Cassazione 2025- Il principio secondo cui il datore di lavoro può scegliere l’orario lavorativo e che, in caso di mancato adeguamento del dipendente, il licenziamento può risultare legittimo, rappresenta un tema delicato e articolato nel diritto del lavoro italiano. Di seguito, un commento dettagliato alla questione, considerando le norme di riferimento e l’orientamento giurisprudenziale aggiornato al 2025.
**1. La libertà del datore di lavoro di determinare l’orario di lavoro**
In linea generale, il datore di lavoro ha un ampio margine di autonomia nella definizione dell’orario di lavoro, che si concretizza nel potere di stabilire le modalità temporali dell’attività lavorativa, nel rispetto delle norme di legge, contrattuali e di sicurezza. Tale autonomia è riconosciuta dall’art. 2103 del Codice Civile, che impone al prestatore di lavoro di osservare le mansioni e le istruzioni del datore di lavoro, e dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, che disciplina le modalità di organizzazione del lavoro.
**2. Limiti e vincoli alla libertà di scelta dell’orario**
Tuttavia, questa libertà non è assoluta. La legge e i contratti collettivi prevedono limiti e regole:
- **Orario massimo e riposi:** ai sensi dell’art. 8 dello Statuto dei Lavoratori e del d.lgs. 66/2003, l’orario di lavoro non può superare le 48 ore settimanali medie, calcolate su un periodo di riferimento di 4 mesi, con obbligo di riposi quotidiani e settimanali.
- **Patti individuali e collettivi:** eventuali accordi o contratti collettivi possono stabilire orari specifici e modalità di organizzazione del lavoro.
- **Modifiche dell’orario:** le variazioni dell’orario di lavoro devono rispettare le procedure di legge (art. 41 e ss. del CCNL, eventuali clausole contrattuali), garantendo il rispetto della buona fede e della tutela del lavoratore.
**3. La modifica unilaterale dell’orario di lavoro**
Se il datore di lavoro decide di modificare unilateralmente l’orario di lavoro, può incorrere in contestazioni qualora tali modifiche siano sostanziali o peggiorative, e non siano state previamente concordate con il lavoratore o giustificate da esigenze organizzative.
La giurisprudenza prevalente stabilisce che:
- **Le variazioni di orario devono rispettare il principio di buona fede e di correttezza:** modifiche unilaterali, che comportano un peggioramento delle condizioni di lavoro, possono giustificare il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, qualora siano ingiustificate e non supportate da esigenze organizzative reali.
- **Il lavoratore ha diritto di opporsi alle modifiche peggiorative:** se il cambiamento dell’orario comporta significativi svantaggi, il lavoratore può contestare la modifica o rifiutarsi di adeguarsi, con conseguente rischio di contestazione del licenziamento.
**4. Il ruolo del lavoratore e del suo adeguamento**
Il lavoratore, di fronte a una modifica dell’orario di lavoro, ha il dovere di collaborare e di adeguarsi alle variazioni che non comportano peggioramenti sostanziali o violazioni di norme di legge o contrattuali. La mancata adesione, in presenza di una variazione lecita, può legittimare il datore di lavoro ad adottare un licenziamento per giustificato motivo.
Tuttavia, se il lavoratore si rifiuta di adeguarsi a un nuovo orario che comporta un peggioramento delle condizioni di lavoro, il datore di lavoro può giustificare un licenziamento per giusta causa o motivo soggettivo, a condizione che la modifica sia stata formalizzata e comunicata correttamente.
**5. La legittimità del licenziamento per mancato adeguamento**
Il licenziamento per mancato adeguamento a un orario di lavoro stabilito unilateralmente può risultare legittimo, purché:
- La variazione sia stata comunicata correttamente e in conformità con le norme di legge e contrattuali.
- La modifica sia lecita, rispettando i limiti di legge e le eventuali clausole contrattuali.
- Il lavoratore sia stato adeguatamente informato e abbia avuto la possibilità di opporsi o di contestare la modifica in sede di impugnazione.
Se invece la modifica dell’orario viola norme di legge, contratti collettivi, o viene imposta in modo unilaterale senza giustificazioni, il licenziamento può essere considerato illegittimo.
**6. Conclusioni**
In sintesi, il datore di lavoro ha un ampio potere di determinare l’orario di lavoro, ma tale potere è soggetto a limiti imposti dalla legge, dai contratti collettivi e dal principio di buona fede. La legittimità di un licenziamento per mancato adeguamento all’orario stabilito dipende dalla legittimità delle modifiche apportate e dal rispetto delle procedure previste.
In ogni caso, è fondamentale valutare caso per caso, considerando le circostanze specifiche, le modalità di comunicazione, e le eventuali contestazioni del lavoratore.
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