Responsabilità solidale del consigliere di amministrazione per i debiti IVA della società, alla luce della recente sentenza C-278/24 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, evidenzia alcuni aspetti fondamentali di grande rilevanza giuridica e pratica.
**1. Contesto della sentenza e sua portata**
La sentenza depositata il 30 aprile 2025 rappresenta un importante pronunciamento in ambito di diritto tributario e societario europeo. La Corte ha confermato la legittimità di una normativa nazionale che prevede la responsabilità solidale del membro del Consiglio di Amministrazione, anche se cessato, per i debiti IVA maturati durante il periodo del suo mandato. Questa decisione rafforza l’orientamento giurisprudenziale circa la possibilità di attribuire responsabilità anche successivamente alla fine dell’incarico, purché i debiti siano riferibili al periodo di gestione del soggetto.
**2. Fondamenti normativi e principi applicati**
L’interpretazione si basa sull’art. 273 della Direttiva 2006/112/CE (sistema comune dell’IVA), che disciplina il recupero dell’IVA e le responsabilità connesse, e sull’art. 325 TFUE, che promuove la lotta contro le frodi e le evasioni fiscali. La Corte ha infatti valutato che tali norme, combinate con i principi generali del diritto europeo quali parità di trattamento, proporzionalità e certezza del diritto, consentono la responsabilità solidale del consigliere.
**3. Implicazioni pratiche e giuridiche**
- **Legittimità europea**: La sentenza conferma che le norme nazionali che prevedono questa responsabilità sono compatibili con il diritto dell’UE, garantendo quindi un’interpretazione uniforme e coerente delle norme fiscali e societarie europee.
- **Responsabilità anche del consigliere cessato**: Questo aspetto rafforza la tutela del fisco e degli interessi pubblici, poiché permette all’amministrazione finanziaria di agire contro soggetti che, pur avendo cessato l’incarico, sono stati responsabili di irregolarità durante il loro mandato.
- **Condizioni di applicabilità**: La responsabilità si configura “a determinate condizioni”, che tipicamente riguardano la prova della violazione, il periodo di gestione e la relazione tra il consigliere e i debiti fiscali.
**4. Impatto sul diritto interno e sulla prassi aziendale**
Le aziende e i membri del consiglio devono essere consapevoli di questa responsabilità, anche successiva alla cessazione del mandato, adottando misure di controllo e di tutela adeguate. Dalla parte delle autorità fiscali, si apre la possibilità di agire più efficacemente contro figure di vertice, rafforzando l’efficacia delle procedure di recupero crediti fiscali.
**Conclusione**
La sentenza C-278/24 rappresenta un importante passo avanti nel rafforzamento della responsabilità dei soggetti coinvolti nella gestione aziendale in relazione agli obblighi fiscali. La conferma della compatibilità con il diritto europeo assicura un quadro giuridico stabile e coerente, contribuendo a una maggiore tutela dell’Erario e a una più efficace lotta alle frodi fiscali nel contesto europeo.
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)
30 aprile 2025 (*)
« Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CEE – Articolo 273 – Misure dirette ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA – Debito IVA di un soggetto passivo – Normativa nazionale che prevede la responsabilità solidale dell’ex presidente del consiglio di amministrazione del soggetto passivo – Esonero dalla responsabilità solidale – Assenza di colpa – Istanza di fallimento – Esistenza di un solo creditore – Proporzionalità – Parità di trattamento – Diritto di proprietà – Certezza del diritto »
Nella causa C‑278/24 [Genzyński] (i),
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Wojewódzki Sąd Administracyjny we Wrocławiu (Tribunale amministrativo del voivodato di Breslavia, Polonia), con decisione del 31 gennaio 2024, pervenuta in cancelleria il 22 aprile 2024, nel procedimento
P. K.
contro
Dyrektor Izby Administracji Skarbowej we Wrocławiu,
LA CORTE (Nona Sezione),
composta da N. Jääskinen, presidente di sezione, A. Arabadjiev e R. Frendo (relatrice), giudici,
avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per il Dyrektor Izby Administracji Skarbowej we Wrocławiu, da E. Chojnacki e B. Rogowska-Rajda;
– per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da M. Herold e B. Sasinowska, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 193, 205 e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva (UE) 2018/1695 del Consiglio, del 6 novembre 2018 (GU 2018, L 282, pag. 5, e rettifica in GU 2018, L 329, pag. 53) (in prosieguo: la «direttiva IVA»), in combinato disposto con l’articolo 2 TUE, l’articolo 325 TFUE, gli articoli 17, 20, 21, 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché con i principi di proporzionalità, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra P. K. e il Dyrektor Izby Administracji Skarbowej we Wrocławiu (direttore della camera dell’amministrazione tributaria di Breslavia, Polonia) riguardante il sorgere della responsabilità solidale di P. K. per il debito d’imposta sul valore aggiunto (IVA) di una società di cui quest’ultimo aveva presieduto il consiglio di amministrazione.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 L’articolo 193 della direttiva IVA così prevede:
«L’IVA è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, eccetto che nei casi in cui l’imposta è dovuta da una persona diversa in virtù degli articoli da 194 a 199 ter e 202».
4 L’articolo 205 di tale direttiva enuncia quanto segue:
«Nelle situazioni di cui agli articoli da 193 a 200 e agli articoli 202, 203 e 204, gli Stati membri possono stabilire che una persona diversa dal debitore dell’imposta sia responsabile in solido per l’assolvimento dell’IVA».
5 L’articolo 273, primo comma, della suddetta direttiva è così formulato:
«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».
Diritto polacco
Codice tributario
6 La ustawa – Ordynacja podatkowa (legge recante il codice tributario), del 29 agosto 1997, nella sua versione applicabile ai fatti del procedimento principale (Dz. U. del 2023, posizione 2383) (in prosieguo: il «codice tributario»), all’articolo 107, così dispone:
«1. Nei casi e nella misura previsti dal presente capo, i terzi sono anch’essi responsabili in solido con il soggetto passivo, con tutto il loro patrimonio, degli arretrati d’imposta di quest’ultimo.
(...)
2. Fatte salve disposizioni contrarie, i terzi sono altresì responsabili:
(...)
2) degli interessi di mora sugli arretrati di imposta;
(...)».
7 L’articolo 108 del codice tributario, al paragrafo 1, prevede quanto segue:
«L’amministrazione tributaria statuisce con decisione sulla responsabilità fiscale dei terzi».
