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12 agosto 2025

La sentenza della Cassazione n. 22623 del 2025 in relazione al condono ex legge 289/2002, con particolare attenzione alla disciplina delle somme del 50% prevista dal comma 5 ter, evidenzia diversi aspetti fondamentali, giuridici e pratici.

 

 

La sentenza della Cassazione n. 22623 del 2025 in relazione al condono ex legge 289/2002, con particolare attenzione alla disciplina delle somme del 50% prevista dal comma 5 ter, evidenzia diversi aspetti fondamentali, giuridici e pratici.

**1. Contesto normativo e storico**

La legge 289/2002 ha introdotto un condono fiscale che consentiva ai contribuenti di regolarizzare determinate posizioni fiscali, beneficiando di una riduzione delle sanzioni e di un pagamento di una somma pari al 50% delle somme dovute, in alcuni casi specifici. Il comma 5 ter, in particolare, stabilisce che le somme dovute in virtù del condono devono essere notificate al contribuente entro il 31 dicembre del quinto anno successivo al 31 dicembre 2011.

**2. La natura e la modalità di notifica delle somme**

La sentenza in commento si concentra sulla decorrenza dei termini per la notifica delle somme dovute ai fini del condono, e sul rispetto delle scadenze stabilite. La Cassazione ribadisce che la notifica delle somme di denaro dovute ai sensi del condono, ai sensi del comma 5 ter, deve essere effettuata entro il termine stabilito, ossia entro il 31 dicembre del quinto anno successivo al 31 dicembre 2011. 

Inoltre, la Corte sottolinea che il rispetto di tale termine è essenziale per la validità dell'atto, e che eventuali notifiche tardive sono considerate nulle o inefficaci, con conseguente perdita del beneficio previsto dal condono.

**3. La decorrenza del termine e le interpretazioni giurisprudenziali**

La decisione chiarisce anche la questione relativa a quale data debba considerarsi come riferimento per il computo del termine quinquennale. La Cassazione afferma che il termine decorre dal 31 dicembre 2011, data di scadenza per la notifica delle somme, e che eventuali proroghe o sospensioni devono essere valutate alla luce delle norme processuali e tributarie vigenti.

**4. Implicazioni pratiche per i contribuenti e l’Amministrazione finanziaria**

La pronuncia ha importanti implicazioni pratiche:

- **Per i contribuenti:** devono verificare l’avvenuta notifica delle somme entro il termine stabilito, per evitare che il beneficio del condono venga meno. La mancata notifica entro il termine può comportare l’irrevocabilità del debito e l’applicazione di sanzioni e interessi.

- **Per l’Amministrazione:** si evidenzia l’obbligo di rispettare i termini di notifica, e di adottare procedure tempestive per la notifica delle somme dovute ai sensi del condono.

**5. Valutazioni critiche e aspetti controversi**

Una delle questioni più discusse riguarda la corretta interpretazione del termine di notifica e la possibilità di considerare eventuali proroghe o sospensioni. La sentenza chiarisce che i termini sono perentori e non prorogabili, ma lascia spazio ad alcune interpretazioni in relazione a eventuali cause di sospensione come ricorsi o istanze di dilazione.

Inoltre, si evidenzia come la sentenza contribuisce a definire una linea giurisprudenziale chiara circa la validità delle notifiche e la tutela del contribuente, in particolare in relazione alla certezza dei termini e alla tutela del diritto di difesa.

**6. Conclusioni**

La sentenza Cassazione n. 22623/2025 rappresenta un importante punto di riferimento per la disciplina del condono fiscale ex legge 289/2002, in particolare per quanto riguarda la corretta applicazione dei termini di notifica delle somme del 50%. Essa ribadisce che il rispetto dei termini è essenziale per la validità dell’atto e per la tutela del contribuente e dell’Erario. Inoltre, rafforza la necessità di procedure tempestive e puntuali da parte degli uffici fiscali, e di attenzione da parte dei contribuenti nel monitorare la regolarità delle notifiche.

