Consiglio di Stato 2025- Il ricorso di primo grado n.r.g. xx coinvolge un gruppo consistente di militari in servizio permanente effettivo nell’Esercito Italiano, nella Marina Militare e nella Guardia di Finanza, che hanno adito il TAR del Lazio con l’obiettivo di ottenere il riconoscimento di un diritto retributivo. Nello specifico, i ricorrenti chiedevano:
- **Il riconoscimento delle differenze retributive non corrisposte** a seguito del mancato adeguamento degli stipendi nel periodo 30 luglio 2015 – 31 dicembre 2017.
- In alternativa, qualora tale diritto non fosse riconosciuto, **un indennizzo** per il mancato adeguamento al costo della vita tra il 1° gennaio 2010 e il 29 luglio 2015.
**Motivazioni dei ricorrenti**
I militari sostenevano che le Amministrazioni di appartenenza non avessero attivato le procedure di concertazione necessarie per il rinnovo contrattuale, in seguito alla pronuncia della Corte costituzionale n. 178/2015. Tale pronuncia aveva dichiarato l’illegittimità del regime di sospensione della contrattazione collettiva imposto dal d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010, che aveva di fatto bloccato le trattative e gli aumenti salariali.
Inoltre, i ricorrenti facevano riferimento all’art. 24 della legge 448/1998, che impone l’adeguamento annuale degli stipendi delle categorie di dipendenti pubblici contrattualizzati rispetto agli aumenti medi calcolati dall’ISTAT, sostenendo che il mancato adeguamento si configurasse come un danno da mancato riconoscimento di diritti retributivi fondamentali.
**Decisione del TAR e motivi**
Il TAR del Lazio, nel dichiarare il ricorso inammissibile, si è soffermato sul punto dell’interesse ad agire e sulla legittimazione attiva dei singoli militari:
- **Interesse ad agire**: Il Tribunale ha ritenuto che i militari, non partecipando direttamente alle procedure di concertazione (che sono attività di carattere negoziale tra le parti amministrative e le rappresentanze sindacali), non abbiano interesse diretto e attuale a contestare il merito delle attività di contrattazione o concertazione. In altre parole, la loro posizione processuale non sarebbe sufficientemente collegata all’attività negoziale che si sarebbe protratta o bloccata.
- **Legittimazione attiva**: La Corte ha ricordato che, secondo la giurisprudenza costituzionale e amministrativa, il contratto collettivo ha efficacia erga omnes e si inserisce in un ambito che coinvolge le parti collettive (sindacati, amministrazioni), e non i singoli dipendenti in modo diretto. Pertanto, un ricorso promosso dal singolo militare per censurare l’attività di contrattazione collettiva si configura come privo di legittimazione attiva.
**Riferimenti alla giurisprudenza costituzionale e alle implicazioni**
La Corte costituzionale, con sentenza n. 309/1997, ha chiarito come la contrattazione collettiva si inserisca nel rapporto di lavoro in modo distinto, e non attraverso effetti immediati e diretti sui singoli lavoratori, ma mediante effetti che si manifestano in conformità alle norme e ai contratti collettivi stipulati dalle rappresentanze sindacali.
La sentenza richiama inoltre la sentenza n. 178/2015, che ha affrontato la questione del blocco delle retribuzioni e la loro eventuale illegittimità, sottolineando che le azioni di impugnazione di contratti collettivi sono di competenza di sindacati o organizzazioni rappresentative, e non di singoli lavoratori.
**Implicazioni pratiche e principi consolidati**
- La pronuncia sottolinea il principio secondo cui i singoli militari, in assenza di una partecipazione diretta alla contrattazione o concertazione, non hanno la legittimazione ad agire in giudizio per contestare le scelte di politica retributiva o di negoziazione collettiva.
- La tutela dei diritti retributivi può essere, tuttavia, fatta valere attraverso le rappresentanze sindacali o altre forme di impugnazione collettiva.
**Considerazioni finali**
Il Consiglio di Stato, con questa decisione, rafforza il principio di distinzione tra attività negoziale collettiva e tutela individuale, ribadendo che i diritti retributivi e le controversie relative alla contrattazione collettiva devono essere sollevati nelle sedi appropriate, principalmente dalle rappresentanze sindacali o collettive, non dai singoli militari.
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