CGUE 2025 - Le conclusioni dell'Avvocato Generale della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, presentate il 2 ottobre 2025 nella causa C-496/24, rappresentano un intervento significativo e chiarificatore in materia di diritto d'autore nell'era dello streaming, in particolare riguardo ai limiti dell'eccezione di riproduzione per uso privato prevista dalla Direttiva 2001/29/CE (Direttiva InfoSoc).
Di seguito, un commento dettagliato sui punti salienti:
1. La Qualificazione dell'Uso di Copie Offline
Il punto centrale delle conclusioni è la negazione che l'uso delle c.d. "copie offline" da parte degli abbonati ai servizi di streaming rientri nell'eccezione di riproduzione per uso privato.
Criterio del Controllo del Fornitore: L'Avvocato Generale stabilisce che la chiave di volta risiede nel mantenimento del controllo sull'opera da parte del fornitore del servizio di streaming. Se il fornitore conserva la possibilità di decidere su duplicazione, ubicazione e cancellazione delle opere, l'atto di "copia" non è una vera e propria riproduzione privata in senso tradizionale.
Natura della Fruizione: L'abbonato, in questa dinamica, si limita a fruire dell'opera sul proprio dispositivo per il solo periodo di disponibilità stabilito dal contratto di abbonamento. Questa modalità non conferisce all'utente il completo controllo e la disponibilità illimitata tipici di una copia privata.
2. Le Implicazioni per l'Eccezione di Copia Privata
L'eccezione di copia privata (o riproduzione per uso privato, prevista dall'Articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della Direttiva 2001/29/CE) è tradizionalmente intesa come la facoltà per un utente di riprodurre un'opera lecitamente acquisita per fini strettamente personali e non commerciali.
Rafforzamento della Tutela: Queste conclusioni restringono l'ambito di applicazione di tale eccezione nel contesto digitale. L'Avvocato Generale mira a evitare che l'eccezione possa essere estesa a modalità di fruizione che, pur consentendo una "copia" tecnica, non ne trasferiscono il controllo all'utente, mantenendole all'interno della sfera di gestione e licenza della piattaforma.
Distinzione tra "Download" e "Messa a Disposizione": Si marca una netta distinzione tra l'atto di download che trasferisce la proprietà o il pieno controllo della copia all'utente e la funzionalità di "copia offline" dei servizi di streaming, che è essenzialmente una misura tecnica accessoria alla fruizione del servizio in abbonamento.
3. La Qualificazione della Fruizione come "Messa a Disposizione del Pubblico"
Un altro punto cruciale è la qualificazione della modalità di fruizione offerta dalla piattaforma di streaming in abbonamento.
Articolo 3 della Direttiva InfoSoc: L'Avvocato Generale sostiene che tale modalità di fruizione costituisca una messa a disposizione del pubblico ai sensi dell'Articolo 3 della Direttiva.
Criterio dell'Accesso Individuale: Ciò è motivato dal fatto che il servizio di streaming consente l'accesso individuale all'opera nel tempo e nel luogo scelti dall'utente. Questo è l'elemento distintivo del diritto di "messa a disposizione del pubblico" o "comunicazione al pubblico" in modalità interattiva o on-demand.
4. Impatto sui Servizi di Streaming e sull'Industria
L'interpretazione proposta ha conseguenze dirette e rilevanti:
Modelli di Business: Rafforza i modelli di business basati sulla licenza e sull'abbonamento delle piattaforme di streaming (come Netflix, Spotify, Disney+, ecc.). Se l'uso offline fosse qualificato come "copia privata", ciò potrebbe complicare la gestione dei diritti, il calcolo degli equo compenso (ove previsto) e, potenzialmente, minare il controllo che le piattaforme e i titolari di diritti hanno sulla distribuzione.
Sicurezza Giuridica: Contribuisce a fornire chiarezza sull'applicazione delle norme di diritto d'autore nell'ambiente digitale, che è spesso oggetto di controversie interpretative a causa dell'evoluzione tecnologica.
Diritti e Licenze: Sottolinea che l'abbonato sta pagando per un diritto di accesso e fruizione (un servizio), non per un diritto di riproduzione privata dell'opera stessa.
Conclusioni Sintetiche
In sintesi, le conclusioni dell'Avvocato Generale nella causa C-496/24 rappresentano un chiaro tentativo di adattare la normativa sul diritto d'autore (Direttiva 2001/29/CE) alle realtà dello streaming. Il messaggio principale è che la comodità di un servizio di streaming che consente l'uso offline non può essere equiparata al tradizionale concetto di copia privata, in quanto il controllo sull'opera rimane saldamente nelle mani del fornitore. Questa posizione rafforza la tutela dei diritti d'autore nel contesto digitale e ne influenza direttamente la gestione da parte delle piattaforme.
