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03 maggio 2025

Corte di Giustizia Europea: la dichiarazione di una somma di denaro contante, anche con valute diverse dall’euro, alla luce della sentenza C-745/23 del 30 aprile 2025, evidenzia alcuni aspetti fondamentali di diritto e prassi amministrativa nell’ambito delle normative europee sul controllo del denaro contante.

 

 

 Corte di Giustizia Europea: la dichiarazione di una somma di denaro contante, anche con valute diverse dall’euro, alla luce della sentenza C-745/23 del 30 aprile 2025, evidenzia alcuni aspetti fondamentali di diritto e prassi amministrativa nell’ambito delle normative europee sul controllo del denaro contante.

**1. Contestualizzazione della sentenza**  
La sentenza C-745/23 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea affronta il tema della dichiarazione del denaro contante in ingresso o uscita dall’UE, con particolare attenzione alle modalità di determinazione del valore di somme in valute diverse dall’euro. Questa decisione si inserisce nel quadro delle norme volte a prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, che prevedono obblighi di dichiarazione per somme superiori a soglie stabilite.

**2. La questione della conversione delle valute**  
Il nodo centrale riguarda come uno Stato membro possa stabilire il valore di somme di denaro in valute diverse dall’euro per verificare l’applicabilità dell’obbligo di dichiarazione. La normativa europea richiede che questa valutazione sia fatta in modo accurato e trasparente, affinché non si aggiri l’obbligo di dichiarazione attraverso semplici variazioni di valuta.

**3. La soluzione adottata dalla Corte**  
La Corte di Giustizia ha ritenuto ammissibile che uno Stato membro possa determinare il valore delle somme in valute diverse dall’euro utilizzando un tasso di cambio di riferimento, anche nel caso in cui la Banca centrale europea (BCE) non pubblichi tali tassi di cambio ufficiali. In particolare, è stato riconosciuto valido il ricorso a un tasso di cambio indicato su un sito internet che funge da indice della parità tra euro e la valuta in questione.

**4. La validità del metodo di conversione tramite fonti terze**  
La decisione si fonda sulla considerazione che, in assenza di tassi ufficiali pubblicati dalla BCE, l’uso di un tasso di cambio pubblicato su un sito internet affidabile e trasparente può costituire un metodo valido e ragionevole per determinare il valore di somme in valuta estera. Tuttavia, questa scelta deve rispettare i principi di trasparenza, affidabilità e non discriminazione, garantendo che il metodo non favorisca chi desidera eludere gli obblighi di dichiarazione.

**5. La data di riferimento per la conversione**  
Un elemento importante della sentenza riguarda il momento della conversione. La Corte ha stabilito che il tasso di cambio utilizzato deve essere quello vigente alla data in cui la persona entra o esce dal territorio dell’Unione Europea. Questo aspetto assicura che la valutazione sia contestuale e riflettente il valore reale al momento del movimento della somma, evitando manipolazioni o discrezionalità eccessiva.

**6. Implicazioni pratiche**  
L’orientamento della Corte consente agli Stati membri di adottare strumenti pratici e flessibili per la determinazione del valore delle valute non euro, riducendo gli oneri amministrativi e garantendo uniformità nel rispetto delle norme comunitarie. Tuttavia, gli Stati devono garantire che i metodi adottati siano trasparenti, pubblicamente accessibili e basati su fonti affidabili, per evitare contestazioni o violazioni dei principi di legalità e proporzionalità.

**7. Considerazioni finali**  
In conclusione, la sentenza C-745/23 rappresenta un passo importante per chiarire come devono essere trattate le valute diverse dall’euro nelle procedure di dichiarazione del denaro contante. Essa riconosce la flessibilità degli Stati membri nel determinare il valore delle somme in valuta estera, purché si utilizzi un metodo trasparente e basato su elementi oggettivi, come un tasso di cambio pubblicato su fonti affidabili e aggiornate alla data pertinente. Ciò contribuisce a garantire un equilibrio tra l’efficacia delle misure di controllo e il rispetto dei diritti dei cittadini.

 

 

 

 

 

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATA GENERALE

TAMARA ĆAPETA

presentate il 28 novembre 2024 (1)

Causa C745/23 [Alenopik] (i)

Maksu- ja Tolliamet

contro

UT

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Riigikohus (Corte suprema, Estonia)]

« Rinvio pregiudiziale – Regolamento (UE) 2018/1672 – Controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione – Articolo 3, paragrafo 1 – Persona fisica in entrata nell’Unione – Metodo di determinazione del valore della valuta di uno Stato terzo a fini dichiarativi »






I.      Introduzione

1.        Nonostante il rapido mutamento del volto della criminalità e l’aumento dei reati informatici, come le frodi online e i mercati elettronici illegali, il riciclaggio del denaro rimane per lo più ancorato ai metodi tradizionali. «Il contante la fa da padrone» e, pertanto, resta uno dei mezzi più diffusi per facilitare il riciclaggio e il finanziamento di attività terroristiche nella quasi totalità delle attività criminali (2).

2.        Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2018/1672 (3) (in prosieguo: il «regolamento relativo ai controlli sul denaro contante»), una persona che rechi con sé denaro contante di valore pari o superiore a EUR 10 000 è tenuta a dichiarare tale somma alle autorità competenti dello Stato membro attraverso il quale entra nell’Unione o esce dall’Unione (in prosieguo: l’«obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1»).

3.        Tuttavia, il regolamento relativo ai controlli sul denaro contante non si pronuncia quanto al metodo di determinazione del valore della valuta di uno Stato terzo al fine di stabilire se il limite di EUR 10 000 sia rispettato. Ci si chiede, pertanto, su quale base le autorità competenti degli Stati membri possano determinare il valore del denaro contante denominato in tale valuta, in particolare qualora la Banca centrale europea non pubblichi il tasso di cambio di riferimento. Questa è, in sintesi, la questione alla quale la Corte è chiamata a rispondere nella presente causa.

II.    Fatti del procedimento principale e questione pregiudiziale

4.        Il 13 gennaio 2023, dopo una giornata trascorsa a sbrigare commissioni e a visitare familiari, UT (in prosieguo: la «ricorrente in primo grado») e sua figlia hanno attraversato il «ponte dell’amicizia» tra Ivangorod (Russia) e Narva (Estonia).

5.        Al posto di controllo doganale esse hanno scelto di passare attraverso il corridoio verde, il che implicava che non avessero nulla da dichiarare alle autorità competenti. Tuttavia, nel corso di una perquisizione, sono state trovate in possesso ciascuna di 500 000 grivnie ucraine (UAH) in denaro contante, suddivise in mazzette di 100 banconote legate con elastici. Il denaro contante è stato trovato nascosto nelle loro tasche, sotto la fodera degli indumenti e nel cappuccio delle giacche.

6.        Poiché la Banca centrale europea non pubblica i tassi di cambio di riferimento dell’euro con la grivnia ucraina (4), al fine di accertare il valore in euro della somma di UAH 500 000 che la ricorrente in primo grado e la figlia recavano con sé, le autorità estoni competenti si sono basate sul tasso di cambio indicato dal convertitore di valute pubblicato sul sito Internet www.xe.com, facente capo a una società di strumenti e servizi di cambio valuta online con sede in Canada (5).

7.        Secondo il convertitore di valute di tale sito Internet, il valore del denaro contante che la ricorrente in primo grado e sua figlia recavano con sé il giorno dell’attraversamento della frontiera ammontava a EUR 12 565,71 ciascuna.

8.        Di conseguenza, le autorità estoni competenti hanno constatato che il denaro contante trasportato dalla ricorrente in primo grado e da sua figlia superava la soglia di EUR 10 000 prevista dal regolamento relativo ai controlli sul denaro contante, sicché avrebbe dovuto essere dichiarato.

9.        Con decisione del 13 febbraio 2023, le autorità estoni competenti hanno inflitto alla ricorrente in primo grado un’ammenda di importo pari a EUR 600 per omessa dichiarazione del denaro contante (6). Le autorità hanno inoltre deciso di confiscare le grivnie ucraine non dichiarate.

