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21 maggio 2025

Cassazione 2025- La tutela della maternità e il diritto alla serenità durante il periodo di gravidanza e maternità**

 

Cassazione 2025- La tutela della maternità e il diritto alla serenità durante il periodo di gravidanza e maternità**

L’esperienza della maternità rappresenta un diritto fondamentale riconosciuto dalla normativa italiana e internazionale, tra cui la Costituzione Italiana, la Convenzione di Oviedo e le Direttive UE. La tutela della maternità mira a garantire alle donne lavoratrici un periodo di protezione che consenta loro di affrontare la gravidanza, il parto e il primo periodo di cura del neonato senza che tali condizioni compromettano la stabilità lavorativa o le condizioni economiche.

**2. La preoccupazione per la perdita del lavoro e il superamento del periodo di comporto**

Uno dei principi cardine è che la lavoratrice in maternità non debba essere penalizzata né in termini di trattamento né di continuità lavorativa. La normativa italiana, in particolare l’articolo 16 della Legge n. 1204/1971 e successive integrazioni, garantisce che il periodo di astensione obbligatoria – comunemente chiamato “maternità” – non possa essere motivo di licenziamento per motivi riconducibili alla gravidanza stessa.

Inoltre, il superamento del periodo di comporto – cioè il periodo massimo di assenza consentito prima che il rapporto di lavoro si interrompa – non può essere imputato alla lavoratrice in maternità, in quanto tale periodo è tutelato e considerato come assenza giustificata, anche ai fini della conservazione del posto di lavoro. La Cassazione ha più volte ribadito che l’assenza per maternità deve essere considerata come un diritto inviolabile e che eventuali licenziamenti motivati esclusivamente da tale assenza sono illegittimi.

**3. Obbligo di formazione post-orario di lavoro e retribuzione**

Per quanto riguarda la formazione richiesta dal datore di lavoro, la normativa sul diritto del lavoro stabilisce che eventuali attività di formazione devono rispettare i principi di correttezza e buona fede contrattuale. Se il datore obbliga un lavoratore, anche in maternità, a partecipare a corsi di formazione al di fuori dell’orario di lavoro, quest’ultimo ha diritto alla retribuzione per tale attività.

La giurisprudenza della Cassazione ha chiarito che la formazione obbligatoria, anche se svolta fuori dall’orario ordinario di lavoro, deve essere sempre retribuita, a meno che non sia espressamente esclusa dal contratto collettivo o dal accordo individuale. La motivazione di questa tutela risiede nel principio che il lavoratore non può essere penalizzato né economicamente né in termini di diritti per attività che sono richieste dal datore di lavoro, soprattutto se non previste come attività volontarie.

**4. Conclusioni**

In sintesi:
- La maternità non deve essere un motivo di preoccupazione per la perdita del lavoro; le norme di tutela sono rigorose e prevedono la conservazione del posto durante e dopo il periodo di astensione obbligatoria.
- Il superamento del periodo di comporto non costituisce motivo di licenziamento se esso deriva dall’assenza per maternità.
- La formazione obbligatoria richiesta dal datore di lavoro deve sempre essere retribuita, anche se svolta al di fuori dell’orario di lavoro, e il lavoratore ha diritto di rifiutarsi di parteciparvi senza conseguenze disciplinari o di perdita di diritti.

Questo quadro normativo e giurisprudenziale mira a tutelare la lavoratrice in maternità, garantendo che questa fase della vita non comporti discriminazioni o pregiudizi sul posto di lavoro.

 
 

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