**In sintesi:**

- La notifica delle somme dovute ai sensi del condono 289/2002, comma 5 ter, deve essere effettuata entro il 31 dicembre del quinto anno successivo al 31 dicembre 2011.
- Il termine è perentorio e non prorogabile, salvo specifiche ipotesi di sospensione legittima.
- La mancata notifica entro il termine comporta la perdita del beneficio del condono, con conseguenze sulla posizione fiscale del contribuente.
- La sentenza chiarisce e consolida la giurisprudenza circa l’importanza del rispetto dei termini notificativi nel contesto delle procedure di condono fiscale.


pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n.5450/2024 R.G. proposto da AGENZIA DELLE ENTRATE, domiciliata ex legein ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587),che la rappresenta e difende -ricorrente- contro XXXXX XXXXX E XXXXX S.R.L. -intimata- avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO SICILIA n.7262/2023 depositata i l 04/09/2023 . Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal Consigliere ALESSANDRO FAROLFI. RITENUTO CHE 1. Oggetto del giudizio è la sentenza n. 7262/15/23 pronunciata dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, depositata il 04/09/2023 e non notificata. 2. In precedenza, con sentenza depositata in data 30 ottobre 2017, n. 1553/01/2017, la Commissione tributaria provinciale di Ragusa aveva accolto il ricorso del contribuente avverso l’atto di contestazione TYZCOD200581/2016 con il quale l’Agenzia ha determinato in Euro 11.720,59 la sanzione prevista dall’articolo 2, comma 5-ter, del d.l. 13 agosto 2011, n.138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n.148, condannando l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di giudizio. 3. L’appello proposto dall’ufficio è stato respinto con la decisione oggetto di ricorso. I giudici di appello hanno ritenuto che “improrogabilmente entro il 31.12.2011, l’Agenzia delle Entrate e Riscossione Sicilia avrebbero dovuto inviare un'intimazione a pagare quanto concordato e non versato alla prevista scadenza”; nella fattispecie, invece, la decisione di secondo grado ha ritenuto che “l’atto di contestazione è stato notificato il 28 novembre 2016, ben oltre il termine perentorio di legge”. 4. L’ufficio ha quindi proposto ricorso per Cassazione, sulla scorta di un motivo di impugnazione, mentre la contribuente non si è costituita nonostante regolarità della notifica effettuata a mezzo PEC, dovendosi perciò considerare come intimata. 5. È stata, quindi, fissata adunanza camerale per il 20.05.2025. CONSIDERATO CHE 1. Il ricorso proposto dall’ufficio avverso la sentenza n. 7262/15/23 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia - Catania, si fonda sul seguente motivo di impugnazione, di seguito schematicamente riportato: 1) Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 20, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.472 e dell’articolo 2, comma 5-ter, del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni con legge 14 settembre 2011, n. 148, del Codice di procedura civile. Secondo l’Agenzia il termine da rispettare per la notifica dell’intimazione di pagamento delle sanzioni non era quello del 31/12/2011 – come ritenuto dalla CTR – ma deve individuarsi nel 31 dicembre del quinto anno successivo alla violazione (che non sarebbe quella originaria oggetto del condono, ma quella del pagamento del dovuto entro il 31/12/2011 ai sensi del precedente art. 2 comma 5 bis del d.l. 138/2011). 2. Ai fini della decisione, va premesso per completezza che il motivo non enumera esplicitamente (probabilmente per un errore materiale di collazione dell’atto di ricorso) il vizio censurato, fra quelli tassativamente previsti dall’art. 360 c.p.c. Manca, infatti, un riferimento espresso fra le norme asseritamente violate e le parole “del Codice di procedura civile”. Una lettura complessiva del ricorso permette, tuttavia, in modo agevole, di ricostruire compiutamente la tipologia di vizio, che in relazione alla contestata violazione o falsa applicazione di norme giuridiche, deve ricondursi artt. 360 n. 3 c.p.c. Del tutto lineare appare lo svolgimento dei fatti che ha portato la CTR della Sicilia – Catania a ritenere che “Al di là del riparto dell’onere probatorio, in ordine all’effettivo pagamento delle somme dovute dalla società ricorrente, ai sensi della l. n. 289/2002”, vi fosse un motivo pregiudiziale di rigetto dell’appallo dell’ufficio, consistente nella presunta tardività della notifica dell’atto di contestazione impugnato dal contribuente. Il tutto, quindi, con una