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03 maggio 2025

La tassazione concorrente dei redditi di fonte estera da lavoro dipendente.

 

Sentenza del 04/03/2025 n. 25/2 - Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Pordenone
La tassazione concorrente dei redditi di fonte estera da lavoro dipendente.
I redditi da lavoro dipendente di fonte estera percepiti dal contribuente residente in Italia ma che abbia svolto attività lavorativa in Stati coi quali l’Italia ha stipulato Convenzioni contro la doppia imposizione sono soggetti alla tassazione concorrente dei Paesi contraenti se, testualmente, le relative norme (che riproducono l’analoga clausola del modello OCSE) omettono di attribuire la potestà impositiva “soltanto” all’uno o all’altro. In base ai criteri ermeneutici dettati dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati e da quanto si trae dal Commentario OCSE 2017, la mancanza del predetto avverbio (“soltanto”) è da interpretare come sintomatica di una condivisione del potere fiscale fra lo Stato della residenza e quello della fonte, salva l’adozione di meccanismi di prevenzione della doppia imposizione internazionale. È questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza 1° marzo 2024, n. 5524 in rimeditazione dell’orientamento precedente espresso con ordinanza 14 aprile 2021, n. 9725 e al quale ha aderito la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Pordenone per respingere il motivo di ricorso del contribuente.
Intitolazione:
Nessuna intitolazione presente


Massima:
Nessuna massima presente


Testo:

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato in data 3.6.2024, che ha preso n. 101/24 R.G.R., G. P. T. ha presentato ricorso avverso gli avvisi di accertamento indicati in epigrafe, relativi agli anni d'imposta 2016-2020, coi quali l'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Pordenone, a seguito di PVC della Guardia di Finanza di data 13.5.2022, ha ripreso imposte sui redditi per emolumenti percepiti dal contribuente, residente in Italia, per attività di lavoro dipendente per la società SMS T. S. G. S.P.C. con sede in Bahrain, in forza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato di data 24.11.2015 con decorrenza dal 1°.1.2015, con distacco del dipendente presso la collegata SMS Group GmbH in Germania, per i siti gestiti da quest'ultima in tutto il mondo, con esclusione di quelli in Germania, con il ruolo di site manager;

in concreto l'attività lavorativa è stata svolta e gli stipendi sono stati percepiti in India per l'anno 2016, India ed Islanda per l'anno 2017, Islanda e Russia per l'anno 2018, Russia per l'anno 2019 e per l'anno 2020 ed i relativi redditi non sono stati dichiarati in Italia.

Il ricorrente eccepiva:

1) violazione e falsa applicazione dell'art. 15 del c.d. Modello Ocse riproposto - in testo conforme al citato modello nelle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dalla Repubblica Italiana con la Repubblica Federale Tedesca (art. 15), con la Federazione Russa (art. 15), con la Repubblica Indiana (art. 16) e con la Repubblica Islandese (art. 15); 2) In subordine:

2.a) violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 10-ter e 10-quater della L. 27 luglio 2000, n. 212, e dell'art. 6, comma 2, del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472;

2.b) violazione e falsa applicazione dell'art. 163 Tuir nella parte in cui viene per un verso omesso il riconoscimento in detrazione delle imposte estere assolte e certificate e per altro verso viene riassoggettato a tassazione "domestica" il reddito lordo per un ammontare comprensivo quindi anche delle somme versate alle amministrazioni fiscali dei Paesi di svolgimento dell'attività lavorativa.

Ritualmente costituitasi, l'Agenzia delle Entrate ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

Dopo un rinvio al fine di un'eventuale soluzione conciliativa tra le parti, la causa è stata trattenuta in decisione all'esito di pubblica discussione all'udienza del 29.1.2025; in pari data la Corte si è riunita nella camera di consiglio per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso risulta infondato.

Il ricorrente invoca a proprio favore l'insegnamento della Suprema Corte reso in particolare nell'ordinanza 14 aprile 2021, n. 9725, il quale afferma che, in ogni caso ove il lavoro dipendente venga svolto nella Repubblica federale di Germania le tasse vengono corrisposte colà anche se il dipendente risiede in Italia.

