La pronuncia della Cassazione n. XXXXX del 2025 si inserisce in un percorso giurisprudenziale ormai consolidato riguardante l’utilizzo delle prove elettroniche e, in particolare, dei dati di positioning e GPS raccolti attraverso mezzi di ricerca della prova atipici. La pronuncia si distingue per aver chiarito la liceità e la valorizzazione di tali dati nel processo penale, evidenziando che, se acquisiti in modo legittimo e trasfusi nelle informative di polizia giudiziaria, possono entrare a far parte del materiale probatorio senza che ciò comporti automaticamente l’applicazione del regime delle intercettazioni telefoniche.
Contesto normativo e di principio
Il quadro normativo di riferimento comprende, innanzitutto, le disposizioni del codice di procedura penale in materia di acquisizione delle prove e di tutela della privacy. In particolare, l’art. 247 c.p.p. disciplina le attività di polizia giudiziaria, che possono includere la raccolta di dati di localizzazione e di posizionamento mediante mezzi elettronici, purché siano effettuate nel rispetto delle norme di legge e delle garanzie costituzionali.
Le prove di provenienza atipica, quali i dati GPS e di positioning, sono state oggetto di numerosi interventi giurisprudenziali che ne hanno chiarito il valore e i limiti. La Cassazione ha più volte affermato che tali dati, se acquisiti tramite mezzi leciti e trasparenti, possono essere utilizzati come fonti di prova, purché siano inseriti nel fascicolo processuale attraverso strumenti adeguati e con modalità che garantiscano la loro genuinità e attendibilità.
Principio affermato nella sentenza
La sentenza n. XXXXX del 2025 si distingue per aver sottolineato che i dati di positioning e GPS, derivanti da mezzi di ricerca della prova atipici, possono essere considerati fonti di prova legittime nel procedimento penale, purché siano stati raccolti mediante informative di polizia giudiziaria e trasfusi nelle relazioni investigative. La Corte ha ribadito che tali dati, una volta inseriti nelle informative, sono utili ai fini probatori e possono essere valorizzati attraverso la deposizione degli ufficiali di polizia giudiziaria che abbiano condotto le indagini.
In particolare, la Corte ha evidenziato che l’estrazione e l’utilizzo di questi dati non comportano di per sé un’operazione di intercettazione telefonica, che ha un regime giuridico più stringente e richiede autorizzazione dell’autorità giudiziaria. La distinzione fondamentale risiede nel fatto che i dati GPS e di positioning, se acquisiti in modo legittimo e comunicati alle autorità tramite informative di polizia giudiziaria, costituiscono elementi di prova indiretti e non sono soggetti alle restrizioni proprie delle intercettazioni telefoniche.
Implicazioni pratiche e interpretative
La pronuncia offre importanti chiarimenti interpretativi, in quanto consente di valorizzare le prove elettroniche raccolte attraverso mezzi di ricerca atipici senza dover ricorrere a strumenti invasivi o a operazioni di intercettazione telefonica. Ciò permette di ampliare le possibilità di indagine, rispettando al contempo i principi costituzionali di tutela della privacy e del diritto di difesa.
Inoltre, la sentenza sottolinea l’importanza della corretta trasmissione e documentazione dei dati raccolti, affinché possano essere successivamente utilizzati in giudizio mediante le testimonianze degli ufficiali di polizia giudiziaria che abbiano condotto le indagini. Questa modalità di utilizzo dei dati favorisce la trasparenza e la verificabilità delle prove, riducendo i rischi di contestazioni sulla legittimità della loro acquisizione.
Conclusioni
La decisione della Cassazione del 2025 rappresenta un importante passo avanti nel quadro giurisprudenziale sull’utilizzo delle prove elettroniche atipiche. Essa chiarisce che i dati di positioning e GPS, se acquisiti da mezzi di ricerca della prova e correttamente trasfusi nelle informative di polizia giudiziaria, possono entrare a far parte del materiale probatorio e essere valorizzati in giudizio senza incorrere nel regime delle intercettazioni telefoniche. Tale orientamento rafforza l’efficacia delle indagini elettroniche nel rispetto delle garanzie costituzionali e del diritto alla privacy, favorendo un approccio più flessibile e moderno alla raccolta delle prove nel processo penale.
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