Translate

13 luglio 2025

Consiglio di Stato 2025- disciplina dei limiti di età per l’accesso ai ruoli della Polizia di Stato, in particolare alla luce del decreto ministeriale 6 aprile 1999, n. 115, evidenzia alcuni punti fondamentali di interpretazione e di principio.

 

Consiglio di Stato 2025- disciplina dei limiti di età per l’accesso ai ruoli della Polizia di Stato, in particolare alla luce del decreto ministeriale 6 aprile 1999, n. 115, evidenzia alcuni punti fondamentali di interpretazione e di principio.

1. **Quadro normativo di riferimento**:  
Il decreto ministeriale n. 115/1999, vigente ratione temporis, individua il limite massimo di età di 30 anni per la partecipazione ai concorsi pubblici per l’accesso ai ruoli di Agente di Polizia. Tale limite rappresenta una norma di carattere regolamentare, adottata dall’Amministrazione sulla base di un quadro normativo di fonte primaria, e si inserisce nel più ampio contesto delle disposizioni che regolano i requisiti di accesso alle forze di polizia.

2. **Applicazione nel bando di concorso**:  
Il bando impugnato, all’art. 4, lettera d), si limita ad applicare le disposizioni regolamentari di cui sopra, fissando il limite di età come previsto. Ciò dimostra come la normativa regolamentare abbia un’efficacia diretta e vincolante nella disciplina dei requisiti di ammissione ai concorsi pubblici.

3. **Flessibilità del limite di età in relazione al servizio militare**:  
Il limite massimo di età può essere elevato fino a un massimo di tre anni in relazione al servizio militare prestato dai candidati. Questa disposizione tiene conto delle situazioni di particolare esigenza legate alla carriera militare, riconoscendo un’attenuazione del limite di età per chi ha svolto servizio militare, in linea con il principio di equità e di riconoscimento del servizio prestato.

4. **Requisito della data di possesso del requisito**:  
Viene precisato che il limite di età deve essere posseduto alla data di scadenza della domanda di partecipazione, ma non necessita di essere mantenuto fino al momento dell’immissione in servizio. Questa distinzione è importante perché consente ai candidati di partecipare anche se, successivamente, superano il limite di età, purché alla data di presentazione della domanda siano in regola con il requisito.

5. **Razionalità e conformità ai principi costituzionali**:  
Il Consiglio di Stato sottolinea che la fissazione di limiti di età specifici per le forze di polizia e le attività militari non è irragionevole né contraria ai principi costituzionali di uguaglianza, purché risponda alla necessità di garantire il possesso di requisiti fisici e psico-fisici adeguati allo svolgimento delle funzioni proprie di tali ruoli. La differenziazione basata sull’età trova giustificazione nella peculiarità del servizio e nelle esigenze di sicurezza e funzionalità delle forze di polizia.

**In sintesi**, il commento evidenzia come il limite di età previsto dalla normativa regolamentare sia stato adottato nel rispetto dei principi costituzionali di ragionevolezza e di uguaglianza, e risponda ad esigenze di carattere funzionale e operativo proprie delle carriere nelle forze di polizia. La disciplina appare quindi compatibile con i principi costituzionali, in quanto finalizzata a tutelare l’efficacia e l’efficienza dei servizi di polizia, senza ledere indebitamente i diritti dei candidati.