Si legge, infatti in quell'arresto: «In materia questa Corte ha affermato che la convenzione stipulata tra gli Stati, al pari delle altre norme internazionali pattizie, riveste carattere di specialità rispetto alle corrispondenti norme nazionali e quindi prevale su queste ultime, dovendo la potestà legislativa essere esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti, tra l'altro, dagli obblighi internazionali sanciti dall'art. 117 Cost. (Cfr. Cass. nn. 1138 del 2009, 2912 del 2015, 14474 e 23984 del 2016)". In particolare, è stato affermato che "Le convenzioni bilaterali in materia di doppia imposizione hanno la funzione di dettare norme internazionali di conflitto al fine di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali, che si verifica allorché una stessa situazione di fatto economicamente rilevante determina la nascita in capo al medesimo soggetto di due obbligazioni tributarie in relazione alle imposte dello stesso tipo previste dalla legislazione di due Paesi diversi, con conseguente ostacolo all'attività economica e di investimento internazionale. Tale scopo viene perseguito o mediante l'attribuzione del potere d'imposizione fiscale ad uno Stato contraente e, corrispondentemente, con la rinuncia all'esercizio di tale potere da parte dell'altro Stato, oppure viene prevista una potestà impositiva concorrente dei due Stati, con il ricorso allo strumento del credito d'imposta per evitare la doppia imposizione " (cfr. Cass. sentenza n. 24112 del 2017).

Sulla base di tali premesse, ha osservato la Suprema Corte che "l'art. 15 della Convenzione conclusa tra Italia e Repubblica Federale di Germania è chiaro nell'ancorare la potestà impositiva allo Stato di residenza solo se coincidente con quello in cui il lavoro viene esercitato.

La disposizione prevede infatti che nel caso in cui l'attività sia svolta nell'altro Stato contraente - quello in cui il contribuente non ha residenza - "le remunerazioni percepite a tale titolo sono imponibili in questo altro Stato (cfr. sull'omologo art. 15 della Convenzione tra Italia e Svizzera, in relazione a somme percepite a titolo di t.f.r., Cass. n. 14474 del 2016, cit.; idem I'omologo art. 15 della Convenzione tra Italia e Regno Unito.

Cass. n. 24112 del 2017). (...) In altri termini. la regola applicabile è quella dell'art. 15 della convenzione Italia Germania che, come l'art. 15 della Conv. OCSE, mette in gioco I'avverbio "soltanto" per derogare al worldwide principale rispetto alla tassazione dei redditi da lavoro dipendente, per favorire la circolazione della manodopera.

Pur dandosi atto che tale orientamento era stato recepito anche in una sentenza dell'intestata Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado (n. 57/2023), si ritiene opportuno prestare adesione al più recente insegnamento della Corte di Cassazione, espresso nella sentenza n. 5524/2024, che contiene un ampio riesame della questione con consapevole superamento del citato precedente del 2021, con riferimento alle - identiche - previsioni contenute nell'art. 15 della Convenzione Italia - Repubblica del Kazakhstan contro le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, sottoscritta a Roma il 22 settembre 1994.

Ha osservato la Suprema Corte:

"Nell'interpretazione dell'art.15 della Convenzione (che sul punto riproduce i modelli predisposti dall'OCSE) assume importanza la differenza tra le ipotesi in cui espressamente e? detto che la potestà impositiva e? "soltanto" dello Stato di residenza e quelle in cui l'avverbio e? omesso. Sul rilievo da attribuire - in base ai criteri interpretativi dettati dall'art. 31 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati - alla presenza o meno, nelle singole disposizioni delle convenzioni contro le doppie imposizioni, dell'avverbio "soltanto", al fine di stabilire la ripartizione della potestà impositiva tra gli Stati contraenti, questa Corte si è espressa con la sentenza n. 23984 del 2016 (alla cui ampia motivazione si rimanda), affermando, in tema di interpretazione dell'art. 17 della Convenzione tra Italia e Francia, che la presenza del "soltanto" non è affatto casuale, ma decisiva, in quanto, in assenza dell'avverbio, la potestà impositiva degli Stati contraenti è concorrente.

