Consiglio di Stato 2025 - Ministero della Difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e Comando Legione “Xxxx” dell’Arma impugnano una sentenza del TAR Xxxx. La sentenza aveva in parte respinto l’impugnazione:
- per un ricorrente, limitatamente al periodo in cui egli prestava servizio presso un’Ambasciata estera;
- per il resto, aveva accolto il ricorso riguardo alla mancata corresponsione del buono pasto sostitutivo agli appellati per i turni di servizio che terminavano alle ore 14:00 o alle 20:00.
- In primo grado, la difesa aveva ottenuto il riconoscimento del beneficio, sostenendo che la disciplina interna dell’Arma non fosse conforme alla normativa primaria (art. 546 c.o.m. di cui al d.lgs. 66/2010; artt. 1 e 3 della legge n. 203/1989). La tesi era che il trattamento non spettasse solo se il servizio si protrae almeno un’ora oltre il termine del turno.
- La sentenza di primo grado richiamava anche l’art. 74 c.p.a. per considerare precedenti giurisprudenziali.
- Inoltre, la decisione richiama una pubblicazione n. C-19, che detta una regola riguardo la pausa per la consumazione del vitto: se il turno dura almeno un’ora oltre le 14:00 o le 20:00, deve essere assicurata una pausa di 30 minuti con recupero del tempo, anche se i destinatari non hanno titolo al TAG o preferiscono proseguire il servizio senza interruzioni. Durante la pausa non sono obblighi di servizio; la pausa può essere fissata all’inizio o alla fine del turno, con possibilità di presentarsi in caserma al termine o allontanarsi all’inizio, senza dover rientrare.
- In sintesi: la questione centrale è se il buono pasto sostitutivo debba essere riconosciuto automaticamente in corrispondenza dei turni che si prolungano oltre determinate soglie orarie e se l’organizzazione della pausa sia legittimamente demandata al comandante e supportata da una circolare interna.
- Quadro normativo e trasferimento della norma all’interpretazione
- Norme invocate:
- art. 546 c.o.m. (Codice dell’ordinamento militare) nell’ambito del d.lgs. 66/2010, che disciplina aspetti di trattamento economico e/o welfare del personale militare;
- artt. 1 e 3 della legge n. 203/1989, che tracciano principi su condizioni di lavoro e tutela del personale;
- art. 74 c.p.a. citato per la coerenza procedurale e l’argomentazione basata su precedenti giurisdizionali.
- La posizione del TAR Xxxx (secondo quanto riportato) è che l’istituto del buono pasto sostitutivo rientri nella discrezionalità organizzativa dell’Amministrazione, ma con riferimento a una regola operativa prevista dalla pubblicazione C-19: se il turno dura almeno un’ora oltre le 14:00 o le 20:00, scatta una pausa di 30 minuti per la consumazione del vitto, con recupero del tempo e senza che sussistano obblighi di servizio durante la pausa. Tale regola è ritenuta utile a garantire abitudini alimentari ed equilibrio operativo.
- Argomentazioni chiave emerse nel testo
- Dalla parte attrice (appellanti): sostengono che la normativa primaria imponga o, almeno, non escluda la corresponsione automatica del buono pasto sostitutivo in corrispondenza di turni prolungati oltre una certa soglia, e che l’organizzazione della pausa non possa comprimere o eliminare il diritto al beneficio economico; la disciplina interna non adeguata alle norme di riferimento.
- Dalla parte convenuta (Ministero, Comando Generale, Legione Xxxx): affermazione di discrezionalità dirigenziale nell’organizzazione dei turni e delle pause; la pubblicazione C-19 offre una cornice operativa chiara che permette di fornire la pausa e di gestire la logistica senza creare una situazione di vincolo assoluto al pagamento del buono pasto in assenza di determinate condizioni.
