall'art. 2 del Decreto-Legge 26 novembre 2021, n. 172, è "sospeso dal diritto di svolgere l'attività lavorativa" dal 21/12/2021 al 20/01/2022, per la durata di giorni 31 (trentuno). Durante tale periodo non è dovuto alcun compenso né di carattere fisso e continuativo, né di carattere accessorio o indennitario. Le giornate di sospensione sono considerate servizio non utile agli effetti della maturazione di classi e scatti economici, nonché della maturazione della licenza ordinaria, che andrà proporzionalmente decurtata. Inoltre, le giornate di sospensione non sono utili ai fini pensionistici né determinano accantonamenti contributivi, stante la mancata retribuzione. I trattamenti fissi e continuativi, gli assegni accessori e i compensi indennitari, comunque denominati, saranno diminuiti di tanti trentesimi per quanti sono i giorni di sospensione. L'interessato subisce una detrazione di anzianità secondo i criteri stabiliti dalle vigenti norme di stato giuridico. Il periodo di sospensione non è valido ai fini dello svolgimento delle attribuzioni specifiche/periodi di comando richiesti per l'avanzamento”; ha, inoltre, chiesto la condanna dell’Amministrazione “al risarcimento dei danni patiti e patiendi, sia in termini di danno patrimoniale, sia in termini di danno biologico ed esistenziale, con riserva di quantificazione degli stessi in corso di giudizio”; in via subordinata ha chiesto “la corresponsione del trattamento economico previsto e degli assegni di carattere fisso e continuativo, erogati nella misura della metà, così come al trattamento ai fini pensionistici computato per la metà (artt. 858 e 920 C.O.M.), oltre ad interessi. Con condanna delle amministrazioni intimate al risarcimento dei danni patiti e patiendi, sia in termini di danno patrimoniale, sia in termini di danno biologico ed esistenziale, con riserva di quantificazione degli stessi in corso di giudizio”.
In sintesi è accaduto: che con comunicazione del 7.1.2021 il responsabile della struttura ove il ricorrente presta servizio lo ha invitato a presentare, nel termine di giorni 5, la documentazione comprovante l’avvenuta vaccinazione o la prenotazione alla vaccinazione o eventuale certificazione di esonero o differimento; che il ricorrente, con nota pec dell’11.12.2021 ha chiesto informazioni sulla profilassi vaccinale, sebbene trasmettendo copia della prenotazione vaccinale per il 17.12.2021; che in data 6.12.2021 ha chiesto un congedo parentale di 45 giorni (dal 3.1.2022 al 16.2.2022) e, prima di iniziare a fruire di tale beneficio, ha ottenuto una licenza ordinaria dal 14.12.2021 con termine proprio coincidente con l’inizio del predetto congedo; che, nelle more della fruizione della licenza ordinaria, il ricorrente ha ribadito la domanda di informazioni sulla profilassi vaccinale (18.12.2021); che, comunque, non ha effettuato la vaccinazione il 17.12.2021, chiedendo una nuova prenotazione per il 3.1.2022.
E’, ancora, accaduto che in data 21.12.2021 al ricorrente è stato notificato il provvedimento emesso ai sensi dell’art. 4 ter del DL 44/2021, convertito dalla legge 76/2021, per effetto del quale è stata disposta la sospensione con effetto immediato “dal diritto di svolgere l’attività lavorativa, senza conseguenza disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro” con privazione della retribuzione e di ogni altro compenso o emolumento, sino al completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo e comunque non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15.12.2021.
In data 1.2.2022 il ricorrente è stato, poi, riammesso in servizio in quanto risultato guarito dal Covid-19, contratta in data 20.1.2022.
E, da ultimo, in data 9.3.2022 è stato emesso l’impugnato provvedimento, la cui legittimità è stata censurata per i seguenti motivi:
1°) violazione dell’art. 4 ter del DL 44/2021, della Circolare dello Stato Maggiore della Difesa n. 0228670 del 10.12.2021; eccesso di potere per irragionevolezza, travisamento dei fatti, disparità di trattamento, violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza e delle Direttive n. 2000/78/CE e 2000/43/CE.
