Sentenza del 10/02/2025 n. 853/3 - Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio
Notifica degli atti della riscossione da PEC non presente nei pubblici registri
Ai fini della notificazione a mezzo PEC degli atti della riscossione, non è necessario che l’indirizzo dell’Ufficio mittente figuri nei pubblici registri in quanto l’art. 26, del D.P.R. n. 602/1973, nel regolamentare la materia, nulla dispone al riguardo.
Questo principio, stabilito già dalla Suprema Corte (ex multis, C. Cass. 3 luglio 2023, n. 18684), è stato affermato dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio nel rigettare l’appello della società contribuente.
A parere del Collegio, l’art. 26 citato (così come l’art. 60, del D.P.R. 600/1973 in materia di notificazione dell’avviso di accertamento) si pone quale normativa speciale rispetto a quella dettata dalla L. n. 53/1994 che richiede, invece, per le notificazioni dei soli atti civili, amministrativi e stragiudiziali effettuate dagli avvocati e procuratori legali, l’iscrizione negli elenchi pubblici sia dell’indirizzo del destinatario che del mittente.
Intitolazione:
Nessuna intitolazione presente
Massima:
Nessuna massima presente
Testo:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza n. 1778/2023, pubblicata il 10 febbraio 2023, la Sezione n. 12 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma rigettava il ricorso presentato dalla A. E. S.r.l. avverso le cartelle di pagamento n. -------, n. ------, n. ------e n. ------.
I primi giudici evidenziavano in motivazione l'infondatezza dell'assunto del ricorrente secondo il quale le notificazioni delle suindicate cartelle di pagamento sarebbero da considerare inesistenti perché effettuate con messaggi di posta elettronica certificata provenienti da un indirizzo non iscritto nei Pubblici Registri.
Di qui il rigetto del ricorso, con compensazione delle spese.
Avverso la decisione ha interposto appello la Società, sulla base dei seguenti motivi:
- non risulta coerente con il sistema l'argomentazione dei primi giudici secondo la quale un'applicazione stringente della norma, dettata da "una maggiore rigidità formale", sia prevista solo per le "notifiche eseguite dagli avvocati" di cui all'art. 3-bis della legge n. 53/1994, in quanto il legislatore, nel disciplinare le notificazioni in materia fiscale, richiama sempre la disciplina civilistica, ed allorquando ritiene di derogare a una specifica norma procedurale lo indica espressamente;
pertanto, laddove non vi sia una norma specifica dettata in tema di notificazioni, così come in materia di processo tributario, devono trovare applicazione le norme dettate dal codice di procedura civile, anche ai fini di una più rigorosa tutela dei diritti del contribuente;
la normativa in materia tributaria non prevede la facoltà per l'Ente di riscossione di notificare da indirizzo p.e.c. diverso da quello indicato nei pubblici registri e, quindi, deve trovare applicazione la disciplina generale;
- del tutto improprio risulta, poi, il riferimento il richiamo ai principi di buona fede, correttezza e solidarietà di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. e 2 Cost., così come si rivela una mera petizione di principio la dedotta circostanza che l'errata notificazione non abbia arrecato alcuna lesione della sfera giuridica del contribuente;
infatti, l'utilizzo di un indirizzo non ufficiale, in quanto non riconducibile a un pubblico registro certificato, determina l'assoluta incertezza del soggetto da cui proviene l'atto impugnato e, pertanto, non può che determinare la violazione delle norme circa la certezza, l'affidabilità giuridica del contenuto dell'atto stesso e del diritto di difesa del contribuente;
- va confutata l'argomentazione secondo la quale sarebbe il contribuente a dover provare di non riconoscere come provenienti dall'Agenzia delle Entrate gli indirizzi da questa utilizzati, ovvero di non aver letto la p.e.c. o di non aver potuto svolgere compiutamente le proprie difese, stanti, da un canto, l'impossibilità di fornire la prova negativa richiesta, e, dall'altro, l'illegittima inversione dell'onere probatorio rispetto alla regola generale, secondo cui spetta al soggetto notificante fornire la prova della regolarità della notifica eseguita;
- del tutto inconferente risulta l'argomentazione secondo cui "sono state prodotte in atti le ricevute di avvenuta accettazione e consegna delle PEC di notifica delle cartelle impugnate, che quindi la parte ricorrente ha visionato in data certa...", in quanto la questione giuridica riguarda la validità dell'indirizzo p.e.c. del mittente;
- la sentenza impugnata non ha considerato che l'istituzione dei pubblici registri si fonda sul carattere di pubblica riconducibilità dell'indirizzo al soggetto, come garanzia di riferibilità dell'atto all'ente notificante e della qualità del destinatario;
secondo il legislatore, quindi, solo l'appartenenza ad un pubblico registro garantisce la certezza della provenienza e destinazione dell'atto notificando, della riferibilità all'ente notificante e della qualità del destinatario;
- l'asserzione dei primi giudici, secondo la quale "la provenienza della PEC da un indirizzo di posta diverso da quelli indicato nei registri integra al più un profilo di irregolarità" si pone in contrasto con la normativa che ha previsto l'istituzione dell'indice degli indirizzi della pubblica amministrazione, nel quale sono indicati gli indirizzi di posta elettronica certificata da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l'invio di documenti a tutti gli effetti di legge tra le pubbliche amministrazioni, al fine di assicurare la pubblicità dei riferimenti telematici delle pubbliche amministrazioni e dei gestori dei pubblici servizi;
- come affermato anche nella sentenza n. 754/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, Sez. 15, in caso di invio dell'atto da un indirizzo p.e.c. non presente nei pubblici registri, la notificazione è da considerarsi inesistente ed è, quindi, escluso qualsiasi effetto sanante per raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c.;
Per gli esposti motivi, l'appellante ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, sia disposto l'integrale annullamento delle cartelle di pagamento oggetto del giudizio, con vittoria di spese.