Edizione provvisoria
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MACIEJ SZPUNAR
presentate il 2 ottobre 2025 (1)
Causa C‑496/24
Stichting Onderhandelingen Thuiskopievergoeding,
Stichting de Thuiskopie
contro
HP Nederland BV,
Dell BV,
Stichting Overlegorgaan Blanco Informatiedragers
[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema, Paesi Bassi)]
Rinvio pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Proprietà intellettuale – Diritto d’autore e diritti connessi – Direttiva 2001/29/CE – Articolo 2 – Diritto di riproduzione – Articolo 3 – Diritto di comunicazione di opere al pubblico – Articolo 5, paragrafo 2, lettera b), e articolo 5, paragrafo 5 – Eccezioni e limitazioni – Riproduzione per uso privato – Equo compenso – Comunicazione al pubblico di opere su Internet – Servizio di streaming a pagamento – Copia per uso senza accesso alla rete («offline streaming copy»)
Introduzione
1. Il diritto d’autore dell’Unione prevede, tra le numerose eccezioni ai diritti esclusivi riconosciuti agli autori, un’eccezione che consente alle persone fisiche di effettuare, senza autorizzazione, la riproduzione di opere per uso privato. Al fine di compensare agli autori le perdite derivanti da tale eccezione, dovute all’esonero degli utenti dalla necessità di acquistare un maggior numero di esemplari delle opere, il diritto dell’Unione prevede la corresponsione di un compenso a tale titolo. Nella prassi degli Stati membri, tale compenso è solitamente finanziato tramite il cosiddetto il prelievo per copia privata riscosso presso i fabbricanti o gli importatori di supporti di memorizzazione e di dispositivi che possono essere utilizzati dalle persone fisiche per la riproduzione di opere protette. Il suddetto prelievo viene poi incorporato nel prezzo di detti dispositivi e supporti e trasferito ai loro acquirenti, con la conseguenza che l’onere finanziario finale derivante dal compenso relativo all’eccezione in parola è, in linea di principio, sostenuto da soggetti che sono legittimati a beneficiarne. La Corte ha ritenuto un siffatto sistema conforme al diritto dell’Unione (2).
2. Il prelievo per copia privata, la cui riscossione e versamento, sotto forma di compenso, sono affidate agli organismi designati dagli Stati membri, costituisce per gli autori una fonte di reddito significativa e stabile. Sorge, quindi, la tentazione di estendere la portata di tale eccezione e, di conseguenza, le fonti di reddito derivanti dal prelievo per copia privata, oltre i limiti risultanti dalle pertinenti disposizioni di diritto nonché dagli obiettivi e dai motivi che ne hanno giustificato l’adozione, conformemente a un noto adagio secondo cui se l’unico strumento che hai in mano è un martello, ogni cosa sembra un chiodo. A una siffatta illusione sembrano aver ceduto gli organismi responsabili della riscossione del prelievo per copia privata nei Paesi Bassi, avendo essi ritenuto assoggettato a tale prelievo e, quindi, ricompreso nell’eccezione in parola, il servizio di messa a disposizione delle copie per uso senza accesso alla rete («offline streaming copies») prestato dai fornitori di servizi di streaming a richiesta (3).
3. Occorre tuttavia tenere presente che il compenso previsto in base all’eccezione per copia privata non costituisce un fine in sé. Esso è volto a compensare le perdite nei casi in cui l’applicazione dell’eccezione in parola è ammissibile e giustificata, e in taluni casi persino necessaria. Orbene, il suo compito non è quello di sostituire i normali meccanismi contrattuali nelle situazioni in cui gli autori sono in grado di far valere i propri diritti esclusivi e di conseguire in tal modo proventi derivanti dallo sfruttamento delle opere, anche qualora, a loro giudizio, tali proventi non siano sufficientemente elevati. Nella presente causa, la Corte avrà l’opportunità di precisare i limiti di applicazione dell’eccezione in parola alla luce della giurisprudenza precedente riguardante situazioni analoghe.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
4. Gli articoli 2, 3, 5 e 6 della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (4), dispongono in particolare quanto segue:
«Articolo 2
Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte:
a) agli autori, per quanto riguarda le loro opere;
(…)
Articolo 3
1. Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente.
(…)
Articolo 5
(…)
2. Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni al diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 per quanto riguarda:
(…)
b) le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali a condizione che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso che tenga conto dell’applicazione o meno delle misure tecnologiche di cui all’articolo 6 all’opera o agli altri materiali interessati;
(…)
5. Le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare.
Articolo 6
(…)
3. Ai fini della presente direttiva, per “misure tecnologiche” si intendono tutte le tecnologie, i dispositivi o componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati a impedire o limitare atti, su opere o altri materiali protetti, non autorizzati dal titolare del diritto d’autore o del diritto connesso al diritto d’autore, così come previsto dalla legge (…) Le misure tecnologiche sono considerate “efficaci” nel caso in cui l’uso dell’opera o di altro materiale protetto sia controllato dai titolari tramite l’applicazione di un controllo di accesso o di un procedimento di protezione, quale la cifratura, la distorsione o qualsiasi altra trasformazione dell’opera o di altro materiale protetto, o di un meccanismo di controllo delle copie, che realizza l’obiettivo di protezione».