8 Ai sensi dell’articolo 116 di tale codice:
«1. I membri del consiglio di amministrazione di una società a responsabilità limitata, di una società a responsabilità limitata in formazione, di una società per azioni semplificata, di una società per azioni semplificata in formazione, di una società per azioni o di una società per azioni in formazione sono responsabili in solido con tutto il loro patrimonio degli arretrati d’imposta di dette società, se l’esecuzione forzata sul patrimonio della società si è rivelata totalmente o parzialmente infruttuosa e il membro del consiglio di amministrazione:
1) non ha dimostrato che:
a) è stata presentata tempestivamente un’istanza di fallimento o è stata emessa allo stesso tempo una decisione di avvio di un procedimento di ristrutturazione o di approvazione del concordato (...), o
b) il mancato deposito dell’istanza di fallimento non è dovuto a sua colpa; o
2) non ha identificato su quali beni della società l’esecuzione forzata consentirebbe di garantire in gran parte gli arretrati d’imposta della società.
(...)
2. La responsabilità dei membri del consiglio di amministrazione si estende agli arretrati d’imposta per i debiti scaduti durante l’esercizio delle loro funzioni e agli arretrati (...) sorti durante l’esercizio di tali funzioni.
(...)
4) Le disposizioni dei paragrafi da 1 a 3 si applicano anche all’ex membro del consiglio di amministrazione e all’ex rappresentante o socio della società in formazione.
(...)».
Legge fallimentare
9 La ustawa – Prawo upadłościowe (legge in materia di diritto fallimentare), del 28 febbraio 2003, nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (Dz. U. del 2024, posizione 794) (in prosieguo: la «legge fallimentare»), all’articolo 1, così dispone:
«1. La legge disciplina:
1) i principi di esecuzione collettiva dei crediti di imprese debitrici insolventi.
(...)».
10 L’articolo 11 di tale legge così dispone:
«1. Il debitore è insolvente quando non è più in grado di far fronte alle proprie obbligazioni finanziarie.
1 bis Si presume che il debitore non è più in grado di far fronte alle proprie obbligazioni finanziarie quando il ritardo nell’esecuzione delle obbligazioni finanziarie supera tre mesi.
(...)».
11 L’articolo 20 di tale legge enuncia quanto segue:
«1. Un’istanza di fallimento può essere depositata dal debitore o da uno dei suoi creditori.
(...)».
12 Ai sensi dell’articolo 21 della medesima legge:
«1. Il debitore è tenuto a depositare un’istanza di fallimento presso il tribunale entro 30 giorni dalla data in cui si sono prodotti i motivi del fallimento.
(...)».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
13 P. K. è stato presidente del consiglio di amministrazione della società E. sp. z o.o. dal gennaio 2014 al settembre 2017.
14 Poiché tale società non ha versato gli importi dovuti a titolo di IVA per il periodo che va da maggio ad agosto 2017, tali importi sono diventati arretrati d’imposta.
15 Il Naczelnik Dolnośląskiego Urzędu Skarbowego we Wrocławiu (capo dell’Ufficio tributi della Bassa Slesia a Breslavia, Polonia) (in prosieguo: il «NDUS») ha emesso titoli esecutivi nei confronti della società E. e adottato alcune misure di esecuzione. Avendo constatato che gli attivi di tale società non consentivano di liquidare l’integralità degli arretrati d’imposta, il NDUS ha estinto tale procedimento esecutivo.
16 Sulla base dell’articolo 107, paragrafo 1 e paragrafo 2, punto 2, nonché dell’articolo 108, paragrafo 1, del codice tributario, in combinato disposto con l’articolo 116 dello stesso, il NDUS ha avviato un procedimento volto ad accertare la responsabilità solidale di P. K. per gli arretrati d’imposta della società E.
17 Con decisione del 15 giugno 2022 il NDUS ha riconosciuto P. K. responsabile in solido per tali arretrati.
18 Poiché P. K. ha contestato la decisione menzionata al punto precedente dinanzi al direttore della camera dell’amministrazione tributaria di Breslavia, quest’ultimo ne ha confermato la fondatezza con decisione del 18 ottobre 2022.
19 P. K. ha chiesto l’annullamento di tale decisione al Wojewódzki Sąd Administracyjny we Wrocławiu (Tribunale amministrativo del voivodato di Breslavia, Polonia), che è il giudice del rinvio.
20 A tal fine, P. K. ha dedotto la violazione dell’articolo 11, dell’articolo 20, paragrafo 1 e dell’articolo 21, paragrafo 1, della legge fallimentare nonché dell’articolo 116, paragrafo 1, punto 1, del codice tributario.
21 P. K. ha fatto valere, da un lato, che durante il periodo durante il quale ha esercitato le sue funzioni di presidente del consiglio di amministrazione della società E., non sussisteva alcuna ragione di fatto o di diritto per presentare un’istanza di fallimento di tale società, richiesta ai fini dell’applicazione dell’articolo 116, paragrafo 1, punto 1, del codice tributario. Il deposito di una tale istanza sarebbe stato, quindi, prematuro e ingiustificato. L’amministrazione tributaria polacca avrebbe fatto sorgere la sua responsabilità per i debiti tributari della società E. fondandosi solamente sulla presunzione secondo cui, poiché l’obbligazione tributaria di tale società era sorta durante il periodo summenzionato, egli era, in linea di principio, responsabile di tale debito. Orbene, il fatto che un debito sorga in un momento determinato, non implicherebbe, di per sé, che l’insolvenza del debitore si sia verificata nel medesimo momento.
22 Dall’altro lato, P. K. ha sostenuto che, secondo le pertinenti disposizioni della legge fallimentare, come interpretate dalla giurisprudenza e dalla dottrina nazionali, un procedimento di insolvenza può essere avviato solo in caso in cui il debitore interessato non adempia i propri obblighi nei confronti di almeno due creditori. Una domanda diretta ad avviare un tale procedimento qualora esista un solo creditore, benché formalmente possibile, non produrrebbe effetti giuridici.
23 Il giudice del rinvio indica che, nell’ordinamento giuridico polacco, la questione della responsabilità solidale del terzo, come un membro o ex membro del consiglio di amministrazione di una società, è disciplinata dall’articolo 116 del codice tributario.
24 Tale giudice osserva che un membro o un ex membro del consiglio di amministrazione di una società è responsabile in solido dei debiti tributari di quest’ultima quando, da un lato, l’amministrazione tributaria dimostra che sono soddisfatti taluni requisiti positivi, e, dall’altro lato, tale membro o ex membro non dimostra di poter essere esonerato da tale responsabilità.
25 In particolare, secondo detto giudice, i requisiti positivi per il sorgere della responsabilità solidale di un membro o di un ex membro del consiglio di amministrazione di una società (in prosieguo: i «requisiti positivi») sono i seguenti:
– la società in questione ha un debito tributario risultante, segnatamente, da un avviso di accertamento avente carattere di precedente ai fini di tale responsabilità:
– tale debito è sorto nel corso del periodo in cui tale membro o ex membro esercitava una funzione di gestione in seno a tale società;
– l’esecuzione forzata nei confronti di detta società si è rivelata infruttuosa.
