Translate

04 aprile 2025

Consiglio di Stato 2025- Il signor -OMISSIS-, ufficiale dell’Esercito Italiano, impugna la sentenza in epigrafe, con la quale il T.a.r. per il Lazio ha respinto il ricorso dal medesimo proposto avverso il mancato riconoscimento della dipendenza da causa di servizio – e del connesso equo indennizzo – per l’infermità “Postumi frattura pluriframmentaria epifisi distale radio sinistro, frattura clavicola e scapola sinistra con lesione traumatica plesso brachiale sinistro in attuale trattamento riabilitativo ed in attesa di nuovo trattamento chirurgico. Esiti frattura parete anteriore e posteriore di seno mascellare sinistro, frattura del pavimento orbitario sinistro, frattura zigomatica sinistra, pregresso trauma cranico”, al medesimo occorsa in data 3 novembre 2014 in esito ad un incidente stradale “in itinere”, verificatosi allorquando il predetto era a bordo del proprio motoveicolo al rientro presso la sua residenza dopo aver prestato servizio presso il poligono di .....

 

 

Consiglio di Stato 2025- Il signor -OMISSIS-, ufficiale dell’Esercito Italiano, impugna la sentenza in epigrafe, con la quale il T.a.r. per il Lazio ha respinto il ricorso dal medesimo proposto avverso il mancato riconoscimento della dipendenza da causa di servizio – e del connesso equo indennizzo – per l’infermità “Postumi frattura pluriframmentaria epifisi distale radio sinistro, frattura clavicola e scapola sinistra con lesione traumatica plesso brachiale sinistro in attuale trattamento riabilitativo ed in attesa di nuovo trattamento chirurgico. Esiti frattura parete anteriore e posteriore di seno mascellare sinistro, frattura del pavimento orbitario sinistro, frattura zigomatica sinistra, pregresso trauma cranico”, al medesimo occorsa in data 3 novembre 2014 in esito ad un incidente stradale “in itinere”, verificatosi allorquando il predetto era a bordo del proprio motoveicolo al rientro presso la sua residenza dopo aver prestato servizio presso il poligono di .....

2. Secondo quanto emerge dalla documentazione in atti, in esito al parere negativo n. ..../2016 reso dal Comitato di verifica per le cause di servizio (di seguito anche CVCS o il Comitato) il Ministero della difesa interessava il Comando di appartenenza dell’ufficiale al fine di acquisire eventuale ulteriore documentazione utile a valutarne l’eventuale richiesta di riesame.