In prima battuta, il ricorrente ha lamentato che “se è vero che l’intenzione del legislatore nell’imporre l’obbligo vaccinale è quella di prevenire il diffondersi del contagio sul luogo di lavoro, non è in alcun modo possibile ritenere che un lavoratore in licenza ordinaria, che ha già presentato domanda di congedo parentale, possa essere sottoposto all’obbligo vaccinale, in quanto soggetto che non sta attualmente esercitando alcuna attività lavorativa idonea a diffondere il contagio” (cfr. pag. 7); e che, dunque, l’applicazione della disciplina interna avrebbe dovuto tenere conto dell’esercizio dei diritti di cui lo stesso ricorrente si sarebbe legittimamente avvalso.
2°) Eccesso di potere, illegittimità ed irragionevolezza manifesta.
Con tale motivo si è contestato di aver “richiesto all’A.U.S.L. territorialmente competente maggiori informazioni sulla vaccinazione, senza avere riscontro. Nonostante il ricorrente abbia richiesto di avviare nuovamente l’iter indebitamente anticipato al momento del suo rientro in servizio dalla licenza ordinaria e parentale, l’Amministrazione ha provveduto a sospenderlo. La sospensione non solo ha interrotto il periodo di licenza ordinaria, ma non ha neppure consentito di usufruire della licenza parentale richiesta in data 06/12/2021, con relativa perdita dell’indennità prevista” (cfr. pag. 8).
3°) Illegittimità costituzionale dell’art. 4 ter DL 44/2021 per contrasto con gli artt. 1, 2, 3, 4, 13, 19, 29, 30, 31, 32, 35, 36, 52, 77 della Costituzione; violazione degli artt. 3 e 52 della Carta di Nizza e dell’art. 8 CEDU; del principio di uguaglianza, non discriminazione, proporzionalità, ragionevolezza e precauzione.
Il ricorrente ha, poi, dedotto, con articolate censure, che le vaccinazioni non avrebbero presentato connotati di sicurezza e certezza della profilassi; che i dati pubblici non sarebbero attendibili; che “le “vaccinazioni anti Covid 19” non sono state idonee a “fronteggiare l’epidemia da Covid-19”, e la loro obbligatorietà determina la violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e non arbitrarietà” (cfr. pag. 11); che, pertanto, l’obbligo vaccinale si sarebbe tradotto in una lesione della libertà di autodeterminazione degli individui.
4°) Violazione dell’art. 32 della Costituzione.
Il ricorrente ha richiamato una pronuncia della giurisprudenza che a suo dire avrebbe profilato “anche logiche e condivisibili riflessioni circa le criticità della farmacovigilanza passiva, tali da rischiare una sottostima dei casi. Anche su tale scorta, ha dunque dubitato della “coerenza dell’attuale piano vaccinale obbligatorio con i principi affermati dalla Corte” Costituzionale” (cfr. pag. 14).
5°) Violazione del Regolamento (CE) n. 507/2006; degli artt. 3, 35 e 51 della Carta europea dei diritti fondamentali UE.
Con tale motivo si è, altresì, lamentato che, comunque, “alla data di introduzione dell’obbligo vaccinale erano attuate cure anticorpali, dure domiciliari, nonché farmaci antivirali” (cfr., ancora, pag. 4).
6°) Violazione e mancata applicazione delle disposizioni sul lavoro agile; eccesso di potere per disparità di trattamento tra soggetti in possesso di certificazione di esonero o differimento dalla vaccinazione; violazione del principio di uguaglianza, dell’art. 3 T.U.E., dell’art. 21 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, della Risoluzione n.2361/2021 del Consiglio d’Europa e delle Direttive n. 2000/78/CE e 2000/43/CE.