26 Secondo il giudice del rinvio, l’esonero dalla responsabilità solidale di un membro o di un ex membro del consiglio di amministrazione di una società è acquisito esclusivamente quando sono soddisfatte le seguenti condizioni:
– tale membro o ex membro dimostri di aver presentato tempestivamente un’istanza di fallimento o che sia stata contestualmente adottata una decisione di apertura di una procedura di ristrutturazione o di approvazione del concordato nell’ambito di un piano di concordato, oppure
– detto membro o ex membro dimostri che il mancato deposito di un’istanza di fallimento non è dovuto a sua colpa, o;
– il medesimo membro o ex membro identifica su quali beni della società l’esecuzione consentirà di garantire in gran parte gli arretrati d’imposta di tale società.
27 A tale proposito, detto giudice precisa che l’espressione «tempestivamente», di cui all’articolo 116, paragrafo 1, punto 1, lettera a), del codice tributario, indica il momento in cui, dando prova di ragionevole diligenza, l’amministratore della società poteva essere a conoscenza del fatto che tale società era divenuta insolvente, aveva cessato durevolmente di pagare i suoi debiti e che gli attivi di quest’ultima non erano sufficienti per liquidarli.
28 Detto giudice aggiunge, in sostanza, che per quanto riguarda il mancato deposito dell’istanza di fallimento, la colpa può essere intenzionale o non intenzionale. Esso precisa che non vi è colpa se il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione della società, pur dando prova di tutta la diligenza richiesta nella gestione dei suoi affari, non ha effettuato tale deposito per ragioni indipendenti dalla sua volontà.
29 Il giudice del rinvio ritiene che, alla luce delle sue caratteristiche, il regime polacco di responsabilità solidale di un membro o di un ex membro del consiglio di amministrazione di una società avente un debito fiscale potrebbe essere incompatibile con il diritto dell’Unione.
30 In limine, tale giudice osserva che, secondo gli insegnamenti derivanti, segnatamente, dalla sentenza del 13 ottobre 2022, Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika», (C‑1/21, EU:C:2022:788), è vero che un meccanismo di responsabilità solidale del terzo per le obbligazioni tributarie di una società contribuisce ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA, ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA, alla luce dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE. Tuttavia, il margine di valutazione che tale articolo 273 conferisce agli Stati membri circa i mezzi idonei a raggiungere gli obiettivi perseguiti da tale articolo deve essere esercitato nel rispetto del diritto dell’Unione, segnatamente dei suoi principi generali, tra cui il principio di proporzionalità.
31 A tale riguardo, secondo detto giudice, risulta, in particolare, da tale sentenza, che l’articolo 273 della direttiva IVA e il principio di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, in presenza di determinate circostanze, prevede un meccanismo di responsabilità solidale per i debiti IVA di una persona giuridica. Tuttavia, deriverebbe da detta sentenza che non possono essere ammesse misure nazionali in forza delle quali una persona diversa dal soggetto passivo diviene responsabile del pagamento dell’IVA, senza possibilità di provare la sua mancanza di collegamento con la condotta di quest’ultimo.
32 Nella specie, il giudice del rinvio ritiene, in primo luogo, che il meccanismo previsto all’articolo 116 del codice tributario non imponga di procedere a una valutazione del comportamento del membro o dell’ex membro del consiglio di amministrazione di una società di cui si chiede la responsabilità solidale, al fine di determinare se tale comportamento sia caratterizzato dalla malafede o da una mancanza di diligenza nell’ambito della sua gestione degli affari di tale società. L’esistenza di una colpa apparirebbe solo in una delle condizioni di esonero da tale responsabilità, vale a dire nel caso in cui non sia stata depositata tempestivamente alcuna istanza di fallimento.
33 Di conseguenza, secondo tale giudice, quand’anche tale membro o ex membro dimostrasse di aver agito con la diligenza richiesta, egli non sarebbe esonerato dalla sua responsabilità, salvo dimostrare che egli soddisfa le condizioni di esonero.
34 In tale contesto, detto giudice nutre dubbi quanto al rispetto, da parte dell’articolo 116 del codice tributario, del principio di proporzionalità e del diritto di proprietà, sancito all’articolo 17 della Carta nonché all’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.
35 Lo stesso giudice aggiunge che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, per essere compatibile con tale articolo 1, l’ingerenza nel diritto di proprietà deve garantire un «giusto equilibrio» tra le esigenze dell’interesse pubblico e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Corte EDU, 5 gennaio 2000, Beyeler c. Italia, CE:ECHR:2000:0105JUD003320296, § 107, nonché Corte EDU, 6 luglio 2014, Ališić e altri c. Bosnia-Erzegovina, Croazia, Serbia, Slovenia e ex Repubblica iugoslava di Macedonia, CE:ECHR:2014:0716JUD006064208, § 108).
36 In secondo luogo, il giudice del rinvio menziona la prassi e la giurisprudenza polacche secondo le quali un membro o un ex membro del consiglio di amministrazione di una società è obbligato a depositare un’istanza di fallimento di quest’ultima per poter essere esonerato dalla sua responsabilità solidale. In forza degli articoli 10 e 11 della legge fallimentare, una tale istanza dovrebbe essere depositata quando le condizioni di insolvenza del debitore previste da tali disposizioni sono soddisfatte, vale a dire quando il debitore ha perso la sua capacità di far fronte ai propri impegni finanziari, il che si presume avvenire quando il ritardo nell’adempimento di tali impegni supera tre mesi. Orbene, secondo la giurisprudenza nazionale, il debitore sarebbe tenuto soltanto a valutare se sia in grado di saldare i propri debiti, mentre la valutazione delle condizioni della dichiarazione di fallimento potrebbe essere effettuata solo da un giudice competente in materia di insolvenza.
37 Tale giudice sottolinea, infatti, che, secondo la prassi e la giurisprudenza polacche, il fatto di non saldare un debito nei confronti di un solo creditore non dispensa il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione di una società dal depositare un’istanza di fallimento. Tuttavia, secondo detto giudice, in caso di esistenza di un solo creditore, tale domanda sarebbe necessariamente respinta dal giudice competente in materia di insolvenza e quindi privata di ogni effetto utile.
38 Sulla base di tali considerazioni, il giudice del rinvio ritiene che il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione di una società avente l’Erario come unico creditore non possa beneficiare della condizione di esonero relativa al deposito di un’istanza di fallimento. Ne conseguirebbe una violazione dei principi della certezza del diritto, che ha come corollario la tutela del legittimo affidamento, di buona amministrazione e del rispetto dello Stato di diritto. Tale membro o ex membro sarebbe altresì privato del diritto a un ricorso effettivo, poiché tutti i suoi argomenti relativi all’impossibilità di presentare utilmente un’istanza sarebbero ignorati dai giudici polacchi.
