In particolare, la norma prevede che al personale trasferito d’autorità in altra sede di servizio, diversa da quella di provenienza, spetti un’indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi e ridotta del 30% per i successivi dodici mesi. Tale disposizione mira a riconoscere le maggiori difficoltà e oneri derivanti dal trasferimento, incentivando e compensando adeguatamente il personale coinvolto.
2. La questione controversa
Il caso oggetto di giudizio riguarda la spettanza di tale indennità al personale trasferito in comuni limitrofi, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione di reparti o articolazioni. La normativa, al comma 1-bis, esclude espressamente tale diritto per il personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche in presenza di una distanza superiore a dieci chilometri.
Il punto centrale della controversia riguarda, quindi, l’interpretazione dell’ambito di applicazione di questa esclusione e se essa possa essere estesa anche ai trasferimenti in comuni limitrofi, anche di notevole distanza, in presenza di fatti specifici come la dislocazione o la soppressione di reparti.
3. La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, ha accolto l’appello e, di conseguenza, ha riformato la sentenza di primo grado, riconoscendo il diritto del ricorrente all’indennità di trasferimento.
In motivazione, la Corte ha ritenuto che l’esclusione prevista dall’art. 1-bis della legge n. 86/2001 sia limitata alle ipotesi di trasferimento ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante più di dieci chilometri, solo in assenza di circostanze che giustifichino un trattamento differenziato. La norma, infatti, mira a distinguere tra trasferimenti “ordinari” e quelli derivanti da esigenze di riorganizzazione o soppressione di reparti, che comportano maggiori oneri e disagio per il personale.
Pertanto, nel caso specifico, l’applicante vantava un trasferimento che, pur avvenendo in comune limitrofo, era riconducibile a esigenze di riorganizzazione e dislocazione di reparti, e quindi, ai fini della normativa in questione, non poteva essere escluso dal diritto all’indennità.
4. Implicazioni della pronuncia
La decisione del Consiglio di Stato chiarisce che l’esclusione prevista dalla legge n. 86/2001 non può essere interpretata in modo assoluto e automatico, ma deve essere ricostruita in relazione alle specifiche circostanze del trasferimento. In particolare, si sottolinea che le esigenze di riorganizzazione, dislocazione o soppressione di reparti costituiscono elementi che legittimano la concessione dell’indennità anche in ipotesi di trasferimenti in comuni limitrofi, anche di notevole distanza.
La sentenza rafforza, quindi, la tutela del personale coinvolto in processi di riorganizzazione, riconoscendo che le norme devono essere interpretate alla luce delle finalità di tutela e di equità, piuttosto che in modo meramente formale.
5. Condanna alle spese
Il Consiglio di Stato ha condannato il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, consolidando il principio secondo cui le autorità pubbliche devono sostenere i costi derivanti dall’interpretazione corretta delle norme e dall’applicazione della giustizia amministrativa.
6. Conclusioni
La sentenza rappresenta un importante precedente interpretativo, che amplia la tutela del personale delle forze di polizia e delle amministrazioni pubbliche nelle ipotesi di trasferimenti conseguenti a esigenze di riorganizzazione, dislocazione o soppressione di reparti. La decisione sottolinea la necessità di un’interpretazione flessibile e funzionale delle norme, al fine di garantire un’applicazione equa e coerente dei diritti del personale coinvolto.
In definitiva, si evidenzia come il diritto all’indennità di trasferimento possa essere riconosciuto anche in ipotesi di trasferimenti in comuni limitrofi di notevole distanza, quando il trasferimento deriva da esigenze organizzative e di riorganizzazione, e non può essere escluso sulla base di un’interpretazione meramente letterale della normativa.
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