Pubblicato il 09/07/2025
N. 05961/2025REG.PROV.COLL.
N. 02094/2024 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2094 del 2024, proposto da
.... ...., rappresentato e difeso dall’avvocato .... ...., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA, CAPO DELLA POLIZIA, DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, COMMISSIONE ESAMINATRICE DEL CONCORSO A 1148 AGENTI DI POLIZIA DI STATO INDETTO CON D.M. 18.05.2017, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima, n. 11988 del 2023;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 luglio 2025 il Cons. Dario Simeoli;
Nessuno è comparso per le parti costituite;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO
1.‒ Con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, il signor .... ...., unitamente ad altri ricorrenti, ha impugnato il bando di concorso per il conferimento di n. 1148 posti di Agente di Polizia di Stato nella parte in cui, all’art. 4, lettera d), esclude la partecipazione al concorso a coloro che abbiano compiuto i 30 anni di età, lamentandone la violazione di legge ed il contrasto con il diritto eurounitario.
2.‒ Con la sentenza n. 11988 del 17 luglio 2023, il T.a.r. ha respinto il ricorso con riferimento alla posizione dei signori ...., .... e ...., mentre lo ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse nei confronti degli altri ricorrenti che avevano invece rinunciato al ricorso.
Nel merito, il T.a.r. ha ritenuto che, con riferimento all’esplicazione dei compiti di istituto propri della qualifica di agente della Polizia di Stato, la fissazione di un limite massimo di età sarebbe ragionevole in relazione alla delicatezza delle mansioni operative da svolgersi e, quindi, non potrebbe ritenersi né discriminatoria, né illogica.
3.‒ Il signor .... .... ha quindi proposto appello, riproponendo integralmente i motivi di ricorso di primo grado, inerenti alla:
- violazione e falsa applicazione dell’art. 3 co. 6, legge 15 maggio 1997, n. 127;
- violazione dell’art. 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea;
- violazione e falsa applicazione del ‘considerando’ n. 23 e degli artt. 1, 2, 4 e 6, della direttiva 27 novembre 2000, n. 2000/78/CE;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 2 Direttiva 2000/43 CE;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, del d.lgs. 9 luglio 2003, n. 216;
- violazione del principio di uguaglianza per l’accesso ai pubblici impieghi, sulla scorta dei requisiti previsti dalla legge, ex art. 51 Cost.;
- disparità di trattamento; irragionevolezza, illogicità ed arbitrarietà manifeste; contraddittorietà manifesta; violazione dei canoni costituzionali di buon andamento ed imparzialità, di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost.
4.‒ Il Ministero intimato non si è costituito in giudizio.
5.‒ All’odierna udienza pubblica del 3 luglio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.‒ L’appello è inammissibile.
1.1.– Secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, il principio di specificità dei motivi di impugnazione di cui all’art. 101, comma 1, del c.p.a. impone che sia rivolta una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, non essendo sufficiente la mera riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso introduttivo, perché il giudizio di appello innanzi al giudice amministrativo ha natura di ‘revisio prioris instantiae’ (e non di ‘novum iudicium’), i cui limiti oggettivi risultano segnati dai motivi di impugnazione (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. VII, 14 aprile 2025, n. 3186; Sez. VII, 9 aprile 2024, n. 3245; id., 22 giugno 2023, n. 6147; Sez. V, 15 gennaio 2024, n. 503; Sez. IV, 20 novembre 2023, n. 9938; id., 24 febbraio 2020, n. 1355; Sez. II, 15 novembre 2023, n. 9811; id., 2 febbraio 2022, n. 717; Sez. VI, 14 novembre 2023, n. 7956; Sez. III, 3 aprile 2017, n. 1529; Sez. IV, 26 settembre 2016, n. 3936; Sez. VI, 19 gennaio 2016, n. 158; Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, Sez. Giur., 21 febbraio 2024, n. 116).
L’atto di appello, a pena di inammissibilità, deve dunque contenere, accanto alla parte volitiva, una parte critica, a confutazione della sentenza di primo grado.
A tal fine, pur non richiedendosi l’impiego di formule sacramentali, si esige comunque che l’appellante soddisfi l’onere specifico, che la norma pone a suo carico, di contestare l’iter argomentativo della sentenza gravata, che ponga il giudice di appello nelle condizioni di comprendere con chiarezza i principi, le norme e le ragioni per cui il giudice di prime cure avrebbe dovuto decidere diversamente.
1.2.‒ Nel caso in esame, l’appellante non ha mosso critiche specifiche alla sentenza impugnata, né ha individuato le ragioni per le quali, a suo avviso, la sentenza sarebbe errata e da riformare. Il gravame non si confronta in alcun modo con le statuizioni reiettive espresse dal T.a.r., ma è meramente ripetitivo del ricorso di primo grado.
Tale tecnica di riproposizione delle questioni risulta, per le ragioni sopra richiamate, incompatibile con il principio di specificità dei motivi di impugnazione.
2.‒ Il Collegio – in aggiunta alle dirimenti considerazioni svolte in punto di rito – ritiene di dovere precisare che l’impugnazione è comunque infondata nel merito.