39 In terzo luogo, il giudice del rinvio ritiene che la condizione di esonero relativa all’obbligo di depositare un’istanza di fallimento sollevi interrogativi quanto al rispetto del principio di uguaglianza dinanzi alla legge, sancito agli articoli 20 e 21 della Carta. A tale riguardo, detto giudice sottolinea, in particolare, che il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione di una società avente l’Erario come unico creditore non ha la possibilità di depositare utilmente un’istanza di fallimento, dal momento che quest’ultima sarebbe necessariamente respinta dal giudice competente in materia di insolvenza in ragione della sola mancanza di una molteplicità di creditori. Per contro, l’istanza di fallimento del membro o dell’ex membro del consiglio di amministrazione di una società avente più creditori sarebbe esaminata nel merito da quest’ultimo giudice.
40 Ciò premesso, il Wojewódzki Sąd Administracyjny we Wrocławiu (Tribunale amministrativo del voivodato di Breslavia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se le disposizioni della direttiva [IVA], in particolare gli articoli 193, 205, 273 in combinato disposto con l’articolo 325 [TFUE] e l’articolo 17 della [Carta] nonché il principio di proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede un meccanismo di responsabilità solidale di un membro del consiglio di amministrazione di una persona giuridica per le obbligazioni a titolo dell’IVA di tale persona giuridica, senza un preventivo accertamento che questi abbia agito in mala fede o che la sua condotta sia stata negligente o configuri un errore colposo.
2) Se le disposizioni della direttiva IVA, in particolare gli articoli 193, 205 [e] 273 in combinato disposto con l’articolo 325 del TFUE, il principio della certezza del diritto, il principio del legittimo affidamento, il diritto ad un buona amministrazione desumibile all’articolo 41 della Carta in combinato disposto con l’articolo 2 [TUE], (Stato di diritto, rispetto dei diritti dell'uomo), l’articolo 47 della Carta (diritto ad un ricorso effettivo, diritto di adire un organo giurisdizionale) debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una prassi nazionale che, ai fini dell’esonero dalla responsabilità solidale per le obbligazioni a titolo dell’IVA di una persona giuridica che ha un unico creditore, impone a un membro del consiglio di amministrazione di presentare un’istanza di fallimento che ai sensi delle norme e della prassi del diritto fallimentare nazionale è [priva di oggetto], e che, di conseguenza, comporta una violazione dell’essenza del diritto di proprietà (articolo 17 della Carta).
3) Se gli articoli 193, 205, 273 della direttiva IVA in combinato disposto con l’articolo 325 del TFUE nonché il principio di uguaglianza di fronte alla legge e il principio di non discriminazione (articoli 20 e 21 della Carta) debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale (di cui alla prima questione) che consente una disparità di trattamento tra i membri del consiglio di amministrazione di persone giuridiche, di modo che un membro del consiglio di amministrazione di una persona giuridica con più di un creditore può liberarsi dalla responsabilità per le obbligazioni della società presentando un’istanza di fallimento, mentre un membro del consiglio di amministrazione di una persona giuridica con un solo creditore non può presentare efficacemente tale istanza e conseguentemente viene privato della possibilità di liberarsi dalla responsabilità solidale per le obbligazioni a titolo dell’IVA della persona giuridica nonché del diritto a un ricorso effettivo (articolo 47 della Carta)».
Sulle questioni pregiudiziali
Osservazioni preliminari
41 Secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita all’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte (sentenza del 26 ottobre 2021, PL Holdings, C‑109/20, EU:C:2021:875, punto 34 e giurisprudenza citata).
42 Come risulta dal punto 40 della presente sentenza, le questioni vertono sull’interpretazione degli articoli 193, 205 e 273 della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 2 TUE, l’articolo 325 TFUE, gli articoli 17, 20, 21, 41 e 47 della Carta, e con il principio di proporzionalità, il principio della certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.
43 In primo luogo, per quanto riguarda la direttiva IVA, si deve ricordare, da un lato, che gli articoli da 193 a 200 e da 202 a 204 della stessa determinano i soggetti debitori dell’IVA, conformemente all’oggetto della sezione 1, intitolata «Debitori dell’imposta verso l’Erario», del capo 1 del titolo XI di tale direttiva, di cui fanno parte tali disposizioni. Se l’articolo 193 di tale direttiva prevede, come regola di base, che l’IVA è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, esso chiarisce tuttavia che altre persone possono o devono essere debitrici di tale imposta nelle situazioni di cui agli articoli da 194 a 199 ter e 202 della stessa (v., in tal senso, sentenza del 13 ottobre 2022, Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika», C‑1/21, EU:C:2022:788, punto 48 e giurisprudenza citata).
44 Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 205 della direttiva IVA, nelle situazioni contemplate dagli articoli da 193 a 200 e da 202 a 204 della stessa, gli Stati membri possono prevedere che una persona diversa dal debitore sia tenuta in solido al pagamento dell’IVA.
45 Dal complesso formato dagli articoli da 193 a 205 della direttiva IVA risulta quindi che l’articolo 205 di tale direttiva fa parte di un insieme di disposizioni volte a identificare il debitore dell’IVA in funzione di varie situazioni (sentenza del 13 ottobre 2022, Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika», C‑1/21, EU:C:2022:788, punto 49 e giurisprudenza citata).
46 Pertanto, l’articolo 205 della direttiva IVA consente, in linea di principio, agli Stati membri di adottare misure per l’effettiva riscossione dell’IVA in forza delle quali una persona diversa da quella di norma tenuta al pagamento di tale imposta ai sensi degli articoli da 193 a 200 e da 202 a 204 di tale direttiva diviene responsabile in solido del pagamento dell’imposta stessa (sentenza del 13 ottobre 2022, Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika», C‑1/21, EU:C:2022:788, punto 50 e giurisprudenza citata).
47 Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non risulta né che P. K. sia un soggetto passivo IVA o un altro soggetto debitore dell’IVA ai sensi dell’articolo 193 della direttiva suddetta, né che il meccanismo di responsabilità solidale previsto dall’articolo 116 del codice tributario abbia ad oggetto di designare un soggetto debitore dell’imposta su una o più operazioni imponibili determinate, ai sensi del combinato disposto degli articoli 193 e 205 della direttiva IVA. Infatti, in applicazione di tale meccanismo, i membri o gli ex membri del consiglio di amministrazione di una società possono, a determinate condizioni, essere considerati responsabili in solido di tutto o di parte dei debiti IVA di tale società, senza che tali debiti si ricolleghino a una o a più operazioni imponibili determinate.
48 Di conseguenza, gli articoli 193 e 205 della direttiva IVA non sono pertinenti nelle circostanze del procedimento principale.