Il ricorrente ha, ancora, dedotto che “con l’introduzione della certificazione verde sul luogo di lavoro pubblico e privato di cui al D.L. 127/2021 e, successivamente, dell’obbligo vaccinale per lo svolgimento dell’attività lavorativa e professionale, occorrerà trattare nello specifico il grado d’incidenza del lavoratore vaccinato sulla sicurezza dell’ambiente lavorativo e sul rischio di diffusione e contagio del Coronavirus; conseguentemente, sulla malattia Covid 19 eventualmente contratta in occasione del lavoro o per via della specifica attività lavorativa svolta” (cfr. pag. 16); a tal fine ha richiamato i dati dell’Istituto Superiore di Sanita e dell’INAIL quale comprova dell’abnormità dell’obbligo vaccinale in rapporto al rischio di contagio.
7°) Violazione dell’art. 893 del Codice Ordinamento Militare; eccesso di potere per irragionevolezza manifesta, disparità di trattamento e violazione del principio di uguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza.
Con tale motivo, inoltre, il ricorrente ha contestato che sia in caso di sospensione disciplinare che di sospensione precauzionale “il dipendente ha diritto alla conservazione del rapporto di lavoro pur non potendo prestare attività di servizio, ed ha altresì diritto al trattamento economico previsto ed agli altri assegni di carattere fisso e continuativo, erogati nella misura della metà, così come al trattamento ai fini pensionistici, computato per la metà (artt. 858 e 920 C.O.M.). Appare dunque evidente come in un’ottica garantista, indipendentemente dalla gravità della mancanza commessa e dalle esigenze precauzionali (cautelari) da adottare, al militare sia riconosciuto il trattamento retributivo, seppur in misura ridotta, per provvedere alle primarie esigenze di vita” (cfr. pag. 20).
8°) Violazione dell’art. 4 ter del DL 44/2021; del Piano Organizzativo del lavoro agile (P.O.L.A.); eccesso di potere per irragionevolezza manifesta, lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
Il ricorrente si è altresì lamentato della circostanza che “negli ultimi Piani Organizzativi del Lavoro Agile (P.O.L.A.) approvati dai vari Ministeri, (…) almeno il 60% del personale possa avvalersene, divenendo il lavoro agile uno specifico obiettivo della performance organizzativa complessa (…). Non si comprende per quale ragione il Decreto-legge 172/2021 dovrebbe escludere l’obbligo del datore di lavoro di adibire, ove possibile, il dipendente a mansioni che non implichino il pericolo di diffusione del contagio stesso” (cfr. pag. 23).
9°) Violazione dell’art. 4 ter del DL 44/2021; dell’art. 3 della Costituzione e dell’art. 4 della Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27.11.2000; illegittimità derivata del provvedimento di sospensione.
Da ultimo, il ricorrente ha rimarcato che “appare evidente che la proporzionalità dell’obbligo vaccinale per l’esercizio del diritto al lavoro del ricorrente potrebbe sussistere unicamente ove la situazione epidemiologica al 26 novembre 2021, data di pubblicazione del D.L. 172/2021, risultasse più grave di quella al 25 marzo 2022, data di cessazione dell’obbligo vaccinale. Tuttavia, analizzando i report ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità ci si accorge che il numero dei contagiati a marzo 2022 è triplicato rispetto a novembre 2021 (…). È evidente, quindi, che l’obbligo vaccinale ha introdotto una gravissima lesione del diritto fondamentale del ricorrente, del tutto sproporzionata rispetto alla situazione epidemiologica presente al momento della sua emanazione. Con l’emanazione del D.L. 24/2022 il Governo ha, quindi, confessoriamente ammesso l’originaria carenza di proporzionalità dell’art. 4- ter D.L. 44/2021” (cfr. pag. 24).
Il Ministero della Difesa non si è costituito in giudizio.