2.1.– La questione di cui si discute – vale a dire, in estrema sintesi, la legittimità dell’esclusione dalla procedura concorsuale per superamento del limite di età previsto dal bando concorsuale – è stata affrontata da numerose pronunce di questo Consiglio di Stato (cfr., ex pluribus, Cons. Stato, Sez. II, n. 9633 del 2024, n. 2611 del 2024, n. 2599 del 2024, n. 2576 del 2024, n. 2479 del 2024, n. 2309 del 2024, n. 1982 del 2024, n. 1649 del 2024, n. 1542 del 2024, n. 1017 del 2024, n. 1789 del 2022; sez. IV, n. 3738 del 2016; Sez. III, n. 345 del 2016).
Da tali statuizioni il Collegio non ha ragione di discostarsi.
La motivazione della presente sentenza può quindi consistere in un «sintetico riferimento» ai precedenti conformi (art. 74 del c.p.a.).
2.2.– Vero è che l’ordinamento nazionale pone un principio generale di non discriminazione in base all’età nell’accesso all’occupazione e al lavoro, anche sotto il profilo dei criteri di selezione e delle condizioni di assunzione nel pubblico impiego. In tal senso dispone il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, recante «Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e della direttiva n. 2014/54/UE relativa alle misure intese ad agevolare l’esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori» (la direttiva concretizza, nell’ambito da essa coperto, il principio generale di non discriminazione sancito dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea).
Sennonché, l’art. 3, comma 2, lettera c), del citato decreto legislativo n. 216 del 2003, fa salve tutte le disposizioni vigenti in materia di «sicurezza pubblica, tutela dell’ordine pubblico, prevenzione dei reati e tutela della salute» (lo stesso considerando 18 della direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000 prevede espressamente che: «[l]a presente direttiva non può avere l’effetto di costringere le forze armate nonché i servizi di polizia, penitenziari o di soccorso ad assumere o mantenere nel posto di lavoro persone che non possiedano i requisiti necessari per svolgere l’insieme delle funzioni che possono essere chiamate ad esercitare, in considerazione dell’obiettivo legittimo di salvaguardare il carattere operativo di siffatti servizi»).
Già l’art. 3, comma 6, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo) aveva stabilito che la partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni «non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell’amministrazione».
La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha ritenuto che tale disposizione, con la eliminazione dei limiti di età per i concorsi pubblici, ma salvaguardando le relative deroghe, abbia «operato un bilanciamento tra opposti valori e cioè tra il principio di pubblicità e di massima partecipazione ai concorsi nella pubblica amministrazione - incompatibile con la previsione di limiti di età – e le esigenze organizzative di efficacia e di buon andamento dell’amministrazione, connesse in particolare alla natura del servizio o ad altre oggettive necessità che possono richiedere particolari requisiti di idoneità fisica legati anche all’età dei candidati» (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3157 del 2019; anche Sez. II, n. 5654 del 2023).
In attuazione di tale quadro di fonte primaria, l’Amministrazione intimata, con il decreto ministeriale 6 aprile 1999, n. 115 (recante il regolamento per l’individuazione del limite d’età per la partecipazione ai concorsi pubblici per l’accesso ai ruoli della Polizia di Stato), vigente ratione temporis, ha ritenuto di dover prevedere, per la partecipazione ai concorsi pubblici per l’accesso ai ruoli del personale che espleta funzioni di Polizia, limiti anagrafici collegati alla peculiarità del servizio, adottando per gli agenti il massimo di età di 30 anni (cfr. l’art. 1, secondo cui: «[l]a partecipazione al concorso pubblico per la nomina ad allievo agente di polizia è soggetta al limite massimo di età di anni trenta»).
Il bando di concorso impugnato, all’art. 4, lettera d), non fa dunque che applicare le citate disposizioni di regolamento.
Il predetto limite di età è elevato, fino ad un massimo di tre anni, in relazione all’effettivo servizio militare prestato dai concorrenti.
Viene pure precisato che il requisito dell’età massima deve essere posseduto alla data di scadenza della domanda di partecipazione al concorso, ma (a differenza degli altri requisiti) non deve essere necessariamente mantenuto fino alla data di immissione nel ruolo degli Agenti ed Assistenti della Polizia di Stato (art. 4, comma 3, del bando).
2.3.‒ Su queste basi, la fissazione di specifici limiti di età nel settore dei reclutamenti militari e delle forze di polizia non può reputarsi irragionevole, né contraria ai principi costituzionali di uguaglianza, rispondendo alla necessità di assicurare il possesso nel tempo di determinati requisiti fisici – generalmente connessi con l’età – necessari per lo svolgimento delle peculiari attività proprie della carriera.
Secondo quanto più volte ammesso dalla giurisprudenza costituzionale, rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire requisiti d’età per l’accesso ai pubblici impieghi, purché non siano determinati in modo arbitrario o irragionevole e, comunque, siano immuni da ingiustificate disparità di trattamento (cfr., ex multis, sentenze n. 275 del 2020, n. 160 del 2000 e n. 466 del 1997; inoltre, ordinanze n. 268 del 2001 e n. 357 del 1999).
