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27 settembre 2025

Di primo acchito, devo segnalare che non ho trovato (al momento) un commento consolidato o ampio della Cassazione n. 24472/2025 specificamente su quel numero, con tutti i particolari. Ho però reperito il testo ufficiale della raccolta e alcuni elementi utili che consentono di ricostruire il ragionamento e inserirlo nel più vasto panorama giurisprudenziale sull’IVA e sul risarcimento danni.

 

Di primo acchito, devo segnalare che non ho trovato (al momento) un commento consolidato o ampio della Cassazione n. 24472/2025 specificamente su quel numero, con tutti i particolari. Ho però reperito il testo ufficiale della raccolta e alcuni elementi utili che consentono di ricostruire il ragionamento e inserirlo nel più vasto panorama giurisprudenziale sull’IVA e sul risarcimento danni. (Il Sole 24 Ore)

Sulla base di questi elementi, e raccordando con la giurisprudenza e la prassi attuali, propongo il seguente commento dettagliato, corredato delle cautele necessarie:


1. Contesto normativo di riferimento

Prima di entrare nel merito della pronuncia, è utile richiamare la disciplina normativa che si pone alla base della questione:

  • L’art. 13, comma 1, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 (Testo Unico IVA) stabilisce che la base imponibile per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi è costituita dall’“ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario”.

  • Tuttavia, l’art. 15, comma 1, n. 1) del medesimo DPR 633/1972 dispone che non concorrono a formare la base imponibile le somme dovute “a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi del cessionario o del committente”.

Questa norma è paradigmatica nell’escludere che certe somme pecuniarie — in particolare quelle che hanno natura penalitaria, sanzionatoria o risarcitoria — siano assimilabili ai corrispettivi tipici di prestazioni imponibili.

Sul piano della prassi, l’Agenzia delle Entrate, in varie risposte (es. risposta 74/2019), ha ribadito che le somme percepite a titolo risarcitorio, se configurabili come tali, non possono essere assoggettate ad IVA, proprio in virtù dell’art. 15, comma 1, n. 1). (Fisco e Tasse)

In dottrina e giurisprudenza, la distinzione cruciale è fra “somma corrispettiva di una prestazione” e “somma risarcitoria per fatto illecito o inadempimento contrattuale”. Solo nella prima ipotesi può sussistere l’imposizione IVA; nella seconda, la funzione della somma è ristabilire l’equilibrio patrimoniale, non remunerare una prestazione.


2. Cosa si legge nella pronuncia Cassazione n. 24472/2025

Nel testo ufficiale della raccolta giurisprudenziale (Numero di raccolta generale 24472/2025), si afferma che:

«… non concorrono a formare la base imponibile dell’IVA … le somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità» (Il Sole 24 Ore)

Così la Cassazione sancisce — aderendo al consolidato orientamento — che, in linea con l’art. 15, comma 1, n. 1) del DPR 633/1972, quelle somme non debbano essere computate nel calcolo della base imponibile IVA.

Va notato che la decisione, da quel che appare, non si limita alla mera citazione della norma, ma adotta un’interpretazione conforme al principio che distanzia il “risarcimento dell’inadempimento” (o penalità contrattuale) dal “corrispettivo per una prestazione”.

In altri termini, la pronuncia stabilisce una conferma giurisprudenziale: quando una somma è dovuta non perché costituisce prezzo per un servizio, bensì perché è penale, interesse moratorio o simile, essa non è soggetta all’IVA.

Non ho riscontrato al momento argomenti aggiuntivi particolari (es. criteri di prova o parametri valutativi) esclusivi di questa decisione che si discostino dall’orientamento tradizionale, ma l’importanza risiede soprattutto nel rafforzamento dell’orientamento giurisprudenziale attuale.


3. Linee interpretative ed elementi critici

Il fatto che la Cassazione ribadisca la non imponibilità di tali somme non significa che tutte le somme in “penalità / interessi / irregolarità contrattuali” siano automaticamente escluse. È necessario verificare la natura giuridica della somma, con una certa cautela, per evitare applicazioni meccaniche. Di seguito alcuni punti di attenzione.