10.      In sede di ricorso dinanzi al Viru Maakohus (Tribunale di primo grado di Viru, Estonia), la ricorrente in primo grado ha spiegato che il denaro contante trovato non le apparteneva e che non era a conoscenza dell’obbligo di dichiararlo. La ricorrente in primo grado ha precisato che esso apparteneva in realtà a RR, un cittadino ucraino residente in Estonia il quale, a causa della guerra in corso in Ucraina, non era in grado di trasferirlo nell’Unione. Egli avrebbe pertanto pregato la figlia della ricorrente in primo grado di portare il denaro che gli apparteneva da Ivangorod all’Estonia. Dopo aver verificato il tasso di cambio della grivnia ucraina sul sito Internet www.tavid.ee, RR aveva concluso che il denaro contante non avrebbe dovuto essere dichiarato, poiché il suo valore, quale risultante da tale sito Internet, sarebbe stato inferiore alla soglia di EUR 10 000. RR avrebbe comunicato detta informazione alla figlia della ricorrente, la quale avrebbe in seguito informato la madre. La ricorrente in primo grado ha quindi sostenuto di non aver avuto l’intenzione di portare di nascosto in Estonia la somma di UAH 500 000 e di aver occultato il denaro per timore di essere derubata.

11.      Nella controversia che ne è scaturita, il Viru Maakohus (Tribunale di primo grado di Viru) ha parzialmente accolto il ricorso della ricorrente in primo grado e, con decisione del 28 aprile 2023, ha annullato la sanzione iniziale e la decisione di confisca delle autorità estoni competenti. Tale giudice ha invece inflitto un’ammenda di EUR 400 e ha ordinato la restituzione della somma di UAH 500 000 confiscata.

12.      Le autorità estoni competenti hanno proposto ricorso per cassazione dinanzi alla Riigikohus (Corte suprema, Estonia).

13.      La Riigikohus (Corte suprema) ha espresso dubbi per quanto concerne il metodo per determinare il valore del tasso di cambio nella causa di cui è investita. Tale giudice osserva che il metodo di conversione in euro di denaro contante in una valuta il cui tasso di cambio non è pubblicato dalla Banca centrale europea non è precisato dal diritto dell’Unione o dal diritto nazionale.

14.      In tali circostanze, la Riigikohus (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Come debba essere determinato il tasso di cambio sulla cui base deve essere accertato il valore di denaro contante ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del [regolamento relativo ai controlli sul denaro contante], qualora si tratti di una valuta il cui tasso di cambio non viene pubblicato dalla Banca centrale europea».

15.      Il governo estone e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Non si è tenuta udienza.

III. Analisi

16.      Le presenti conclusioni sono articolate come indicato qui di seguito. Anzitutto, esporrò succintamente il contesto normativo nel quale si inserisce l’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento relativo ai controlli sul denaro contante (A). In seguito, mi soffermerò sull’argomento principale dedotto dal governo estone e dalla Commissione, ai sensi del quale l’interpretazione del regolamento relativo ai controlli sul denaro contante deve essere guidata dai principi di conversione valutaria discendenti dal codice doganale dell’Unione (7) e dal suo atto di esecuzione (8). (B). Infine, spiegherò il motivo per cui ritengo che il regolamento relativo ai controlli sul denaro contante lasci alle autorità nazionali competenti il compito di stabilire il metodo di determinazione del valore del denaro contante denominato in valuta estera (C).

A.      Contesto in cui si inserisce l’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1

17.      Nel 1991 il legislatore dell’Unione ha adottato la direttiva antiriciclaggio (9). Come suggerisce la sua denominazione, tale direttiva aveva lo scopo di combattere il riciclaggio dei proventi di attività illecite e la criminalità organizzata, ma anche di proteggere la solidità, la stabilità e la credibilità dell’intero sistema finanziario (10). Di conseguenza, tale direttiva imponeva agli enti creditizi, agli enti finanziari e a soggetti esercenti determinate professioni di identificare i clienti le cui operazioni erano di importo pari o superiore a 15 000 unità di conto europee (11).

18.      Tuttavia, all’epoca, nessuno strumento del diritto dell’Unione imponeva controlli alle frontiere nazionali sui movimenti di denaro contante, sicché soltanto alcuni Stati membri avevano istituito siffatti controlli (12).

19.      Riconoscendo il rischio che l’assenza di controlli di tal genere nell’intera Unione potesse compromettere l’efficacia degli obblighi di sorveglianza introdotti dalla direttiva antiriciclaggio, è stato avviato un progetto comune tra i 15 (all’epoca) servizi doganali degli Stati membri, denominato «progetto Moneypenny» (13). Il progetto in parola mirava a esaminare l’entità dei movimenti transfrontalieri di denaro contante attraverso le frontiere interne ed esterne dell’Unione (14).

20.      Nonostante la sua portata limitata, tale progetto ha rivelato che il volume di denaro contante trasportato attraverso le frontiere dell’Unione era tale da comportare un potenziale rischio sia per gli interessi dell’Unione che per quelli degli Stati membri, tenuto conto, in particolare, delle notevoli differenze nei controlli sui movimenti di denaro contante (ove previsti) nei vari Stati membri (15).

21.      L’introduzione dell’euro come moneta (quasi) unica nel mercato interno senza frontiere ha reso siffatte disparità tra i controlli nazionali sui movimenti di denaro contante ancor più problematiche ai fini del corretto funzionamento di tale mercato (16).

22.      In tale contesto è sorto il regolamento n. 1889/2005.

23.      Sulla scia delle iniziative in materia di lotta al riciclaggio del Gruppo di azione finanziaria sul riciclaggio di denaro (17), il regolamento n. 1889/2005 ha introdotto l’obbligo, per i portatori di somme di denaro contante «di importo pari o superiore a 10 000 EUR», di dichiararle alle autorità competenti dello Stato membro (18).

24.      Sebbene tale soglia fosse stata fissata a un valore inferiore rispetto alla soglia di controllo di EUR 15 000 imposta dalla terza direttiva antiriciclaggio (19), il regolamento n. 1889/2005 mirava a integrare tale direttiva e a contrastare il rischio che i controlli da essa introdotti portassero a un aumento dei movimenti fisici di denaro contante a fini illeciti alle frontiere esterne dell’Unione (20).

25.      Nel 2018 il regolamento relativo ai controlli sul denaro contante ha sostituito il suo predecessore del 2005, al fine di incorporare aggiornamenti che riflettevano le migliori pratiche nazionali nonché le più recenti raccomandazioni del Gruppo di azione finanziaria (21).

26.      Il regolamento relativo ai controlli sul denaro contante ha mantenuto l’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, introdotto dal suo predecessore.

27.      Pertanto, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, di tale regolamento, il portatore che rechi con sé denaro contante di valore pari o superiore a EUR 10 000 è tenuto a dichiarare tale somma alle autorità competenti dello Stato membro attraverso il quale entra nell’Unione o esce dall’Unione e a metterlo a loro disposizione a fini di controllo.

28.      La nozione di «denaro contante» è definita in modo da includere quattro categorie di prodotti, tra le quali figura la «valuta» (22).

29.      Per «valuta» si intendono «banconote e monete che sono in circolazione come mezzo di scambio, o che lo sono state e possono ancora essere scambiate, tramite istituti finanziari o banche centrali, con banconote e monete che sono in circolazione come mezzo di scambio» (23).

30.      Tuttavia, al pari del suo predecessore, il regolamento relativo ai controlli sul denaro contante non prevede, almeno all’apparenza, un obbligo di dichiarazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, nel caso di denaro contante denominato in una valuta di un paese terzo.

31.      Ciò premesso, il considerando 4 di tale regolamento precisa che, tenuto conto del suo obiettivo di prevenire e individuare le attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, il sistema di controlli sul denaro contante in tal modo istituito si applica agli importi di EUR 10 000 «ovvero [a]l controvalore in altre valute» (24).

32.      Ove interpretato alla luce della necessità di assicurare che il sistema finanziario e i flussi monetari nel territorio dell’Unione non siano utilizzati a fini di riciclaggio del denaro o altri fini illeciti (25), l’ambito di applicazione dell’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, si applica pertanto anche al denaro contante denominato in una valuta diversa dall’euro.

33.      Allo stesso tempo, tuttavia, il regolamento relativo ai controlli sul denaro contante non prevede un metodo specifico per determinare il valore del denaro contante non denominato in euro al fine di garantire il rispetto dell’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1.

