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26 febbraio 2025

La Cassazione con la sentenza n. 2549 ha affrontato un caso relativo al consenso per un intervento chirurgico su un minore, in cui i genitori avevano posto una condizione: l’ospedale non doveva utilizzare sangue di donatori vaccinati contro il Covid-19. La motivazione dei genitori si basava su due ragioni principali: la presunta pericolosità dei vaccini e la loro opposizione per motivi religiosi, ritenendo che i vaccini potessero essere stati sviluppati utilizzando cellule di feti abortiti.

 

La Cassazione con la sentenza n. 2549 ha affrontato un caso relativo al consenso per un intervento chirurgico su un minore, in cui i genitori avevano posto una condizione: l’ospedale non doveva utilizzare sangue di donatori vaccinati contro il Covid-19. La motivazione dei genitori si basava su due ragioni principali: la presunta pericolosità dei vaccini e la loro opposizione per motivi religiosi, ritenendo che i vaccini potessero essere stati sviluppati utilizzando cellule di feti abortiti.

La Cassazione ha respinto entrambe le argomentazioni, stabilendo che non vi era alcuna base scientifica a supporto della preoccupazione sui presunti effetti negativi dei vaccini. Inoltre, in merito all’obiezione religiosa, ha sottolineato che la posizione della Chiesa, in particolare quella di Papa Francesco, è stata favorevole al vaccino anti-Covid, considerandolo come un atto di responsabilità per la salute pubblica. Pertanto, la Corte ha ritenuto che l'ospedale potesse procedere con l’intervento, indipendentemente dal rifiuto dei genitori, dato che le condizioni poste non avevano fondamento giuridico né scientifico.

Questa sentenza ribadisce l'importanza del principio del benessere del minore, che può prevalere su altre considerazioni, in particolare quando la salute del bambino è in gioco e le motivazioni opposte non sono supportate da evidenze oggettive.

 

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