49 In secondo luogo, per quanto riguarda i principi e i diritti fondamentali menzionati dal giudice del rinvio, si deve constatare innanzitutto che l’articolo 41 della Carta, relativo al diritto a una buona amministrazione, non è applicabile nell’ambito del procedimento principale, in quanto si rivolge non agli Stati membri, ma unicamente alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione (sentenza del 17 luglio 2014, YS e a., C‑141/12 e C‑372/12, EU:C:2014:2081, punto 67). È pur vero che, il diritto a una buona amministrazione, sancito da tale disposizione, riflette un principio generale del diritto dell’Unione (sentenza del 17 luglio 2014, YS e a., C‑141/12 e C‑372/12, EU:C:2014:2081, punto 68). Tuttavia, la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene elementi che possano indurre la Corte a pronunciarsi sul diritto a una buona amministrazione in quanto principio generale del diritto dell’Unione.
50 Per quanto riguarda, poi, l’articolo 47 della Carta, relativo al diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, come risulta dal punto 38 della presente sentenza, il giudice del rinvio ritiene che il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione di una società avente l’Erario come unico creditore sia privato di tale diritto, poiché non sarebbero presi in considerazione tutti gli argomenti relativi all’impossibilità per tale membro o ex membro di presentare utilmente un’istanza di fallimento.
51 Tuttavia, dalla decisione di rinvio risulta che tale considerazione riguarda, in realtà, la questione se l’articolo 273 della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 325 TFUE, il diritto di proprietà, sancito all’articolo 17 della Carta, il principio della parità di trattamento, risultante dagli articoli 20 e 21 di quest’ultima, nonché con i principi di proporzionalità e di certezza del diritto, osti al meccanismo previsto dall’articolo 116 del codice tributario, in quanto esso non dispensa un siffatto membro o ex membro dalla presentazione di un’istanza di fallimento. Infatti, qualora si concludesse che tale meccanismo, pur non prevedendo tale dispensa, rispetti tali disposizioni e tali principi, il fatto che gli argomenti menzionati al punto precedente della presente sentenza non siano presi in considerazione non sarebbe contrario all’articolo 47 della Carta. Per contro, se si ritenesse che dette disposizioni e detti principi ostino a detto meccanismo, quest’ultimo non sarebbe, in ogni caso, compatibile con il diritto dell’Unione, senza che sia necessario chiamare in causa tale articolo 47.
52 Infine, sebbene il giudice del rinvio faccia riferimento anche all’articolo 2 TUE, che enuncia i valori sui quali si fonda l’Unione, nulla nella domanda di pronuncia pregiudiziale consente di ritenere che tale giudice chieda un’interpretazione di tale articolo autonoma rispetto ai diritti fondamentali e agli altri principi che esso menziona nelle questioni poste. Parimenti, come risulta dal punto 38 della presente sentenza, il giudice del rinvio ha evocato il principio della tutela del legittimo affidamento soltanto come corollario del principio della certezza del diritto.
53 In terzo e ultimo luogo, risulta che esiste uno stretto collegamento tra le tre questioni sollevate dal giudice del rinvio.
54 Di conseguenza, si deve considerare che, con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, tale giudice chiede, in sostanza, se l’articolo 273 della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 325 TFUE, con il diritto di proprietà, nonché con i principi di parità di trattamento, di proporzionalità e di certezza del diritto, debba essere interpretato nel senso che esso osta a un meccanismo nazionale che consente di stabilire la responsabilità solidale di un membro o di un ex membro del consiglio di amministrazione di una società per il debito IVA di quest’ultima, qualora tale meccanismo, da un lato, non richieda di constatare l’esistenza di una colpa di tale membro o ex membro e, dall’altro, preveda, quale condizione di esonero, il deposito tempestivo, da parte di detto membro o ex membro, di un’istanza di fallimento di tale società, anche qualora detta società abbia l’Erario come unico creditore e che, per tale ragione, una siffatta istanza sia, secondo la prassi e la giurisprudenza nazionali, destinata al rigetto.
Nel merito
55 Conformemente all’articolo 273, primo comma, della direttiva IVA, gli Stati membri possono stabilire altri obblighi, rispetto a quelli previsti dalla menzionata direttiva, ove essi li ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni (sentenze del 19 ottobre 2017, Paper Consult, C‑101/16, EU:C:2017:775, punto 49, e dell’11 gennaio 2024, Global Ink Trade, C‑537/22, EU:C:2024:6, punto 41).
56 Inoltre, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE impone agli Stati membri di combattere contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione mediante misure effettive e dissuasive.
57 Risulta, in particolare, dalle disposizioni summenzionate che gli Stati membri hanno l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative atte a garantire la riscossione integrale dell’IVA dovuta nei loro rispettivi territori e a combattere contro la frode (sentenza del 13 ottobre 2022, Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika», C‑1/21, EU:C:2022:788, punto 60 e giurisprudenza citata).
58 Un meccanismo di responsabilità solidale come quello istituito dall’articolo 116 del codice tributario contribuisce alla riscossione di importi IVA che non sono stati versati da una persona giuridica soggetto passivo nei termini imperativi stabiliti dalle disposizioni della direttiva IVA. Un siffatto meccanismo contribuisce ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA, conformemente all’obbligo sancito all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 13 ottobre 2022, Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika», C‑1/21, EU:C:2022:788, punto 61).
59 Risulta dalla giurisprudenza che le disposizioni di cui all’articolo 273 della direttiva IVA, al di fuori dei limiti da esse fissati, non precisano né le condizioni né gli obblighi che gli Stati membri possono prevedere. Esse conferiscono, pertanto, a questi ultimi un margine di valutazione quanto ai mezzi volti a conseguire gli obiettivi diretti a riscuotere integralmente l’IVA e a lottare contro la frode. Tuttavia, gli Stati membri sono tenuti ad esercitare la loro competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 13 ottobre 2022, Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika», C‑1/21, EU:C:2022:788, punti 69 e 72).
60 Pertanto, sebbene sia legittimo che le misure adottate dagli Stati membri siano intese a salvaguardare i diritti dell’Erario nel modo più efficace possibile, esse non devono andare oltre quanto necessario a tale scopo (sentenza del 14 novembre 2024, Herdijk, C‑1/23, EU:C:2024:961, punto 24 e giurisprudenza citata).
61 A tale proposito, secondo la giurisprudenza, provvedimenti nazionali che danno luogo ad un sistema di responsabilità solidale oggettiva eccedono quanto è necessario per preservare i diritti dell’Erario. Far ricadere la responsabilità del pagamento dell’IVA su un soggetto diverso dal debitore di tale imposta, senza che egli possa sottrarvisi fornendo la prova di essere completamente estraneo alla condotta di tale debitore deve, pertanto, essere ritenuto incompatibile con il principio di proporzionalità. Risulterebbe infatti chiaramente sproporzionato imputare, in modo incondizionato, a detto soggetto i mancati introiti fiscali causati dalla condotta di un terzo soggetto passivo sulla quale egli non ha alcuna influenza (sentenza del 14 novembre 2024, Herdijk, C‑613/23, EU:C:2024:961, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).