In data 13.6.2022 il ricorrente ha depositato un’istanza istruttoria, rigettata con ordinanza presidenziale 3 marzo 2025, n. 1165, con la seguente motivazione: “considerato che unitamente al ricorso è stata presentata da parte ricorrente istanza istruttoria volta ad ottenere l’esibizione della seguente documentazione: 1. dati percentuali delle cause di malattia di servizio per infortunio da Covid-19 richieste e riconosciute al personale impiegato nel Comando di appartenenza del ricorrente dal 1° febbraio 2020 alla trattazione del ricorso; 2. dati percentuali circa l’esito positivo da tampone richiesto dal datore di lavoro a tutti i dipendenti in occasione dei controlli di sicurezza sul posto di lavoro, relativi al personale impiegato nel Comando di appartenenza del ricorrente dal 1° febbraio 2020 alla trattazione del ricorso; 3. dati percentuali circa l’esito positivo da tampone dei dipendenti che, non essendosi sottoposti a vaccinazione anti Covid-19, dal 15 ottobre 2021 al 31 dicembre 2021, si sono recati sul posto di lavoro con certificazione verde c.d base; 4. dati percentuali delle cause di malattia da Covid-19 relativi al personale impiegato nel comparto sicurezza e difesa dal 1° febbraio 2020 al 31 dicembre 20220 (rectius: 2020), dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021 e dal 1° gennaio 2022 ad oggi, con distinzione percentuale tra coloro che nell’ultimo anno si sono sottoposti a vaccinazione; considerato che l’istanza istruttoria è stata reiterata con atto depositato in data 13 giugno 2022, con l’ulteriore richiesta inerente i dati percentuali del personale impiegato nel comparto sicurezza e difesa che abbiano contratto la malattia Covid-19 dal 1° febbraio 2020 al 31 dicembre 20220 (rectius: 2020) ; dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021; dal 1° gennaio 2022 ad oggi; con distinzione percentuale tra coloro che nell’ultimo anno si siano sottoposti a vaccinazione; considerato che con atto depositato in data 23 ottobre 2024 parte ricorrente ha manifestato il proprio interesse alla decisione sul ricorso in esame; ritenuto, quanto alle istanze istruttorie sopra illustrate ed in vista della fissazione dell’udienza di merito per la trattazione del ricorso, che – impregiudicate le valutazioni del Collegio - non vi siano i presupposti per il loro positivo esame, essendo la causa matura per la decisione anche senza previa acquisizione dei dati richiesti, i quali, seppur in astratto e in parte attinenti alle proposte censure quanto a ragionevolezza ed efficacia delle disposizioni contestate, condurrebbero ad un non consentito sindacato di tipo sostitutivo sull’attività normativa ed amministrativa alla luce di parametri sganciati da profili di stretta legittimità; ravvisata, quindi, la non necessarietà dell’acquisizione dei dati richiesti quale presupposto indispensabile ai fini della decisione sul ricorso in esame, tenuto anche conto del quadro provvedimentale e normativo, nonché della giurisprudenza, anche costituzionale (sentenze 28 novembre 2024, n. 188; 9 febbraio 2023, n. 14 e n. 15), formatasi in materia”.
In vista dell’udienza di discussione del ricorso nel merito, fissata per il 13 giugno 2025, il ricorrente ha ribadito le proprie deduzioni nella memoria del 2.5.2025; a tale udienza la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto, non cogliendo nel segno nessuna delle censure mosse dal ricorrente alla normativa in applicazione della quale è stata disposta l’impugnata sospensione dal diritto ad esercitare l’attività professionale; né, tantomeno, sussistendo i presupposti per la rimessione al Giudice delle Leggi della questione di legittimità costituzionale riguardante tale disciplina positiva.
L’art. 4 ter del DL 44/2021 ha introdotto “l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2”, tra gli altri, al “personale del comparto della difesa, sicurezza e soccorso pubblico”, in cui rientra il personale della Marina Militare.
