Cassazione 2025-La sentenza della Corte di Cassazione ordinaria del 2 marzo 2025, n. 5493, offre spunti di riflessione importanti riguardo al conferimento di incarichi di direzione all'interno delle strutture sanitarie, in particolare per quanto concerne la figura della professoressa ordinaria a tempo pieno della Facoltà di Medicina e Chirurgia.
### Contesto Normativo e Organizzativo
Il conferimento di un incarico di direzione di struttura semplice o complessa è un processo che deve avvenire nel rispetto di determinati criteri e condizioni. L'articolo sottolinea l'importanza di considerare:
1. **Posti Disponibili**: È fondamentale che ci siano posti vacanti all'interno dell'azienda sanitaria che possano essere occupati da dirigenti. Questo aspetto evidenzia la necessità di una pianificazione e gestione oculata delle risorse umane all'interno del sistema sanitario.
2. **Concorrenti**: L'assegnazione di un incarico deve tener conto anche degli altri concorrenti, garantendo così un processo trasparente e meritocratico. Ciò implica che le selezioni devono essere effettuate sulla base di criteri oggettivi e di competenze, evitando favoritismi o discriminazioni.
3. **Vincoli di Bilancio**: Le decisioni relative al conferimento degli incarichi devono rispettare i vincoli di bilancio dell'azienda, in un contesto in cui le risorse finanziarie sono spesso limitate. La sostenibilità economica delle scelte organizzative è cruciale per garantire la continuità dei servizi sanitari.
4. **Organizzazione dell’Azienda**: Le scelte relative agli incarichi devono essere in linea con l'organizzazione e la strategia complessiva dell'azienda sanitaria. È necessario che i dirigenti abbiano le competenze e le esperienze necessarie per guidare le strutture verso gli obiettivi prefissati.
### Implicazioni Pratiche
La sentenza mette in evidenza l'importanza di un approccio sistematico e giuridicamente fondato nella gestione delle risorse umane nel settore sanitario. La Corte di Cassazione ha ribadito che le decisioni in merito agli incarichi devono essere motivate e documentate, in modo da garantire un elevato standard di qualità nella dirigenza delle strutture sanitarie.
### Conclusione
In sintesi, la sentenza n. 5493 del 2025 rappresenta un richiamo all'importanza di un processo di selezione chiaro e giustificato per il conferimento di incarichi dirigenziali nel settore sanitario. Essa sottolinea la necessità di rispettare i principi di trasparenza, meritocrazia e sostenibilità economica, affinché le strutture sanitarie possano operare in modo efficace e rispondere adeguatamente alle esigenze della popolazione.
CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 marzo 2025, n. 5493
Struttura sanitaria – Inquadramento – Procedura di selezione – Dirigente biologo – Disponibilità di posti – Copertura finanziaria – Risarcimento del danno
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 29 gennaio 2020 S.M. ha adito il Tribunale di Roma, esponendo che: era professoressa di ruolo di prima fascia dal 1° marzo 2001 e dal 1° marzo 2004 professoressa ordinaria a tempo pieno della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’U.L.S. di Roma;
era Preside dal 2005 del Corso di laurea magistrale delle Professioni sanitarie Tecniche diagnostiche e, dal 2007, Vicedirettore della Scuola di specializzazione di Patologia clinica della medesima facoltà;
aveva diritto all’inquadramento dal 1° marzo 2001 o dal 1° marzo 2004 come Direttore di UOC presso il P.U. I o, se non disponibile, come Direttore di UP;
al contrario, era stata inquadrata come mera dirigente biologo, senza assegnazione di alcun incarico, con la conseguenza che non aveva percepito neppure la c.d. indennità D.M., che le sarebbe spettata se avesse ricevuto un incarico di livello più alto.
La ricorrente ha chiesto, quindi, il risarcimento del danno subito.
Il Tribunale di Roma, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 7911/2021, ha accolto il ricorso, ritenendo che la ricorrente avesse diritto a ricevere uno degli incarichi relativi alla responsabilità e alla gestione di programmi, infra o intra dipartimentali, finalizzati all’integrazione delle attività assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni tecnologiche e assistenziali, nonché al coordinamento delle attività sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica e assistenziale.
