Cassazione 2025-La sicurezza stradale rappresenta un tema cruciale nella società contemporanea, dove il traffico veicolare è in costante aumento e le distrazioni alla guida, in particolare quelle causate dall'uso di dispositivi mobili, sono diventate un fenomeno sempre più diffuso. La responsabilità del conducente, pertanto, non può limitarsi a una mera valutazione delle circostanze immediatamente percepibili, ma deve estendersi a una considerazione più ampia delle norme di prudenza e attenzione che ogni automobilista è tenuto a osservare.
Il caso trattato nella sentenza della Corte di Cassazione n. 12256 del 28 marzo 2025 illustra in modo emblematico come il mancato rispetto di tali doveri possa portare a conseguenze drammatiche e irreversibili. Il conducente di un autocarro, nonostante le condizioni favorevoli della strada, ha invaso la corsia d’emergenza, travolgendo un veicolo fermo e provocando la morte di due persone. Questo episodio, oltre a destare un profondo rattristamento, pone in evidenza la necessità di una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte di tutti gli utenti della strada.
La sentenza non solo condanna l'autore dell'incidente per omicidio stradale, ma sottolinea anche che la prova della distrazione, anche in assenza di evidenze temporali rigorose, può essere dedotta dalle circostanze del caso. In questo contesto, l'analisi giuridica si intreccia con la riflessione etica sulla vita e sulla sicurezza, richiamando l'attenzione sull'importanza di una guida prudente e consapevole.
È fondamentale, quindi, che il dibattito giuridico e sociale continui a promuovere un’educazione alla sicurezza stradale, incoraggiando comportamenti responsabili e attenti, affinché tragedie come quella descritta non si ripetano. La strada non è solo un luogo di transito, ma un ambiente condiviso dove le vite di tutti possono dipendere dalle scelte e dalla condotta di ciascuno.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza del 28 marzo 2025, n. 12256
Presidente Di Salvo - Relatore Cappello
Ritenuto in fatto
1. La Corte d'appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di
Enna, con la quale G.R. era stato condannato per il reato di omicidio stradale ai danni di L.M.
e L.G., passeggere su un'auto ferma all'interno della corsia d'emergenza, per avere con colpa
generica e specifica, condotto un autocarro sull'autostrada A19 in corrispondenza di una
curva destrorsa ad ampio raggio, in violazione degli artt. 141, comma 2, e 146, comma 1,
cod. strada, tamponando l'auto sulla quale viaggiavano le vittime (fatti accaduti in (OMISSIS)
il (OMISSIS), con decesso di L.G. in Catania il (OMISSIS)).
2. La Corte del gravame ha ricostruito gli eventi sulla scorta delle risultanze probatorie,
ritenendo in conclusione che l'imputato, nell'occorso, avesse invaso la corsia d'emergenza
(sulla quale l'auto investita da tergo si trovava a causa di un malore della figlia della
conducente che, reduce da un intervento cardiaco, stava rigurgitando), travolgendo l'auto in
sosta, lungo un tratto di strada caratterizzato da lieve curva a destra, con manto stradale
asciutto e buone condizioni di visibilità e senza rilevamento di segni di frenata, il consulente
del pubblico ministero avendo accertato che l'autocarro viaggiava a cavallo tra la propria
corsia di marcia e quella d'emergenza ad una velocità di 115 Km/h, superiore a quella
consentita. Oltre a ciò, l'imputato non aveva rispettato la segnaletica orizzontale che
demarcava il tratto di strada percorribile rispetto a quello destinato alle fermate
d'emergenza. Ad esito, poi, di specifica perizia sul suo telefono cellulare, era pure emerso
che, durante la guida, l'uomo stava chattando con la fidanzata, avendo scambiato una decina
di messaggi nell'arco temporale in cui si iscriveva il tamponamento mortale.
Quanto ai motivi del gravame, i giudici territoriali hanno disatteso quello inerente
all'addebito di colpa, evidenziando come fosse incontestato che il G.R. aveva oltrepassato la
suddetta linea di demarcazione, senza neppure avvedersi della presenza dell'auto in sosta,
non avendo approntato alcuna manovra di frenata, quanto alla causa di tale condotta
avendo i giudici ipotizzato la distrazione del conducente, avvalorata dall'esito della perizia
svolta sul suo cellulare.
Allo stesso modo, la Corte del merito ha ritenuto infondato il rilievo inerente
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all'accertamento dell'avvenuto superamento del limite di velocità, tale circostanza non
avendo svolto un ruolo causale rispetto all'evento, atteso che il G.R. aveva invaso la corsia
riservata alle fermate d'emergenza, non accorgendosi della presenza dell'auto in sosta; ma
anche quello concernente l'utilizzo del cellulare durante la marcia. Quanto a quest'ultimo, in
particolare, i giudici del gravame hanno precisato come fosse stato accertato che lo scambio
di messaggi era avvenuto nell'arco temporale in cui si era verificato il sinistro, dalle stesse
allegazioni difensive essendo emerso che tra l'ultimo messaggio scambiato (ore 12:53:08) e il
sinistro (ore 12:55:02) era passato poco tempo e che il messaggio si collocava in termini di
prossimità al sinistro, giustificando la conclusione che questa era stata la causa della
distrazione, non facendosi questione, poi, di imprevedibilità dell'evento, attesa la evidente
prevedibilità della presenza di un mezzo su quella corsia.