34.      Da ciò scaturiscono i problemi sollevati nella presente causa.

B.      Rinvio alle regole della normativa doganale dell’Unione

35.      Nelle loro osservazioni scritte, sia il governo estone sia la Commissione ritengono che, ai fini dell’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, la determinazione del valore del denaro contante in una valuta di un paese terzo deve essere effettuata sulla base dei principi di conversione valutaria applicabili alle regole sul valore in dogana, che sono contenute nel codice doganale dell’Unione e nel suo atto di esecuzione (26).

36.      Non sono d’accordo. Il codice doganale dell’Unione si applica soltanto alle merci e la valuta in circolazione come mezzo di scambio non rientra nella nozione di «merce».

37.      In ogni caso, anche se la normativa doganale dell’Unione trovasse applicazione, l’esito della presente causa sarebbe lo stesso, ossia spetterebbe sempre agli Stati membri determinare il tasso di cambio applicabile.

38.      In primo luogo, spiegherò il motivo per cui le disposizioni della normativa doganale dell’Unione non trovano applicazione.

39.      Nel definire l’ambito di applicazione del codice doganale dell’Unione, l’articolo 1, paragrafo 1, di tale strumento precisa che esso stabilisce le norme e le procedure di carattere generale «applicabili alle merci che entrano nel territorio doganale dell’Unione o ne escono» (27).

40.      L’applicabilità del codice doganale dell’Unione alle circostanze del caso di specie dipende quindi dal fatto che il «denaro contante» costituisca o meno una «merce» ai sensi di tale atto di diritto dell’Unione.

41.      Il codice doganale dell’Unione non definisce la portata della nozione di «merce» (28), ma non rinvia neppure al diritto degli Stati membri. Pertanto, alla nozione di «merce» deve essere attribuito un significato autonomo e uniforme nel diritto dell’Unione.

42.      Tale significato è stato precisato dalla Corte nella sentenza Commissione/Italia, in cui essa ha dichiarato che «[p]er merci ai sensi [del diritto dell’Unione] si devono intendere i prodotti pecuniariamente valutabili e come tali atti a costituire oggetto di negozi commerciali» (29).

43.      Nel contesto della libera circolazione delle merci, in due sentenze successive, nelle cause Thompson e a. (30) e Bordessa e a (31), la Corte ha avuto l’opportunità di precisare che, in quanto attivo di valore, il «denaro contante», tanto sotto forma di monete quanto di banconote, non costituisce una «merce» ai fini della libera circolazione delle merci.

44.      Così, nella sentenza Thompson e a., la Corte è stata investita della questione se i Krugerrand, monete d’oro coniate in Sudafrica, rientrassero nell’ambito di applicazione delle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci. Essa ha osservato che «nel sistema del Trattato, i mezzi di pagamento non vanno considerati come merci soggette [alla libera circolazione delle merci]» (32). Pertanto, la Corte ha precisato che «benché sia lecito domandarsi se i Krugerrand debbano essere considerati mezzi legali di pagamento, si può tuttavia constatare che, sui mercati monetari di quegli Stati membri che ne ammettono il commercio, essi sono ritenuti equivalenti alla moneta» (33). Di conseguenza, il loro trasferimento esulerebbe dall’ambito di applicazione delle disposizioni in materia di libera circolazione delle merci (34).

45.      Nella sentenza Bordessa e a., tale logica è stata estesa ai biglietti di banca nella valuta di uno Stato membro, in una causa che riguardava persone fisiche che avevano attraversato la frontiera tra la Spagna e la Francia recando con sé, rispettivamente, 38 milioni e 50 milioni di pesetas spagnole (35). Invitata dal giudice del rinvio a chiarire se un regime di dichiarazione previa o di autorizzazione amministrativa rientrasse nell’ambito di applicazione delle disposizioni in materia di libera circolazione delle merci, la Corte ha precisato che «un trasferimento materiale di valori (...) rientra (...) nell’[articolo 65 TFUE] e nella direttiva per l’attuazione di quest’ultima disposizione» (36) nonché, conseguentemente, nella libera circolazione dei capitali, e non nell’ambito di applicazione delle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci (37).

46.      Dalla giurisprudenza di cui sopra risulta che il denaro contante, sotto forma di valuta estera, è escluso dall’ambito di applicazione della nozione di «merce» nel senso attribuito a detta nozione nell’articolo 28 TFUE, fintantoché i mercati finanziari consentono operazioni in tale valuta.

47.      Nella presente causa, dal fascicolo nazionale risulta che entrambi i siti Internet utilizzati come riferimento ai fini del calcolo dell’equivalente di EUR 10 000 in grivnie ucraine sembrano riconoscere che tale valuta possa essere convertita in euro (38).

48.      Tale elemento mi sembra sufficiente, di per sé, a dimostrare che la grivnia ucraina è una valuta che i mercati finanziari riconoscono come idonea ai fini di una conversione in euro (39).

49.      Con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, sono quindi indotta a concludere che, quando denaro contante sotto forma di grivnie ucraine è trasportato da una persona attraverso una frontiera esterna dell’Unione, esso non rientra nella nozione di «merci» ai sensi del diritto dell’Unione.

50.      Pertanto, nella presente causa, il codice doganale dell’Unione non trova applicazione (40).

51.      In secondo luogo, come ho già suggerito al paragrafo 37 delle presenti conclusioni, anche se la normativa doganale dell’Unione fosse applicabile, essa non fornirebbe alcuna risposta alla questione posta dal giudice del rinvio.

52.      A tale proposito, il governo estone e la Commissione sostengono che il regolamento relativo ai controlli sul denaro contante dovrebbe essere interpretato alla luce dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del codice doganale dell’Unione e dell’articolo 146, paragrafo 4, del suo atto di esecuzione.

53.      Ai sensi della prima disposizione, le autorità competenti sono tenute a pubblicare e/o a rendere disponibile su Internet il tasso di cambio applicabile quando la conversione valutaria è necessaria in quanto «i fattori usati per determinare il valore in dogana delle merci sono espressi in una valuta diversa da quella dello Stato membro» di cui trattasi. Tale disposizione è integrata dall’articolo 146, paragrafo 4, dell’atto di esecuzione del codice doganale dell’Unione, il quale stabilisce che, nei casi in cui il tasso di cambio non è pubblicato dalla Banca centrale europea o dall’autorità nazionale competente, il «tasso di cambio (...) è stabilito dallo Stato membro interessato. Tale tasso deve riflettere il più fedelmente possibile il valore della moneta dello Stato membro interessato».

54.      Pertanto, la normativa doganale si limita a rinviare la questione agli Stati membri, obbligandoli a individuare il tasso di cambio applicabile.

C.      Attribuzione agli Stati membri del compito di colmare la lacuna

55.      Dato che il regolamento relativo ai controlli sul denaro contante non disciplina il metodo per il calcolo del valore in euro di una valuta estera e poiché la normativa doganale dell’Unione non trova applicazione (41), non posso che concludere che il legislatore dell’Unione ha lasciato che tale questione sia disciplinata dagli ordinamenti giuridici nazionali degli Stati membri (42).

56.      Sebbene i regolamenti siano atti che, in forza dell’articolo 288, secondo comma, TFUE, dovrebbero essere direttamente applicabili agli Stati membri, talora essi necessitano, espressamente o implicitamente, di disposizioni di esecuzione. È quanto avviene, a mio parere, nel caso di specie.

57.      Pertanto, si potrebbe rispondere al giudice del rinvio, semplicemente, che il diritto dell’Unione non disciplina il metodo per determinare il tasso di cambio allo scopo di accertare il valore del denaro contante ai fini dell’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento relativo ai controlli sul denaro contante qualora detto denaro sia denominato in una valuta il cui tasso di cambio non è pubblicato dalla Banca centrale europea. Il regolamento relativo ai controlli sul denaro contante lascia invece la disciplina di tale questione agli Stati membri.

58.      Una risposta del genere, tuttavia, potrebbe non essere di grande utilità per il giudice del rinvio.

59.      In quale altro modo il diritto dell’Unione potrebbe aiutare il giudice del rinvio a valutare l’adeguatezza della soluzione adottata dalle autorità estoni competenti nel caso di specie?

60.      Nel colmare il vuoto lasciato da un regolamento, gli Stati membri sono tenuti a fornire una soluzione che garantisca ai singoli il godimento effettivo dei diritti loro attribuiti da tale regolamento.