L’Azienda Ospedaliera ha proposto appello che la Corte d’appello di Roma, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 2333/2023, ha accolto.
S.M. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi.
L’Azienda Ospedaliera si è difesa con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1) Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la corte territoriale avrebbe errato nel dichiarare l’inesistenza di un suo diritto a ricevere un incarico dirigenziale apicale nell’ambito della struttura sanitaria di appartenenza sul presupposto che ne avesse chiesto l’attribuzione, con condanna al pagamento delle relative differenze retributive.
Al contrario, avrebbe solo domandato il risarcimento del danno derivante dalla negligente condotta della controparte che, nonostante la sua posizione di Docente Universitario Ordinario della Facoltà di Medicina e Chirurgia, la titolarità di insegnamenti universitari, il curriculum vitae e l’attività svolta nel nosocomio, non le avrebbe assegnato un incarico equiparato alla struttura complessa, come l’Unità di Programma, che le sarebbe spettato sulla base delle disposizioni di legge e del Regolamento per il conferimento degli incarichi.
La censura è inammissibile per difetto di pertinenza rispetto al decisum, atteso che la Corte d’appello di Roma ha semplicemente rilevato che la ricorrente non aveva diritto, sulla base del semplice titolo dedotto (l’incarico di Professore ordinario), a beneficiare dell’incarico reclamato.
Ha esaminato, quindi, la questione della sussistenza o meno, del presupposto della domanda di risarcimento del danno avanzata, così rispettando l’art. 112 c.p.c.
2) Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente contesta la violazione degli artt. 99, 112 e 113 c.p.c. in quanto la corte territoriale avrebbe errato nel valutare l’azione da lei esercitata, che avrebbe avuto natura risarcitoria e non retributiva e sarebbe stata diretta a conseguire il risarcimento del danno da perdita di chance (cfr. pag. 18 del ricorso) derivante dall’illegittima condotta omissiva posta in essere dall’Azienda ospedaliera e parametrato “alle differenze economiche che a quest’ultima sarebbero spettate se la condotta (vincolata) del Policlinico fosse stata coerente con le summenzionate norme di legge”.
La censura è egualmente inammissibile, considerato che la Corte d’appello di Roma ha chiaramente dato atto in sentenza che la richiesta della ricorrente mirava al conseguimento del risarcimento di un danno subito in ragione della condotta illegittima della controparte.
3) Con il terzo motivo la ricorrente contesta la violazione dell’art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 517 del 1999 e dell’art. 12 delle preleggi.
Rileva che la corte territoriale avrebbe errato nel non tenere conto che l’affidamento a un professore ordinario della responsabilità e gestione di programmi sarebbe stato oggetto di un atto vincolato e non discrezionale.
Inoltre, rappresenta che, con riferimento ai professori ordinari di Medicina, sarebbe sussistito un obbligo di svolgere attività assistenziale ai sensi dell’art. 5, comma 2, ultimo periodo, del d.lgs. n. 517 del 1999.
La censura è infondata.
L’art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 517 del 1999 prescrive che “Ai professori di prima fascia ai quali non sia stato possibile conferire un incarico di direzione di struttura semplice o complessa, il direttore generale, sentito il rettore, affida, comunque la responsabilità e la gestione di programmi, infra o interdipartimentali finalizzati alla integrazione delle attività assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni tecnologiche ed assistenziali, nonché al coordinamento delle attività sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale.
La responsabilità e la gestione di analoghi programmi può essere affidata, in relazione alla minore complessità e rilevanza degli stessi, anche ai professori di seconda fascia ai quali non sia stato conferito un incarico di direzione semplice o complessa.
Gli incarichi sono assimilati, a tutti gli effetti, agli incarichi di responsabilità rispettivamente di struttura complessa e di struttura semplice.
I professori di prima fascia che non accettano gli incarichi di responsabilità e di gestione dei programmi di cui al primo periodo del presente comma non possono svolgere funzioni di direzione nell’ambito delle disposizioni attuative del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, limitatamente alle scuole di specializzazione”.