Nel preambolo del decreto, in particolare, si è fatto espresso riferimento alla “straordinaria necessità e urgenza di integrare il quadro delle vigenti misure di contenimento alla diffusione del predetto virus, adottando adeguate e immediate misure di prevenzione e contrasto all'aggravamento dell'emergenza epidemiologica”; nonché alla parimenti “straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per garantire in maniera omogenea sul territorio nazionale le attività dirette al contenimento dell'epidemia e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica, con riferimento soprattutto alle categorie più fragili, anche alla luce dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche acquisite per fronteggiare l'epidemia da COVID-19 e degli impegni assunti, anche in sede internazionale, in termini di profilassi e di copertura vaccinale”.
Alla luce di quanto rilevato, nella specie si è trattato, con tutta evidenza, di “misure urgenti” finalizzate a fronteggiare la pandemìa: il che depone, da un lato, per l’applicazione generalizzata di tali misure su tutto il territorio nazionale, senza eccezioni; e, dall’altro lato, depone per la configurabilità di previsioni che si risolvono nella conformazione di condotte umane verso la cura di un interesse pubblico prevalente (la tutela della salute pubblica); condotte che si contestualizzano anche, ma non solo, nell’esercizio dell’attività lavorativa alla stregua di un “requisito essenziale” (art. 4 ter, comma 2) e che, nel caso di violazione dell’obbligo in questione, non possono, ad avviso del Collegio, sostanziare questioni di (mera) rilevanza lavoristica, perché in tal caso non si spiegherebbe la previsione relativa all’irrogazione di sanzioni amministrative da 400 a 1000 euro, “salvo che il fatto costituisca reato” (art. 4 ter, comma 6), cioè una risposta al disvalore generato dalla violazione di un obbligo giuridico.
Invero, la tesi del ricorrente muove da un’insufficienza prospettica data dalla dedotta preferenza dell’interesse del singolo dipendente sull’interesse generale: un assunto travisato, come non si può che inferire dalla disposizione di cui all’art. 626 del codice dell’ordinamento militare, in cui è previsto che “il personale militare è ordinato gerarchicamente in relazione al grado rivestito” (comma 1) e “dal rapporto di subordinazione deriva il dovere di obbedienza” (comma 3).
Non sono, poi, persuasive le deduzioni relative al fondamento della normativa controversa.
In prima battuta, va osservato che la previsione di cui al comma 3 dell’art. 4 ter (“l’atto di accertamento dell'inadempimento determina l'immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati”) esprime il reperimento, da parte del legislatore, di una soluzione che non determina conseguenze irreparabili per il dipendente (non viene avviato alcun procedimento disciplinare e resta impregiudicata la conservazione del posto di lavoro), ma solo l’applicazione di una misura di carattere cautelare e temporaneo (sospensione della retribuzione, di compensi ed emolumenti), direttamente correlata alla persistenza della scelta volontaria del militare di violare l’obbligo vaccinale.
Ma soprattutto, la predetta disposizione è espressione di discrezionalità legislativa, cioè dell’esercizio di una potestà che – come ha teorizzato la dottrina pubblicistica – è da considerare libera e incondizionata, cosicché quando un atto legislativo risulti costituzionalmente vincolato al perseguimento di determinati finalità pubbliche, la discrezionalità legislativa esprimerà un limite funzionale di natura prevalentemente interna alla produzione normativa.
Quanto ora osservato può essere utilmente sintetizzato dalla legge 87/1953 (“Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale”), la quale prevede, all’art. 28, che (perfino) “il controllo di legittimità della Corte costituzionale su una legge o un atto avente forza di legge esclude ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull’uso del potere discrezionale del Parlamento”.
Ma pure a prescindere dall’impossibilità di configurare un sindacato di merito sulla normativa contestata, il Collegio non ravvisa elementi di irragionevolezza nella previsione di cui all’art. 4 ter del DL 44/2021.
