La sentenza del Consiglio di Stato del 2025 relativa ai massofisioterapisti evidenzia un’importante conferma giurisprudenziale circa la natura professionale e il riconoscimento del loro status nel sistema sanitario italiano. La decisione rappresenta un punto di svolta nella definizione della loro posizione giuridica e professionale, con ripercussioni significative sul riconoscimento delle competenze e sui diritti associati a questa figura professionale.
**Contesto della controversia**
La controversia nasce dall’atto ministeriale del 15 marzo 2024, che ha negato ai massofisioterapisti iscritti nell’elenco speciale ad esaurimento, previsto dall’art. 5 del D.M. 9 agosto 2019, il riconoscimento come “professionisti sanitari”. Questa decisione ha suscitato il ricorso di circa 300 massofisioterapisti, i quali hanno impugnato il provvedimento presso il TAR del Lazio. La prima sentenza del TAR (n. 15121/2024) ha confermato la legittimità dell’atto ministeriale, ritenendo che i massofisioterapisti non soddisfano i requisiti necessari per essere qualificati come professionisti sanitari.
**L’intervento del Consiglio di Stato**
L’appello contro questa decisione è stato portato al Consiglio di Stato, che con la sentenza n. 4579/2025 ha respinto integralmente le doglianze degli appellanti, consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai stabile. La pronuncia ha ribadito che i massofisioterapisti sono da considerarsi “operatori di interesse sanitario” e non “professionisti sanitari”. Questa distinzione è fondamentale dal punto di vista giuridico e normativo.
**Significato della distinzione tra “operatori di interesse sanitario” e “professionisti sanitari”**
La differenza tra queste due categorie implica diversi livelli di riconoscimento, responsabilità e tutela. I “professionisti sanitari” sono riconosciuti come figure che esercitano funzioni di elevata responsabilità clinica e sono soggetti a specifici requisiti di formazione, formazione continua e normativa professionale (ad esempio medici, infermieri, fisioterapisti). La qualifica di “operatori di interesse sanitario” indica invece figure che operano nel settore sanitario con funzioni più limitate, spesso di supporto o esecutive, senza il riconoscimento di status di professionisti sanitari.
**Implicazioni pratiche e normative**
La sentenza conferma che i massofisioterapisti, pur svolgendo un ruolo importante nel percorso di cura del paziente, non sono equiparati ai professionisti sanitari in termini di riconoscimento giuridico e normativo. Ciò comporta che non possono accedere a specifici percorsi di formazione, riconoscimenti di livello professionale superiore o diritti correlati a questa qualifica.
Inoltre, questa definizione influisce sulle possibilità di integrazione e collaborazione con altre figure sanitarie, sui limiti delle loro competenze e sulle responsabilità legali. La sentenza rafforza l’orientamento secondo cui la qualificazione di “professionista sanitario” richiede requisiti stringenti di formazione e riconoscimenti ufficiali, che i massofisioterapisti non hanno ancora soddisfatto.
**Riflessioni**
Questa decisione rappresenta un passo importante nel quadro normativo e giurisprudenziale italiano, chiarendo i limiti e le possibilità di riconoscimento professionale per i massofisioterapisti. Da un lato, permette di mantenere chiarezza sul ruolo delle diverse figure operative nel sistema sanitario; dall’altro, potrebbe stimolare un dibattito sulla necessità di rivedere o ampliare le qualifiche professionali e le opportunità di riconoscimento per questa categoria, soprattutto alla luce delle evoluzioni delle competenze e delle esigenze di assistenza.
**Conclusioni**
In sintesi, la sentenza del Consiglio di Stato del 2025 conferma che i massofisioterapisti sono da considerarsi “operatori di interesse sanitario”, e non “professionisti sanitari”. Questa distinzione ha effetti concreti sulla loro qualificazione, sulle funzioni attribuibili e sui diritti professionali. La decisione rappresenta un consolidamento di un orientamento giurisprudenziale che continuerà a influenzare l’evoluzione normativa e professionale di questa figura nel sistema sanitario italiano.