Il precedente comma 1, però, dispone che “I professori e i ricercatori universitari, che svolgono attività assistenziale presso le aziende e le strutture di cui all’articolo 2 sono individuati con apposito atto del direttore generale dell’azienda di riferimento d’intesa con il rettore, in conformità ai criteri stabiliti nel protocollo d’intesa tra la regione e l’università relativi anche al collegamento della programmazione della facoltà di medicina e chirurgia con la programmazione aziendale.
Con lo stesso atto, è stabilita l’afferenza dei singoli professori e ricercatori universitari ai dipartimenti di cui all’articolo 3, assicurando la coerenza fra il settore scientifico-disciplinare di inquadramento e la specializzazione disciplinare posseduta e l’attività del dipartimento.
I protocolli d’intesa tra università e regione determinano, in caso di conferimento di compiti didattici, l’attribuzione di funzioni assistenziali alle figure equiparate di cui all’articolo 16 della legge 19 novembre 1990, n. 341, con l’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo e all’articolo 6”.
Il comma 3 dello stesso art. 5 stabilisce, poi, che “Salvo quanto diversamente disposto dal presente decreto, nei confronti del personale di cui al comma 1, si applicano le disposizioni degli articoli 15, 15-bis, 15-ter, 15-quater, 15-quinquies, 15-sexies e 15-novies, comma 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni”.
Non è corretta, quindi, l’affermazione della ricorrente, secondo cui la corte territoriale avrebbe errato nel fare riferimento al d.lgs. n. 502 del 1992.
Al riguardo, si osserva che l’art. 15 ter del d.lgs. n. 502 del 1992 prevede che gli incarichi medico dirigenziali siano conferiti «compatibilmente con le risorse finanziarie a tal fine disponibili e nei limiti del numero degli incarichi e delle strutture stabiliti nell’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1- bis»; ciò esclude – evitando anche irrazionali irrigidimenti organizzativi – che il numero degli incarichi sia necessariamente pari a quello dei medici interessati perché tutto dipende, evidentemente, dalle disponibilità finanziarie e dalle scelte organizzative – di merito – della P.A. di riferimento.
La disposizione appena menzionata è chiara nell’imporre, almeno quanto al numero, una programmazione organizzativa e finanziaria degli incarichi, secondo un assetto evidente che prescinde da ciò che gli enti in concreto facciano o meno, perché la logica normativa è di assoluta evidenza e non suscettibile di deroghe, in quanto l’art. 15 ter è inequivocabile nel coordinare gli aspetti organizzativi e quelli finanziari e nel prevedere un certo contenuto dell’atto aziendale.
Infine, la contrattazione collettiva della dirigenza medica e veterinaria, nel regolare, come dispone la legge (art. 15, comma 1, seconda parte, d.lgs. n. 502 del 1992), le modalità di conferimento degli incarichi, stabilisce (art. 28 CCNL 2000) che si proceda alla scelta con atto scritto e motivato, sulla base di una rosa di idonei e previa fissazione aziendale di criteri e di procedure per l’affidamento (cui nel CCNL 19 dicembre 2019 si aggiunge anche un avviso di selezione interna), il che è palesemente in contrasto con un’attribuzione automatica, a favore di chi possieda i relativi requisiti, di uno degli incarichi de quibus.
La rigorosa disciplina finanziaria ed organizzativa non ammette deroghe da parte della contrattazione collettiva, non trattandosi qui di regolare diritti economici di singoli, ma di rispettare l’assetto di fondo predisposto dal legislatore al fine di assicurare il buon andamento della P.A., di caratura costituzionale (art. 97 Cost.), sicché anche le norme negoziali sono da intendere secondo le regole di quel sistema.
Sul punto, può richiamarsi il sistema generale delle fonti di cui all’art. 2 d.lgs. n. 165 del 2001, in cui i profili organizzativi (comma 1) sono rimessi alla Pubblica Amministrazione, mentre alla contrattazione collettiva è demandata la disciplina dei rapporti di lavoro e dei trattamenti economici (commi 2 e 3).