Il collegio ritiene, dunque, di superare il diverso orientamento espresso da questa Corte con la pronuncia n. 9725/21, secondo cui la Convenzione sarebbe chiara "nell'ancorare la potestà impositiva allo Stato di residenza solo se coincidente con quello in cui il lavoro viene esercitato", dovendosi ritenere che il "soltanto" di cui al primo periodo sarebbe implicito anche nel secondo.

Alcuni commentatori, in senso critico, hanno rilevato che tale ultima interpretazione non è consentita dal testo dell'art.15 della Convenzione, secondo i comuni canoni ermeneutici, anche se la differenza tra le due previsioni della tassazione esclusiva o concorrente può essere maggiormente apprezzata nel testo della Convenzione in lingua tedesca ed inglese (in tale ultima versione, shall be taxable only nel primo caso, may be taxed in that other State nel secondo).

Anche la citazione in Cass. n.9725/21 delle istruzioni al Mod. Unico 2009 (secondo cui <>), secondo taluni dei commentatori, sarebbe viziata, dallo stesso fraintendimento.

Nella specie, la convenzione Italia - Kazakhstan è redatta ufficialmente sia in italiano, sia in inglese, e nel testo inglese si legge shall be taxable only nel primo periodo, may be taxed in that other State nel secondo periodo.

Sebbene il Commentario Ocse 2017 all'articolo 15 non accenni esplicitamente alla tassazione concorrente (Paragraph 1 establishes the general rule as to the taxation of income from employment -other than pensions-, namely, that such income is taxable in the State where the employment is actually exercised), tuttavia, all'articolo 23, punti 6 e 7, ha chiarito che la mancanza dell'avverbio soltanto determina una tassazione concorrente tra i due Paesi contraenti (6. For some items of income or capital, an exclusive right to tax is given to one of the Contracting States, and the relevant Article states that the income or capital in question "shall be taxable only" in a Contracting State. The words "shall be taxable only" in a Contracting State preclude the other Contracting State from taxing, thus double taxation is avoided. The State to which the exclusive right to tax is given is normally the State of which the taxpayer is a resident within the meaning of Article 4, that is State R, but in Article 192 the exclusive right may be given to the other Contracting State (S) of which the taxpayer is not a resident within the meaning of Article 4.

7. For other items of income or capital, the attribution of the right to tax is not exclusive, and the relevant Article then states that the income or capital in question "may be taxed" in the Contracting State (S or E) of which the taxpayer is not a resident within the meaning of Article 4. In such case the State of residence (R) must give relief so as to avoid the double taxation. Paragraphs 1 and 2 of Article 23 A and paragraph 1 of Article 23 B are designed to give the necessary relief).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. n. 36679/2022) in materia di convenzioni per evitare le doppie imposizioni (ex plurimis Cass. 20/11/2019, n. 30140; Cass. 19/12/2018, n. 32842; Cass.7/9/2018, n. 21865; Cass. 10/11/2017, n. 26638; Cass. 21/12/2018, n. 33218, relativa proprio all'interpretazione della "stabile organizzazione"), deve riconoscersi rilievo interpretativo - cosi? come prevede la stessa convenzione di Vienna (cfr. la citata Cass. n. 23984 del 2016 e Cass. nn. 3367 e 3368 del 2002, n. 7851 del 2004 e n. 9942 del 2000, ivi richiamate) - sia al modello di convenzione approvato in ambito Ocse nel 1963, aggiornato nel 1977 ed oggetto via via di ulteriori emendamenti, sia al commentario Ocse al relativo modello, il quale, pur non avendo valore normativo, costituisce, comunque, una raccomandazione diretta ai paesi aderenti all'Ocse (Cass. 28/7/2006, n. 17206).