Si è costituita l'Agenzia delle Entrate - Riscossione, la quale ha depositato controdeduzioni del seguente tenore:
- la notificazione a mezzo p.e.c. degli atti della riscossione è regolamentata dall'art. 26, comma 2, del d.P.R. n. 602/1973, che richiede soltanto l'inserimento nei pubblici registri/elenchi dell'indirizzo p.e.c. del destinatario, diversamente da quanto previsto dall'art. 3, comma 1, della legge 53/1994, che prevede l'iscrizione nei pubblici registri/elenchi sia dell'indirizzo del mittente che cel destinatario e si riferisce esclusivamente alla "facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per avvocati e procuratori legali" e non può essere estesa alle notifiche degli atti della Riscossione;
- tale orientamento è stato recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione, Sez. VI, con l'ordinanza n. 6015/2023, nella quale è stato ritenuto che la notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta istituzionale (quali quelli da cui sono state notificate le cartelle opposte) non risultante dai pubblici elenchi non è nulla, ove abbia comunque consentito al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all'oggetto, come appunto nel caso di specie, atteso che controparte, sia nel ricorso in primo grado che nell'appello, stante la regolarità sostanziale degli atti, si sia limitato a tale eccezione ritenendo di non doverli impugnare e/o contestare per altri motivi, vista la loro regolarità;
- si evidenzia, ancora, che la notificazione a mezzo p.e.c. presenta, rispetto a quella effettuata in modalità analogica, alcune caratteristiche ulteriori che permettono di risalire con certezza al mittente del documento;
in particolare la riconducibilità del documento al mittente è comprovata, oltre che dagli elementi propri della cartella di pagamento (ad esempio l'intestazione, il logo, ecc.), dai dati di certificazione contenuti - con carattere immodificabile - nelle buste di trasporto e nelle varie ricevute emesse e firmate dallo stresso gestore (ricevuta di presa in carico, di accettazione e di avvenuta consegna), nonché dal dominio di posta elettronica dal quale il messaggio è stato inviato, che è attribuibile dal gestore a un solo soggetto (quello assegnato attualmente all'A.d.E.R. reca esattamente la denominazione del mittente non lasciando spazio a fraintendimenti circa l'effettivo soggetto da cui l'atto promana;
- in ogni caso, poiché trattasi di una eventuale nullità della notifica, la stessa risulta sanata ex art. 156, comma 3, c.p.c. in quanto l'atto ha regolarmente raggiunto il suo scopo come esplicitamente dimostrato dalla proposizione del ricorso in primo grado.
Per le suesposte ragioni, l'appellata ha chiesto il rigetto dell'appello, con condanna dell'appellante al rimborso delle spese del giudizio, da distrarsi in favore del difensore antistatario.
La trattazione del processo ha avuto luogo all'odierna pubblica udienza, nella quale il difensore dell'appellante, collegato da remoto, ha insistito per l'accoglimento dell'appello, mentre il difensore dell'Agenzia delle Entrate - Riscossione ne ha chiesto il rigetto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L'appello è destituito di fondamento e, quindi, deve essere rigettato.
1.1 Invero, l'art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602/1973 (in tema di notificazione della cartella di pagamento) e l'art. 60 del d.P.R. n. 600/1973 (in materia di notificazione dell'avviso di accertamento e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente) prevedono che la notificazione di atti tributari possa essere effettuata con posta elettronica certificata, stabilendo che l'atto notificando debba essere inviato "... all'indirizzo del destinatario risultante dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC)". Tali disposizioni, però, nulla prescrivono in ordine all'indirizzo p.e.c. del mittente e, trattandosi di normativa speciale, non trova applicazione il disposto dell'art. 3-bis della legge n. 53/1994, il quale stabilisce che anche l'indirizzo del mittente debba figurare nei pubblici registri e che è applicabile soltanto alle notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali effettuate dagli avvocati e procuratori legali.