Nonostante le modifiche intervenute nel tempo delle disposizioni menzionate, è rimasta immutata l’attribuzione alla P.A. dei poteri organizzativi (si consideri anche il rinvio alle norme civilistiche del Libro V, Capo I, Titolo II, nel cui contesto è al datore di lavoro che sono riconosciuti i poteri organizzativi), da esercitarsi nel rispetto delle norme finanziarie, mentre alla contrattazione sono rimessi i profili di disciplina del rapporto di lavoro e dei trattamenti economici, assetto da cui certamente non si allontana la disciplina del d.lgs. n. 502 del 1992 che – data la necessità di coordinare l’organizzazione con la cura dell’interesse sanitario alla cui gestione la P.A. è preposta – contiene un’ampia normativa iniziale in cui è delineata l’articolata e complessa potestà organizzativa degli enti di gestione e di indirizzo del settore.
Le disposizioni della contrattazione collettiva in merito all’attribuzione (come l’art. 28, lett. b, CCNL 3 novembre 2005, modificativo dell’art. 33 del CCNL 8 giugno 2000) o alla “conferibilità” di quegli incarichi (artt. 27 e 28 del CCNL 8 giugno 2000) vanno intese, quindi, nella menzionata logica normativa, nel contesto della quale, anche per ragioni di competenza e gerarchia, esse sono tenute ad inserirsi.
Non diversamente anche l’ultima contrattazione di cui al CCNL 19 dicembre 2019 ripropone il vincolo finanziario organizzativo (art. 19, comma 1) che, inevitabilmente, condiziona l’ambito di effettiva conferibilità degli incarichi – non a caso affiancata anche da regole di selezione – pur se in un assetto che intenderebbe realizzare – con linea che ha le caratteristiche dell’indirizzo e non dell’obbligo – l’attribuzione dopo il quinquennio di incarichi diversi e di maggiore rilievo professionale (cfr., con riferimento alla dirigenza medica, Cass., Sez. L, n. 26270 dell’8 ottobre 2024, non massimata).
Dalla regolamentazione e dalla giurisprudenza sopra richiamate si evince che, con riferimento al conferimento di qualunque incarico nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato, e, quindi, in ordine alla dirigenza medica, ma, più in generale, per quel che qui interessa, con riguardo ai soggetti, anche non medici, potenzialmente beneficiari della c.d. indennità D.M. (in questo caso, in ragione del richiamo, contenuto nell’art. 3, comma 5, del d.lgs. n. 517 del 1999, agli artt. 15, 15 bis, 15 ter, 15 quater, 15 quinquies, 15 sexies e 15 novies, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, e successive modificazioni) è imposto il rispetto di una programmazione organizzativa e finanziaria.
Tale conferimento è, pertanto, sempre condizionato all’esistenza di posti disponibili, secondo l’assetto organizzativo dell’ente fissato dall’atto aziendale, alla copertura finanziaria e al superamento delle forme di selezione regolate dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
Nella specie, in particolare, a rilevare, per quel investe il dato organizzativo, è l’atto del direttore generale dell’azienda di riferimento, assunto d’intesa con il rettore, in conformità ai criteri stabiliti nel protocollo d’intesa tra la regione e l’università relativi anche al collegamento della programmazione della facoltà di medicina e chirurgia con la programmazione aziendale.
La ricorrente, quindi, era certo legittimata a chiedere l’assegnazione di un’unità di programma, ma il conseguente conferimento doveva tenere conto dei posti disponibili e degli altri concorrenti, nel rispetto dei vincoli di bilancio e dell’organizzazione dell’Azienda di destinazione.
Pertanto, se esistente, l’incarico reclamato avrebbe dovuto certo esserle dato; al contrario, in assenza, la sua richiesta non avrebbe potuto essere accolta.
In questi termini, non è esatta l’affermazione della lavoratrice del carattere comunque vincolato dell’attività de qua, configurandosi, a carico dell’Azienda Ospedaliera, un obbligo di attribuire una UP solo in presenza di una disponibilità di posti.