Pubblicato il 21/03/2025
N. 02325/2025REG.PROV.COLL.
N. 06197/2024 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6197 del 2024, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato ..
contro
il Ministero della difesa ed il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I stralcio, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Ministero dell’economia e delle finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’istanza di passaggio in decisione depositata dalle Amministrazioni intimate in data 15 marzo 2025;
Vista l’istanza di passaggio in decisione depositata dall’appellante in data 17 marzo 2025 e dato per presente l’avvocato Xavier Santiapichi, che ne ha fatto espressa richiesta ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 28/2020, dell’art. 25 del d.l. n. 137/2020 e dell’art. 6, co. 1, del d.l. n. 44/2021;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 marzo 2025 il consigliere Giancarlo Carmelo Pezzuto e udito per la parte appellata l’avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO
1. Il signor -OMISSIS-, ufficiale dell’Esercito Italiano, impugna la sentenza in epigrafe, con la quale il T.a.r. per il Lazio ha respinto il ricorso dal medesimo proposto avverso il mancato riconoscimento della dipendenza da causa di servizio – e del connesso equo indennizzo – per l’infermità “Postumi frattura pluriframmentaria epifisi distale radio sinistro, frattura clavicola e scapola sinistra con lesione traumatica plesso brachiale sinistro in attuale trattamento riabilitativo ed in attesa di nuovo trattamento chirurgico. Esiti frattura parete anteriore e posteriore di seno mascellare sinistro, frattura del pavimento orbitario sinistro, frattura zigomatica sinistra, pregresso trauma cranico”, al medesimo occorsa in data 3 novembre 2014 in esito ad un incidente stradale “in itinere”, verificatosi allorquando il predetto era a bordo del proprio motoveicolo al rientro presso la sua residenza dopo aver prestato servizio presso il poligono di .....
2. Secondo quanto emerge dalla documentazione in atti, in esito al parere negativo n. ..../2016 reso dal Comitato di verifica per le cause di servizio (di seguito anche CVCS o il Comitato) il Ministero della difesa interessava il Comando di appartenenza dell’ufficiale al fine di acquisire eventuale ulteriore documentazione utile a valutarne l’eventuale richiesta di riesame.
In riscontro a detta richiesta il citato Comando si limitava a trasmetteva nuovamente al Dicastero richiedente la documentazione del caso, comprendente, tra l’altro, il verbale dei Carabinieri della Stazione di Narcao intervenuti sul luogo dell’incidente, di talché l’Amministrazione, conformandosi al parere del CVCS, respingeva l’istanza con decreto n. 3051/2018.
3. Avverso detto provvedimento e gli atti ad esso connessi l’interessato proponeva ricorso giurisdizionale, che il giudice di prime cure, richiamati gli orientamenti giurisprudenziali in materia, respingeva ritenendo, in estrema sintesi, che dalla documentazione agli atti – ed in particolare dal verbale redatto dall’autorità di polizia intervenuta sul posto – non emergessero “elementi certi atti ad escludere che la causa dell’incidente possa essere stata un’eventuale imprudente condotta di guida del ricorrente” e che, di conseguenza, non fosse stato assolto l’onere probatorio incombente sull’interessato ai fini del riconoscimento della riconducibilità dell’infermità al servizio; e ciò anche in quanto, “considerato che non si ravvisa una manifesta e macroscopica irragionevolezza nella valutazione dei fatti o incongruenze nell’esame delle circostanze di fatto, idonee ad incidere sulla logicità e congruità dell’operato dell’amministrazione, devono ritenersi sottratti alle censure di legittimità il parere del Comitato di Verifica e il decreto sulla base dello stesso adottato”.
4. L’interessato impugna ora detta pronuncia, affidandosi ai motivi di seguito sinteticamente riepilogati:
I. “Error in iudicando et procedendo: violazione dell’art. 2697 c.c. Omessa valutazione delle prove. Violazione del diritto di difesa”: richiamando giurisprudenza anche della Corte costituzionale e della Corte di cassazione, l’interessato sostiene che l’obbligazione pecuniaria che nasce per effetto dell’insorgenza di un’infermità cagionata dalla prestazione di servizio ha natura retributiva, di talché “non si può che riconoscere a quell’indennità la natura di diritto soggettivo”, il che ne determinerebbe la “sua piena conoscenza anche da parte del Giudice amministrativo, che non può trovare limite nella pretesa natura discrezionale della valutazione svolta dalla Commissione [recte: dal Comitato] di Verifica”, di talché il giudice amministrativo ben potrebbe asseritamente entrare nel merito della vicenda; il primo giudice avrebbe “completamente disatteso ogni valutazione del copioso materiale probatorio prodotto in giudizio” dal ricorrente e che non sarebbe stato contestato dalle Amministrazioni appellate; il T.a.r. si sarebbe, quindi, limitato a considerare la documentazione relativa al procedimento e non anche quella processuale, statuendo come giudice dell’atto e non del rapporto, non valutando la documentazione difensiva, dalla quale, tra l’altro, risulterebbe l’assenza in capo all’interessato, nel sinistro stradale, sia della colpa – come asseritamente confermato dalla mancata decurtazione dei punti della patente di guida che sarebbe altrimenti derivata in caso di violazione della distanza di sicurezza –, sia del dolo – atteso che dall’estratto del casellario giudiziale dell’appellante non risultano precedenti di sorta;
II. “Error in iudicando et procedendo: eccesso di potere per grave travisamento dei fatti. Omessa valutazione delle prove sotto altro profilo. Violazione del principio di parità delle Parti e del giusto processo. Difetto di motivazione”: il Comitato di verifica non avrebbe indicato le ragioni per le quali si sarebbe dovuto ritenere sussistente il dolo o la colpa grave dell’odierno appellante nella causazione del danno; al contrario, trattandosi di incidente in itinere, sarebbe stato onere dell’Amministrazione provare l’assenza del nesso causale, mentre l’Amministrazione avrebbe nella fattispecie fornito una motivazione postuma solo in sede processuale, tentando di “addossare la ‘colpa’ dell’incidente in capo all’odierno appellante” e sostenendo che se l’interessato avesse rispettato “la distanza di sicurezza avrebbe potuto garantire l’arresto tempestivo del proprio mezzo evitando di conseguenza il sinistro”, mentre di ciò non vi sarebbe traccia nei provvedimenti avversati in primo grado; il giudice di prime cure non avrebbe, quindi, asseritamente rispettato il principio di parità delle parti processuali, aderendo alla motivazione postuma fornita dall’Amministrazione e ritenendo attendibili e prevalenti le dichiarazioni dell’altra persona coinvolta nell’incidente, omettendo per contro di valutare la documentazione fornita dal ricorrente;
III. “Error in iudicando: grave travisamento dei fatti. Difetto di motivazione”: il CVCS avrebbe espresso parere negativo ritenendo erroneamente “generici gli elementi prodotti a corredo della domanda dalla parte sia risultanti dagli atti dell’Amministrazione”, mentre in realtà la documentazione del caso era già stata tempestivamente prodotta, il che sarebbe confermato dal riferimento inserito nel provvedimento reiettivo al fatto che il Comando di appartenenza dell’ufficiale, in esito alla specifica richiesta ricordata in premessa, aveva nuovamente trasmesso la stessa documentazione di cui all’istanza del 20 gennaio 2015, ivi compreso il verbale dell’autorità di polizia intervenuta sul posto; si sarebbe, quindi, in presenza di un difetto di istruttoria non rilevato dal giudice di prime cure, il quale avrebbe dovuto accertare che detto verbale era già in possesso del Comitato ovvero che, in alternativa, in caso di trasmissione postuma, il Comitato medesimo avrebbe dovuto rivalutare la vicenda su richiesta dell’Amministrazione.
5. Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio e in data 6 febbraio 2025 hanno depositato documentazione già versata nel primo grado di giudizio.
6. Con memoria del 14 febbraio 2025 l’appellante, preso atto del mero atto di costituzione di controparte, si è riportato a quanto dedotto nell’atto di appello.
6.1. Entrambe le parti hanno depositato in data 25 febbraio 2025 memorie di replica.
In tale contesto l’Avvocatura generale dello Stato, oltre a insistere per il rigetto, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello nella parte in cui il gravame è stato riproposto anche nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze senza che sia stato impugnato il relativo capo della sentenza di primo grado.
L’appellante ha, per contro, rilevato che la controparte non aveva prodotto memorie difensive entro il termine previsto dall’art. 73 c.p.a., eccependo l’inammissibilità di eventuali memorie intempestive.