Diritto dei Paesi Bassi
5. La direttiva 2001/29 è stata recepita nel diritto dei Paesi Bassi mediante l’Auteurswet del 1912 (legge in materia di diritto d’autore del 1912). L’eccezione relativa alla riproduzione delle opere per uso privato è prevista all’articolo 16c della citata legge. Il paragrafo 2 di tale articolo prevede la corresponsione, ai titolari dei diritti, di un equo compenso, finanziato mediante il prelievo per copia privata riscosso presso i fabbricanti e importatori di dispositivi e supporti di memorizzazione che possono essere utilizzati per la riproduzione di opere a titolo privato. Ai sensi degli articoli 16d e 16e della medesima legge, la riscossione di tale prelievo è affidata alla Stichting De Thuiskopie (in prosieguo: la «SdT»), mentre la base e l’ammontare del prelievo sono determinati dalla Stichting Onderhandelingen Thuiskopievergoeding, fondazione di diritto dei Paesi Bassi (in prosieguo: la «SONT»), nella quale sono rappresentate le organizzazioni dei titolari dei diritti d’autore nonché i soggetti tenuti al pagamento di tale prelievo. La tariffa del prelievo per copia privata per il periodo dal 2018 al 2020 stabilita dalla SONT, includeva, tra l’altro, nelle «fonti da prendere in considerazione» i «servizi di streaming a pagamento».
Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali
6. La HP Nederland B.V. e la Dell B.V. sono tenute al versamento del prelievo per copia privata. La Stichting Overlegorgaan Blanco Informatiedragers rappresenta tutti i soggetti obbligati al pagamento di tale prelievo. Tali soggetti hanno proposto dinanzi al Rechtbank Den Haag (tribunale dell’Aia, Paesi Bassi) un’azione contro la SdT e la SONT volta a far dichiarare che il prelievo per copia privata non comprende il servizio di messa a disposizione di copie per uso senza accesso alla rete («offline streaming copies»), prestato in combinazione con il servizio di streaming a richiesta di opere musicali o audiovisive tramite Internet.
7. Conformemente agli accertamenti di fatto compiuti dal giudice del rinvio, il suddetto servizio consiste nel consentire all’abbonato di un servizio di streaming a richiesta di selezionare, dal catalogo delle opere disponibili, alcune di esse per utilizzarle senza accesso alla rete (in modalità «offline»). Il fornitore del servizio provvede quindi a creare copie delle opere selezionate in una parte determinata della memoria del dispositivo o dei dispositivi dell’abbonato resa accessibile al fornitore a tale scopo. Siffatta copia è cifrata in modo che l’abbonato possa fruire dell’opera, di norma esclusivamente tramite l’applicazione del fornitore del servizio, senza tuttavia poter disporre di tale copia, vale a dire che egli non può crearne ulteriori copie, modificarne l’ubicazione né trasferirla autonomamente su un altro dispositivo o supporto. Allo scadere del periodo per cui la copia è stata messa a disposizione, e in ogni caso al momento della cessazione della fornitura del servizio principale (streaming), la copia viene rimossa dal dispositivo. Il fornitore del servizio può inoltre procedere alla sua cancellazione nei casi previsti dalle condizioni d’uso del servizio.
8. Il Rechtbank Den Haag (tribunale dell’Aia) ha respinto la domanda con sentenza del 18 settembre 2019. Siffatta decisione è stata tuttavia annullata con sentenza del Gerechtshof Den Haag (Corte d’appello dell’Aia, Paesi Bassi) del 22 marzo 2022. Tale giudice ha infatti ritenuto che, in presenza di un servizio di messa a disposizione di («offline streaming copies»), quale quello descritto sopra al paragrafo 7, non si configuri una riproduzione per uso privato ai sensi dell’articolo 16c della legge in materia di diritto d’autore e dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29. Avverso quest’ultima sentenza la SdT e la SONT hanno proposto ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio.
9. In tali circostanze, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte supremaPaesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se una riproduzione con le caratteristiche descritte al precedente [paragrafo 7 delle presenti conclusioni] («offline streaming copy»), anche in considerazione del test a tre fasi (articolo 5, paragrafo 5, della direttiva [2001/29]), debba essere considerata una “riproduzione (…) effettuata da una persona fisica per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali”, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), [di detta] direttiva (…).
2) Se gli obiettivi della direttiva [2001/29], tra i quali un elevato livello di protezione del diritto d’autore, un giusto equilibrio tra i diritti del titolare e quelli degli utenti e un’applicazione coerente e tecnicamente neutra da parte degli Stati membri delle eccezioni e limitazioni, ostino a un regime nazionale in base al quale la deroga per le copie private non comprende anche le «offline streaming copies».
3) Se per la risposta a una o più delle questioni che precedono sia rilevante il fatto che i titolari ricevano un compenso per ogni «offline streaming copy» riprodotta, oppure se essi ricevano un compenso basato sul numero di volte che una «offline streaming copy» viene rappresentata dall’utente del servizio di streaming online.
10. La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla cancelleria della Corte il 17 luglio 2024. Osservazioni scritte sono state depositate dalle parti del procedimento principale, dal governo francese e dalla Commissione europea. Le medesime parti erano rappresentate all’udienza del 19 giugno 2025.