Per ciò che concerne l’argomentazione inerente all’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 517 del 1999, si osserva che questo dispone che: “Ai professori e ricercatori universitari di cui al comma 1, fermo restando il loro stato giuridico, si applicano, per quanto attiene all’esercizio dell’attività assistenziale, al rapporto con le aziende e a quello con il direttore generale, le norme stabilite per il personale del Servizio sanitario nazionale.
Fermo restando l’applicazione del presente decreto, apposite linee guida emanate con decreti dei Ministri della sanità e dell’università, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, possono stabilire specifiche modalità attuative in relazione alle esigenze di didattica e di ricerca.
Dell’adempimento dei doveri assistenziali il personale universitario risponde al direttore generale.
Le attività assistenziali svolte dai professori e dai ricercatori universitari si integrano con quelle di didattica e ricerca.
L’obbligo dell’esercizio dell’attività assistenziale per i professori e per i ricercatori è sospeso nei casi di aspettativa o congedo ai sensi degli articoli 12, 13 e 17 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.
Le autorizzazioni di cui al predetto articolo 17 sono concesse dal rettore, previa intesa con il direttore generale, per assicurare la compatibilità con l’ordinario esercizio dell’attività assistenziale.
Non è altrimenti consentito al predetto personale recedere dall’attività assistenziale”.
Da questa disposizione, però, non può evincersi l’esistenza di un obbligo assoluto e inderogabile, a carico dei professori ordinari come la ricorrente, di svolgere le prestazioni richieste presso l’Azienda ospedaliera ove dovrebbero prestare la loro opera.
Infatti, dalla lettura dei sopra citati artt. 15 ter del d.lgs. n. 502 del 1992, 5, comma 1, del d.lgs. n. 517 del 1999 e 5, comma 4, del d.lgs. n. 517 del 1999 si ricava che il dovere relativo all’esecuzione delle prestazioni de quibus si ricollega al convenzionamento il quale, però, nei casi come quello in esame, può avvenire solo se l’interessato viene destinato a uno degli incarichi previsti dalla normativa.
Si tratta di un legame che si ricava a livello sistematico, non essendo logico che l’ordinamento destini a un particolare compito i professori universitari come la ricorrente e, al contempo, ne imponga l’impiego pure qualora detto compito non sia disponibile.
La ricorrente, quindi, piuttosto che dolersi della mancata previsione e/o assegnazione di un posto UP in suo favore, avrebbe, piuttosto, potuto lamentare l’illegittimità ab origine del suo convenzionamento in assenza del verificarsi del presupposto previsto dalla normativa vigente.
4) Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1 della legge n. 200 del 1974, 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, 5, comma 4, del d.lgs. n. 517 del 1999, 1 della legge n. 230 del 2005 e 12 delle preleggi.
Contesta la decisione di appello nella parte ove avrebbe affermato che l’art. 102 del d.P.R. n. 382 del 1980 non avrebbe attribuito il diritto incondizionato al conferimento dell’incarico in esame a chi era in possesso dei titoli abilitanti, atteso che le disposizioni applicabili sarebbero state l’art. 1 della legge n. 200 del 1974 e il d.l. del 9 novembre 1982.
La censura è inammissibile, atteso che la corte territoriale, nel valutare l’art. 102 del d.P.R. n. 382 del 1980 perché indicato a sostegno della sua domanda dalla ricorrente, si è limitata ad affermare l’insussistenza di un diritto assoluto della lavoratrice a ottenere la direzione di una UP per il solo fatto di avere conseguito la nomina a professore ordinario, per poi decidere il gravame applicando il d.lgs. n. 517 del 1999 e il regolamento aziendale per il conferimento e la graduazione degli incarichi dirigenziali adottato dal Policlinico.
Il motivo, quindi, non coglie la ratio decidendi della pronuncia impugnata.
5) Con il quinto motivo la ricorrente contesta la violazione dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 517 del 1999 e degli artt. 15, comma 7 bis, lett. c), e 15 ter, comma 2, del d.lgs. n 502 del 1992 in quanto la corte territoriale non avrebbe valutato che l’assegnazione in esame sarebbe dovuta avvenire senza esperire le procedure di cui all’art. 15 ter, comma 2, del citato d.lgs. n. 502, non dovendo esservi una procedura concorsuale/selettiva.