61.      L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento relativo ai controlli sul denaro contante può essere espresso anche in termini di diritto: il portatore ha diritto di trasportare nell’Unione denaro contante di valore inferiore a EUR 10 000 senza dichiararlo alle autorità competenti.

62.      Al fine di stabilire se esista o meno un obbligo di dichiarare denaro contante denominato in una valuta estera, il portatore deve essere in grado di stabilire il modo in cui le autorità competenti calcolano il valore in euro di tale valuta. Si può pertanto concludere che le autorità competenti degli Stati membri sono tenute a pubblicare informazioni sul metodo di calcolo del valore in euro di una valuta estera. Tali informazioni devono essere messe a disposizione delle persone che entrano nell’Unione, prima dell’attraversamento della frontiera.

63.      Inoltre, la scelta del metodo di calcolo non può essere arbitraria.

64.      Di conseguenza, in assenza di un tasso di cambio «ufficiale» pubblicato dalla Banca centrale europea, il tasso utilizzato dalle autorità nazionali competenti deve corrispondere a un valore che rifletta il più fedelmente possibile il tasso di cambio al quale tale specifica valuta è venduta e acquistata sul mercato.

65.      Un tasso di tal genere risponde alla finalità oggettiva della fissazione della soglia a EUR 10 000: quello di controllare soltanto i movimenti di denaro contante di importo significativo, in modo da incidere il meno possibile sui viaggiatori e sugli operatori economici che esercitano i loro diritti di libera circolazione (43).

66.      Ai fini della presente causa, il giudice del rinvio dovrebbe quindi, in primo luogo, assicurarsi che la ricorrente nel procedimento principale fosse o potesse essere a conoscenza del metodo di conversione in euro delle grivnie ucraine utilizzato dalle autorità estoni competenti.

67.      In secondo luogo, detto giudice dovrebbe poi verificare se il principio di conversione adottato dalle autorità competenti, cioè il tasso di cambio pubblicato all’indirizzo www.xe.com, rifletta il più fedelmente possibile il valore «reale» (di mercato) di EUR 10 000 in grivnie ucraine (44).

68.      Dal fascicolo nazionale risulta che le autorità estoni competenti rendono pubblico l’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, al valico di frontiera in questione. Inoltre, esse pubblicano sul loro sito Internet i principi di conversione valutaria utilizzati a tal fine (45).

69.      Inoltre, in considerazione del fatto che la Banca centrale europea non pubblica il tasso di cambio per la conversione dell’euro in grivnie ucraine, il ricorso a una fonte di informazione che utilizza tassi medi di mercato, come, a quanto risulta, www.xe.com, soddisfa il requisito ai sensi del quale il tasso deve riflettere il più fedelmente possibile il valore di EUR 10 000 EUR in grivnie ucraine ai fini del controllo dell’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1. Questo poiché detti tassi risultano dalla media dei tassi di acquisto e dei tassi di vendita di operazioni espresse in una determinata valuta.

70.      A tal riguardo, il governo estone ha sostenuto che il sito Internet di cui trattasi sembra essere utilizzato anche da almeno altri due Stati membri in relazione a valute per le quali la Banca centrale europea non pubblica il tasso di cambio.

71.      Con riserva di verifica da parte del giudice nazionale, risulta quindi che l’approccio adottato dalle autorità estoni competenti è conforme sia alla necessità di assicurare il godimento effettivo del diritto di entrare nel territorio dell’Unione con una determinata somma di denaro contante in valuta estera senza doverla dichiarare, sia alla necessità di garantire un’applicazione efficace dei controlli sul denaro contante ai fini della lotta contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo.

IV.    Conclusione

72.      Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale proposta dalla Riigikohus (Corte suprema, Estonia) nei seguenti termini:

L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2018/1672 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005

deve essere interpretato nel senso che esso non prevede un metodo specifico per determinare il valore in euro di una valuta il cui tasso di cambio non è pubblicato dalla Banca centrale europea.

Spetta agli Stati membri determinare il metodo per effettuare siffatta conversione valutaria.


1      Lingua originale: l’inglese.


i      Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.


2      V., in tal senso, Europol, Gruppo di informazione finanziaria, Why is cash still king? A strategic report on the use of cash by criminal groups as a facilitator for money laundering, (Perché il contante la fa ancora da padrone? Una relazione strategica sull’uso del contante da parte dei gruppi criminali per facilitare il riciclaggio di denaro), 2015, pag. 7 [disponibile soltanto in lingua inglese].


3      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005 (GU 2018, L 284, pag. 6).


4      Al momento della redazione delle presenti conclusioni, la Banca centrale europea aveva pubblicato i tassi di cambio di riferimento dell’euro soltanto per un paniere di 31 valute. V. Banca centrale europea, Framework for the euro foreign exchange reference rates (quadro per i tassi di cambio di riferimento dell’euro), 2023, punto 2.5. [disponibile soltanto in lingua inglese].


5      Secondo le osservazioni del governo estone, le sue autorità hanno iniziato a ricorrere a tale sito Internet nell’aprile 2022, a seguito di dialoghi con le autorità competenti di altri Stati membri, tenuto conto del fatto che la Banca centrale europea aveva sospeso la pubblicazione del tasso di cambio giornaliero per l’euro e il rublo russo.


6      Dal fascicolo nazionale risulta che è stato avviato un procedimento distinto nei confronti della figlia della ricorrente. Il rinvio pregiudiziale in esame riguarda unicamente il procedimento avviato nei confronti della ricorrente.


7      Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU 2013, L 269, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale dell’Unione»).


8      Regolamento di esecuzione (UE) 2015/2447 della Commissione, del 24 novembre 2015, recante modalità di applicazione di talune disposizioni del regolamento n. 952/2013 (GU 2015, L 343, pag. 558; in prosieguo: l’«atto di esecuzione del codice doganale dell’Unione»).


9      Direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite (GU 1991, L 166, pag. 77; in prosieguo: la «direttiva antiriciclaggio»).


10      V. primo considerando della direttiva antiriciclaggio.


11      V. articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva antiriciclaggio.


12      V. relazione della Commissione al Consiglio sulla sorveglianza dei movimenti transfrontalieri di denaro contante (COM(2002) 328 def.; in prosieguo: la «relazione della Commissione del 2002»), punto 9.


13      Il «progetto Moneypenny» è stato attuato dai servizi doganali degli Stati membri tra il settembre 1999 e il febbraio 2000 per sorvegliare i movimenti transfrontalieri di denaro contante superiori a EUR 10 000, allo scopo di valutare se l’entità di tali movimenti non pregiudicasse l’efficacia dei controlli antiriciclaggio applicati dagli enti finanziari. V. documento del Consiglio 9630/2/00 del 7 settembre 2000.


14      V. documento di lavoro dei servizi della Commissione – Valutazione d’impatto che accompagna il documento proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005 (SWD(2016) 470 final; in prosieguo: il «documento di lavoro dei servizi della Commissione del 2016»), pag. 70 [disponibile soltanto in lingua inglese]. V. anche la relazione della Commissione del 2002, punti 4 e 13 (in cui si sottolinea che, a seguito degli eventi dell’11 settembre 2001, «si assiste necessariamente ad un potenziamento dei controlli sui movimenti di denaro effettuati dagli enti finanziari, il che potrebbe comportare un aumento dell’uso di denaro contante come soluzione alternativa»).


15      V. il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 2016, pagg. 71 e 72.


16      V. considerando 3 del regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa (GU 2005, L 309, pag. 9). V. anche la relazione della Commissione del 2002, punto 14, in cui si sottolinea che, «con l’attuale compenetrazione delle economie degli Stati membri, una simile eterogeneità [dei controlli di frontiera sui movimenti di denaro contante] è destinata a diventare un’eccezione, peraltro difficilmente giustificabile. Potrebbe accadere, infatti, che l’attuazione di controlli rigorosi in un determinato Stato membro provochi uno spostamento dei movimenti attraverso uno Stato membro limitrofo caratterizzato da controlli deboli o inesistenti. Inoltre, l’eterogeneità dei dispositivi di controllo attuati negli Stati membri è discutibile dal punto di vista del mercato unico».