3. La difesa ha proposto ricorso, formulando tre motivi, con i quali ha contestato la
motivazione della sentenza impugnata in ordine a tre distinti profili.
Il primo riguarda l'addebito di colpa specifica di cui all'art. 146, comma 1, cod. strada, al
quale aveva fatto esplicito riferimento il giudice di primo grado, addebito che, secondo la
difesa, non troverebbe alcun riscontro oggettivo, residuando solo quello di colpa generica di
cui all'art. 141, comma 2, stesso codice.
Sotto altro profilo, poi, la difesa ha rilevato la mancata concretizzazione del rischio rispetto
all'utilizzo del telefono da parte del G.R., non essendo stato dimostrato che ciò fosse
avvenuto proprio nel preciso momento in cui si verificò l'incidente, cosicché l'imprudente
comportamento non sarebbe stato causa diretta o indiretta dello stesso.
Infine, si è censurato il diniego delle generiche, giustificato in relazione alle dichiarazioni del
G.R. alla Polstrada, ritenute posticce, senza considerare che verosimilmente esse erano state
conseguenza del forte sconcerto per la tragedia appena verificatasi.
4. Il Procuratore generale aggiunto, Giulio ROMANO, ha rassegnato conclusioni scritte, con le
quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
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1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza di tutti i motivi.
2. Quanto al primo e al secondo, la difesa ha omesso un effettivo confronto con le ragioni
della decisione censurata, del tutto coerenti, del resto, rispetto all'ipotesi d'accusa. In base al
compendio probatorio, infatti, i giudici del merito hanno ritenuto, in maniera conforme, che
il G.R., nell'occorso, avesse perso il controllo del suo mezzo (art. 141, comma 2, codice
strada), come dimostrato dal mancato rilevamento di tracce di frenata, e violato la
segnaletica stradale (art. 146, comma 2, stesso codice), vale a dire la linea divisoria che
separa la corsia di marcia da quella riservata ai soli veicoli in fermata d'emergenza, con
conseguente sussistenza, quindi, di entrambi i profili di colpa addebitati e correttezza della
qualificazione giuridica attribuita al fatto.
In sede di ricorso, la difesa ha ribadito il proprio dissonante punto di vista, senza introdurre
argomenti idonei a mettere in luce il denunciato vizio motivazionale e senza neppure tener
conto dei limiti propri del giudizio di legittimità. La cognizione della Corte di cassazione,
infatti, è funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso
comune e con i limiti di un apprezzamento plausibile, non rientrando tra le sue competenze
stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti, né
condividerne la giustificazione (Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504 - 01),
essendo estranei al presente sindacato, per consolidata giurisprudenza, la rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come
maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati
dal giudice del merito (Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 - 01; n. 5465 del
04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 - 01; Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv.
253099 - 01).
Allo stesso modo, la difesa ha mostrato di non aver correttamente interpretato il
ragionamento dei giudici quanto alla rilevanza dell'accertato utilizzo del telefono cellulare
(scambio messaggistica via (OMISSIS)) rispetto ai fatti per cui è processo. Invero, una volta
dimostrata l'invasione della corsia d'emergenza e il mancato governo del proprio veicolo da
parte dell'imputato, in assenza di elementi interruttivi del nesso causale tra detta condotta e
l'evento, i giudici del merito si sono limitati a rilevare che lo scambio dei messaggi era
avvenuto in un arco temporale nel quale si era verificato l'incidente, ciò risultando
dimostrativo, stante la prossimità temporale dell'ultimo messaggio rilevato rispetto al
tamponamento, di una condotta di guida improntata alla imprudenza, valutando la
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compatibilità del rilevamento rispetto alla invasione della corsia d'emergenza.
3. È, poi, manifestamente infondata anche la doglianza inerente al diniego delle generiche.
Premesso, infatti, che il loro riconoscimento non costituisce un diritto conseguente
all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi
di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle
stesse (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, De Crescenzo, Rv. 281590 - 01; Sez. 4, n. 32872 del
08/0 6 /2022, Guarnieri, Rv. 283489-01, in cui si è precisato, di conseguenza, che il loro
diniego può essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o
circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'art. 62 bis, disposta con
il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125,
per effetto della quale, ai fini della concessione di esse,
non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato), nella specie, i giudici del
merito hanno giustificato il giudizio di non meritevolezza, non limitandosi a richiamare il
dato normativo (art. 62 bis, comma 3, cod. pen.), vale a dire del difetto di elementi positivi a
tal fine valutabili, ma valorizzando altresì la particolare pericolosità della condotta, anche in
ragione della tipologia del mezzo condotto (un autocarro). La congruità di tale incedere
argomentativo trova espressa eco nel consolidato orientamento di questa Corte di
legittimità, per il quale non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli
elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente
il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purché la valutazione di tale
rilevanza tenga conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche
considerazioni mosse sul punto dall'interessato (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, Bianchi, Rv.
282693 - 01; Sez. 2 n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826 - 01; Sez. 7 n. 39396 del
27/05/2016, Rv. 268475 - 01; Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, Angelini, Rv. 281217 - 01).
4. All'Inammissibilità segue, a norma dell'art. 616, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa
delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa
di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
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processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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