A suo avviso, la nomina avrebbe dovuto essere disposta sulla base della semplice valutazione del curriculum scientifico e professionale.
La censura è inammissibile, non inficiando la ratio decidendi della sentenza impugnata, come sopra individuata.
In particolare, la ricorrente non ha considerato che la Corte d’appello di Roma ha rigettato la sua domanda (di risarcimento del danno da perdita di chance) perché non avrebbe allegato e provato i presupposti che avrebbero giustificato l’assegnazione degli incarichi de quibus proprio a lei e non ad altri, ma si sarebbe limitata a dedurre di essere Professore ordinario.
6) Con il sesto motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, quali le attività cliniche non “vicariabili” da lei insegnate, il Protocollo d’intesa tra la Regione Lazio e L’U.L.S. di Roma e l’AOU P.U. I e l’atto aziendale.
La censura è inammissibile, chiedendo sostanzialmente la ricorrente una nuova valutazione di merito della documentazione agli atti.
Peraltro, le menzionate attività sono irrilevanti, mentre la Corte d’appello di Roma ha, comunque, esaminato specificamente il regolamento aziendale per il conferimento e la graduazione degli incarichi dirigenziali.
7) Con il settimo motivo la ricorrente contesta la violazione degli artt. 1175, 1218, 1223 e 2697 c.c. e 115 e 116 c.p.c.
Sostiene che la corte territoriale avrebbe compiuto un’indebita inversione dell’onere della prova, non considerando che le circostanze da lei dedotte non erano state contestate.
Soprattutto, evidenzia di avere indicato il pregiudizio che avrebbe patito, che la controparte non avrebbe addotto alcuna valida ragione di non imputabilità del suo inadempimento all’obbligo di attribuirle l’incarico di UP e che avrebbe avuto altissime chances di ottenere l’incarico.
La censura è inammissibile, considerato che la Corte d’appello di Roma ha affermato che la ricorrente non avrebbe allegato e provato i presupposti che avrebbero giustificato l’assegnazione degli incarichi de quibus proprio a lei e non ad altri, ma si sarebbe limitata a dedurre di essere Professore ordinario.
8) Il ricorso è rigettato, in applicazione dei seguenti principi di diritto:
“L’atto con il quale il direttore generale dell’azienda di riferimento, d’intesa con il rettore, affida, ai sensi dell’art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 517 del 1999, in conformità ai criteri stabiliti nel protocollo d’intesa tra la regione e l’università di cui al precedente comma 1 e relativi anche al collegamento della programmazione della facoltà di medicina e chirurgia con la programmazione aziendale, ai professori di prima fascia ai quali non sia stato possibile conferire un incarico di direzione di struttura semplice o complessa, la responsabilità e la gestione di programmi, infra o interdipartimentali, finalizzati alla integrazione delle attività assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni tecnologiche ed assistenziali, nonché al coordinamento delle attività sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale, è condizionato all’esistenza di posti disponibili, secondo l’assetto organizzativo dell’ente fissato dall’atto aziendale, alla copertura finanziaria e al superamento delle forme di selezione regolate dalla legge o dalla contrattazione collettiva”;
“L’atto del direttore generale dell’azienda di riferimento adottato, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 517 del 1999, d’intesa con il rettore, in conformità ai criteri stabiliti nel protocollo d’intesa tra la regione e l’università, non può destinare allo svolgimento delle attività presso le aziende e le strutture di cui all’art. 2 del medesimo d.lgs. i professori e ricercatori universitari menzionati dal citato art. 5, comma 1, ai quali non sia stato possibile conferire un incarico di direzione di struttura semplice o complessa o affidare la responsabilità e la gestione di programmi, infra o interdipartimentali finalizzati alla integrazione delle attività assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni tecnologiche ed assistenziali, nonché al coordinamento delle attività sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale”.
Le spese di lite sono compensate, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., in ragione della novità della questione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
– rigetta il ricorso;
– compensa le spese di lite;
– ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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