Analisi
11. Il giudice del rinvio ha formulato tre questioni pregiudiziali, che vertono tuttavia sulla medesima problematica, ragione per cui propongo di esaminarle congiuntamente. Tale giudice mira, in sostanza, a stabilire se l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 debba essere interpretato nel senso che l’abbonato a un servizio di messa a disposizione a richiesta, tramite streaming su Internet, di opere protette effettui una riproduzione per uso privato ai sensi di tale disposizione quando usufruisce del servizio aggiuntivo di messa a disposizione delle «offline streaming copies», consistente nella conservazione di tali opere nella memoria del dispositivo dell’abbonato, ove il fornitore del servizio, per mezzo di misure tecnologiche ai sensi dell’articolo 6 della medesima direttiva, mantiene tuttavia il pieno controllo sull’ubicazione, sulla duplicazione e sulla cancellazione di tali opere, mentre l’abbonato può soltanto fruirne (ascoltarle o visionarle) sul dispositivo in questione per la durata della messa a disposizione. Propongo di completare la risposta a tale questione con l’interpretazione dell’articolo 3 della succitata direttiva.
12. La mia analisi si fonda sul presupposto che siano soddisfatte le due condizioni per l’applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, che non sembrano essere controverse nel procedimento principale, vale a dire che l’abbonato di cui trattasi è una persona fisica e che egli utilizza siffatto servizio per fini privati.
13. È parimenti pacifico che l’abbonato non effettua egli stesso la riproduzione dell’opera, bensì che tale riproduzione viene effettuata, a richiesta dell’abbonato, dal fornitore del servizio. La Corte ha tuttavia ammesso l’applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 in una siffatta situazione, ritenendo che la locuzione «riproduzioni effettuate da una persona fisica» comprenda anche l’ipotesi in cui sia un terzo a fornire il servizio alla persona fisica interessata (5).
14. Una persona fisica può tuttavia beneficiare dell’eccezione in parola soltanto a condizione che abbia previamente ottenuto l’accesso all’opera in una forma che costituisce una fonte di riproduzione (6), fermo restando che tale accesso deve essere legale, ossia ottenuto con l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore (7). Per contro, quando una persona fisica ottiene l’accesso all’opera solo a seguito della sua riproduzione, tale riproduzione non può essere considerata effettuata da detta persona fisica ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29. Essa risulta infatti effettuata dalla persona che concede l’accesso all’opera e, qualora avvenga a distanza, in forma smaterializzata e al di fuori della sfera privata di chi concede l’accesso, costituisce una comunicazione al pubblico dell’opera ai sensi dell’articolo 3 della medesima direttiva (8).
15. È proprio questa la situazione che ricorre nel caso del servizio descritto al paragrafo 7 delle presenti conclusioni, poiché l’abbonato ottiene l’accesso a un’«offline streaming copy» a seguito della creazione di tale copia. È irrilevante, peraltro, che egli possa avere accesso alle stesse opere mediante lo streaming, in quanto lo streaming non costituisce una fonte di riproduzione e l’effettivo utilizzo dell’accesso a specifiche opere mediante lo streaming non costituisce una condizione per ottenerne copie per uso in «offline streaming»(9).
16. Pertanto, non mi convince l’argomento addotto dalla SdT e dalla SONT, secondo il quale l’accesso degli abbonati alle opere mediante lo streaming basterebbe per ritenere che la messa a disposizione di «offline streaming copies» rientri nell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29. È vero che, da un punto di vista commerciale, il servizio di messa a disposizione di «offline streaming copies» costituisce un servizio accessorio e connesso al servizio principale di streaming, poiché solo gli abbonati a quest’ultimo possono usufruire del primo e entrambi i servizi comprendono lo stesso catalogo di opere. Tuttavia, sotto il profilo tecnico si tratta di un servizio distinto ed autonomo (10). In altre parole, si tratta di due percorsi per un potenziale accesso alle medesime opere, ma essi sono indipendenti e l’uno non costituisce la riproduzione dell’altro. Dal punto di vista del diritto d’autore, questi due servizi costituiscono distinti atti di sfruttamento delle opere, tanto più che le condizioni di utilizzo delle opere interessate sono, in entrambi i casi, significativamente diverse. Il servizio di streaming richiede infatti una connessione a Internet stabile e sufficientemente veloce e spesso è soggetto anche a restrizioni geografiche (geoblocking). Tali due inconvenienti non si riscontrano invece nel caso delle «offline streaming copies».
17. La situazione è dunque analoga a quella esaminata nella causa definita con la sentenza VCAST. La riproduzione che si verifica nell’ambito di tale servizio non può essere considerata effettuata da persone fisiche (abbonati) ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, ma deve essere attribuita al fornitore del servizio, il quale, in questo modo, mette a disposizione dei propri abbonati le opere. Siffatta riproduzione costituisce pertanto un elemento dell’atto di messa a disposizione del pubblico di dette opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, ai sensi dell’articolo 3 della medesima direttiva, ed è il fornitore del servizio a compiere tale atto.