In tal senso, con riguardo ad analoga questione riguardante la notificazione di atti processuali, si è espressa la decisione delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass., SS.UU., sent. n. 15979/2022).
1.2 Con specifico riguardo alla notificazione di atti tributari, si rinvengono recenti decisioni della Corte di cassazione, che hanno affermato la piena validità, a tale scopo, dell'invio della p.e.c. da una casella non indicata nei pubblici registri (Cass., Sez. 6, n. 982/2023, Cass., Sez. 6, n. 6015/2023; Cass., Sez. 6, n. 7175/2023). In particolare, in un successivo arresto, la Corte di cassazione ha affermato che «[...] in tema di notificazione a mezzo PEC della cartella esattoriale, da parte dell'agente della riscossione, l'estraneità dell'indirizzo del mittente dal registro INI-Pec non inficia "ex se" la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall'indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro.» (Cass., Sez. 5, sent. n. 18684 del 03/07/2023, in C.e.d. Cass., rv. 668249 - 01).
Il principio è stato ribadito, da ultimo, dalla Sezione Tributaria della Corte di cassazione con le ordinanze n. 19677/2024, n. 26682/2024 e n. 30842/2024.
Pertanto, la giurisprudenza di legittimità risulta ormai consolidata, sul punto, in senso contrario a quello propugnato dall'appellante.
1.3 Peraltro, al messaggio di posta elettronica afferente alla notificazione era, ovviamente, allegato l'atto notificato, recante la chiara intestazione dell'Ufficio mittente, sicché nessun dubbio si poteva nutrire sulla provenienza dell'atto stesso e sulla sua riferibilità all'Ufficio titolare del potere di emetterlo (cfr. Cass. n. 8700/2020).
1.4 Infine, va considerato sia che l'Ufficio mittente non ha in alcun modo, in sede di giudizio, disconosciuto la paternità dell'atto - e, dunque, vi sono tutti i presupposti per ritenere che il destinatario non abbia avuto alcun pregiudizio, sotto il profilo del diritto di difesa, dall'asserito invio da indirizzo p.e.c. diverso da quello presente nei pubblici registri - sia che non è possibile alcuna declaratoria di nullità dell'atto stesso, avendo esso raggiunto lo scopo cui era destinato, secondo la previsione di cui all'art. 156 c.p.c. (Cass., Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 6417 del 05/03/2019, in C.e.d. Cass., rv. 653074 - 01; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 5263/2024).
2. Per quanto sin qui illustrato, deve essere confermata la sentenza di primo grado, che ha correttamente riconosciuto la piena validità delle notificazioni delle cartelle di pagamento in epigrafe.
Al rigetto dell'appello consegue la condanna dell'appellante al rimborso all'Agenzia delle Entrate - Riscossione delle spese del presente grado di giudizio, che - avuti presenti i criteri direttivi di cui ai decreti ministeriali n. 55/2014 e n. 147/2022 e tabelle allegate, tenuto conto del valore della lite, della complessità della materia e dell'attività svolta, nonché applicato l'aumento del 15% per spese forfettarie - vengono liquidate nella misura complessiva di euro 1.900,00 (millenovecento/00), oltre oneri accessori, da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, Sezione 3, rigetta l'appello; condanna l'appellante al rimborso all'Agenzia delle Entrate - Riscossione delle spese del presente grado di giudizio, liquidate nella misura complessiva di euro 1.900,00 (millenovecento/00), oltre oneri accessori, da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2025.
Elenco Atti Normativi citati
Codice procedura civile del 30/01/1941
Codice di procedura civile.
Articolo 156
Art. 156. Rilevanza della nullità
In vigore dal 30 gennaio 1941
Codice civile del 16/03/1942
Approvazione del testo del codice civile
Articolo 1175
Comportamento secondo correttezza.
In vigore dal 19 aprile 1942
Articolo 1375
Esecuzione di buona fede.
In vigore dal 19 aprile 1942
Legge del 21/01/1994 n. 53
Facolta' di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali.
Articolo 3 bis
Art. 3-bis.(1)
In vigore dal 18 ottobre 2022
Decreto del Presidente della Repubblica del 29/09/1973 n. 600
Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.
Articolo 60
Notificazioni.
N.D.R.: La Corte costituzionale con sentenza 7 novembre 2007 n.366 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del primo comma, lettere c), e) ed f) del presente articolo nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all'estero una residenza conoscibile dall'amministrazione finanziaria in base all'iscrizione nell'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (AIRE), che le disposizioni contenute nell'articolo 142 del codice di procedura civile non si applicano.
In vigore dal 22 febbraio 2024
Elenco Atti Normativi citati non presenti in banca dati
Codice procedura civile - Articolo 156-com3
Legge del 1994 n° 53 - Articolo 3-com1
Decreto del Presidente della Repubblica del 1973 n° 602 - Articolo 26-com5
Decreto del Presidente della Repubblica del 1973 n° 602 - Articolo 26-com2
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