17      V. considerando 5 e 6 del regolamento relativo ai controlli sul denaro contante, considerando 4 del regolamento n. 1889/2005 e documento di lavoro dei servizi della Commissione del 2016, pag. 114, che fanno riferimento alla raccomandazione speciale IX del Gruppo di azione finanziaria internazionale, in seguito ribattezzata «raccomandazione 32» e integrata da una nota interpretativa. Le raccomandazioni di tale Gruppo esortano i governi ad adottare provvedimenti per l’individuazione dei movimenti fisici di denaro contante, anche mediante obblighi di divulgazione. La Corte ha già menzionato il Gruppo di azione finanziaria internazionale, definendolo come il principale organismo internazionale di lotta al riciclaggio di capitali (v., a tal riguardo, sentenza del 25 aprile 2013, Jyske Bank Gibraltar, C‑212/11, EU:C:2013:270, punto 46).


18      V. articolo 3 del regolamento n. 1889/2005.


19      Direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (GU 2005, L 309, pag. 15; in prosieguo: la «terza direttiva antiriciclaggio»). Mentre la direttiva ha mantenuto la soglia di EUR 15 000 (v. articolo 2, lettera e)), i negoziati in sede di trilogo hanno condotto a una soglia inferiore, pari a EUR 10 000, che la delegazione italiana ha segnalato come non «conforme [alla] soglia di EUR 15 000» prevista in tale direttiva (v. Consiglio dell’Unione europea, progetto di processo verbale della 2672a sessione del Consiglio dell’Unione europea (Economia e Finanze), 12 luglio 2005, 11128/05, pag. 6).


20      V. articolo 1 e considerando 4 del regolamento relativo ai controlli sul denaro contante, articolo 2 e considerando 2 del regolamento n. 1889/2005 e sentenza del 16 luglio 2015, Chmielewski (C‑255/14, EU:C:2015:475, punto 17).


21      V. considerando 8 del regolamento relativo ai controlli sul denaro contante.


22      V. articolo 2, paragrafo 1, lettera a), punto i), e considerando 13 del regolamento relativo ai controlli sul denaro contante. Le altre tre categorie ricomprese in tale nozione sono «strumenti negoziabili al portatore, beni utilizzati come riserve altamente liquide di valore e alcuni tipi di carte prepagate».


23      V. articolo 2, lettera c), del regolamento relativo ai controlli sul denaro contante.


24      Il corsivo è mio.


25      V., in tal senso, considerando da 2 a 4, 10 e 17 del regolamento relativo ai controlli sul denaro contante, nonché sentenza del 4 maggio 2017, El Dakkak e Intercontinental (C‑17/16, EU:C:2017:341, punto 29 e giurisprudenza ivi citata), nella quale si precisa che tale regolamento «è inteso a prevenire, dissuadere e evitare l’introduzione dei proventi di attività illecite nel sistema finanziario nonché il loro investimento previo riciclaggio mediante l’introduzione, in particolare, del principio della dichiarazione obbligatoria dei movimenti di denaro contante che entra nell’Unione o ne esce, consentendo di raccogliere informazioni su di essi».


26      V. note 7 e 8 delle presenti conclusioni.


27      Il corsivo è mio.


28      Poiché tale atto si limita a prevedere distinti tipi di posizioni per le merci «unionali» e «non unionali»; v. articolo 5, punti 23 e 24, del codice doganale dell’Unione.


29      Sentenza del 10 dicembre 1968, Commissione/Italia (7/68, EU:C:1968:51, pag. 570).


30      Sentenza del 23 novembre 1978, Thompson e a. (7/78, EU:C:1978:209; in prosieguo: la «sentenza Thompson e a.»).


31      Sentenza del 23 febbraio 1995,  Bordessa e a. (C‑358/93 e C‑416/93, EU:C:1995:54; in prosieguo: la «sentenza Bordessa e a.»).


32      Sentenza Thompson e a., punto 25.


33      Sentenza Thompson e a., punto 27.


34      Sentenza Thompson e a., punto 28.


35      Sulla base del tasso di cambio nel 1999, all’epoca dell’introduzione dell’euro in Spagna, tali somme ammontavano a circa EUR 228 300 ed EUR 300 500.


36      Sentenza Bordessa e a., punto 13. La direttiva cui la Corte fa riferimento in tale pronuncia pregiudiziale è la direttiva 88/361/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato (GU 1988, L 178, pag. 5); v. sentenza Bordessa e a., punto 1.


37      Sentenza Bordessa e a., punto 15.


38      Ossia www.xe.com e www.tavid.ee.


39      Osservo altresì che l’Unione ha firmato un accordo di associazione con l’Ucraina [v. accordo di associazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’Ucraina, dall’altra (GU 2014, L 161, pag. 3)], in forza del quale l’Unione riconosce alla Banca nazionale dell’Ucraina la competenza a calcolare e convertire in grivnie ucraine il valore di appalti pubblici espressi in euro (v. articolo 149, paragrafo 3, di tale accordo, il quale precisa che «[i]l calcolo del valore stimato di un appalto pubblico è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’imposta sul valore aggiunto. Nell’applicare queste soglie l’Ucraina calcolerà e convertirà i valori nella valuta nazionale utilizzando il tasso di cambio della propria Banca nazionale»). V. anche l’articolo 144 di tale accordo, in forza del quale l’Unione e l’Ucraina liberalizzano i pagamenti e i trasferimenti tra di esse.


40      In ogni caso, la mera circostanza che in alcuni Stati membri, come l’Estonia, le autorità doganali siano investite del compito di far rispettare l’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, non trasforma automaticamente il regolamento relativo ai controlli sul denaro contante in un atto del diritto doganale dell’Unione. In primo luogo, dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento relativo ai controlli sul denaro contante, interpretato in combinato disposto con il suo considerando 12, risulta che gli Stati membri possono designare quali autorità competenti ai fini di detto regolamento anche altre autorità presenti alle frontiere esterne, e non soltanto le autorità doganali. Il fatto che l’Estonia ricorra alle autorità doganali ai fini dell’applicazione di tali norme è, quindi, una questione di praticità e non incide sulla natura del sistema dei controlli sul denaro.


41      O poiché, come ho indicato al paragrafo 37 delle presenti conclusioni, anche ove applicabile, il codice doganale dell’Unione non offrirebbe una soluzione alla questione sottoposta alla Corte.


42      Si possono fare solo congetture sul fatto che l’assenza di una regola concernente il metodo di conversione in euro di valute estere sia stata intenzionale o si tratti di una mera omissione del legislatore. Nei lavori preparatori che hanno portato all’adozione del regolamento relativo ai controlli sul denaro contante non vi è alcuna menzione del fatto che tale questione sia stata anche soltanto discussa.


43      Come sottolineato nella relazione della Commissione del 2002, soltanto i movimenti di denaro contante di importo significativo dovrebbero essere oggetto di controllo, in modo da «trovare un equilibrio» tra le esigenze di controllo dei movimenti di denaro contante e i diritti di libera circolazione in gioco. Per questo motivo, la soglia deve essere sufficientemente alta per evitare ulteriori formalità amministrative per i viaggiatori e gli operatori economici, oltre che un onere eccessivo per le amministrazioni doganali. V. relazione della Commissione del 2002, punti da 18 a 20.


44      Il ricorso ai siti Internet di uffici di cambio quali, a quanto risulta, il sito www.tavid.ee, pregiudicherebbe, di fatto, l’efficacia del sistema dei controlli sul denaro contante e il diritto del portatore di recare con sé somme di denaro pari o inferiori a EUR 10 000, poiché tali uffici fissano i loro tassi di cambio indipendentemente dai tassi di cambio sui mercati finanziari. Pertanto, il ricorso al sito Internet di un ufficio di cambio con sede in Estonia sfocerebbe in tassi che differiscono, talora anche in misura elevata, rispetto a quelli di un ufficio analogo con sede, ad esempio, in Spagna.


45      A tal riguardo, una semplice ricerca su Internet in materia di controlli sul denaro contante alla frontiera estone restituisce, fra i primi risultati, il sito Internet dell’amministrazione tributaria e doganale estone. In tale sito è chiaramente indicato che il denaro contante di valore pari o superiore a EUR 10 000 deve essere dichiarato alle autorità competenti. Inoltre, detto sito Internet indica che il sito https://www.xe.com è il metodo utilizzato per la conversione in euro delle valute estere. V. https://www.emta.ee/en/private-client/consignments-travel-settlement/travel/declaration-cash.