valutazione puramente giuridica di cui in questa sede si contesta la correttezza. Il motivo di ricorso, quindi, al di là dell’incompletezza della propria intitolazione, risulta rispettoso di quanto affermato da Sez. 3, ord. n. 20870 del 26/07/2024, secondo cui nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., giusta il disposto dell'art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., dev'essere dedotto, a pena d'inammissibilità, non solo con l'indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione. Del resto, secondo un diverso angolo di visuale, si è pure sostenuto che in ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l'osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, nonché per omologia con quanto prevede la norma di cui all'art. 384, ult. comma, c.p.c., la Corte di cassazione può ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d'ufficio, a condizione che, da un lato, tale individuazione avvenga sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata e non richieda l'esperimento di ulteriori indagini di fatto e, dall'altro, che l'esercizio del potere di qualificazione non confligga con il principio del monopolio della parte nell'esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto (vds. Sez. 3, ord. n. 8208 del 28/03/2025). Il che nel caso di specie neppure è necessario, posto che si tratta più semplicemente di completare una omissione materiale attraverso la lettura complessiva del motivo, senza alcuna modificazione giuridica di quanto esposto quale ragione di doglianza dalla parte ricorrente. 3. Tanto rilevato in via pregiudiziale, il motivo di ricorso risulta fondato. Viene in contestazione il portato effettivo dell’art. 2, comma 5-ter, del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni con legge 14 settembre 2011, n. 148. Ma una corretta disamina della disposizione non può prescindere dal precedente comma 5-bis. Si riporta perciò, per comodità, il contenuto di tali due disposizioni. Afferma il comma 5-bis che “L'Agenzia delle entrate e le società del gruppo Equitalia e di Riscossione Sicilia, al fine di recuperare all'entrata del bilancio dello Stato le somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si sono avvalsi dei condoni e delle sanatorie di cui alla legge 27 dicembre 2002, n. 289, anche dopo l'iscrizione a ruolo e la notifica delle relative cartelle di pagamento, provvedono all'avvio, entro e non oltre trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, di una ricognizione di tali contribuenti. Nei successivi trenta giorni, le società del gruppo Equitalia e quelle di Riscossione Sicilia provvedono, altresì, ad avviare nei confronti di ciascuno dei contribuenti di cui al periodo precedente ogni azione coattiva necessaria al fine dell'integrale recupero delle somme dovute e non corrisposte, maggiorate degli interessi maturati, anche mediante l'invio di un'intimazione a pagare quanto concordato e non versato alla prevista scadenza, inderogabilmente entro il termine ultimo del 31 dicembre 2011”. Dispone a sua volta il successivo comma 5 ter: “In caso di omesso pagamento delle somme dovute e iscritte a ruolo entro il termine di cui al comma 5-bis, si applica una sanzione pari al 50 per cento delle predette somme e la posizione del contribuente relativa a tutti i periodi di imposta successivi a quelli condonati, per i quali è ancora in corso il termine per l'accertamento, è sottoposta a controllo da parte dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza entro il 31 dicembre 2013, anche con riguardo alle attività svolte dal contribuente medesimo con identificativo fiscale diverso da quello indicato nelle dichiarazioni relative al condono. Per i soggetti che hanno aderito al condono di cui alla legge 27 dicembre 2002, n. 289, i termini per l'accertamento ai fini dell'imposta sul valore aggiunto pendenti al 31 dicembre 2011 sono prorogati di un anno”. I due commi esaminati, come si può vedere da una semplice lettura, sono strettamente avvinti. Il primo (comma 5 bis) svolge una funzione sollecitatoria verso gli uffici, al fine di recuperare gli importi ancora dovuti dai contribuenti che avevano aderito alla normativa condonale di cui alla legge finanziaria n. 289/2002, prevedendo la necessità di operarne una ricognizione ed avviare l’azione riscossiva entro alcuni termini di cui non è indicata la natura ma l’unico dei quali, quello del 31/12/2011, deve ritenersi di carattere perentorio. Solo per quest’ultimo termine è infatti previsto l’avverbio “inderogabilmente”, il cui significato rimanda a qualcosa