Anche nei documenti della prassi amministrativa si legge: L'articolo 15 della citata Convenzione prevede, al paragrafo 1, che"i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un'attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell'altro Stato contraente. Se l'attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato". In sostanza, nella disposizione convenzionale sopra richiamata è prevista la tassazione esclusiva dei redditi da lavoro dipendente nello Stato di residenza del beneficiario, a meno che l'attività lavorativa, a fronte della quale sono corrisposti i redditi, sia svolta nell'altro Stato contraente: ipotesi in cui i predetti emolumenti sono assoggettati a imposizione concorrente in entrambi i Paesi (Agenzia delle entrate - Risposta 27 settembre 2021, n. 626).

Pertanto, nella specie deve concludersi che, in base all'art.15, paragrafo 1, secondo periodo, della Convenzione tra Italia e Kazakhstan lo Stato della fonte esercita la potestà impositiva in regime di tassazione concorrente con quella dello Stato di residenza e che quest'ultimo deve garantire, con l'esenzione o il credito di imposta, l'eliminazione della doppia imposizione giuridica.

Può, dunque, enunciarsi il seguente principio di diritto: In materia d'imposte sul reddito, l'art.15 della Convenzione Italia - Repubblica del Kazakhstan contro le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, sottoscritta a Roma il 22 settembre 1994, ratificata con legge n.174 del 12 marzo 1996 ed entrata in vigore il 26 febbraio 1997, non esclude che il reddito percepito da un soggetto residente in Italia per il lavoro svolto in Kazakhstan, quale dipendente di una società di diritto kazako, pur essendo stato già tassato attraverso ritenute alla fonte nel Paese dove viene svolta la prestazione lavorativa, sia imponibile anche nello Stato di residenza del lavoratore e debba essere dichiarato, ferma la possibilità per il contribuente di portare in detrazione le imposte corrisposte all'estero, nella specie mediante il meccanismo del credito d'imposta previsto dall'art. 165 T.u.i.r.".

Si deve aggiungere che nel caso di specie, il contribuente non ha mai negato di essere residente in Italia ed in particolare di essere iscritto all'anagrafe della popolazione residente e di aver mantenuto la stabile residenza della famiglia.

Il motivo subordinato di ricorso è fondato nei seguenti limiti.

Esso è privo di fondamento con riguardo alla doglianza relativa al mancato riconoscimento da parte dell'Agenzia delle Entrate, in detrazione dei redditi accertati, delle imposte corrisposte agli Stati esteri nei quali gli emolumenti sono stati percepiti.

L'Ufficio ha osservato, quanto all'omessa decurtazione, negli avvisi impugnati, delle imposte versate all'estero, che il comma 8 dell'art. 165 del T.U.I.R n. 917/1986 sancisce che la detrazione delle imposte pagate all'estero non spetta in caso di omessa presentazione delle dichiarazioni o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero nella dichiarazione presentata, così che nella specie le imposte versate all'estero non potevano essere riconosciute in sede accertativa.

In proposito, è il caso di precisare che quando il lavoratore dipendente, residente in Italia, presti la propria attività lavorativa all'estero per oltre 183 giorni nell'arco di 12 mesi - circostanza dedotta dal contribuente nella specie - diventa applicabile l'art. 51, comma 8 bis, d.P.R. n. 917/86, il quale prevede che la base imponibile del reddito da lavoro dipendente prestato all'estero sia determinata sulla base delle retribuzioni convenzionali, come definite annualmente con il Decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale di cui all'articolo 4, comma 1, del D.L. n. 317/87, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 398/87.

In caso di reddito determinato convenzionalmente in misura ridotta, in base a quanto previsto dall' articolo 51, comma 8 bis, d.P.R. n. 917/86, il lavoratore dipendente residente fruisce, per le imposte assolte all'estero, di un credito di imposta non in misura piena, ma proporzionale al reddito estero, che concorre alla formazione del proprio reddito complessivo.

Nel caso di specie, tuttavia, non è contestato che il contribuente non abbia presentato la dichiarazione dei redditi in Italia, rendendo conseguentemente inapplicabile il meccanismo previsto dall'art.51, comma 8 bis, d.P.R. n. 917/86, come fondatamente eccepito dall'Ufficio.

Si deve invece riconoscere l'incertezza oggettiva del dato normativo in ordine alla questione già esaminata con riguardo al primo motivo di ricorso, al fine di valutare positivamente la doglianza relativa all'applicazione, negli avvisi di accertamento impugnati, di interessi e sanzioni nonostante la buona fede del contribuente.