3.1. Natura risarcitoria vs natura corrispettiva

Una somma può assumere natura corrispettiva quando, pur formalmente qualificata come penalità o interesse, in realtà corrisponde a una prestazione effettivamente resa (o dovuta) — ad esempio, una penale che copre un’attività necessaria che non è stata eseguita dal contraente. In quel caso, può configurarsi un nesso con una prestazione che giustifichi l’IVA.

La Cassazione e la prassi amministrativa impongono che l’operatore (o il giudice) accerti:

  1. se la somma sia funzionale all’adempimento (o mancato adempimento) di un’obbligazione;

  2. se ha natura punitiva o di ristoro.

Solo se appare chiaramente che la somma ha carattere risarcitorio (compensativo del danno) e non remunerativo, si può operare l’esclusione dalla base imponibile.

3.2. Onere della prova e qualificazione giuridica

L’interpretazione delle clausole contrattuali e delle condizioni che hanno dato luogo alla penale o all’interesse, nonché la destinazione economica del versamento, sono elementi essenziali. In altre pronunce, la Cassazione ha esaminato, ad esempio, se la penale contrattuale abbia natura meramente sanzionatoria o se rappresenti il corrispettivo per una prestazione aggiuntiva.

Ciò significa che, in sede giudiziale o fiscale, è opportuno che la parte che invoca l’esclusione dall’IVA fornisca elementi che dimostrino la natura risarcitoria della somma (es. che la penale non corrisponde a un’attività, ma a un obbligo contrattuale violato).

3.3. Effetto della pronuncia nel sistema

Con la Cassazione 24472/2025, si consolida l’orientamento per cui, nei rapporti contrattuali, le clausole che prevedono penalità, interessi moratori o sanzioni per inadempimento non possono essere automaticamente assimilate a corrispettivi imponibili ai fini IVA. Questo rafforza la certezza interpretativa, confermando che tali somme non costituiscono “prezzo in più”, bensì “risarcimento”, dunque fuori campo IVA.

L’effetto pratico è significativo: nelle fatture o nelle rendicontazioni contrattuali, chi già applicava l’orientamento “esclusione IVA” può sentirsi ora più sicuro in sede di controllo tributario.


4. Alcuni esempi comparativi dalla giurisprudenza

  • La Cassazione, in altre pronunce, ha affermato che la compensazione per oneri accessori conseguenti a un fatto illecito — qualora tali oneri siano liquidati, ad esempio, per vizi dell’opera — non può essere assoggettata ad IVA, in assenza di una prestazione effettiva.

  • In tema di indennità ex art. 2041 c.c. per arricchimento senza causa, la Corte ha escluso che tali somme costituiscano corrispettivo imponibile, proprio per la loro funzione esclusivamente risarcitoria. (eutekne.info)

  • L’Agenzia delle Entrate, richiamando l’art. 15, DPR 633/1972, ha più volte ribadito che le somme risarcitorie, incluse interessi moratori e penali, non devono concorrere a formare la base imponibile. (Agenzia delle Entrate)


5. Criticità e limiti da tener presente

  • La pronuncia non implica che siano escluse dall’IVA le somme che si collegano strettamente a prestazioni aggiuntive: in tal caso, la qualificazione come “prestazione effettiva” potrebbe far rientrare la somma nell’imponibile.

  • Nei contratti complessi, è possibile che le penali o gli interessi vengano “mascherati” come corrispettivi supplementari; allora l’Ufficio fiscale o il giudice potrebbero contestare la natura risarcitoria.

  • Le decisioni della Cassazione vincolano i giudici, ma in concreto l’operatività dipende dal contesto contrattuale, dalle clausole, dall’oggetto economico, dalla prassi del settore, e dalla capacità delle parti di dimostrare la natura giuridica della somma.



 













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