Come sempre affermato dalla Corte costituzionale, «la garanzia del diritto al lavoro non deve essere intesa nel senso che non consenta al legislatore ordinario di regolarne l’esercizio (sentenze n. 61 del 1996 e n. 54 del 1977), e ciò vale anche per i limiti di età, soprattutto quando la norma si riferisce a requisiti attitudinali richiesti da particolari rapporti di lavoro caratterizzati dalla natura del servizio da prestare e da oggettive necessità del tipo di azienda (sia pubblica che privata)» (sentenza n. 160 del 2000).
In applicazione di tali coordinate ermeneutiche, la disposizione in esame non appare arbitraria, in quanto stabilisce un limite anagrafico ragionevole e proporzionato rispetto alle mansioni prettamente operative cui è chiamato l’agente di polizia. Ciò anche tenuto conto del fatto che, per la predetta figura professionale, non si richiede (cfr. art. 4, comma 1, lettera c, del bando impugnato) un lungo iter formativo di carattere specialistico, bensì il solo diploma di scuola secondaria di I grado o equipollente (tale conclusione appare coerente con la sentenza n. 262 del 2022 della Corte costituzionale, che ha invece ritenuto il medesimo limite di età irragionevole con riguardo al diverso concorso per commissari tecnici psicologi, motivando che questi ultimi sono chiamati a svolgere funzioni di carattere non prettamente operativo, ma tecnico-scientifico, per le quali occorre, oltre al il possesso della laurea magistrale o specialistica, l’abilitazione professionale in psicologia, e per il cui reclutamento non è richiesto il superamento di prove di efficienza fisica).
2.4.‒ Per gli stessi motivi, neppure è ravvisabile un contrasto con il diritto europeo.
Secondo la Corte di giustizia, al fine di verificare la compatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione, e segnatamente con gli artt. 4, paragrafo 1, e 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, si deve stabilire se «il possesso di capacità fisiche particolari [che giustifichi la fissazione di un limite di età] sia requisito essenziale e determinante» per lo svolgimento delle loro mansioni ordinarie. In caso di valutazione positiva, sempre ad avviso della Corte di giustizia, il limite di trenta anni può essere considerato «requisito proporzionato» solamente se tali funzioni siano «essenzialmente operative o esecutive» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione settima, sentenza 17 novembre 2022, in causa C-304/21, VT; nel senso che il requisito dell’età massima possa essere legittimamente posto in relazione alla necessità di selezionare soggetti dotati di adeguate capacità fisiche, cfr., sentenza 15 novembre 2016, in causa C 258/15, Salaberria Sorondo; Grande sezione, 12 gennaio 2010, in causa C- 229/08, Wolf; Grande sezione, 13 settembre 2011, in causa C-447-09, Prigge).
Anche sul versante della giurisprudenza europea, deve dunque concludersi che, in ragione delle funzioni operative cui è chiamato l’agente di polizia, il limite anagrafico di partecipazione (di anni trenta) appare rispondere ad una legittima e proporzionata necessità di selezionare soggetti dotati di adeguate capacità fisiche per la protezione di beni e persone.
2.5.‒ È noto che, qualora non esista alcun ricorso giurisdizionale avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE quando è chiamato a pronunciarsi su una questione di interpretazione del Trattato.
Sul punto, è stato chiarito che l’obbligo del giudice nazionale di ultima istanza non sussiste se: a) la questione di interpretazione di norme comunitarie non è pertinente al giudizio (vale a dire nel caso in cui la soluzione non possa in alcun modo influire sull'esito della lite); b) la questione è materialmente identica ad altra già decisa dalla corte o comunque il precedente risolve il punto di diritto controverso; c) la corretta applicazione del diritto comunitario può imporsi con tale evidenza da non lasciar adito a nessun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione (c.d. teoria dell’atto chiaro, sul punto è sufficiente il richiamo alla sentenza capostipite della Corte del Lussemburgo 6 ottobre 1982, in C-283/81, Cilfit).
Nel caso in esame, tutte le considerazioni sopra svolte inducono il Collegio a ritenere che sussiste, nella presente controversia, l’ultima delle citate deroghe, anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia, 6 ottobre 2021, in C-561/19, Consorzio Italian Management, che, in sostanziale continuità con la precedente giurisprudenza, ha precisato che: «[l]’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno deve adempiere il proprio obbligo di sottoporre alla Corte una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad esso, a meno che constati che tale questione non è rilevante o che la disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte o che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione s’impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi».
3.‒ Non occorre procedere alla liquidazione delle spese di lite del presente grado di giudizio, in ragione della mancata costituzione dell’Amministrazione appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2025 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice, Presidente
Dario Simeoli, Consigliere, Estensore
Giordano Lamberti, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
Thomas Mathà, Consigliere
         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Dario Simeoli        Sergio De Felice
         
         
         
         
         
IL SEGRETARIO

 

Nessun commento:

Posta un commento