Cass. Civ., Sez. Lav., 31 luglio 2025, n. 22051
Malattia professionale aggravata – Metodo a scalare – Riliquidazione della rendita INAIL – Violazione del giudicato – Accoglimento del ricorso
1. Premessa
La pronuncia in esame affronta un tema di particolare rilevanza in materia di tutela previdenziale del lavoratore, con riferimento al diritto alla riliquidazione della rendita INAIL in caso di aggravamento della malattia professionale. La Corte di Cassazione interviene per correggere un’errata applicazione del metodo a scalare da parte della Corte d’Appello, riaffermando il principio secondo cui l’aggravamento accertato deve tradursi in un incremento del grado di menomazione e, conseguentemente, della prestazione economica.
2. Il fatto
Il lavoratore ricorrente era titolare di una rendita INAIL per malattia professionale, riconosciuta con un grado di menomazione del 65%, derivante dalla combinazione di due patologie: una cardiopatia (50%) e un’affezione vescicale (15%). In seguito, il carcinoma vescicale si è aggravato, portando la relativa invalidità al 30%. Il lavoratore ha quindi richiesto la riliquidazione della rendita, ma la Corte d’Appello di Catanzaro ha respinto la domanda, sostenendo che l’aggravamento non modificava il grado complessivo di menomazione, già fissato al 65%.
3. La decisione della Corte d’Appello
La Corte territoriale ha fondato il proprio rigetto sull’applicazione del metodo a scalare, secondo cui le invalidità derivanti da patologie diverse non si sommano aritmeticamente. In tale prospettiva, l’aggravamento di una singola patologia non comporterebbe necessariamente un aumento della rendita, qualora il grado complessivo resti invariato. Tale interpretazione, tuttavia, si è rivelata riduttiva e non conforme ai principi consolidati in materia.
4. Le censure della Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore, rilevando plurimi profili di illegittimità nella decisione impugnata:
- Violazione del giudicato: L’aggravamento accertato costituisce un fatto nuovo e rilevante, che incide sulla condizione sanitaria dell’assicurato. Ignorarlo equivale a negare l’efficacia del giudicato precedente.
- Errata applicazione del metodo a scalare: La Corte d’Appello ha applicato in modo meccanico e non conforme il criterio riduzionistico, omettendo di considerare l’effettivo incremento della menomazione.
- Necessità di riliquidazione: L’aggravamento comporta un aumento del grado di invalidità (dal 65% al 70%), che deve riflettersi nella rendita INAIL, in ossequio al principio di adeguatezza della tutela.
5. Considerazioni sistematiche
La sentenza si inserisce nel solco di una giurisprudenza attenta alla tutela sostanziale del lavoratore, riaffermando il principio secondo cui l’aggravamento di una patologia già indennizzata deve essere valutato in modo da riflettere l’effettivo aumento della menomazione. Il metodo a scalare, pur essendo uno strumento tecnico utile a evitare duplicazioni, non può essere utilizzato per negare l’evoluzione della malattia.
6. Conclusioni
La pronuncia in commento rappresenta un importante chiarimento interpretativo, che rafforza il diritto alla riliquidazione della rendita in caso di aggravamento e impone ai giudici di merito una valutazione più rigorosa e aderente alla realtà clinica del lavoratore. In tal modo, la Cassazione contribuisce a garantire una tutela previdenziale effettiva e conforme ai principi costituzionali di solidarietà e dignità del lavoro.
Cassazione Civile, Sez. Lav., 31 luglio 2025, n. 22051
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia - Presidente
Dott. SPENA Francesca - Consigliera
Dott. MARCHESE Gabriella - Rel. Consigliera
Dott. CAVALLARO Luigi - Consigliere
Dott. SOLAINI OMISSIS - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 5481-2019 proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS OMISSIS, OMISSIS OMISSIS;
- ricorrente -
contro
I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1059/2018 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 06/08/2018 R.G.N. 1481/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2025 dalla Consigliera Dott. GABRIELLA MARCHESE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STEFANO VISONA', che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'avvocato OMISSIS.
Fatto
1. La Corte di appello di Catanzaro, in accoglimento dell'appello dell'INAIL, ha respinto la domanda di OMISSIS volta ad ottenere la riliquidazione della rendita in godimento per intervenuto aggravamento.
A fondamento della decisione, la Corte di appello ha premesso che, con sentenza passata in cosa giudicata, veniva riconosciuta all'assicurato una rendita per malattia professionale, in ragione di un grado di menomazione del 65%, ottenuta per sommatoria di due distinte patologie, una di origine cardiaca (per la quale era attribuita una invalidità al 50%) e l'altra per un'affezione alla vescica (per la quale era attribuito il 15%).
A seguito di accertato aggravamento, il grado di menomazione per il carcinoma vescicale raggiungeva il 30%. Tuttavia, per la Corte territoriale, la rendita restava invariata. In applicazione, infatti, della formula a scalare, per lesioni che riguardavano organi diversi, si otteneva un grado (di menomazione dell'integrità psicofisica) sempre pari al 65%, senza alcuna variazione del beneficio già in godimento.
2. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza l'assicurato con due motivi di ricorso. Ha resistito l'INAIL, con controricorso, successivamente illustrato con memoria.
3. La causa, già fissata per l'adunanza camerale dell'11 dicembre 2024, è stata rinviata all'odierna udienza pubblica. Il PG ha depositato conclusioni scritte.
Diritto
4. Con il primo motivo è dedotta la nullità della sentenza per avere la Corte di appello disatteso gli accertamenti in punto di fatto contenuti in altra precedente sentenza, passata in giudicato.