18. Inoltre, non è corretto l’argomento dedotto dalla SdT e dalla SONT, nonché dal governo francese, secondo cui l’«offline streaming copy» costituirebbe una riproduzione effettuata da una persona fisica ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, per il fatto che è l’abbonato ad iniziarne la creazione. La messa a disposizione del pubblico delle opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, di cui all’articolo 3 della direttiva, avviene a richiesta dell’utente. Spetta dunque a quest’ultimo dare avvio al processo di messa a disposizione, formulando la richiesta in parola, ovvero nel presente caso la richiesta di creazione di un’«offline streaming copy». Ciò non significa, tuttavia, che ogni messa a disposizione, a richiesta dell’utente, di una copia di un’opera diventi automaticamente una riproduzione effettuata da una persona fisica per uso privato ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29. Una siffatta interpretazione svuoterebbe infatti di contenuto una parte considerevole della disciplina prevista dall’articolo 3 della medesima direttiva.
19. Tuttavia, sussistono due differenze rilevanti tra la presente causa e quella definita con la sentenza VCAST. In primo luogo, mentre l’attività oggetto della causa VCAST era svolta senza l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore, nel caso di specie non vi sono elementi da cui evincere il carattere illegale del servizio di messa a disposizione delle «offline streaming copies». In secondo luogo, a differenza della causa conclusa con la sentenza VCAST, nel presente caso non si configurano una messa a disposizione originaria e una secondaria effettuate da due soggetti distinti. Sia la messa a disposizione delle opere mediante lo streaming, sia la loro messa a disposizione sotto forma di «offline streaming copies», sono effettuate dal medesimo soggetto e hanno carattere originario – le opere in formato digitale sono trasmesse direttamente dal server del fornitore del servizio al dispositivo dell’abbonato. Non trova pertanto applicazione la giurisprudenza della Corte secondo cui la comunicazione di opere protette è considerata pubblica quando è destinata a un cosiddetto pubblico nuovo oppure quando avviene secondo modalità tecniche specifiche (11). Infatti, tale principio si applica soltanto nell’ipotesi di comunicazioni al pubblico secondarie delle opere che in precedenza sono già state comunicate al pubblico da un altro soggetto (12).
20. Condivido, pertanto, la posizione della Commissione secondo cui la situazione oggetto del procedimento principale non deve essere esaminata alla luce dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, bensì alla luce del suo articolo 3.
21. Una serie di ulteriori argomenti milita a favore di una siffatta interpretazione.
22. In primo luogo, non è corretta la tesi, sostenuta all’udienza dalla SdT e dalla SONT, secondo cui l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 non richiederebbe, per la sua applicazione, la perdita del controllo sull’utilizzazione delle opere da parte dei titolari del diritto d’autore. La perdita del controllo costituisce una caratteristica intrinseca dell’eccezione al diritto d’autore, in quanto l’eccezione implica che atti, normalmente rientranti nel monopolio dell’autore, possono essere compiuti dagli utenti senza l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore, e dunque al di fuori del loro controllo. L’eccezione prevista dalla succitata disposizione autorizza le persone fisiche ad effettuare riproduzioni di opere per uso privato. Da un lato, la riproduzione effettuata nell’ambito di tale eccezione avviene quindi, per definizione, senza che i titolari dei diritti d’autore possano esercitarvi alcun controllo. Dall’altro lato, gli utenti devono disporre della possibilità tecnica di effettuare la riproduzione in questione, vale a dire devono avere un accesso (legale, come ha sottolineato la Corte) all’opera in una forma che ne consenta la copia.
23. Tale situazione non ricorre nel caso di specie. Grazie alle misure tecnologiche applicate, i fornitori di servizi di streaming, che agiscono per conto dei titolari dei diritti d’autore in qualità di loro licenziatari, mantengono il controllo sulla riproduzione delle opere messe a disposizione sotto forma di «offline streaming copies». Queste copie, infatti, sono realizzate dal fornitore del servizio e conservate sul dispositivo dell’utente a condizioni rigorosamente definite e efficacemente controllate. Le misure tecnologiche non servono quindi, come sostengono la SdT e la SONT nonché il governo francese, a proteggere dall’eventuale superamento, da parte degli utenti, dei limiti dell’eccezione prevista dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, bensì ad impedire agli utenti la stessa fruizione dell’eccezione in parola, vietando loro di riprodurre le opere senza l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore. Non si tratta pertanto di un’ipotesi di applicazione di un’eccezione al diritto d’autore, ma di sfruttamento normale di tali diritti.
24. È parimenti del tutto infondata la tesi sostenuta dalla SdT e dalla SONT secondo la quale l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore alla creazione di «offline streaming copies» sarebbe priva di effetti giuridici e i soggetti in parola non potrebbero percepire, a tale titolo, alcun prelievo, poiché la creazione di tali copie rientrerebbe nell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, con la conseguenza che ai titolari del diritto d’autore spetterebbe l’equo compenso previsto dalla citata disposizione.
25. Le parti muovono infatti dall’assunto che la creazione di «offline streaming copies» rientri nell’eccezione in parola e, da tale assunto, traggono la conclusione che le possibilità d’azione dei titolari del diritto d’autore siano limitate da detta eccezione. In realtà è esattamente il contrario: la fonte dalla quale viene generata l’ «offline streaming copy» non è nella disponibilità degli utenti, bensì del licenziatario dei titolari del diritto d’autore, pertanto gli utenti non possono effettuare la riproduzione in base alla suddetta eccezione e per ottenere la messa a disposizione della copia devono rivolgersi al licenziatario, il quale può, a tale titolo, esigere un prelievo.