 

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

30 aprile 2025 (*)

« Rinvio pregiudiziale – Regolamento (UE) 2018/1672 – Articolo 3, paragrafo 1 – Mancata dichiarazione di una somma di denaro contante – Determinazione del valore di una somma di denaro contante costituita da valute estere – Corso di una moneta non pubblicato dalla Banca centrale europea – Grivnia ucraina »

Nella causa C‑745/23 [Alenopik] (i),

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Riigikohus (Corte suprema, Estonia), con decisione del 4 dicembre 2023, pervenuta in cancelleria il 5 dicembre 2023, nel procedimento

Maksu- ja Tolliamet

contro

UT,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da M.L. Arastey Sahún, presidente di sezione, D. Gratsias, E. Regan (relatore), J. Passer e B. Smulders, giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo estone, da M. Kriisa, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da F. Moro e E. Randvere, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 novembre 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2018/1672 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005 (GU 2018, L 284, pag. 6).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra UT e il Maksu – ja Tolliamet (amministrazione tributaria e doganale estone; in prosieguo: l’«MTA» o l’«autorità amministrativa») in merito al valore in euro di una somma di denaro contante composta da valute ucraine, ai fini dell’applicazione dell’obbligo di dichiarazione previsto all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2018/1672.

 Contesto normativo

 Normativa doganale dellUnione

3        Il regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU 2013, L 269, pag. 1) (in prosieguo: il «CDU»), contiene un titolo I, intitolato «Disposizioni generali», che comprende un capo 1, intitolato «Ambito di applicazione della normativa doganale, ruolo delle dogane e definizioni», di cui fa parte l’articolo 1 di tale regolamento, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», il quale, al paragrafo 1, enuncia quanto segue:

«Il presente regolamento istituisce il [CDU] che stabilisce le norme e le procedure di carattere generale applicabili alle merci che entrano nel territorio doganale dell’Unione [europea] o ne escono.

(...)».

4        Il titolo I di tale regolamento comprende un capo 3, intitolato «Conversione valutaria e termini», che include l’articolo 53 di detto regolamento, intitolato «Conversione valutaria», il quale prevede norme in materia di tassi di cambio applicabili quando una conversione valutaria è necessaria ai fini dell’applicazione della normativa doganale.

5        Gli articoli 48 e 146 del regolamento di esecuzione (UE) 2015/2447 della Commissione, del 24 novembre 2015, recante modalità di applicazione di talune disposizioni del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU 2015, L 343, pag. 558) (in prosieguo: il «regolamento di applicazione del CDU»), contengono altresì norme in tale materia che attuano alcune delle norme prescritte all’articolo 53 del CDU.

 Regolamento 2018/1672:

6        Il considerando 4 del regolamento 2018/1672 così recita:

«(...) [Il] regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio[, del 26 ottobre 2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa (GU2005, L 309, pag. 9)] mira a prevenire e individuare le attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo istituendo un sistema di controlli applicabili alle persone fisiche in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione che recano con sé denaro contante o strumenti negoziabili al portatore di importo pari o superiore [a EUR 10 000], ovvero il controvalore in altre valute. Il termine “in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione” dovrebbe essere definito in riferimento al territorio dell’Unione ai sensi dell’articolo 355 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), al fine di garantire che il presente regolamento abbia il più ampio ambito di applicazione possibile e che nessuna zona sia esente dalla sua applicazione od offra la possibilità di eludere i controlli applicabili».

7        L’articolo 1 di tale regolamento, intitolato «Oggetto», dispone quanto segue:

«Il presente regolamento prevede un sistema di controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione, al fine di completare il quadro giuridico per la prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo di cui alla direttiva (UE) 2015/849 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (GU 2015, L 141, pag. 73]».

8        L’articolo 2 di detto regolamento, intitolato «Definizioni», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti:

a)      “denaro contante”:

i)      valuta;

(...)».

9        L’articolo 3 del medesimo regolamento, intitolato «Obbligo di dichiarazione del denaro contante accompagnato», al paragrafo 1 così prevede:

«Il portatore che rechi con sé denaro contante di valore pari o superiore ai 10 000 EUR dichiara tale somma alle autorità competenti dello Stato membro attraverso il quale entra nell’Unione o esce dall’Unione e la mette a loro disposizione a fini di controllo. L’obbligo di dichiarazione del denaro contante non si ritiene assolto se le informazioni fornite sono scorrette o incomplete ovvero se il denaro contante non è messo a disposizione a fini di controllo».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

10      Il 13 gennaio 2023 UT ha attraversato a piedi con sua figlia la frontiera tra la Federazione russa e la Repubblica di Estonia attraverso il valico di frontiera di Narva (Estonia). In tale occasione UT ha utilizzato il corridoio di attraversamento della frontiera denominato «corridoio verde», il che significava che essa non trasportava merci soggette a un obbligo di dichiarazione o che la loro quantità non superava i limiti consentiti dalla normativa. UT è stata controllata e, nelle sue tasche, sotto i suoi indumenti e sotto la fodera del cappuccio della sua giacca, sono state trovate complessivamente 500 000 grivnie ucraine in contanti. Lo stesso giorno, l’MTA ha redatto un protocollo per illecito amministrativo nei confronti di UT.

11      Per determinare il valore in euro delle 500 000 grivnie ucraine che UT aveva con sé in denaro contante, l’MTA si è basata sul tasso di cambio pubblicato sul sito Internet www.xe.com ed è giunta alla conclusione che il valore di tali valute fosse pari, il giorno dell’attraversamento della frontiera, a circa EUR 12 565. Orbene, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2018/1672, le persone che rechino con sé denaro contante di valore pari o superiore a EUR 10 000 devono dichiarare tale somma alle autorità competenti dello Stato membro attraverso il quale entrano nell’Unione o escono dall’Unione. Di conseguenza, l’MTA ha ritenuto che il denaro trasportato da UT avrebbe dovuto essergli dichiarato.

12      Con decisione del 13 febbraio 2023, l’MTA ha inflitto a UT un’ammenda di EUR 600 per mancata dichiarazione di denaro contante ai sensi della tolliseadus (legge doganale). L’MTA ha altresì deciso di procedere, in applicazione di tale legge e del codice penale estone, alla confisca dell’importo non dichiarato di 500 000 grivnie ucraine.

13      Dinanzi all’MTA, UT aveva spiegato di non essere al corrente dell’obbligo di dichiarare tale importo di denaro contante e di non aver quindi avuto intenzione di introdurre clandestinamente 500 000 grivnie ucraine in Estonia. Inoltre, tale denaro non le apparterrebbe, in quanto il suo proprietario sarebbe un cittadino ucraino residente in Estonia, che non era in grado di procedere esso stesso a transazioni con il denaro che possedeva, a causa della guerra seguita all’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa. Per paura di essere derubata, essa avrebbe nascosto il denaro sotto i vestiti. Infine, tale proprietario avrebbe verificato il corso della grivnia ucraina alla data dei fatti sul sito Internet www.tavid.ee e ne avrebbe dedotto che UT non era obbligata a dichiarare la somma di 500 000 grivnie ucraine, poiché il suo controvalore era inferiore a EUR 10 000.

14      UT ha contestato la decisione del 13 febbraio 2023 dinanzi al Viru Maakohus (Tribunale di primo grado di Viru, Estonia), che ha parzialmente accolto il ricorso e che, con sentenza del 28 aprile 2023, ha annullato tale decisione per quanto riguarda la sanzione e la misura di confisca. Con tale decisione il Viru Maakohus (Tribunale di primo grado di Viru) ha inflitto a UT un’ammenda pari a 100 giorni-ammenda, ossia EUR 400. Esso non ha disposto alcuna misura di confisca e ha ordinato la restituzione a UT delle 500 000 grivnie ucraine che erano state sequestrate in quanto mezzo di prova.

15      L’MTA ha proposto un ricorso in cassazione dinanzi al Riigikohus (Corte suprema, Estonia), giudice del rinvio.

16      Nel corso del procedimento dinanzi a tale giudice, l’MTA ha spiegato che, per convertire una moneta ai fini della determinazione del suo valore in dogana, esso si basa sul metodo enunciato all’articolo 53 del CDU nonché agli articoli 48 e 146 del regolamento di applicazione del CDU. Pertanto, nel caso di valute per le quali il tasso di cambio non è pubblicato dalla Banca centrale europea (BCE), l’autorità amministrativa competente, nella fattispecie l’MTA, utilizza i tassi di cambio pubblicati sul sito Internet www.xe.com, come del resto farebbero altri Stati membri.