- Possibili letture giuridiche e profili di criticità
- Preminenza della discrezionalità organizzativa: la Corte ammette che l’Amministrazione possa gestire la pausa in funzione delle esigenze operative, attribuendo un margine di manovra al comandante. Tuttavia, la questione è se tale discrezionalità possa, o debba, tradursi in un obbligo di pagare un buono pasto sostitutivo ai dipendenti per i turni che si protraggono oltre una soglia, parte integrante del trattamento economico o di welfare.
- Qualità di normazione secondaria della circolare C-19: la circolare pubblicata (C-19) è presentata come fonte normativa o guida operativa? Se considerata mera interpretazione gestionale, la sua autonomia normativa potrebbe essere limitata e non vincolante per l’istituto del buono pasto, che dipende da norme di livello primario o da contratti collettivi/integrazioni normative.
- Contenuti del diritto soggettivo vs. interesse pubblico: il buono pasto potrebbe essere visto come beneficio accessorio, determinato dall’amministrazione, piuttosto che come diritto soggettivo assoluto. L’analisi dovrebbe esaminare se esista un fondamento per considerare il buono pasto come parte del trattamento economico/福利 che non richiede discrezionalità ampia, o se il carattere residuale lo renda invece soggetto a valutazione organizzativa.
- Intersezione tra periodi all’estero e diritto nazionale: nel caso specifico c’è un richiamo al periodo durante il quale uno dei ricorrenti ha prestato servizio presso un’Ambasciata estera. Può esistere una differenziazione per incarichi all’estero che richieda trattamenti particolari? Se sì, la decisione dovrebbe chiarire come si applicano le norme primarie in contesti internazionali o extraterritoriali.
- Implicazioni pratiche e potenziali sviluppi
- Chiarezza normativa: il caso mette in luce la necessità di definire con maggiore precisione quale sia il contenuto minimo del “buono pasto sostitutivo” e quali condizioni giustifichino la sua erogazione automatica in presenza di turni prolungati. Una definizione chiara ridurrebbe contenziosi futuri.
- Bilanciamento tra tutela dei dipendenti e discrezionalità organizzativa: l’Amministrazione ha esigenze operative legittime, ma deve bilanciare tali esigenze con diritti economici e condizioni di lavoro stabili. Una norma di rango primario o una circolare interpretativa chiara potrebbe offrire indicazioni uniformi.
- Effetti sui dipendenti all’estero: se la decisione contiene elementi particolari per periodi di servizio presso ambasciate o missioni estere, potrebbe essere utile emettere linee guida specifiche per tali situazioni, per evitare distinguo non giustificati.
- Indicazioni pratiche per approfondire o discutere
- Verificare la portata normativa della pubblicazione C-19: è una circolare interna, un regolamento o una prassi interna? Qual è la sua forza vincolante rispetto alle norme primarie?
- Verificare la fonte delle norme primarie invocate (art. 546 c.o.m., artt. 1 e 3 della legge 203/1989) e quali condizioni esattamente prevedono o non prevedono l’erogazione del buono pasto.
- Esaminare se esiste giurisprudenza che interpreti l’art. 74 c.p.a. in modo utile al confine tra discrezionalità amministrativa e diritti soggettivi al welfare del personale militare.
- Valutare eventuali contratti collettivi o accordi interni che possano modificare o integrare le disposizioni di legge rispetto al buono pasto e alle pause.
- Conclusione sintetica
- Il testo rendiconta una dialettica classica tra discrezionalità organizzativa dell’Amministrazione e tutele economiche del personale. La sentenza critica un’applicazione rigidamente interna delle norme, ma riconosce anche che la gestione delle pause (secondo la pubblicazione C-19) è parte di un equilibrio operativo. L’impugnazione mira a riaffermare un’interpretazione più favorevole al diritto al buono pasto o, quanto meno, a un’interpretazione non vincolata esclusivamente a una logica di discrezionalità interna, soprattutto in casi di turni prolungati. Un esito favorevole agli appellanti dipenderebbe dall’interpretazione delle fonti primarie (leggi e codici) come dotate di una portata che impone o quantomeno preferisce l’erogazione del buono pasto in correlazione ai turni prolungati, nonché dall’effettivo valore giurisprudenziale della circolare C-19.
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