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07 maggio 2025

La sentenza del Consiglio di Stato 2025 relativo al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, che mira all’annullamento del decreto ministeriale 29.03.2024, richiede un’analisi approfondita degli aspetti giuridici, costituzionali e delle questioni di diritto del lavoro coinvolte. Di seguito una disamina articolata degli elementi principali:

 

La sentenza del Consiglio di Stato 2025 relativo al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, che mira all’annullamento del decreto ministeriale 29.03.2024, richiede un’analisi approfondita degli aspetti giuridici, costituzionali e delle questioni di diritto del lavoro coinvolte. Di seguito una disamina articolata degli elementi principali:

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### 1. **Contesto e oggetto della controversia**

Il decreto ministeriale impugnato ha individuato le associazioni professionali rappresentative del personale delle Forze Armate per il triennio 2022-2024 e ha disposto la cessazione delle funzioni della rappresentanza militare e degli organi ad essa collegati, ai sensi delle norme citate (art. 19 della legge 28 aprile 2022, n. 46 e art. 2257 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66).

Il ricorso mira alla declaratoria di illegittimità di tale decreto, sostenendo l’illegittimità costituzionale e la carenza di ragionevolezza di alcune norme di riferimento, nonché la violazione di principi costituzionali e di diritto dell’Unione Europea.

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### 2. **Questioni giuridiche principali**

#### a) **Illegittimità costituzionale dell’art. 1478 del D.Lgs. n. 66/2010**

Il ricorrente sostiene che l’art. 1478, che disciplina la rappresentanza e le funzioni della rappresentanza militare, sia costituzionalmente illegittimo o comunque in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento.

**Argomenti principali:**
- **Limitazione alla rappresentanza sindacale**: si sostiene che la normativa restringa in modo eccessivo il diritto dei militari di associarsi e di esercitare le funzioni sindacali, in contrasto con l’art. 39 della Costituzione, che riconosce e garantisce il diritto di associazione sindacale.
- **Carenza di ragionevolezza**: si evidenzia che le restrizioni imposte sono sproporzionate rispetto alle finalità di disciplina delle formazioni militari e che non sono adeguatamente motivate.

#### b) **Violazione dei principi di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di libertà sindacale (art. 39 Cost.)**

Il ricorso insiste sulla violazione del principio di uguaglianza, sostenendo che i militari, soggetti a un regime speciale, vengono discriminati rispetto ai civili, in modo tale da rendere illegittima la normativa che limita loro i diritti sindacali.

In particolare:
- La norma impugnata non riconoscerebbe ai militari il diritto di stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria, come previsto per i civili.
- La disparità di trattamento tra militari e civili sarebbe ingiustificata e non proporzionata.

#### c) **Discriminazione indiretta ex art. 2, comma 1, lett. b) del D.lgs. n. 216/2003**

Il ricorso evidenzia come la normativa impugnata possa configurare una forma di discriminazione indiretta, impedendo ai militari di esercitare pienamente i diritti di rappresentanza e di contrattazione collettiva previsti per i lavoratori civili, in violazione delle direttive europee recepite in normativa nazionale.

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### 3. **Aspetti di diritto europeo e internazionale**

Le norme nazionali sulla rappresentanza militare devono essere conformi alle direttive UE sulle pari opportunità e sulla parità di trattamento nel mondo del lavoro, in particolare:
- La direttiva 2000/78/CE sul principio di parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro.
- La direttiva 2014/54/UE, che mira a garantire misure volte a favorire l’esercizio dei diritti dei lavoratori in un contesto di libertà di circolazione.

Il ricorso sostiene che le restrizioni imposte ai militari costituiscano una forma di discriminazione indiretta, incompatibile con le norme sovranazionali.

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### 4. **Valutazione della disciplina e della ratio della normativa**

Il decreto impugnato e le norme di riferimento sono oggetto di scrutinio circa:
- **L’effettivo bilanciamento tra esigenze di ordine pubblico e sicurezza militare e i diritti fondamentali dei militari**.
- **La ragionevolezza e proporzionalità delle restrizioni** rispetto agli obiettivi di tutela dell’ordine e della disciplina militare.

Il Consiglio di Stato, nel suo ruolo di giudice di legittimità e di merito amministrativo, dovrà valutare se tali restrizioni sono giustificate da ragioni di sicurezza e disciplina, o se costituiscono un’ingerenza sproporzionata e discriminatoria.

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### 5. **Implicazioni e possibili sviluppi**

Se il Consiglio di Stato dovesse riconoscere l’illegittimità della normativa impugnata:
- Potrebbe ordinare l’annullamento del decreto ministeriale.
- Potrebbe dichiarare l’incostituzionalità di norme di dettaglio o di principi di fondo.
- Si aprirebbe un percorso di revisione normativa per garantire ai militari il pieno esercizio dei diritti sindacali e di contrattazione collettiva, in linea con gli standard costituzionali e europei.

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### **Conclusioni**

Il caso rappresenta una delicata questione di bilanciamento tra esigenze di sicurezza e disciplina militare e diritti fondamentali dei lavoratori militari. La decisione del Consiglio di Stato sarà determinante nel definire i limiti e le modalità di esercizio della rappresentanza sindacale nel settore militare, nel rispetto delle norme costituzionali e delle direttive europee.

 
 

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