26. Orbene, le sentenze richiamate dalla SdT e dalla SONT (13) non riguardano la definizione dell’ambito di applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, bensì le modalità di calcolo dell’equo compenso ivi previsto. Esse si fondano, quindi, sul presupposto implicito che le condizioni di applicazione di tale eccezione siano soddisfatte ed è proprio in quel contesto che la Corte ha affermato che un eventuale atto di autorizzazione adottato dai titolari del diritto d’autore non incide sul diritto a un equo compenso. Come infatti la Corte di giustizia ha rilevato, «se un titolare di diritti autorizza una persona fisica a fare uso di [file contenenti opere protette], mettendo questi ultimi a sua disposizione, la mera possibilità di utilizzare questi file per riprodurre materiali protetti giustifica l’applicazione del prelievo per copia privata» (14). Per contro, nella presente causa ricorre una situazione in cui il titolare di diritti d’autore o il suo licenziatario mette a disposizione delle persone fisiche i file contenenti opere protette, ma queste persone non hanno la possibilità di utilizzare tali file per riprodurre le opere in questione, con la conseguenza che l’applicazione del prelievo per copia privata non risulta giustificata.
27. A margine, desidero aggiungere che la direttiva 2001/29 espressamente non consente agli Stati membri di adottare disposizioni che obbligherebbero i titolari dei diritti d’autore a rinunciare alle misure tecnologiche in una situazione come quella oggetto della presente causa. Infatti, se da un lato l’articolo 6, paragrafo 4, secondo comma, della citata direttiva, in combinato disposto con il primo comma del medesimo paragrafo, consente agli Stati membri di adottare disposizioni che tutelino il diritto degli utenti di fruire dell’eccezione prevista all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), di tale direttiva, dall’altro lato il quarto comma dello stesso paragrafo esclude una siffatta possibilità in relazione alle opere messe a disposizione del pubblico in maniera tale che i componenti del pubblico possono accedervi dal luogo e nel momento scelti individualmente, vale a dire in circostanze come quelle oggetto della presente causa. L’introduzione, da parte di uno Stato membro, di un’eccezione di portata come quella auspicata dalla SdT e dalla SONT sarebbe dunque contraria all’obbligo di protezione delle misure tecnologiche derivante dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/29.
28. In secondo luogo, l’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2001/29 esige che le eccezioni ai diritti esclusivi previste da tale direttiva (1) siano applicate esclusivamente in determinati casi speciali, (2) non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera e (3) non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare. Si tratta del cosiddetto test a tre fasi, che trova la sua fonte nel diritto internazionale vincolante per l’Unione (15).
29. L’inclusione del servizio di messa a disposizione di «offline streaming copies» nell’eccezione prevista all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della citata direttiva sarebbe, a mio avviso, contraria alla seconda condizione del suddetto test. Invero, il servizio in parola costituisce lo sfruttamento normale delle opere, dal quale i titolari del diritto d’autore possono trarre benefici finanziari, e, in ogni caso, si tratta di un utilizzo indipendente rispetto alla messa a disposizione delle opere mediante streaming. Ricomprendere siffatte copie nell’eccezione in parola altererebbe tale sfruttamento, in quanto creerebbe incertezza per gli utenti e metterebbe in discussione la legittimità dei prelievi supplementari percepiti dai titolari del diritto d’autore o dai loro licenziatari per la messa a disposizione delle suddette copie. Di conseguenza, l’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2001/29 osta all’inclusione nell’eccezione in esame del servizio oggetto della presente causa.
30. Infine, in terzo luogo, il tenore stesso dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 sembra ostare all’assoggettamento dei servizi di streaming a un prelievo per copia privata in relazione al servizio di messa a disposizione di «offline streaming copies». La disposizione in parola prevede infatti che l’equo compenso ivi contemplato, finanziato tramite il prelievo per copia privata, debba tener conto dell’applicazione delle misure tecnologiche di cui all’articolo 6 della medesima direttiva. Orbene, nel caso dei servizi di messa a disposizione di opere prestati alle condizioni descritte al paragrafo 7 delle presenti conclusioni, le misure tecnologiche applicate consentono ai titolari dei diritti d’autore o ai loro licenziatari di mantenere il pieno controllo sulla riproduzione delle opere e, di conseguenza, di non subire perdite derivanti dalla creazione, da parte degli utenti, di copie private. Pertanto, nel caso di specie non sussiste giustificazione neppure per l’equo compenso.
31. All’interpretazione da me proposta non ostano nemmeno gli obiettivi della direttiva 2001/29 richiamati nella seconda questione pregiudiziale, quali un elevato livello di protezione del diritto d’autore, un giusto equilibrio tra i diritti del titolare e quelli degli utenti e un’applicazione coerente e tecnicamente neutra delle eccezioni da parte degli Stati membri.