62 In tali circostanze, l’esercizio dell’opzione da parte degli Stati membri di designare un debitore solidale diverso dalla persona responsabile del pagamento dell’imposta, al fine di garantire l’effettiva riscossione dell’imposta, deve essere giustificato dal rapporto di fatto e/o giuridico esistente tra le due persone interessate, alla luce dei principi di certezza del diritto e di proporzionalità (sentenza del 14 novembre 2024, Herdijk, C‑613/23, EU:C:2024:961, punto 26 e giurisprudenza citata).
63 Le circostanze che un soggetto diverso dal debitore dell’imposta abbia agito in buona fede utilizzando tutta la diligenza di un operatore avveduto, che abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere e che sia esclusa la sua partecipazione a un abuso o a un’evasione costituiscono elementi da prendere in considerazione per determinare la possibilità di obbligare in solido tale soggetto a versare l’IVA dovuta (sentenza del 14 novembre 2024, Herdijk, C‑613/23, EU:C:2024:961, punto 27 e giurisprudenza citata).
64 Nella specie, come risulta dai punti da 24 a 26 della presente sentenza, il giudice del rinvio espone che, in diritto polacco, l’articolo 116 del codice tributario prevede un meccanismo in forza del quale un membro o un ex membro del consiglio di amministrazione di una società può essere ritenuto responsabile del debito fiscale di quest’ultima. A tal fine, da un lato, l’amministrazione tributaria deve dimostrare che sono soddisfatti i seguenti requisiti positivi:
– la società in questione ha un debito tributario risultante, segnatamente, da un avviso di accertamento avente carattere di precedente ai fini di tale responsabilità;
– tale debito è sorto nel corso del periodo in cui tale membro o ex membro esercitava una funzione di gestione;
– l’esecuzione forzata nei confronti di detta società si è rivelata infruttuosa.
65 Dall’altro lato, il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione della società interessata può, dal canto suo, dimostrare di soddisfare le condizioni per essere esonerato da tale responsabilità, vale a dire:
– che sia stata presentata tempestivamente un’istanza di fallimento o sia stata emessa allo stesso tempo una decisione di avvio di un procedimento di ristrutturazione o di approvazione del concordato, o
– che egli dimostri che il mancato deposito di un’istanza di fallimento non è dovuto a sua colpa;
– che abbia identificato su quali beni della società l’esecuzione consentirebbe di garantire, in gran parte, gli arretrati d’imposta della stessa.
66 Si deve ricordare che il giudice di rinvio è l’unico competente a accertare e valutare i fatti costituenti l’oggetto della controversia sottopostagli nonché a interpretare e applicare il diritto nazionale. Tuttavia, la Corte, chiamata a fornire al giudice in parola risposte utili nel contesto della procedura di cooperazione istituita dall’articolo 267 TFUE, è competente a fornirgli indicazioni tratte dagli atti del procedimento principale come pure dalle osservazioni scritte sottopostele, tali da mettere detto giudice in grado di decidere (v. sentenza del 12 dicembre 2023, Dranken Van Eetvelde, C‑331/23, EU:C:2024:1027, punti 27 e 28, nonché giurisprudenza citata).
67 A tale riguardo, come risulta dalla decisione di rinvio, uno dei requisiti positivi positive per il sorgere della responsabilità solidale di un membro o di un ex membro del consiglio di amministrazione di una società per il debito fiscale di quest’ultima consiste nel fatto che un siffatto debito sia sorto nel corso del periodo durante il quale tale membro o ex membro esercitava una funzione di gestione in seno a tale società.
68 Ne consegue che, come risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte, il diritto polacco prevede, in sostanza, una presunzione in forza della quale un membro del consiglio di amministrazione di una società dispone, o dovrebbe disporre, tanto di una conoscenza diretta delle attività di tale società tanto di un’influenza su di esse.
69 Orbene, una siffatta presunzione non sembra, di per sé, essere contraria al principio di proporzionalità. Infatti, essa non sembra dimostrare una responsabilità oggettiva.
70 Su tale punto, occorre rilevare che la colpa può assumere forme diverse, tra cui una mancanza di vigilanza o una negligenza in materia di controllo. Pertanto, dal mancato pagamento di un debito fiscale da parte di una società sembra possibile dedurre che un membro o un ex membro del consiglio di amministrazione di tale società sia venuto meno al suo obbligo di vigilanza nella gestione degli affari di detta società e che tale mancato pagamento ne sia la conseguenza. In tali circostanze, la responsabilità solidale di tale membro o ex membro sembra risultare non da un evento fortuito sul quale egli non ha alcun controllo, bensì dalle sue azioni o dalle sue omissioni.
71 Tuttavia, è indispensabile che una presunzione come quella di cui trattasi nel procedimento principale sia confutabile, nel senso che non sia praticamente impossibile o eccessivamente difficile per detto membro o ex membro confutare tale presunzione fornendo la prova contraria (v., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2024, Herdijk, C‑613/23, EU:C:2024:961, punti 33 e 41; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza del 12 dicembre 2024, Dranken Van Eetvelde, C‑331/23, EU:C:2024:1027, punto 31).
72 Nel caso di specie, occorre ricordare che la presunzione menzionata al punto 68 della presente sentenza può essere confutata dal membro o dall’ex membro del consiglio di amministrazione della società interessata. A tal fine, egli può in particolare dimostrare di soddisfare una delle condizioni che consentono di essere esonerato dalla responsabilità solidale, di cui all’articolo 116, paragrafo 1, punto 1, del codice tributario, vale a dire:
– che sia stata presentata tempestivamente un’istanza di fallimento, o
– che il mancato deposito di una siffatta istanza non è dovuto a sua colpa.
73 Dal punto 27 della presente sentenza risulta che, secondo il giudice del rinvio, l’espressione «tempestivamente», di cui all’articolo 116, paragrafo 1, punto 1, lettera a), del codice tributario, designa il momento in cui, dando prova di ragionevole diligenza, il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione della società interessata poteva essere a conoscenza del fatto che tale società era divenuta insolvente e aveva cessato di pagare i suoi debiti e che i suoi attivi non erano sufficienti per liquidarli.
