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25 aprile 2025

Tar 2025- la pronuncia analizza nel dettaglio la questione relativa al procedimento disciplinare nei confronti di un militare, evidenziando come l’art. 1376 del Codice di Ordinamento Militare (C.O.M.) stabilisca una procedura precisa volta a tutelare sia l’interesse dell’amministrazione che i diritti del dipendente, con particolare attenzione alla contestazione degli addebiti e all’inchiesta formale, che rappresenta la fase principale di accertamento degli elementi utili alla valutazione dell’infrazione disciplinare.

 

Tar 2025- la pronuncia analizza nel dettaglio la questione relativa al procedimento disciplinare nei confronti di un militare, evidenziando come l’art. 1376 del Codice di Ordinamento Militare (C.O.M.) stabilisca una procedura precisa volta a tutelare sia l’interesse dell’amministrazione che i diritti del dipendente, con particolare attenzione alla contestazione degli addebiti e all’inchiesta formale, che rappresenta la fase principale di accertamento degli elementi utili alla valutazione dell’infrazione disciplinare.

Viene sottolineato come, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. II, 27 aprile 2022, n. 3282), nel quadro dell’ordinamento militare, il procedimento disciplinare possa concludersi anche dopo il transito nei ruoli civili, e che questa possibilità non inibisce o paralizza l’azione disciplinare, anzi, l’ordinamento contempla espressamente tale eventualità. La conclusione del procedimento disciplinare successivamente al verificarsi di altre cause di cessazione dal servizio, come il transito nei ruoli civili, è quindi compatibile con le disposizioni di legge.

Nel caso specifico, si evidenzia come l’accertamento dell’inidoneità al servizio, iniziato d’ufficio e non per impulso della dipendente, sia stato supportato da relazioni e certificazioni sanitarie interne, relative allo stato di malattia e condizioni psichiche. Durante tale periodo, la militare è stata reintegrata in servizio, anche con l’uso dell’arma, fatto contestato come addebito disciplinare, e successivamente, è stata colta nell’uso di sostanze nocive.

Si conclude che i fatti contestati rientrano nel perimetro previsto dall’art. 2087 c.c., in quanto il reinserimento in servizio nonostante l’accertamento di disturbi psichici rappresenta una violazione dell’obbligo datoriale di tutela della salute e dell’integrità morale dei dipendenti. La norma non è stata invocata semplicemente per attenuare la sanzione, ma per evidenziare che il procedimento disciplinare è stato gestito in modo carente, con mancanza di un’istruttoria approfondita e di una motivazione adeguata sui fatti di fatto, soprattutto riguardo alla relazione tra patologia e comportamento contestato.

Inoltre, emergono elementi che dimostrano come l’Amministrazione non abbia considerato adeguatamente la possibile correlazione tra la patologia e i fatti addebitati, né abbia assunto adeguate misure di tutela, configurando una responsabilità datoriale nella tutela della salute del militare. La mancata considerazione di questa correlazione e la carenza di istruttoria costituiscono vizi che incidono sulla legittimità della sanzione espulsiva impugnata.

Per tutte queste ragioni, il ricorso viene accolto, con l’annullamento del provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare e degli atti impugnati nei limiti dell’interesse della ricorrente. Le spese di lite vengono poste a carico del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in conformità alla soccombenza.

In sintesi, il giudice ha riconosciuto che il procedimento disciplinare è stato gestito in modo viziato, in particolare per la mancata considerazione degli aspetti sanitari e della responsabilità datoriale, e ha annullato le sanzioni impugnate, condannando le Amministrazioni coinvolte al pagamento delle spese legali.

 
 

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