Pubblicato il 27/05/2025
N. 04579/2025REG.PROV.COLL.
N. 08625/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8625 del 2024, proposto da ………. con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 15121/2024, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2025 il Cons. Giovanni Tulumello e udito per gli appellanti l’Avv. Zampieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza 15121/2024 il TAR del Lazio ha respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti per l’annullamento del provvedimento del Ministero della Salute del 15.3.2024, PROT. DGPROF 17247, recante “mancato riconoscimento della natura di professione sanitaria del titolo di massofisioterapista iscritto nell'elenco di cui all'art. 5 del DM. 9.8.2019”.
L’indicata sentenza è stata impugnata con ricorso in appello dai ricorrenti in primo grado.
Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Ministero della Salute, che ha depositato una memoria.
Il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 10 aprile 2025.
2. Il provvedimento impugnato in primo grado ha respinto la pretesa dei ricorrenti - massofisioterapisti iscritti nell’elenco speciale ad esaurimento di cui all’art. 5 del D.M. 9 agosto 2019, istituito in attuazione della legge n. 145 del 2018 – di essere qualificati, in virtù dell’inclusione in tale elenco, come “professionisti sanitari”, e non come “operatori sanitari”.
Il T.A.R. ha respinto il ricorso osservando, tra l’altro, che “Il D.M. del 9 agosto 2019 dunque nell’istituire (art. 5) presso gli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione l’elenco speciale ad esaurimento dei massofisioterapisti il cui titolo è stato conseguito ai sensi della legge n. 403 del 1971 ha in sostanza consentito a costoro di poter continuare a svolgere l’attività pregressa, con la precisazione però che l'iscrizione in argomento non comporta di per sé l'equipollenza o l'equivalenza ai titoli necessari per l'esercizio delle professioni di cui all'art. 1 c. 1. (….) Diversa è invece la questione della sussunzione di tale attività sotto la categoria delle “professioni sanitarie”, questione che resta disciplinata dall'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e dal D.M. del 29 marzo 2001, ove tra le professioni sanitarie tipizzate e preposte alle attività di prevenzione, assistenza, cura e riabilitazione in forza di titolo abilitativo rilasciato dallo Stato, non è ricompresa la figura professionale del massiofisioterapista. Né il D.M. del 2019 avrebbe potuto provvedere in tal senso, in assenza di una espressa previsione normativa, che anzi, contestualmente (legge 30 dicembre 2018, n. 145) alla istituzione degli elenchi speciali ad esaurimento per coloro che svolgano o abbiano svolto un’attività professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo, per un periodo minimo di 36 mesi, anche non continuativi, negli ultimi 10 anni (art. 1 co. 537), ha altresì espressamente abrogato (comma 542) l'articolo 1 della legge 19 maggio 1971, n. 403, che prevedeva per i massiofisioterapisti la qualifica di professione sanitaria, e soprattutto in assenza dei requisiti previsti dalla richiamata normativa di settore per le singole figure professionali (art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e D.M. del 29.3.2001), tra le quali non è ricompresa la figura professionale del massiofisioterapista”.
3. Gli appellanti hanno impugnato l’indicata sentenza deducendo le seguenti censure:
3.1. “Sulla violazione del criterio della interpretazione letterale dell’art. 1 della l. n. 145/2018 e dell'art. 12 delle preleggi”.
3.2. “Sulla violazione della ratio dell’art. 1, comma 537, della l. n. 145/2018”.
3.3. “Sull’emanazione dell’art. 5 del dm. 9.8.2019 in diretta applicazione dell’art. 1, comma 537, della l. n. 145/2018”.
3.4. “Sulla violazione dell’art. 1 della l. n. 403/71 e dell’art. 1, comma 542, della l. n. 145/2018”.
3.5. “Sulla violazione ed erronea applicazione dell’art. 5 del dm. 9.8.2019 e dell’art. 1, comma 537, della l. n. 145/2018”.