32. Come ho indicato in precedenza, grazie all’applicazione delle misure tecnologiche i titolari del diritto d’autore o i loro licenziatari mantengono il pieno controllo sulla messa a disposizione e sull’utilizzazione delle «offline streaming copies» e possono percepire proventi da tale forma di sfruttamento delle opere. L’inclusione di questa forma di messa a disposizione nell’eccezione prevista all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 si porrebbe quindi in palese contrasto con i loro interessi e, di conseguenza, con l’elevato livello di tutela che tale direttiva persegue.
33. Non si ravvisa, inoltre, alcun pregiudizio agli interessi legittimi degli utenti né al giusto equilibrio tra tali interessi e quelli dei titolari del diritto d’autore. L’eccezione prevista all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 è volta a legittimare gli atti che gli utenti compiono nella sfera privata, la quale sfugge al controllo di tali titolari. La messa a disposizione di «offline streaming copies» da parte del fornitore del servizio di streaming avviene invece nell’ambito del rapporto tra tale soggetto e l’utente, e dunque al di fuori della sfera privata di quest’ultimo e sotto il controllo dei titolari dei diritti d’autore. Gli utenti non hanno quindi alcun interesse legittimo ad ottenere siffatta copia nell’ambito dell’eccezione al diritto d’autore.
34. Per quanto riguarda invece la neutralità tecnologica, contrariamente a quanto sostenuto dalla SdT e dalla SONT, la situazione del servizio di streaming è, sotto il profilo tecnologico, del tutto diversa dalle tecnologie cui tali parti si richiamano, quali i dischi (CD e DVD), nonché la diffusione radiotelevisiva.
35. Nel caso dei dischi, l’utente paga un corrispettivo una tantum, per il quale riceve la registrazione di un numero limitato di opere (di regola da alcuni a una dozzina di brani musicali oppure un’opera audiovisiva) unitamente al supporto fisico. Tale soggetto può utilizzare le suddette opere in qualsiasi modo nell’ambito della sua sfera privata, compresa la loro riproduzione ai sensi dell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29. Per contro, la diffusione radiotelevisiva costituisce un servizio lineare, nell’ambito del quale è l’emittente a determinare quali opere e a quale orario vengono trasmesse, mentre gli ascoltatori o i telespettatori possono eventualmente ascoltarle o guardarle in quel momento. Essi possono altresì effettuare una registrazione per uso privato, ma solo delle opere che vengono trasmesse e solo al momento della loro trasmissione, e a condizione che ciò sia tecnicamente possibile.
36. Il servizio di streaming oggetto della presente causa è invece un servizio a richiesta fornito tramite Internet, nell’ambito del quale, a fronte di un prezzo forfettario relativamente contenuto (16), gli utenti possono accedere, in qualsiasi momento, a un numero molto elevato di opere. Nell’ambito di tale servizio non è invece possibile procedere alla registrazione dei contenuti messi a disposizione mediante lo streaming, poiché una siffatta possibilità renderebbe l’intera operazione economicamente insostenibile – gli abbonati potrebbero, in breve tempo, copiare le opere di loro interesse e rinunciare all’abbonamento. Il servizio di streaming a richiesta non è quindi funzionalmente comparabile ai CD o DVD né alla diffusione radiotelevisiva. Anche dal punto di vista del diritto d’autore, si tratta di ambiti di sfruttamento delle opere del tutto distinti. Di conseguenza, il principio di neutralità tecnologica non esige un trattamento identico del servizio di streaming rispetto alle altre due tecnologie.
37. Neppure il problema, segnalato dalla SdT e dalla SONT, della remunerazione asseritamente troppo esigua corrisposta dai licenziatari ai titolari del diritto d’autore per tale messa a disposizione o, più in generale, per lo sfruttamento delle opere in forma di streaming a richiesta, costituisce una giustificazione per ricomprendere il servizio di messa a disposizione di «offline streaming copies» nell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 né per riconoscere l’equo compenso ivi previsto. Come ho accennato nell’introduzione delle presenti conclusioni, tale compenso mira a riparare il pregiudizio che i titolari del diritto d’autore subiscono a causa della legalizzazione di atti compiuti dagli utenti nella loro sfera privata, i quali sfuggono al controllo dei titolari stessi. Orbene, la sua finalità non è quella di sostituire i normali meccanismi contrattuali di sfruttamento delle opere e di remunerazione dei titolari del diritto d’autore a tale titolo. Nei casi in cui tale remunerazione risulti insufficiente, spetta agli Stati membri, ai sensi dell’articolo 18 e seguenti della direttiva (UE) 2019/790 (17), adottare le misure appropriate per affrontare un siffatto problema.
38. Alla luce di quanto precede, propongo di rispondere alle questioni pregiudiziali dichiarando che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 dev’essere interpretato nel senso che l’abbonato a un servizio di messa a disposizione a richiesta tramite streaming su Internet di opere protette non effettua una riproduzione per uso privato ai sensi di tale disposizione quando usufruisce del servizio aggiuntivo di messa a disposizione di «offline streaming copies», consistente nella registrazione di tali opere nella memoria del dispositivo dell’abbonato, nell’ambito del quale il fornitore del servizio, per mezzo di misure tecnologiche ai sensi dell’articolo 6 della medesima direttiva, mantiene tuttavia il pieno controllo sull’ubicazione, sulla duplicazione e sulla cancellazione di tali opere, mentre l’abbonato può soltanto fruirne (ascoltarle o visionarle) sul dispositivo in questione per la durata della messa a disposizione; l’articolo 3 della medesima direttiva deve essere interpretato nel senso che la comunicazione al pubblico di cui sopra costituisce la messa a disposizione del pubblico delle opere da parte del fornitore del servizio effettuata in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, ai sensi di tale disposizione.