Tale disposizione esula da profili di rilevanza disciplinare e, anche, ordinariamente, da profili di rilevanza penale (soltanto eventuali, come espressamente si precisa al comma 6); non è, quindi, fondatamente prospettabile un’analogia con la speciale disciplina del d.lgs. 66/2010, vale a dire quella afferente alle sospensioni del dipendente che l’Amministrazione disponga, appunto, in concomitanza con la pendenza di procedimenti disciplinari e di procedimenti penali, compreso il caso di “espiazione di pene detentive”.
E per ragioni non dissimili occorre sottolineare che l’art. 82 del DPR 3/1957 (in cui è previsto che “all’impiegato sospeso è concesso un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio, oltre gli assegni per carichi di famiglia”) è disposizione inquadrata nel capo dedicato alle “infrazioni e sanzioni disciplinari”.
A compendio di tali evidenze si deve, inoltre, rilevare che il procedimento disciplinare e quello penale, una volta avviati, procedono in modo autonomo e indifferente rispetto alla volontà dell’incolpato o dell’imputato di poterne bloccare lo svolgimento, e per questo è giustificata l’erogazione di alcune provvidenze (corresponsione di parte degli assegni a carattere fisso e continuativo e dell’assegno alimentare).
Prova della regolazione eteronoma è che la “sospensione precauzionale non può avere una durata superiore ad anni cinque. Decorso tale termine la sospensione precauzionale è revocata di diritto” (art. 919, comma 1 del codice dell’ordinamento militare) e che “la sospensione è revocata retroattivamente a tutti gli effetti: a) se il procedimento penale ha termine con sentenza definitiva che dichiara che il fatto non sussiste o che l'imputato non l'ha commesso; b) in ogni altro caso di proscioglimento, se il militare non è sottoposto a procedimento disciplinare di stato; c) se, per i medesimi fatti contestati in sede penale, il procedimento disciplinare si esaurisce senza dar luogo a sanzione di stato, ovvero si conclude con l'irrogazione della sospensione disciplinare per un periodo che non assorbe quello sofferto a titolo di sospensione precauzionale; d) se il militare è stato assolto all'esito di giudizio penale di revisione” (art. 918, comma 1).
Di contro, nel caso della sospensione disposta per violazione dell’obbligo vaccinale è prevista una reversibilità immediata della situazione originaria, nel senso che al dipendente è stata data la possibilità di riprendere l’esercizio dell’attività lavorativa sol che questi si sottoponga alla vaccinazione.
Tutto ciò impregiudicata la circostanza che, una volta decorso il periodo di sospensione, il ricorrente è stato, in effetti, riammesso, come dimostra l’esplicito richiamo al “provvedimento di termine della sospensione dal servizio emanato da questo Comando in data 18/02/2022, di cui al prot.n. 1860, notificato all'interessato in pari data”.
In secondo luogo, la privazione della retribuzione non è affatto un istituto inedito.
Essa è prevista dall’art. 55 bis del d.lgs. 165/2001 per il caso del dipendente che “essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall'Ufficio disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti” (comma 7); nonché a carico del “personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali” (comma 9 quater); ed è, altresì, prevista dall’art. 55 sexies, in cui si prevede che “la violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato la condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno” comporta la privazione della retribuzione a carico del dipendente responsabile (comma 1).
Infondata è, da ultimo, la domanda di rimessione al Giudice delle Leggi.
Sul punto, va premesso che con ordinanza n. 351 del 22 marzo 2022 il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha sollevato “questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, del d.l. n. 44/2021 (convertito in l. n. 76/2021), nella parte in cui prevede, da un lato l’obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall’altro lato, per effetto dell’inadempimento all’obbligo vaccinale, la sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie, per contrasto con gli artt. 3, 4, 32, 33, 34, 97 della Costituzione”.
