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11 maggio 2025

La sentenza n. 12139 del 2025 della Corte di Cassazione evidenzia un importante principio giuridico riguardante il demansionamento degli infermieri professionali e le relative conseguenze in termini di risarcimento danni. La pronuncia chiarisce le condizioni in cui un dipendente pubblico, in questo caso un infermiere, può essere adibito a mansioni inferiori rispetto alla propria qualifica, e i limiti di questa possibilità.

 

La sentenza n. 12139 del 2025 della Corte di Cassazione evidenzia un importante principio giuridico riguardante il demansionamento degli infermieri professionali e le relative conseguenze in termini di risarcimento danni. La pronuncia chiarisce le condizioni in cui un dipendente pubblico, in questo caso un infermiere, può essere adibito a mansioni inferiori rispetto alla propria qualifica, e i limiti di questa possibilità.

**Punto centrale della sentenza:**  
La Corte di Cassazione ribadisce che l’adibizione occasionale a mansioni inferiori può essere lecita, purché sia temporanea e non costituisca una condizione che ledde la dignità professionale e l’immagine dell’infermiere. Se, invece, l’infermiere viene «ordinariamente» e in modo continuativo assegnato a compiti tipici degli operatori socio-sanitari (OSS), sussiste il diritto al risarcimento per danno, perché si configura un demansionamento che lesiona la dignità professionale e l’immagine personale.

**Casi concreti e motivazioni:**  
La sentenza si riferisce a una situazione in cui un infermiere, in modo stabile e non occasionale, svolge compiti di livello inferiore, tipici degli OSS, come attività manuali e di assistenza di base, che richiedono meno competenze professionali rispetto alle mansioni tipiche dell’infermiere. La Corte sottolinea come questa condizione, se protratta nel tempo, costituisca una lesione della dignità professionale e, di conseguenza, dà diritto al risarcimento del danno.

**Razionalità della decisione:**  
L’orientamento della Cassazione si fonda sul principio che le attività svolte devono rispettare la qualifica professionale e la dignità di chi le esercita, e che il demansionamento forzato e stabile costituisce una violazione di questi diritti fondamentali. La presenza di attività manuali marginali, svolte in modo non occasionale, integra una lesione di questi diritti.

**Contesto normativo e deontologico:**  
Il ricorso dell’azienda sanitaria che sostiene che le attività di OSS non siano incompatibili con la professionalità dell’infermiere e che il Codice Deontologico consenta di compensare disservizi, viene respinto. La Corte sottolinea che, sebbene le attività di assistenza di base siano svolte anche dagli OSS e possano essere parte del lavoro infermieristico, esse non devono diventare la principale o esclusiva attività dell’infermiere in modo stabile, poiché ciò comporta una compressione del livello professionale e una lesione della dignità.

**Impatti pratici:**  
La pronuncia rafforza la tutela dei diritti degli infermieri, chiarendo che il demansionamento stabile o sistematico può portare a un risarcimento, anche in via equitativa, per la lesione della dignità professionale. In concreto, le ASL e le entità pubbliche devono fare attenzione a non assegnare compiti di livello inferiore in modo continuativo e ad assicurare che le mansioni siano compatibili con la qualifica e le competenze professionali degli infermieri.

**Conclusione:**  
La sentenza rappresenta un importante precedente che tutela la professionalità degli infermieri e rafforza il principio che le mansioni affidate devono rispettare la dignità e l’immagine professionale. La possibilità di adibire un infermiere a mansioni inferiori è ammessa solo in modo temporaneo e occasionale; altrimenti, si configura un illecito che dà diritto al risarcimento. Ciò sottolinea la necessità di un’attenta gestione delle assegnazioni di mansioni nel settore pubblico sanitario, nel rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori.

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