3.6. “Sull’irrilevanza del comma 540 dell’art. 1 della l. n. 145/2018”.
3.7. “Sulla erronea e falsa applicazione dell’articolo 2 della l. n. 251/2000. violazione del dm. n. 105/1997”.
3.8. “Sulla violazione dell’art. 1 della l. n. 241/90, della direttiva 2005/36, dell’art. 53 della l. n. 234/12, nonché dei principi di libera circolazione, reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali”.
3.9. “Ulteriore violazione dell’art. 1 della l. n. 241/90. violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento sulla possibilità di ottenere l’inserimento nell’ambito delle professioni sanitarie”.
3.10. “Sulla violazione dell’art. 1 della l. n. 241/90, dei principi di parità di trattamento e divieto di discriminazione. violazione degli artt. 45, 53 e 56 del tfue., degli artt. art. 20 e 21 della cdfue. e della direttiva 2005/36”.
3.11. “Sulla violazione dell’art. 39 del cpa. e degli artt. 2909 del c.c. e 324 del c.p.c., nonché del ne bis in idem”.
4. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni sollevate, in rito, dall’amministrazione appellata in ragione dell’infondatezza, nel merito, dell’appello.
I motivi di gravame possono essere trattati congiuntamente, in ragione dell’intima connessione degli stessi (costituenti piuttosto plurimi argomenti dell’unitaria prospettazione della parte), e comunque dell’unitarietà della pretesa del bene della vita.
5. Vanno anzitutto qui sinteticamente (art. 3, comma 2; art. 88, comma 2, lett. d, cod. proc. amm.) richiamati i precedenti resi da questa Sezione nella materia oggetto del giudizio, in parte peraltro menzionati anche dall’impugnata sentenza.
In particolare, la sentenza n. 4513 del 2022 - relativa anch’essa all’impugnazione del “D.M. del Ministero della Salute del 9 agosto 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 212 del 10 settembre 2019 e relativo alla “istituzione degli elenchi speciali ad esaurimento istituiti presso gli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione” nella parte in cui prevede l’istituzione dell’elenco speciale dei massofisioterapisti (art. 5) ” – ha esaminato, in relazione a motivi sostanzialmente sovrapponibili a quelli dedotti nel presente giudizio, “il controverso tema dello statuto giuridico del massofisioterapista quale evincibile dall’ordinamento di settore”, concludendo nel senso che “i massofisioterapisti non possono invocare il diritto a conservare la propria qualificazione di “professioni sanitarie”, atteso che una tale qualificazione era stata loro preclusa già a partire dal 2006”.
Secondo gli appellanti tale precedente non sarebbe pertinente, in quanto “tale decisione aveva sancito la qualifica di “operatori di interesse sanitario” dei SOLI massofisioterapisti che NON avevano ottenuto L’INSERIMENTO nell’elenco ad esaurimento tenuto dal TSRM., poiché PRIVI DEI 36 MESI di esperienza professionale” (pag. 6 della memoria del 10 marzo 2025).
In realtà, al di là delle concrete vicende dedotte in quel giudizio, il richiamato precedente, che il Collegio condivide e al quale si riporta, è chiarissimo nell’operare una ricostruzione del quadro normativo propedeutica allo scrutinio delle censure proposte nel presente giudizio, che si frappone alla pretesa degli odierni appellanti, per come articolata nei motivi di gravame.
In particolare, risulta fondata sul dato normativo l’affermazione dell’amministrazione appellata secondo cui “che l’abrogazione del citato art. 1, legge n. 403/1971 non ha soppresso la figura del massofisioterapista, ma ha inciso sulla sua identità giuridica, qualificandola non come “professionista sanitario” (quale era indicata nel citato art. 1, legge n. 403/1971) ma come “operatore di interesse sanitario” (conclusione peraltro fatta propria dalle sentenze di questo Consiglio di Stato n. 7618 e n. 8036 del 2021).
