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17 maggio 2025

Tar 2025-Il ricorso presentato nel 2025 ha visto l’accoglimento da parte del giudice e la condanna del Ministero, con una motivazione articolata e fondata su precise interpretazioni normative e giurisprudenziali in materia di responsabilità in ambito di sicurezza sul lavoro e danni alla salute dei lavoratori.

 

Tar 2025-Il ricorso presentato nel 2025 ha visto l’accoglimento da parte del giudice e la condanna del Ministero, con una motivazione articolata e fondata su precise interpretazioni normative e giurisprudenziali in materia di responsabilità in ambito di sicurezza sul lavoro e danni alla salute dei lavoratori.

**Commento dettagliato**

1. **Inquadramento normativo e interpretativo dell’articolo 2087 c.c.**  
L’articolo 2087 del Codice Civile, che impone all’imprenditore l’obbligo di adottare misure di tutela dell’integrità fisica e morale dei prestatori di lavoro, è stato interpretato come una norma a “funzione di chiusura del sistema di prevenzione”. Ciò significa che, anche in assenza di specifiche norme antinfortunistiche, l’imprenditore deve adottare le misure più avanzate disponibili tecnologicamente, aggiornandole costantemente per prevenire rischi noti e quelli ancora ipotetici. La giurisprudenza, in particolare la sentenza della Corte di Cassazione n. 6952/2018, conferma che tale obbligo non è opponibile in senso economico, ovvero non può essere ridimensionato per motivi di convenienza o costi.

2. **Onere della prova e responsabilità**  
Secondo le pronunce giurisprudenziali, tra cui l’Adunanza Plenaria n. 1/2018, la responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio o danno alla salute del lavoratore implica un riparto chiaro degli oneri probatori:  
- Il lavoratore deve provare l’esistenza del danno, la natura nociva dell’attività svolta e il nesso tra attività e danno.  
- Il datore di lavoro, a sua volta, può liberarsi dimostrando di aver adottato tutte le cautele necessarie e che il danno non deriva da sua negligenza o colpa.

Inoltre, nel caso di malattia professionale, la giurisprudenza applica il principio dell’equivalenza delle condizioni previsto dall’art. 41 c.p., che riconosce come causalmente efficiente qualsiasi fattore che abbia contribuito, anche indirettamente, alla produzione dell’evento dannoso. La prova del nesso causale è quindi di natura probabilistica (“più probabile che non”), e non richiede la certezza assoluta richiesta in ambito penale.

3. **Applicazione al caso concreto**  
Nel ricorso accolto, si è argomentato che il lavoratore aveva provato la nocività dell’ambiente di lavoro e il danno subito, mentre il Ministero non è riuscito a dimostrare di aver adottato tutte le misure di prevenzione più avanzate e aggiornate. La valutazione del nesso causale ha tenuto conto dell’attività svolta, dell’esposizione a fattori nocivi e del tempo di esposizione, coerentemente con i principi sopra richiamati.

4. **Implicazioni e conclusioni**  
L’accoglimento del ricorso si inserisce in un quadro di responsabilità molto rigoroso dell’imprenditore e delle istituzioni preposte alla tutela della salute dei lavoratori. La condanna del Ministero rappresenta un rafforzamento del principio che la prevenzione e la sicurezza devono essere garantite mediante le misure più avanzate e aggiornate, senza limitazioni di carattere economico. La sentenza sottolinea l’importanza di un’interpretazione evolutiva e proattiva delle norme di tutela, in linea con le innovazioni tecniche e scientifiche.

**In sintesi**, il ricorso del 2025, accolto con condanna del Ministero, ha ribadito e rafforzato i principi fondamentali di responsabilità e prevenzione sul lavoro, evidenziando come l’onere di prova e il quadro normativo siano orientati a garantire il massimo livello di tutela possibile per i lavoratori, attraverso un’obbligazione di diligenza e aggiornamento continuo da parte dell’imprenditore e delle autorità preposte.




 

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