17      L’MTA ha altresì sottolineato che informazioni sull’obbligo di dichiarare il denaro contante al momento dell’attraversamento della frontiera estone provenendo da un paese situato al di fuori dell’Unione erano disponibili sul suo sito Internet, nonché in opuscoli in lingua estone e in lingua russa distribuiti ai valichi di frontiera e su pannelli informativi. Nel caso in cui la persona che attraversa la frontiera non abbia chiarito i dettagli dell’importazione o dell’esportazione di denaro contante prima dell’attraversamento della frontiera, potrebbe scegliere il corridoio di attraversamento della frontiera denominato «corridoio rosso», dove, in cooperazione con un agente dell’MTA, sarà deciso se sia necessario dichiarare il denaro contante.

18      Il Riigikohus (Corte suprema) nutre dubbi sulle modalità di determinazione del tasso di cambio nella causa di cui è investito. Infatti, il metodo di conversione in euro di denaro contante introdotto nell’Unione in valuta estera non è precisato né nel diritto dell’Unione né nel diritto nazionale. Per convertire il valore delle grivnie ucraine in euro, in mancanza di un tasso di riferimento pubblicato dalla BCE, l’MTA si è basato sul tasso di cambio pubblicato sul sito Internet www.xe.com, e ciò al pari della prassi di altri Stati membri. Sebbene tale sito sia menzionato sulla pagina web dell’autorità amministrativa relativa all’obbligo di dichiarare il denaro contante (www.emta.ee), non esisterebbe alcuna base giuridica che consenta di ritenere che i tassi di cambio pubblicati su tale sito siano giuridicamente rilevanti. Orbene, se il tasso di cambio menzionato su un altro sito Internet, ossia quello della Tavid AS, come quello applicabile alla data dell’attraversamento della frontiera da parte di UT e di sua figlia, fosse stato applicato, il valore di 500 000 grivnie ucraine sarebbe stato, a tale data, di soli EUR 9 487,67.

19      Inoltre, l’autorità amministrativa si sarebbe riferita all’articolo 53 del CDU relativo alla conversione valutaria, il cui paragrafo 1 dispone che le autorità competenti pubblicano e/o comunicano su Internet il tasso di cambio applicabile, quando la conversione valutaria è necessaria per determinare il valore in dogana delle merci o per determinare la loro classificazione tariffaria. Orbene, ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo, quando una conversione valutaria è necessaria per ragioni diverse da quelle di cui al paragrafo 1, lo Stato membro dovrebbe prevedere che, per determinare il tasso di cambio applicabile, la normativa doganale fissi tale tasso almeno una volta l’anno.

20      Tuttavia, il giudice del rinvio dubita che l’articolo 53 del CDU costituisca la base giuridica appropriata per attivare l’obbligo previsto all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2018/1672, dato che tale regolamento non vi fa riferimento.

21      In tali circostanze, il Riigikohus (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Come debba essere determinato il tasso di cambio sulla cui base deve essere accertato il valore di denaro contante ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del [regolamento 2018/1672], qualora si tratti di una valuta il cui tasso di cambio non viene pubblicato dalla Banca centrale europea».

 Sulla questione pregiudiziale

22      Con la sua questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2018/1672 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che, al fine di determinare se si applichi l’obbligo di dichiarazione previsto da tale disposizione, uno Stato membro stabilisca il valore di una somma in contanti, costituita da valute diverse dall’euro per la cui conversione la BCE non pubblica tassi di cambio di riferimento, basandosi sul tasso indicato su un sito Internet come indice della parità tra l’euro e la valuta in questione alla data in cui la persona di cui trattasi è entrata nel territorio dell’Unione o ne è uscita, anche se tale tasso è più elevato di quello indicato su un altro sito Internet.

23      Al riguardo, occorre ricordare che il regolamento 2018/1672 prevede, al suo articolo 3, paragrafo 1, l’obbligo per tutte le persone fisiche che entrano nell’Unione o ne escono, di dichiarare il denaro contante di un valore pari o superiore a EUR 10 000 che recano con sé.

24      Orbene, da un lato, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), i), di tale regolamento precisa che la nozione di «denaro contante», ai sensi di detto regolamento, comprende la valuta.

25      Dall’altro lato, tali disposizioni devono essere interpretate alla luce del considerando 4 del regolamento 2018/1672, dal quale risulta che tale regolamento mira, in particolare, a definire l’espressione «in entrata nell'Unione o in uscita dall'Unione» di cui al regolamento n. 1889/2005, mentre quest’ultimo istituiva, in circostanze identiche, un sistema di controllo del denaro contante applicabile all’importo di EUR 10 000 o al suo controvalore in altre valute. Ne deriva che il regolamento 2018/1672 ha mantenuto, pur precisandolo, un simile sistema di controllo e, in particolare, le soglie che determinano la sua applicazione.

26      Di conseguenza, l’obbligo di dichiarazione previsto all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2018/1672 si applica alla situazione di una persona fisica che entra nell’Unione o ne esce, che reca con sé una somma di denaro contante costituita da valute diverse dall’euro, qualora tale denaro abbia un valore pari o superiore a EUR 10 000.

27      Tuttavia, poiché nessuna disposizione del regolamento 2018/1672 precisa il tasso di cambio da applicare per stabilire il valore in euro di una simile somma, spetta agli Stati membri determinare tale tasso.

28      Nei limiti in cui, nel determinare tale tasso, gli Stati membri attuano il regolamento 2018/1672, e quindi il diritto dell’Unione, essi devono esercitare le loro competenze in modo da preservare l’effetto utile delle disposizioni che tale regolamento enuncia e da rispettare i diritti spettanti ai singoli in forza dell’ordinamento giuridico dell’Unione, e ciò nelle situazioni disciplinate da quest’ultimo [v., in tal senso, sentenza dell’11 gennaio 2024, G (Oneri di recesso anticipato), C‑371/22, EU:C:2024:21, punto 50].

29      Al riguardo, contrariamente alla posizione sostenuta dall’MTA nel procedimento principale, gli Stati membri non sono tenuti, ai fini di tale determinazione, a conformarsi all’articolo 53 del CDU nonché agli articoli 48 e 146 del regolamento di applicazione del CDU. Infatti, l’articolo 1 del CDU precisa che esso stabilisce le norme e le procedure di carattere generale applicabili alle merci che entrano nel territorio doganale dell’Unione o ne escono. Orbene, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 38 a 50 delle sue conclusioni, una somma in contanti costituita da valute considerate equivalenti a monete sui mercati monetari non costituisce una merce ai sensi delle disposizioni del CDU cosicché, in ogni caso, le disposizioni summenzionate non possono essere applicate al trasporto, da parte di persone fisiche, di somme di denaro contante costituite da valute diverse dall’euro.

30      Per contro, occorre rilevare, da un lato, che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2018/1672 fissa a EUR 10 000 la soglia di valore al di sotto della quale le persone fisiche possono recare con sé una determinata somma di denaro senza doverla dichiarare, importo che costituisce un valore molto preciso. In tali circostanze, l’effetto utile di tale disposizione sarebbe compromesso se gli Stati membri potessero scegliere un tasso di cambio che non sia tale da riflettere il valore reale della valuta di cui trattasi. Di conseguenza, sebbene non esista necessariamente un unico tasso di cambio applicabile per una stessa valuta, per essere valido, il tasso scelto deve quanto meno corrispondere a uno di quelli realmente e frequentemente applicati ad operazioni di cambio in euro di tale valuta.