Conclusione
39. Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, propongo di risolvere le questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) nel modo seguente:
1) L’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione,
dev’essere interpretato nel senso che
l’abbonato a un servizio di messa a disposizione a richiesta tramite streaming su Internet di opere protette non effettua una riproduzione per uso privato ai sensi di tale disposizione quando usufruisce del servizio aggiuntivo di messa a disposizione di opere per uso senza accesso alla rete («offline streaming copies»), consistente nella registrazione di tali opere nella memoria del dispositivo dell’abbonato, nell’ambito del quale il fornitore del servizio, per mezzo di misure tecnologiche ai sensi dell’articolo 6 della medesima direttiva, mantiene tuttavia il pieno controllo sull’ubicazione, sulla duplicazione e sulla cancellazione di tali opere, mentre l’abbonato può soltanto fruirne (ascoltarle o visionarle) sul dispositivo in questione per la durata della messa a disposizione.
2) L’articolo 3 di tale direttiva
dev’essere interpretato nel senso che
la comunicazione di opere per uso senza accesso alla rete («offline streaming copy»), di cui al punto 1, costituisce messa a disposizione del pubblico delle opere da parte del fornitore del servizio effettuata in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, ai sensi di tale disposizione.
1 Lingua originale: il polacco.
2 V. sentenza del 21 ottobre 2010, Padawan, C‑467/08, EU:C:2010:620, punto 2 del dispositivo).
3 Tale servizio consiste nella messa a disposizione di opere tramite Internet in modo tale che i pacchetti di dati che compongono il file contenente l’opera e che vengono trasmessi dal fornitore del servizio siano conservati nella memoria cache del dispositivo del destinatario del servizio e riprodotti senza attendere il completamento del salvataggio dell’intero file, per poi essere sostituiti dai pacchetti successivi. Ciò consente l’utilizzo immediato dell’opera, ma richiede un accesso continuo alla rete (l’utente deve restare sempre «online»).
4 GU 2001, L 167, pag. 10.
5 V., in tal senso, in particolare, sentenza del 29 novembre 2017, VCAST (C‑265/16, in prosieguo: «sentenza VCAST», EU:C:2017:913, punto 35) (il corsivo è mio).
6 V., in tal senso, sentenza VCAST (punto 39).
7 Sentenza del 10 aprile 2014, ACI Adam e a. (C‑435/12, EU:C:2014:254, punto 31).
8 V., in tal senso, sentenza VCAST (punti da 40 a 52).
9 Ai fini della presente causa non assume rilievo il fatto che esistano possibilità tecniche di registrazione dei contenuti messi a disposizione mediante lo streaming. Il caso in esame riguarda infatti un servizio come quello descritto al paragrafo 7 delle presenti conclusioni, nell’ambito del quale la copia di un’opera è realizzata non dall’utente mediante la registrazione dello streaming, ma dal fornitore del servizio mediante la riproduzione dell’opera sul dispositivo dell’utente.
10 A titolo di esempio, le condizioni d’uso del servizio Spotify Premium, tipico servizio di streaming a richiesta, prevedono la possibilità di scaricare, per l’uso senza accesso alla rete, copie di 10 000 opere su un massimo di cinque dispositivi, e l’unico requisito consiste nel connettersi alla rete almeno una volta ogni 30 giorni per verificare la validità dell’abbonamento. Ciò consente quindi, in pratica, una completa indipendenza dalla messa a disposizione delle opere mediante lo streaming.
11 Vedi, da ultimo, sentenza del 20 giugno 2024, GEMA (C‑135/23, EU:C:2024:526, punto 43).
12 Vedi sentenze: del 7 dicembre 2006, SGAE (C‑306/05, EU:C:2006:764, punti da 40 a 42) e del 7 marzo 2013, ITV Broadcasting e a. (C‑607/11, EU:C:2013:147), punti da 24 a 26 e da 37 a 38.
13 Sentenze: del 27 giugno 2013, VG Wort e a. (da C‑457/11 a C‑460/11, EU:C:2013:426) e del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi (C‑463/12, EU:C:2015:144).
14 Sentenza del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi (C‑463/12, EU:C:2015:144, punto 64) (il corsivo è mio).
15 V. articolo 10, paragrafo 2, del trattato dell’OMPI sul diritto d’autore, concluso a Ginevra il 20 dicembre 1996 e approvato, in nome della Comunità europea, con la decisione 2000/278/CE del Consiglio, del 16 marzo 2000 (GU 2000, L 89, pag. 6).
16 A titolo di esempio, allo stato attuale l’abbonamento mensile individuale a Spotify Premium in Lussemburgo costa circa EUR 13, vale a dire meno di un CD comune.
17 Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE (GU 2019, L 130, pag. 92).
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