Tale rilievo risulta del tutto dirimente nel senso dell’infondatezza dei singoli argomenti di censura articolati dagli appellanti, perché ne priva in radice di presupposto la comune prospettazione.
6. A identiche conclusioni deve giungersi in relazione all’altro precedente richiamato dalla difesa dell’amministrazione appellata, la sentenza del T.A.R. Lazio n. 14145 del 2022, passata in autorità di cosa giudicata.
Anche in questo caso il tentativo della difesa degli odierni appellanti di differenziare l’oggetto di quel giudizio rispetto a quello odierno è del tutto fallace, posto che, come correttamente dedotto in memoria dall’amministrazione, l’indicata sentenza “aveva accolto il ricorso proposto solo con riferimento all’illegittimità dell’esclusione dei massofisioterapisti di cui all’art. 5 del D.M 9 agosto 2022 dall’obbligo di ECM, ma ribadendo che i massofisioterapisti, anche quelli iscritti nell’elenco, non sono “professionisti sanitari”, bensì “operatori di interesse sanitario”.
Pertanto, pur prescindendo dal rilievo di tale precedente sul terreno della preclusione da giudicato (trattandosi di giudizio fra le stesse parti, avente ad oggetto il medesimo decreto ministeriale, all’esito del quale ne è stata scrutinata la legittimità in relazione proprio al profilo della non qualificabilità degli iscritti all’elenco come “professionisti sanitari”), esso ridonda sul terreno della manifesta infondatezza della pretesa agitata nel presente giudizio (dal che discende, tra l’altro, la palese infondatezza dell’undicesimo motivo di appello).
Peraltro va osservato che le superiori conclusioni non sono in alcun modo smentite dal tenore del comma 4-bis dell’art. 4 della legge 26 febbraio 1999, n. 42 (aggiunto dall’art. 1, comma 537, della legge 30 dicembre 2018, n. 145), come dimostra la pacifica giurisprudenza successiva a tale addizione normativa: che dimostra come la disciplina da essa introdotta non ha avuto riguardo alla qualifica professionale, ma unicamente al regime dell’attività.
7. Né vale in contrario invocare l’ordinanza della V Sez. civile della Corte di cassazione n. 20681 del 25 luglio 2024: sia perché essa è relativa al diverso profilo del regime tributario delle attività dei massofisioterapisti; sia, soprattutto, perché essa opera una ricostruzione normativa della disciplina della categoria, propedeutica alla soluzione del quesito strettamente tributario, che non si pone in conflitto con quanto fin qui argomentato (anche nel richiamo, al paragrafo 7.12., all'elenco speciale di cui all'articolo 5 del decreto del Ministro della Salute 9 agosto 2019, oggetto del presente giudizio)
8. Tanto premesso in punto di radicale infondatezza della pretesa, risultano consequenzialmente infondate anche le censure con le quali si deduce la violazione della Direttiva 2005/36, dei princìpi di libera circolazione e reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali, di parità di trattamento e non discriminazione; nonché dei princìpi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento circa la possibilità di ottenere l’inserimento nell’ambito delle professioni sanitarie.
Come ha ben chiarito il primo giudice, con affermazione condivisibile e non superata dai motivi di appello in esame, “La qualificazione in termini di “professione sanitaria” piuttosto che di “operatore
sanitario” dell’attività professionalmente svolta dai massofisioterapisti non presenta risvolti in tema di mutuo riconoscimento delle qualifiche”.
Né l’affidamento invocato dagli appellanti risulta legittimamente fondato, posto che, come si è visto, il quadro normativo non consentiva il maturare di una legittima aspettativa in tal senso alla luce del ricostruito quadro normativo.
9. Il ricorso in appello è pertanto infondato e come tale deve essere respinto.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti al pagamento in favore del Ministero della Salute delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro cinquemila/00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Nicola D'Angelo, Consigliere
Ezio Fedullo, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore
Luca Di Raimondo, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Tulumello Rosanna De Nictolis
IL SEGRETARIO
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