31      Dall’altro lato, il principio dello Stato di diritto sul quale, come garantito dall’articolo 2 TUE, l’Unione è fondata e di cui il principio della certezza del diritto costituisce una delle condizioni costitutive cui gli Stati membri sono pertanto tenuti a conformarsi, richiede in particolare che i singoli possano conoscere con esattezza e senza ambiguità i propri diritti e obblighi. Ciò implica che, per essere opponibili ai singoli, i provvedimenti adottati dagli Stati membri al fine di attuare il diritto dell’Unione siano chiari, precisi e prevedibili quanto ai loro effetti, e ciò affinché gli interessati possano orientarsi nelle situazioni e nei rapporti giuridici rientranti nell’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 26 marzo 2020, Hungeod e a., C‑496/18 e C‑497/18, EU:C:2020:240, punto 93, nonché del 22 febbraio 2022, Stichting Rookpreventie Jeugd e a., C‑160/20, EU:C:2022:101, punti 41, 42 e 45), nonché, inoltre, liberamente e facilmente accessibili.

32      Di conseguenza, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2018/1672, è vero che spetta a ciascuno Stato membro decidere il tasso di cambio da applicare per determinare il valore in euro di una somma in contanti costituita da valute diverse dall’euro, purché il tasso applicato corrisponda a uno di quelli realmente e frequentemente applicati, nella prassi, a operazioni di cambio in euro della valuta di cui trattasi. Tuttavia, per essere opponibile alle persone interessate che entrano o escono dall’Unione, il tasso che lo Stato membro in questione intende applicare deve, anzitutto, essere stato designato come tale in modo chiaro, comprensibile e univoco, e ciò in modo da consentire a tali persone di sapere, senza ambiguità, che è tale tasso che si applica al fine di determinare se occorra, per loro, dichiarare il denaro contante che recano con sé.

33      Inoltre, l’informazione relativa a detto tasso deve essere facilmente e liberamente accessibile a tali persone interessate, il che implica, in particolare, che esse possano prenderne conoscenza gratuitamente e, quando si rinvia per la determinazione dello stesso tasso a informazioni pubblicate su un sito Internet, che esse non abbiano bisogno di iscriversi su tale sito. Per contro, un simile obbligo di accessibilità non impone agli Stati membri di indicare a ciascuna persona fisica che entra nell’Unione o ne esce il tasso applicabile per ciascuna delle valute esistenti, fermo restando che è sufficiente che le informazioni necessarie siano a disposizione di ogni viaggiatore che intenda informarsi sulla normativa applicabile.

34      Infine, per quanto riguarda la prevedibilità del tasso di cambio considerato, richiesta dal principio della certezza del diritto, occorre sottolineare che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2018/1672 non mira a vietare il trasporto di somme di denaro contante costituite da valute diverse dall’euro e il cui valore sia pari o superiore a EUR 10 000, ma unicamente a imporre, in tale situazione, un obbligo di dichiarazione. Dato che le persone interessate possono ancora valutare se debbano conformarsi a un simile obbligo nel momento stesso in cui entrano o escono dal territorio dell’Unione, è sufficiente, per soddisfare il requisito della prevedibilità del tasso applicato, che lo Stato membro di cui trattasi abbia posto tali persone in grado di venire a conoscenza, in modo certo, del tasso applicabile in tale momento e quindi di determinare, nel momento in cui entrano o escono dal territorio dell’Unione, se devono dichiarare il denaro contante che recano con sé.

35      Per quanto riguarda il procedimento principale, spetta al giudice del rinvio verificare se la scelta dello Stato membro di cui trattasi di ricorrere, ai fini dell’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2018/1672, al tasso di cambio della grivnia ucraina in euro pubblicato sul sito Internet www.xe.com al momento dei fatti soddisfacesse tali condizioni. Tuttavia, al fine di guidare detto giudice in tale valutazione, la Corte può fornirgli tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possono essergli utili (v., per analogia, sentenza del 7 aprile 2022, Berlin Chemie A. Menarini, C‑333/20, EU:C:2022:291, punto 46).

36      Nel caso di specie, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, anzitutto, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che le informazioni contenute sul sito Internet www.xe.com indicano che i tassi di cambio che vi sono pubblicati sono quelli applicati su diversi mercati monetari, cosicché i tassi pubblicati da tale sito corrispondono a tassi realmente e frequentemente applicati a operazioni di cambio e che, di conseguenza, lo Stato membro interessato poteva scegliere simili tassi ai fini dell’applicazione dell’obbligo di dichiarazione previsto all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2018/1672.

37      Inoltre, come sottolineato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, le autorità dello Stato membro di cui trattasi avevano indicato sul loro sito Internet, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare, che i tassi di cambio pubblicati sul sito www.xe.com erano quelli che dovevano essere utilizzati dalle persone fisiche in entrata o in uscita dall’Unione al fine di determinare se l’obbligo di dichiarazione previsto da tale articolo 3, paragrafo 1, fosse loro applicabile.

38      Peraltro, sembra altresì che le informazioni relative al tasso di cambio pubblicate su tale sito Internet siano gratuitamente e liberamente accessibili, in quanto, in particolare, non è necessaria alcuna registrazione per accedervi, circostanza che spetta altresì al giudice del rinvio verificare.

39      Per contro, il fascicolo sottoposto alla Corte non contiene alcuna indicazione relativa alla questione di stabilire se i tassi di cambio menzionati sul sito www.xe.com siano fissati per periodi di tempo determinati o se essi fluttuino in modo continuo e se, di conseguenza, la ricorrente nel procedimento principale fosse in grado di determinare in modo certo, nel momento in cui ha preso la decisione di non dichiarare il denaro contante da essa trasportato, che l’obbligo di dichiarazione previsto all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2018/1672 le era applicabile.

40      Ciò premesso, tenuto conto della portata del principio della certezza del diritto, nell’ipotesi in cui il tasso di cambio di cui al caso di specie fluttuasse in modo continuo, ne risulterebbe unicamente che alla ricorrente nel procedimento principale dovrebbe essere riconosciuto il diritto di avvalersi del tasso di cambio della grivnia ucraina in euro più vantaggioso pubblicato dal sito www.xe.com per un breve periodo di tempo intorno al momento in cui si può ragionevolmente ritenere che essa abbia preso la decisione di entrare nell’Unione senza dichiarare la somma di denaro contante che recava con sé.

41      Tenuto conto di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2018/1672 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che, al fine di determinare se si applichi l’obbligo di dichiarazione previsto da tale disposizione, uno Stato membro stabilisca il valore di una somma in contanti costituita da valute diverse dall’euro per la cui conversione la BCE non pubblica tassi di cambio di riferimento, basandosi sul tasso indicato su un sito Internet come indice della parità tra l’euro e la valuta in questione alla data in cui la persona di cui trattasi è entrata nel territorio dell’Unione o ne è uscita, anche se tale tasso è più elevato rispetto a quello indicato su un altro sito Internet, purché:

–        in primo luogo, tale tasso corrisponda a uno di quelli realmente e frequentemente applicati a operazioni di cambio in euro della valuta in questione,

–        in secondo luogo, detto tasso sia stato designato dallo Stato membro interessato in modo chiaro, intelligibile e univoco come quello applicabile a tal fine,

–        in terzo luogo, l’informazione relativa al medesimo tasso sia liberamente e facilmente accessibile e,

–        in quarto luogo, le persone interessate siano così state in grado di prenderne conoscenza in modo certo al più tardi nel momento in cui sono entrate o uscite dal territorio dell’Unione.

 Sulle spese

42      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2018/1672 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a che, al fine di determinare se si applichi l’obbligo di dichiarazione previsto da tale disposizione, uno Stato membro stabilisca il valore di una somma in contanti costituita da valute diverse dall’euro per la cui conversione la Banca centrale europea (BCE) non pubblica tassi di cambio di riferimento, basandosi sul tasso indicato su un sito Internet come indice della parità tra l’euro e la valuta in questione alla data in cui la persona di cui trattasi è entrata nel territorio dell’Unione europea o ne è uscita, anche se tale tasso è più elevato rispetto a quello indicato su un altro sito Internet, purché:

–        in primo luogo, tale tasso corrisponda a uno di quelli realmente e frequentemente applicati a operazioni di cambio in euro della valuta in questione,

–        in secondo luogo, detto tasso sia stato designato dallo Stato membro interessato in modo chiaro, intelligibile e univoco come quello applicabile a tal fine,

–        in terzo luogo, l’informazione relativa al medesimo tasso sia liberamente e facilmente accessibile e,

–        in quarto luogo, le persone interessate siano così state in grado di prenderne conoscenza in modo certo al più tardi nel momento in cui sono entrate o uscite dal territorio dell’Unione.

Firme


*      Lingua processuale: l’estone.


i      Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.

 

 

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