Il ricorrente deduce l'erroneità del ragionamento decisorio che, nella sostanza, nega l'esistenza di un aggravamento della malattia professionale e, in tal modo, viola il giudicato.
Secondo la parte ricorrente, la Corte territoriale, ferma la quantificazione al 65%, avrebbe dovuto, su tale invalidità definitivamente cristallizzata, valutare l'aggravamento, se del caso, applicando il metodo riduzionistico a scalare. In altre parole, avrebbe dovuto effettuare una quantificazione, quanto meno, del 70% (così ottenuta: 65% di invalidità pregressa e 15% di aggravamento).
5. Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Come, in sintesi, riportato nello storico di lite, OMISSIS ha ottenuto, con sentenza passata in cosa giudicata, l'accertamento di un grado di menomazione del 65% e una rendita corrispondente all'indicata lesione.
Nel presente giudizio, è accertato un aggravamento del quadro sanitario e, tuttavia, la percentuale dei postumi è rimasta invariata.
Il decisum, alla stregua dei riportati passaggi, incorre nell'errore denunciato.
6. Questa Corte, sia pure occupandosi della materia della invalidità pensionabile, ha sempre osservato come l'accertamento contenuto nella sentenza, passata in giudicato, con la quale sia accolta la domanda di pensione dell'assicurato, si estende all'esistenza di tutti gli elementi voluti dalla legge per la configurazione del diritto, compreso, oltre al requisito assicurativo e a quello contributivo, lo stato invalidante (Cass., S.U., nr. 383 del 1999 e successive conformi) sicché la portata vincolante della decisione, riguardo a tali elementi, continua ad esplicare i suoi effetti sul relativo rapporto di durata a situazione normativa e fattuale immutata.
Ne consegue, per quanto qui più rileva, che la situazione sanitaria già accertata nel precedente giudizio non può formare oggetto di una valutazione diversa e, ove occorra verificare se vi sia stata un'evoluzione in senso peggiorativo dello stato di salute, il raffronto va eseguito tra la situazione esistente all'epoca del precedente accertamento giudiziale e quella ricorrente al momento della nuova valutazione.
In altre parole, la condizione di salute e il suo riflesso invalidante si pongono come situazione di fatto che, suscettibile di passare in cosa giudicata, è destinata a proiettare i suoi effetti, nel rapporto tra le parti, in un ambito che trascende quello proprio della controversia in cui è stata accettata.
7. Sulla base di tale premessa teorica, valida anche in relazione all'oggetto di causa, va allora osservato come la domanda di aggravamento dei postumi di malattia professionale, ex art. 83 del D.P.R. nr. 1124 del 1965, determinata da uno o più eventi lesivi già indennizzati in rendita o in capitale, per effetto di sentenza passata in giudicato, debba valutarsi comparando la nuova lesione dell'integrità psico-fisica con quella esistente al momento del precedente accertamento giudiziale; con l'ulteriore conseguenza che il grado di menomazione attribuito alla condizione patologica preesistente, non più scindibile in singole lesioni, costituisce il dato di partenza per stabilire la nuova percentuale invalidante, in caso di modifica, in senso peggiorativo, dello stato di salute dell'assicurato.
8. A tale principio non si è, invece, attenuta la Corte di appello. I giudici territoriali, infatti, pur accertando che il quadro sanitario si era evoluto, in peius, hanno mantenuto inalterata la percentuale del 65% che, invece, era riferibile alla precedente -e meno grave- condizione morbosa.
9. Il primo motivo va, pertanto, accolto mentre va rigettato il secondo con cui è messa in discussione, più in generale, l'applicazione della formula a scalare.
La Corte di appello ha ritenuto di dover applicare il metodo riduzionistico o scalare o formula di Balthazard, ai sensi della normativa vigente, come indicato dall'Istituto.
Il ricorso al metodo riduzionistico è, astrattamente, corretto.
Ai fini della determinazione del grado di menomazione dell'integrità psico-fisica, occorre che il giudice di merito si attenga alle indicazioni della fonte regolamentare di cui al DM del luglio 2000 (Cass. nr. 181 del 2022), applicabile, ratione temporis, anche alla fattispecie concreta.
Ciò posto, l'art. 13, comma 5, D.Lgs. nr. 38 del 2000 stabilisce che, ai fini della liquidazione della rendita, deve tenersi conto della "valutazione complessiva dei postumi".
In base alla indicata previsione, l'indennizzo non va, dunque, calcolato in ragione della somma aritmetica delle percentuali di menomazione attribuite alle singole lesioni ma con un sistema che valorizzi la concreta compromissione dello stato di salute, da un punto di vista biologico-funzionale. A tale finalità risponde la "formula proporzionalistica a scalare" di Balthazard, peraltro già ritenuta plausibile dalla Corte (Cass. nr. 264 del 1995) in relazione alla previgente previsione dell'art. 78, comma quarto, del D.P.R. n. 1124 del 1965, sulla base di argomentazioni che -sia pure riferite all'incidenza delle patologie sull'attitudine al lavoro- restano coerenti anche in relazione all'impianto normativo di cui al D.Lgs. nr. 38 cit.
9. Conclusivamente, va accolto il primo motivo, rigettato il secondo.
La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Catanzaro che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame della fattispecie, facendo applicazione del principio di cui al punto 7. che precede.
Al Giudice del rinvio è rimessa altresì la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell'art. 52, comma 2, del D.Lgs. n. 196 del 2003, in caso di diffusione del presente provvedimento, si dispone che si omettano le generalità e gli altri dati identificativi della parte ricorrente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, rigettato il secondo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell'art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 aprile 2025.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2025.
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