che deve accadere o essere fatto in modo assolutamente obbligatorio, senza alcuna possibilità di deroga, proprio delle norme imperative; mentre per il precedente termine di 30 giorni (secondo periodo) non vi è alcuna indicazione di perentorietà, rifacendosi ad un adempimento al quale comunque si correla il termine finale del 31/12/2011, laddove il termine di 30 giorni ancora precedente (primo periodo), pur essendo accompagnato dalle parole “non oltre”, non è collegato ad alcuna sanzione decadenziale e, soprattutto, si lega ad un adempimento (il compimento di una “ricognizione”) che appare atipico e non necessariamente tradotto in un atto impositivo o riscossivo, sì che la funzione di tale adempimento appare, appunto, acceleratoria, ma non con potata decadenziale, in quanto mira altresì a stimolare un eventuale pagamento sia pure tardivo da parte dei contribuenti che non avevano onorato completamente i pagamenti previsti dal condono realizzato dalla legge n. 289/2002. Se l’unico termine decadenziale previsto dal comma 5 bis, allora, va individuato nel 31/12/2011, appare altresì coerente ritenere che l’inoltro della successiva comunicazione contenente l’irrogazione di una sanzione del 50% di cui al comma 5 ter, oggetto del presente giudizio, non possa che far riferimento proprio al definitivo inadempimento del contribuente, cristallizzato inderogabilmente entro il 31/12/2011. Se quest’ultimo termine fosse anche quello da osservare per la notifica dell’intimazione con cui si applica la sanzione del 50%, appare evidente che quest’ultima sarebbe destinata a non trovare mai applicazione, posto che nel momento finale entro il quale l’amministrazione accerta l’inadempimento del contribuente e può dare avvio al recupero coattivo, dovrebbe anche applicare la sanzione che, però, a quel punto l’ufficio non potrebbe più utilmente notificare il quanto la data del 31/12/2011 sarebbe inevitabilmente scaduta. Accanto a questo fondamentale motivo di ordine logico-giuridico, anche l’interpretazione letterale lega il comma 5 ter alla precedente scadenza del termine previsto dal comma 5 bis. Infatti, afferma il comma 5 ter: “In caso di omesso pagamento delle somme dovute e iscritte a ruolo entro il termine di cui al comma 5-bis, si applica una sanzione pari al 50 per cento delle predette somme”. Le “predette somme” su cui comminare la sanzione non sono letteralmente quelle originariamente inadempiute, ma – appunto – quelle iscritte a ruolo al fine dell’inizio del recupero coattivo entro il termine del precedente comma 5 bis, il cui unico termine perentorio è quello del 31/12/2011. Del resto, la sanzione del 50% prevista dal citato comma 5 ter non può che essere ulteriore ed aggiuntiva rispetto alle sanzioni ed interessi eventualmente già applicati nella determinazione degli importi dovuti dal contribuente. Ne risulta, in definitiva, la correttezza del motivo di impugnazione proposto dall’amministrazione, laddove rileva che la notifica dell’atto di contestazione ed invito al pagamento delle sanzioni, avvenuta nei confronti del contribuente in data 28/11/2016, doveva ritenersi ancora tempestiva in quanto avvenuta entro il 31 dicembre del quinto anno successivo al 31/12/2011, nel rispetto di quanto previsto come generale termine di decadenza dall’art. 20 del D.lgs. 18/12/1997, n. 472 4. La pronuncia impugnata va quindi cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale, nel frattempo divenuta Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Sicilia - Catania affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso tenendo conto del seguente principio: “Il comma 5 ter dell’art. 2 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 - convertito con mod ificazioni con legge 14 settembre 2011, n. 148 – risulta strettamente connesso il precedente comma 5 bis, il cui unico termine perentorio è quello del 31/12/2011 entro il quale l’amministrazione, in difetto di spontaneo adempimento, deve procedere all’iscrizione a ruolo delle somme ancora dovute in relazione alla disciplina condonistica di cui alla l. n. 289/2002; ne consegue che l’irrogazione della sanzione del 50% di cui al comma 5 ter citato deve essere notificata al contribuente entro il 31 dicembre del quinto anno successivo al 31/12/2011”. Il giudice del rinvio affronterà altresì i motivi di impugnazione ritenuti assorbiti e provvederà sulle spese, anche in relazione al presente giudizio di legittimità. P.Q.M La Corte, accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria d


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