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18 luglio 2025

Cassazione 2025 - pronuncia della Cassazione n. 15895/2025 in materia di pensione di reversibilità e trattamento minimo

 

Cassazione 2025 - pronuncia della Cassazione n. 15895/2025 in materia di pensione di reversibilità e trattamento minimo

1. **Contesto normativo e fattuale**  
La sentenza in esame affronta un caso relativo alla pensione di reversibilità concessa a un'erede di un pensionato deceduto, il quale aveva maturato il diritto attraverso periodi lavorativi prestati in diversi Stati membri della Comunità Europea. In tale contesto, si discute sulla spettanza delle quote aggiuntive previste dall’art. 10, co. 3, della legge n. 160/1975, che disciplina gli aumenti in cifra fissa per le pensioni superiori al trattamento minimo.

2. **Principio generale sulla totalizzazione e quote aggiuntive**  
La Corte evidenzia che, in presenza di pensioni liquidate con modalità di totalizzazione dei periodi lavorativi esteri, le quote aggiuntive in questione spettano solo se il pro-rata italiano, ossia la quota attribuibile sulla base delle contribuzioni maturate in Italia, sia superiore al trattamento minimo. Questo rappresenta un limite importante, perché la totalizzazione internazionale può portare a pensioni di importo variabile, e le maggiorazioni sono condizionate a questa soglia minima.

3. **Sentenza della Corte d’Appello di Lecce e successiva cassazione**  
La Corte d’Appello di Lecce aveva accolto la richiesta dell’erede, ritenendo che la pensione di reversibilità avrebbe dovuto beneficiare delle agevolazioni previste dall’art. 1 della legge n. 59/1991, che riconosce benefici alle vedove con pensioni di reversibilità.

La Cassazione, però, ha cassato questa decisione, pronunciandosi sulla base dell’applicazione delle norme specifiche in materia di quote aggiuntive e trattamento minimo. In particolare, ha sottolineato come la normativa vigente (art. 10, co. 3, legge n. 160/1975, e art. 5, legge n. 140/1985) limita l’attribuzione delle maggiorazioni alle pensioni di importo superiore al trattamento minimo e con pro-rata italiano superiore a tale soglia.

4. **Significato della pronuncia**  
La pronuncia chiarisce che, nel caso di pensioni di reversibilità frutto di totalizzazione internazionale, le quote aggiuntive sono riconosciute soltanto se il pro-rata italiano supera il trattamento minimo. Se la quota calcolata in Italia, in proporzione ai periodi contributivi, è inferiore al trattamento minimo, l’interessato non ha diritto alle maggiorazioni in cifra fissa previste dalla legge.

5. **Rilevanza della distinzione tra regime di perequazione e quote aggiuntive**  
La sentenza evidenzia che il regime di perequazione automatica, previsto dall’art. 14 del D.L. n. 663/1979, si applica in modo diverso rispetto alle quote aggiuntive di cui all’art. 10, co. 3, legge n. 160/1975. Mentre la perequazione può essere riconosciuta anche a pensioni inferiori al trattamento minimo, le maggiorazioni di cifra fissa sono subordinate a questa soglia.

6. **Implicazioni pratiche**  
Questo principio ha un impatto diretto sui beneficiari di pensioni di reversibilità maturate attraverso totalizzazioni internazionali, in quanto limita l’accesso alle quote aggiuntive alle sole pensioni di importo superiore al minimo italiano, determinato in proporzione ai periodi contributivi maturati in Italia. Ciò può comportare una riduzione degli importi complessivi riconosciuti rispetto a quanto previsto in alcune interpretazioni più ampie o in applicazioni precedenti.

**In conclusione**, la decisione della Cassazione chiarisce un aspetto fondamentale del diritto pensionistico internazionale e nazionale, rafforzando il principio che le quote aggiuntive, per essere riconosciute, devono rispettare la condizione del superamento del trattamento minimo calcolato sul pro-rata italiano, anche nel contesto di totalizzazioni transfrontaliere.





CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 13 giugno 2025, n. 15895
INPS – Pensione di reversibilità – Pro-rata – Trattamento minimo – Benefici – Totalizzazione periodi lavorativi – Incrementi in quota fissa – Accoglimento
Rilevato che
INPS impugna la sentenza n. 1197/2018 della Corte d’appello di Lecce che ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva accolto il ricorso di OMISSIS che, nella doppia qualità di erede del marito OMISSISe di titolare di pensione di reversibilità a seguito del decesso dello stesso (pensione che, al pari di quella diretta, era liquidata in regime di pro rata internazionale), aveva chiesto accertarsi il diritto all’applicazione, sulla pensione diretta del marito, dei benefici di cui all’art. 1 della legge n. 59/1991 con decorrenza dal 1 gennaio 1990 e sino al decesso del coniuge ed alla consequenziale ricostituzione del trattamento di reversibilità.
L’Istituto propone un unico motivo, illustrato da memoria.
OMISSIS è rimasta intimata.
Chiamata la causa all’adunanza camerale dell’11 aprile 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
Considerato che
INPS propone un unico motivo di censura, per violazione dell’art. 1 del d.l. n. 409/1990, convertito nella legge n. 59/1991, in forza del quale, “con effetto dal 1 gennaio 1990 i trattamenti pensionistici di importo superiore ai trattamenti minimi ed i relativi supplementi di pensione a carico del Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti, della gestione speciale per i lavoratori delle miniere, cave e torbiere e del soppresso Fondo invalidità, vecchiaia e superstiti per gli operai delle miniere di zolfo della Sicilia, nonché i trattamenti pensionistici gestiti dall’Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS), sono riliquidati secondo le disposizioni del presente articolo”.
Ad avviso della Corte, nel valutare se la pensione fosse o meno superiore al minimo, occorre avere riguardo alla somma dei due pro-rata, italiano ed estero; secondo INPS, viceversa, deve essere preso in esame il solo pro rata italiano a carico del FPLD.
Il ricorso è fondato.
Può essere applicato al caso che ci occupa il principio efficacemente espresso da questa Corte in merito alla violazione dell’art. 10, terzo comma, della legge n. 160/1975 che, con una disciplina analoga a quella oggi in discussione, stabilisce “a decorrere dal 1 gennaio 1976 e con effetto dal 1 gennaio di ciascun anno gli importi delle pensioni, superiori ai trattamenti minimi, a carico del fondo pensioni dei lavoratori dipendenti, della gestione e del fondo di cui all’articolo 1 sono aumentati in misura percentuale pari alla differenza tra la variazione percentuale di cui al primo comma del precedente articolo 9 e la variazione percentuale dell’indice del costo della vita calcolato dall’Istituto ….
Con la stessa decorrenza gli importi delle pensioni di cui al primo comma sono inoltre aumentati di una quota aggiuntiva”.
Valga, ex multis, quanto affermato da Cass. n.35315/2023, secondo cui, nel caso allora in esame, i Giudici territoriali, nel valutare la fondatezza del diritto di beneficiare degli incrementi in quota fissa, subordinati all’erogazione di un trattamento pensionistico di ammontare superiore all’importo del trattamento minimo, avevano erroneamente sommato il pro rata a carico dell’INPS ed il pro rata a carico dell’istituzione estera: «si devono ribadire, a tale riguardo, i principi di diritto, …, in linea con la giurisprudenza consolidata di questa Corte.
Ove la pensione di reversibilità sia stata conseguita con la totalizzazione dei periodi lavorativi prestati presso diversi Stati membri della Comunità Europea, le quote aggiuntive previste dall’art. 10, terzo comma, della legge 3 giugno 1975, n. 160, spettano solo se il pro rata italiano, l’unico dato dirimente, sia superiore al trattamento minimo (Cass., sez. VI-L, 6 agosto 2013, n. 18744).
Non riveste alcun rilievo la sommatoria del pro rata italiano e di quello estero.
Da tale orientamento, confermato anche dalle successive pronunce di questa Corte (Cass., sez. VI-L, 25 settembre 2018, n. 22738, e, di recente, Cass., sez. lav., 10 ottobre 2022, n. 29377, 7 ottobre 2022, n. 29200, 20 aprile 2022, n. 12630, e 9 luglio 2020, n. 14642, e Cass., sez. VI-L, 19 gennaio 2021, n. 802), non vi sono ragioni per discostarsi».
Cass. n. 29200/2022 è giunta alle medesime conclusioni con riferimento all’art. 5 della legge n. 140/1985, in forza del quale “con effetto dal 1 gennaio 1985, le pensioni di importo superiore al trattamento minimo a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e della gestione speciale dei lavoratori delle miniere, cave e torbiere, aventi decorrenza anteriore al 1 luglio 1982, sono aumentate nelle seguenti misure”: «questa Corte ha avuto modo di chiarire che, ove la pensione sia stata conseguita con la totalizzazione dei periodi lavorativi prestati presso diversi Stati membri della Comunità Europea, le quote aggiuntive previste dall’art. 10, comma 3, l. n. 160/1975, spettano solo se il pro rata italiano sia superiore al trattamento minimo, senza che rilevi il diverso regime previsto per la perequazione automatica di cui al primo comma della medesima norma, il cui riconoscimento alle pensioni inferiori al trattamento minimo è stato esteso dal 3 successivo art. 14, d.l. n. 663/1979, conv. con l. n. 33/1980 (Cass. n. 18744 del 2013); che tale orientamento – manifestato nel solco di Cass. n. 25881 del 2008 e ribadito da Cass. n. 7308 del 2016 nel consapevole superamento del diverso principio affermato da Cass. n. 16620 del 2012 – induce a ritenere la fondatezza della censura proposta dall’INPS, in considerazione dell’evidente eadem ratio sottesa alla previsione dell’art. 10, comma 3 , l. n. 160/1975 (secondo il quale, per quanto qui rileva, gli aumenti in cifra fissa sono corrisposti sulle “pensioni, superiori ai trattamenti minimi, a carico del fondo pensioni lavoratori dipendenti”), e a quella dell’art. 5, l. n. 140/1985 (che individua, quali beneficiarie degli aumenti, “le pensioni di importo superiore al trattamento minimo a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti”)».
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originaria domanda.
Le spese dell’intero processo vengono compensate stante la sopravvenienza delle pronunce citate rispetto al giudizio definito dalla sentenza impugnata.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda.
Compensa le spese dell’intero processo.

 

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