74 Orbene, si deve ritenere che il sorgere di un debito IVA in un determinato momento non giustifica, di per sé, il deposito di un’istanza di fallimento, anche se la situazione finanziaria complessiva della società debitrice può essere deteriorata. Infatti, la necessità di depositare un’istanza di fallimento potrebbe apparire più tardi, quando tale situazione finanziaria si deteriora ulteriormente. Inoltre, non si può escludere che, nel frattempo, una persona che era membro del consiglio di amministrazione di tale società abbia cessato le sue funzioni. Tuttavia, siffatte circostanze non fanno sì che la presunzione di cui al punto 68 della presente sentenza divenga assoluta. Infatti, rimane possibile per tale persona dimostrare che il mancato deposito tempestivo di un’istanza di fallimento non è dovuto a sua colpa, proprio per il motivo che, fintantoché esercitava le sue funzioni, la situazione finanziaria della società interessata non imponeva di depositare una siffatta istanza.
75 A tale proposito, il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione di una società con debito IVA deve disporre della possibilità di invocare qualsiasi circostanza idonea a dimostrare che il mancato deposito tempestivo di un’istanza di fallimento non è dovuto a sua colpa. La possibilità di una siffatta dimostrazione non deve essere puramente teorica a causa di un’interpretazione indebitamente ampia della nozione di «imputabilità» da parte dell’amministrazione o dei giudici nazionali (v., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2024, Herdijk, C‑613/23, EU:C:2024:961, punto 36).
76 Nella presente causa, come risulta dal punto 28 della presente sentenza, il giudice del rinvio indica che la colpa può essere intenzionale o non intenzionale.
77 Tuttavia, esso precisa che non sussiste colpa se il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione della società interessata dimostra che, pur dando prova della diligenza richiesta nello svolgimento dei suoi affari, egli non ha depositato un’istanza di fallimento per ragioni indipendenti dalla sua volontà.
78 Pertanto, non risulta che l’esonero previsto all’articolo 116, paragrafo 1, punto 1, del codice tributario sia puramente teorico.
79 Ne consegue che il principio di proporzionalità non osta ad un meccanismo come quello previsto da tale disposizione.
80 Per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, anch’esso richiamato dal giudice del rinvio, si deve ricordare che tale principio, sancito dagli articoli 20 e 21 della Carta, impone che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera differente e che situazioni differenti non siano trattate in maniera identica, a meno che tale trattamento non sia oggettivamente giustificato. Una differenza di trattamento è giustificata se si fonda su un criterio obiettivo e ragionevole, vale a dire qualora essa sia rapportata a un legittimo scopo perseguito dalla normativa in questione e tale differenza sia proporzionata allo scopo perseguito dal trattamento di cui trattasi (sentenza del 24 febbraio 2022, Glavna direktsia «Pozharna bezopasnost i zashtita na naselenieto», C‑262/20, EU:C:2022:117, punto 58 e giurisprudenza citata).
81 Occorre pertanto stabilire se il fatto che una società sia debitrice solo nei confronti di un solo creditore possa condurre a un’applicazione diseguale della condizione di esonero di un membro o di un ex membro del consiglio di amministrazione di una società di cui all’articolo 116, paragrafo 1, punto 1, del codice tributario.
82 A tale riguardo, il giudice del rinvio precisa che un membro o un ex membro del consiglio di amministrazione di una società avente più di un creditore ha la possibilità di essere esonerato dalla sua responsabilità solidale per i debiti di tale società mediante il deposito di un’istanza di fallimento. Per contro, un membro o un ex membro del consiglio di amministrazione di una società avente un solo creditore non avrebbe la possibilità di depositare «utilmente» una siffatta domanda. Pertanto, secondo tale giudice, in questo secondo caso, un tale membro o ex membro può trovarsi in una situazione meno favorevole, senza che tale disparità di trattamento sia giustificata.
83 In tale contesto, detto giudice sottolinea che, secondo la prassi e la giurisprudenza polacche, la circostanza che una società non saldi il proprio debito nei confronti del suo solo creditore, non dispensa il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione di tale società dal depositare un’istanza di fallimento.
84 Orbene, occorre ricordare che, ai fini dell’esonero di un membro o di un ex membro del consiglio di amministrazione di una società dalla sua responsabilità solidale, l’articolo 116, paragrafo 1, punto 1, del codice tributario prevede, tra l’altro, che sia depositata, tempestivamente, un’istanza di fallimento di tale società, senza fare distinzioni a seconda del numero di creditori della società interessata.
85 Vero è che il giudice del rinvio rileva che un membro o un ex membro del consiglio di amministrazione di una società avente un solo creditore non ha la possibilità di essere esonerato dalla sua responsabilità solidale a seguito del deposito, «utilmente» effettuato, di una siffatta istanza, in particolare per il motivo che quest’ultima sarebbe respinta dal giudice competente in materia di insolvenza. Tuttavia, dall’articolo 116, paragrafo 1, punto 1, del codice tributario sembra emergere che il semplice deposito dell’istanza di fallimento, e non l’esito del procedimento avviato con il deposito di tale istanza, è sufficiente per ritenere che il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione della società interessata abbia adempiuto i suoi obblighi ai sensi di tale disposizione, indipendentemente dal numero di creditori di tale società.
86 In tali circostanze, non risulta che l’applicazione dell’articolo 116, paragrafo 1, punto 1, del codice tributario comporti una disparità di trattamento tra:
– da un lato, i membri o gli ex membri del consiglio di amministrazione di una società con un solo creditore e,
– dall’altro, i membri o gli ex membri del consiglio di amministrazione di una società con più di un creditore.
87 Peraltro, il giudice del rinvio sembra ritenere, in sostanza, che, qualora una società ha l’Erario come solo creditore, il rispetto del principio della parità di trattamento imponga di considerare che il mancato deposito di un’istanza di fallimento non sia dovuto a colpa dei membri o degli ex membri del consiglio di amministrazione di tale società, per il motivo che una siffatta domanda sarebbe stata in ogni caso respinta.
88 Orbene, occorre rilevare che, se una siffatta considerazione fosse ammessa, sussisterebbe una disparità di trattamento tra:
– da un lato, i membri o gli ex membri del consiglio di amministrazione di una società che, a fronte di un deterioramento della situazione finanziaria della stessa idoneo a condurre alla sua insolvenza, soddisferebbe in modo paritario e proporzionale i creditori, siano essi privati o pubblici, e,
– dall’altro, i membri o gli ex membri del consiglio di amministrazione di una società che, in una situazione del genere, soddisferebbe tutti i creditori tranne l’Erario.
89 Tale svantaggio deriverebbe dal fatto che, nel primo caso, tali membri o ex membri dovrebbero dimostrare che ha avuto luogo, tempestivamente, il deposito di un’istanza di fallimento o che l’assenza di tale deposito non è dovuta a loro colpa. Per contro, nel secondo caso, il fatto che l’Erario sia il solo creditore sarebbe sufficiente affinché detti membri o ex membri siano esonerati dalla loro responsabilità solidale.