7. All’udienza pubblica del 18 marzo 2025 la causa è stata ritualmente discussa e trattenuta in decisione.
DIRITTO
8. Si deve preliminarmente procedere allo stralcio della memoria “di replica” depositata dalle Amministrazioni intimate in data 25 febbraio 2025, essendo fondata l’eccezione in tal senso formulata dall’appellante secondo la quale eventuali memorie difensive di controparte che fossero state presentate oltre il termine di cui all’art. 73 c.p.a. avrebbero dovuto essere dichiarate inammissibili.
Al riguardo giova osservare che con la memoria prodotta in data 14 febbraio 2025 parte appellante aveva soltanto rilevato che a seguito della proposizione dell’appello le Amministrazioni intimate si erano limitate a costituirsi in data 2 agosto 2024 con formula di stile per poi depositare in vista dell’udienza pubblica documentazione già versata in primo grado, limitandosi di conseguenza a riportarsi a quanto dedotto nell’atto di appello.
L’assetto della prospettazione introduttiva della parte appellante è rimasto quindi invariato, dal che deriva che non è sorto in capo alla parte appellata alcun diritto di replica che potesse abilitarla al deposito di una memoria di replica (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 7932/2019).
8.1. L’infondatezza dell’appello, come più compiutamente di seguito rilevata, consente, per contro, di prescindere dall’eccezione in rito formulata dalle Amministrazioni intimate.
9. Ciò posto, giova premettere che, secondo i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., ex pluribus, Cons. Stato, Sez. II, n. 10398/2024, n. 10281/2024, n. 5133/2024, n. 4851/2024, n. 4847/2024, n. 5643/2023, n. 3740/2023, n. 8478/2022, n. 10807/2022; Sez. IV, n. 6945/2022; Sez. I, n. 291/2024 e n. 177/2021, nonché l’ulteriore giurisprudenza ivi richiamata), il Comitato di verifica per le cause di servizio è l’organo competente a esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio, avendo il d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, agli artt. 11 e 12, affidato ad esso il compito di accertare l’esistenza del nesso causale o concausale delle infermità contratte dai pubblici dipendenti con il servizio.
Il giudizio di detto Comitato rappresenta il momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, quale la Commissione medica ospedaliera, e costituisce un parere di carattere più articolato e complesso sia per la composizione di detto organismo, nel quale sono presenti professionalità non solo sanitarie, ma anche giuridiche ed amministrative, sia per la maggior completezza dell’istruttoria esperita in tale sede, che non si limita ai soli aspetti medico-legali.
Va, infatti, ricordato che alla Commissione medica ospedaliera spetta il giudizio diagnostico sulle infermità lamentate dal pubblico dipendente e l’eventuale indicazione della categoria alla quale esse devono ritenersi ascrivibili, mentre è al Comitato di verifica che spetta il diverso compito di accertare l’esistenza di un nesso causale fra le patologie riscontrate dalla Commissione a carico del pubblico dipendente e l’attività lavorativa svolta dal medesimo.
È il Comitato, dunque, l’organo preposto ad accertare in via definitiva la riconducibilità o meno all’attività lavorativa delle cause produttive delle patologie in relazione a fatti di servizio e al rapporto causale (o concausale) tra i fatti e le patologie medesime.
Ne consegue che il giudizio del Comitato di verifica è vincolante per l’Amministrazione, che non può attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito sanitario e deve quindi conformarvisi salva la facoltà, ove lo ritenga, di richiedere un ulteriore parere all’organo medesimo, al quale poi è tenuta ad attenersi.
Al riguardo vale ricordare che a mente dell’art. 14, comma 1, del d.P.R. n. 461/2001 “L’Amministrazione si pronuncia sul solo riconoscimento di infermità o lesione dipendente da causa di servizio, su conforme parere del Comitato, anche nel caso di intempestività della domanda di equo indennizzo ai sensi dell'articolo 2, entro venti giorni dalla data di ricezione del parere stesso. Entro lo stesso termine l’Amministrazione che, per motivate ragioni, non ritenga di conformarsi a tale parere, ha l'obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato, che rende il parere entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta; l’Amministrazione adotta il provvedimento nei successivi dieci giorni motivandolo conformemente al parere del Comitato”.