Militano in tal senso non solo l'obiettiva difficoltà di interpretazione del modello Ocse sul punto, riprodotto in termini pressoché identici in numerose convenzioni sulla doppia imposizione, ma anche la presenza di indirizzi giurisprudenziali contrapposti, sia di merito sia di legittimità, ad oggi non risolti da un - auspicabile - intervento delle Sezioni Unite, ben evidenziati nella parte di motivazione sopra riportata, ove si nota come i due arresti maggiormente esemplificativi (Cass., n. 9725/21 da un lato, Cass., n. 5524/2024 dall'altro) citano a propria volta precedenti conformi.

Sussistono in un caso quale quello di specie i presupposti per l'applicazione del principio del legittimo affidamento del contribuente, ai sensi della l. n. 212 del 2000, art. 10, che comporta l'esclusione degli aspetti sanzionatori, risarcitori ed accessori conseguenti all'inadempimento incolpevole dell'obbligazione tributaria, ma non incide sulla debenza del tributo, che prescinde del tutto dalle intenzioni manifestate dalle parti del rapporto fiscale, dipendendo esclusivamente dall'obiettiva realizzazione dei presupposti impositivi (Cass., n. 16691/2022; n. 18618/2019).

Come anche di recente osservato dalla Suprema Corte, (Cass, n. 16205/2024), "l'incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, «postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all'Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione".

Si è, in particolare, rimarcato - quanto ai c.d. fatti indice dell'incertezza normativa oggettiva (v. Cass., n. 10313/2019; n. 15452/2018) - che concorrono a determinare detta incertezza la ricorrenza di contrasti giurisprudenziali (nella giurisprudenza di legittimità e anche di merito: v. Cass., n. 23845/2016; n. 24588/2015) ovvero di una pluralità di disposizioni "il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso, per l'equivocità del loro contenuto" (così Cass., n. 4394/2014; n. 4522/2013).

Ne consegue, in parziale accoglimento del ricorso proposto, l'annullamento degli avvisi di accertamento impugnati limitatamente alle sanzioni ed agli interessi negli avvisi stessi indicati.

La reciproca soccombenza e le ragioni di parziale accoglimento del ricorso giustificano l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

- in parziale accoglimento del ricorso, annulla l'avviso di accertamento impugnato limitatamente a sanzioni ed interessi ivi indicati;

- dichiara compensate tra le parti le spese di lite.

Pordenone, 26 febbraio 2025
Elenco Atti Normativi citati

Costituzione del 22/12/1947
Costituzione della Repubblica Italiana.

Articolo 117

Articolo 117.

In vigore dal 8 maggio 2012
Legge del 27/07/2000 n. 212
Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente.

Articolo 10

Tutela dell'affidamento e della buona fede. Errori del contribuente

In vigore dal 18 gennaio 2024
Legge del 12/03/1996 n. 174
Ratifica ed esecuzione della convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Kazakhstan per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con protocollo e scambio di note, fatta a Roma il 22 settembre 1994.

Legge del 03/10/1987 n. 398
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, recante norme in materia di tutela dei lavoratori italiani operanti nei Paesi extra-comunitari e di rivalutazione delle pensioni erogate dai fondi speciali gestiti dall'INPS.

Testo unico del 22/12/1986 n. 917
Testo unico delle imposte sui redditi.

Articolo 163

Divieto della doppia imposizione. (ex art. 127)

In vigore dal 1 gennaio 2004
Articolo 165

Credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero. (N.D.R.: ex art. 15)

In vigore dal 7 ottobre 2015
Decreto del Presidente della Repubblica del 22/12/1986 n. 917
Approvazione del Testo Unico delle imposte sui redditi.

Elenco Atti Normativi citati non presenti in banca dati

Decreto legislativo del 18/12/1997 n° 472 - Articolo 6-com2

Testo unico del 22/12/1986 n° 917 - Articolo 165-com8

Decreto del Presidente della Repubblica del 1986 n° 917 - Articolo 51-com8 bis

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