90 La creazione giurisprudenziale di una siffatta condizione di esonero potrebbe indurre i membri del consiglio di amministrazione di una società a fare in modo che, qualora la situazione finanziaria di tale società si deteriori al punto che quest’ultima rischia di divenire insolvente, detta società abbia debiti nei confronti di un solo creditore, vale a dire l’Erario. Ciò potrebbe portare a sottrazioni di fondi a danno di quest’ultimo, in quanto una società non conserverebbe fondi sufficienti per pagare il suo debito IVA, ma utilizzerebbe i suoi fondi per altri fini. Orbene, un simile risultato sarebbe chiaramente in contrasto con l’obiettivo di garantire l’esatta riscossione dell’IVA.
91 Pertanto, una siffatta disparità di trattamento non può essere giustificata.
92 Ne consegue che il principio della parità di trattamento non sarebbe rispettato se un membro o un ex membro del consiglio di amministrazione di una società avente l’Erario come unico creditore fosse esonerato dalla sua responsabilità solidale per il debito IVA di tale società in ragione di questo solo motivo.
93 Per quanto concerne il principio della certezza del diritto, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, tale principio impone, da un lato, che le norme di diritto siano chiare e precise e, dall’altro, che la loro applicazione sia prevedibile per i soggetti dell’ordinamento, in particolare quando esse possono avere conseguenze sfavorevoli sugli individui e sulle imprese. In particolare, detto principio impone che una normativa consenta agli interessati di conoscere con esattezza la portata degli obblighi che essa impone loro e che questi ultimi possano conoscere senza ambiguità i loro diritti e i loro obblighi e regolarsi di conseguenza [sentenza del 15 aprile 2021, Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (Anie) e a., C‑798/18 e C‑799/18, EU:C:2021:280, punto 41 e giurisprudenza citata].
94 Orbene, il meccanismo previsto all’articolo 116 del codice tributario è fondato su requisiti positivi, elencati al punto 64 della presente sentenza e comporta un possibile esonero, alle condizioni indicate al punto 65 di quest’ultima.
95 Il giudice del rinvio non sostiene che tali requisiti positivi e tale esonero siano formulati in modo tale che un membro o un ex membro del consiglio di amministrazione di una società avente un debito fiscale non possa prevedere in quali circostanze possa sorgere la sua responsabilità solidale.
96 Di conseguenza, risulta che il meccanismo previsto all’articolo 116 del codice tributario è conforme al principio della certezza del diritto.
97 Per quanto riguarda il diritto di proprietà, occorre rilevare che, a termini dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquistato legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale.
98 Secondo la giurisprudenza, tale diritto non è una prerogativa assoluta e il suo esercizio può essere soggetto a restrizioni giustificate da obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione (sentenza del 10 settembre 2024, Neves 77 Solutions, C‑351/22, EU:C:2024:723, punto 85 e giurisprudenza citata).
99 Tuttavia, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Carta devono essere previste dalla legge, rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà e, nel rispetto del principio di proporzionalità, essere necessarie e rispondere effettivamente a obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.
100 Innanzitutto, dal punto 96 della presente sentenza risulta che il meccanismo previsto all’articolo 116 del codice tributario è conforme al principio della certezza del diritto.
101 Poi, come indicato al punto 79 di tale sentenza, il principio di proporzionalità non osta a tale meccanismo. Inoltre, occorre aggiungere che detto meccanismo consente di pervenire al «giusto equilibrio» tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo, risultanti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, alla quale ha fatto riferimento il giudice del rinvio, come ricordato al punto 35 della presente sentenza.
102 Infine, non risulta che il meccanismo previsto all’articolo 116 del codice tributario leda il contenuto essenziale del diritto di proprietà dei membri o degli ex membri del consiglio di amministrazione di una società avente un debito IVA. Infatti, ai sensi del terzo requisito positivo che caratterizza tale meccanismo, il patrimonio personale di tali membri o ex membri può essere intaccato solo nei limiti dell’importo di tale debito per il quale l’esecuzione forzata precedentemente condotta nei confronti della società interessata è stata infruttuosa.
103 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 273 della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 325 TFUE, con il diritto di proprietà, nonché con i principi di parità di trattamento, di proporzionalità e di certezza del diritto, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a un meccanismo nazionale in forza del quale:
– il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione di una società avente un debito IVA è responsabile in solido con tale società per gli arretrati d’imposta sorti durante il suo mandato,
– tale responsabilità è limitata agli arretrati d’imposta la cui esecuzione forzata nei confronti di detta società si è rivelata, in tutto o in parte, infruttuosa,
– l’esonero da tale responsabilità dipende in particolare dalla prova fornita dal membro o dall’ex membro del consiglio di amministrazione che un’istanza di fallimento della stessa società è stata depositata tempestivamente o che il mancato deposito di tale istanza non è dovuto a sua colpa,
nei limiti in cui tale membro o ex membro, al fine di dimostrare l’assenza di una siffatta colpa, possa utilmente far valere di aver dato prova di tutta la diligenza richiesta nello svolgimento degli affari della società interessata, fermo restando che, a tal fine, detto membro o ex membro non può limitarsi a far valere che tale società, al momento dell’accertamento della sua insolvenza duratura, aveva come unico creditore l’Erario.
Sulle spese
104 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:
L’articolo 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva (UE) 2018/1695 del Consiglio, del 6 novembre 2018, in combinato disposto con l’articolo 325 TFUE, con il diritto di proprietà, nonché con i principi di parità di trattamento, di proporzionalità e di certezza del diritto,
dev’essere interpretato nel senso che:
esso non osta a un meccanismo nazionale in forza del quale:
– il membro o l’ex membro del consiglio di amministrazione di una società avente un debito d’imposta sul valore aggiunto è responsabile in solido con tale società per gli arretrati d’imposta sorti durante il suo mandato,
– tale responsabilità è limitata agli arretrati d’imposta la cui esecuzione forzata nei confronti di detta società si è rivelata, in tutto o in parte, infruttuosa,
– l’esonero da tale responsabilità dipende in particolare dalla prova fornita dal membro o dall’ex membro del consiglio di amministrazione che un’istanza di fallimento della stessa società è stata depositata tempestivamente o che il mancato deposito di tale istanza non è dovuto a sua colpa,
nei limiti in cui tale membro o ex membro, al fine di dimostrare l’assenza di una siffatta colpa, possa utilmente far valere di aver dato prova di tutta la diligenza richiesta nello svolgimento degli affari della società interessata, fermo restando che, a tal fine, detto membro o ex membro non può limitarsi a far valere che tale società, al momento dell’accertamento della sua insolvenza duratura, aveva come unico creditore l’Erario.
Firme
* Lingua processuale: il polacco.
i Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.
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