In altri termini, laddove non ritenga di conformarsi al parere del CVCS l’Amministrazione deve chiederne il riesame ed è poi – come detto – vincolata, secondo la lettera della norma, a conformarsi al parere medesimo.
Il parere del Comitato non è, inoltre, sindacabile nel merito in sede giurisdizionale, a meno che non emergano vizi del procedimento o vizi di manifesta irragionevolezza della motivazione per l’inattendibilità metodologica delle conclusioni, ovvero per il travisamento dei fatti o, ancora, per la mancata considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione finale, senza che in ogni caso tale sindacato possa estendersi al merito delle valutazioni di natura medico-legale.
Come recentemente osservato in un caso analogo dalla Sezione, al giudice amministrativo è in tal caso consentita “una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza, vale a dire sulla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, mentre l’accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, che sostanzia il giudizio sulla dipendenza o meno dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di merito tecnico riservato all’organo medico (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo 2014, n. 1454, 8 giugno 2009, n. 3500, 9 marzo 2017, n. 1435 e 27 giugno 2017, n. 5357; Cons. Stato Sez. II, 28 maggio 2021, n. 4136)” (così Cons. Stato, Sez. II, n. 3740/2023, cit.).
10. Tanto premesso, come innanzi anticipato l’appello è infondato, ritenendo il Collegio di aderire al percorso logico-argomentativo del primo giudice.
Le censure possono essere esaminate congiuntamente, stante la loro connessione logico-sistematica.
10.1. Fermi restando gli orientamenti innanzi richiamati in ordine ai limiti del sindacato di legittimità del parere espresso dal Comitato di verifica per le cause di servizio, si deve in primo luogo osservare che, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, correttamente richiamata dal giudice di prime cure, in caso di infortunio in itinere la valutazione della sussistenza del nesso causale è soggetta a criteri assai rigorosi e che, “in particolare, ‘si verifica l’ipotesi dell’infortunio in itinere allorché il fatto invalidante sia avvenuto fuori dai locali di ufficio durante un percorso esterno imposto da ragioni di servizio e purché al verificarsi dell’incidente non abbia concorso il dipendente con iniziative colpose o ingiustificate o con imprudenza grave’ (Corte conti, sez. III centrale, 11 marzo 1998, n. 78; Corte conti, sez. III pens. civ., 28 giugno 1983, n. 5430; sez. Abruzzo, 29 agosto 1995, n. 273)” (Cons. Stato, sez. IV, n. 6091/2019).
Deve quindi escludersi ogni automatismo tra l’infortunio occorso, per l’appunto, in itinere e la dipendenza da causa di servizio della conseguente infermità, essendo (anche) necessario, tra l’altro, che il comportamento dell’interessato sia immune da una corresponsabilità di natura colposa (o dolosa) nell’evento dannoso.
Ebbene, dalla ricostruzione della dinamica dell’incidente stradale descritta nei verbali dell’autorità di polizia intervenuta sul posto, in atti, emerge che il motoveicolo condotto dall’odierno appellante “andava a tamponare violentemente l’autovettura che la precedeva”, la cui conducente, “obbedendo” alle indicazioni del personale dell’Arma dei Carabinieri che scortava una colonna militare proveniente dall’opposto senso di marcia, rallentava e accostava sul proprio margine destro in modo da far transitare agevolmente il convoglio.
Peraltro, dalle dichiarazioni rese a verbale dalla passeggera a bordo dell’autovettura (cfr. verbale di spontanee dichiarazioni della signora-OMISSIS-, in atti) emerge anche che l’impatto tra i due veicoli si era verificato dopo il rallentamento e l’accostamento sulla destra dell’autovettura e allorquando erano già transitati due autotreni della colonna militare.
10.2. In assenza di prove di segno contrario, non appare, quindi, potersi accedere ad una diversa ricostruzione della dinamica del sinistro, evidentemente consistente in un tamponamento nei termini innanzi descritti nel verbale dei Carabinieri intervenuti sul posto; ricostruzione che, in ipotesi, dovrebbe a contrario desumersi, come l’interessato sembrerebbe pretendere, dall’assenza della decurtazione di punti dalla sua patente di guida e di precedenti penali a suo carico.