Ma tale questione – occorre specificarlo – non ha affatto riguardato il personale della Marina Militare, quanto, piuttosto, uno studente universitario “che, al fine di completare gli studi, avrebbe dovuto partecipare al tirocinio formativo all’interno delle strutture sanitarie”, al quale l’Università aveva vietato, trattandosi di soggetto non vaccinato, di non poter effettuare il tirocinio in area medica/sanitaria, stabilendo che tale attività potesse proseguire a seguito della somministrazione vaccinale anti Covid – 19.
Di converso, in materia, ad esempio, di prevenzione vaccinale dei minori, la Corte Costituzionale ha statuito che “i valori costituzionali coinvolti nella problematica delle vaccinazioni sono molteplici e implicano, oltre alla libertà di autodeterminazione individuale nelle scelte inerenti alle cure sanitarie e la tutela della salute individuale e collettiva (tutelate dall’art. 32 Cost.), anche l’interesse del minore, da perseguirsi anzitutto nell’esercizio del diritto-dovere dei genitori di adottare le condotte idonee a proteggere la salute dei figli (artt. 30 e 31 Cost.), garantendo però che tale libertà non determini scelte potenzialmente pregiudizievoli per la salute del minore (sul punto, ad esempio, ordinanza n. 262 del 2004)”; ha soggiunto che “il contemperamento di questi molteplici principi lascia spazio alla discrezionalità del legislatore nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace (…). Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte (sentenza n. 268 del 2017), e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia (così, la giurisprudenza costante di questa Corte sin dalla fondamentale sentenza n. 282 del 2002)” (cfr. sentenza 18 gennaio 2018, n. 5).
Non meno dirimenti sono le statuizioni del Giudice delle Leggi secondo cui “in tema di trattamenti vaccinali, la tecnica dell’obbligatorietà (prescritta per legge o per ordinanza di un’autorità sanitaria, come si esprime la disposizione censurata) e quella della raccomandazione (nelle forme di cui si darà esplicito conto più avanti) possono essere sia il frutto di concezioni parzialmente diverse del rapporto tra individuo e autorità sanitarie pubbliche, sia il risultato di diverse condizioni sanitarie della popolazione di riferimento, opportunamente accertate dalle autorità preposte”; ha osservato, in particolare, che “nel primo caso, la libera determinazione individuale viene diminuita attraverso la previsione di un obbligo, assistito da una sanzione. Tale soluzione – rimessa alla decisione delle autorità sanitarie pubbliche, fondata su obiettive e riconosciute esigenze di profilassi – non è incompatibile con l’art. 32 Cost. se il trattamento obbligatorio sia diretto non solo a migliorare o preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche quello degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione dell’autodeterminazione del singolo (sentenze n. 107 del 2012, n. 226 del 2000, n. 118 del 1996, n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990)”; mentre, “nel secondo caso, anziché all’obbligo, le autorità sanitarie preferiscono fare appello all’adesione degli individui a un programma di politica sanitaria. La tecnica della raccomandazione esprime maggiore attenzione all’autodeterminazione individuale (o, nel caso di minori, alla responsabilità dei genitori) e, quindi, al profilo soggettivo del diritto fondamentale alla salute, tutelato dal primo comma dell’art. 32 Cost., ma è pur sempre indirizzata allo scopo di ottenere la migliore salvaguardia della salute come interesse (anche) collettivo”; la Corte ha, però, evidenziato che “ferma la differente impostazione delle due tecniche ora in discussione, quel che tuttavia rileva, per la decisione delle questioni di legittimità costituzionale in esame, è l’obiettivo essenziale che entrambe perseguono nella profilassi delle malattie infettive: ossia il comune scopo di garantire e tutelare la salute (anche) collettiva attraverso il raggiungimento della massima copertura vaccinale” (cfr. 14 dicembre 2017, n. 268).
In conclusione, il ricorso va respinto.
Non si fa luogo alla pronuncia sulle spese in ragione della mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Angelo Fanizza, Presidente FF, Estensore
Katiuscia Papi, Primo Referendario
Giuseppe Licheri, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Angelo Fanizza
IL SEGRETARIO
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