Giova, per contro, rilevare che in base all’art. 149, comma 1, del codice della strada “Durante la marcia i veicoli devono tenere, rispetto al veicolo che precede, una distanza di sicurezza tale che sia garantito in ogni caso l'arresto tempestivo e siano evitate collisioni con i veicoli che precedono” e che, in base a quanto sancito dalla Corte di cassazione si è in tali ipotesi in presenza di una vera e propria presunzione iuris tantum, dal momento che “Il soggetto che tampona un veicolo ha l’onere di fornire la prova liberatoria, dimostrando che il mancato tempestivo arresto dell'automezzo e la conseguente collisione sono derivati da causa, in tutto o in parte, a lui non imputabile” (Cass. civ, sez. VI, ord. n. 3398/2023; sul punto cfr. anche Cass. civ., sez. III, n. 15923/2024).
Ebbene, deve rilevarsi che l’odierno appellante non ha fornito alcuna prova della causa del tamponamento che consenta di escludere la sua responsabilità; e ciò, vale rilevare, indipendentemente dalla mancata irrogazione nei suoi confronti di sanzioni amministrative o penali, trattandosi di una circostanza che con ogni evidenza non ha alcuna rilevanza nel presente giudizio.
Correttamente, dunque, il giudice di primo grado ha al riguardo ritenuto che “non emergono elementi certi atti a escludere che la causa dell’incidente possa essere stata un’eventuale imprudente condotta di guida del ricorrente, il quale potrebbe non essersi accorto del rallentamento dell’autovettura innanzi a lui, determinato dall’ordine dei militari che scortavano il convoglio in direzione opposta, urtandola violentemente”, concludendo che “la documentazione allegata alla domanda del ricorrente, dunque, non ha assolto l’onere probatorio richiesto ai fini del riconoscimento della dipendenza delle infermità in discorso da causa di servizio, perché si è limitata a mettere in relazione le predette infermità con l’incidente occorso al ricorrente, senza, tuttavia, provare l’esistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’infortunio in itinere (compresa l’assenza di dolo o colpa grave nella condotta del ricorrente medesimo)”.
Deve parimenti convenirsi con il primo giudice laddove ha rilevato che “non si ravvisa una manifesta e macroscopica irragionevolezza dei fatti o incongruenze nell’esame delle circostanze di fatto, idonee ad incidere sulla logicità e congruità dell’operato dell’amministrazione, [di talché] devono ritenersi sottratti alle censure di legittimità il parere del Comitato di Verifica e il decreto sulla base dello stesso adottato”.
E del resto deve pure rilevarsi che l’Amministrazione aveva anche avviato l’iter per valutare se eventualmente interessare il CVCS per il riesame del parere, chiedendo al Comando di (allora) appartenenza dell’odierno appellante, con nota n. 510118/A dell’1 giugno 2017, di “inviare ulteriore documentazione” al fine di procedere in tal senso motivatamente; tuttavia, come innanzi ricordato e come dallo stesso appellante riferito, il Comando in questione, con nota del 20 giugno 2017, in atti, si era limitato a “ritrasmettere” l’istanza dell’ufficiale e la relativa documentazione a corredo.
10.3, Da quanto sin qui rilevato deve, quindi, rilevarsi l’inaccoglibilità delle censure secondo le quali il Comitato di verifica non avrebbe condotto un’istruttoria adeguata e non avrebbe sufficientemente motivato il proprio parere negativo, dal momento che detto giudizio, sia pure nella sua sinteticità, appare sostenuto da un adeguato supporto motivazionale e non appare in ogni caso affetto dai vizi che, secondo gli orientamenti innanzi richiamati, ne consentirebbero il sindacato di legittimità; né, ancora, può ritenersi che il giudice di prime cure non avrebbe rispettato il principio di parità delle parti processuali.
11. In definitiva, alla luce di tali complessive considerazioni, l’appello deve essere respinto.
12. Le spese di giudizio sono poste, come di regola, a carico della parte soccombente e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla refusione a favore dei Ministeri intimati delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina, Presidente
Francesco Guarracino, Consigliere
Giancarlo Carmelo Pezzuto, Consigliere, Estensore
Maria Stella Boscarino, Consigliere
Ugo De Carlo, Consigliere
         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Giancarlo Carmelo Pezzuto        Fabio Taormina
         
         
         
         
         
IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

 

Nessun commento:

Posta un commento