Corte Di Giustizia Europea 2025: annullamento della decisione Google Adsense
La sentenza della Corte di Giustizia Europea (CGUE) relativa a Google AdSense del 2025 rappresenta un momento cruciale nel panorama giuridico europeo, in particolare per quanto concerne l'applicazione delle normative antitrust e la questione dell'abuso di posizione dominante. In questo commento, si cercherà di analizzare in modo dettagliato i principali aspetti della sentenza, la sua coerenza con la giurisprudenza precedente e l'impatto che essa avrà sul mercato digitale e sulle pratiche commerciali delle grandi piattaforme online.
1. Contesto e Sfondo della Decisione
La controversia che ha portato alla sentenza della CGUE ha avuto origine da un procedimento avviato da diverse autorità nazionali della concorrenza, le quali sostenevano che Google, attraverso il servizio AdSense, avesse abusato della sua posizione dominante nel mercato della pubblicità online. In particolare, si contestava l'imposizione di clausole restrittive nei contratti con i publisher, che limitavano la loro capacità di monetizzare i contenuti attraverso servizi concorrenti.
2. Principi Giuridici Fondamentali
La CGUE ha ribadito alcuni principi giuridici fondamentali in materia di abuso di posizione dominante, tra cui:
• Definizione di posizione dominante: La Corte ha confermato che una posizione dominante si verifica quando un'impresa ha il potere di comportarsi in modo indipendente dai concorrenti e dai consumatori, influenzando in modo significativo le condizioni di mercato.
• Abuso di posizione dominante: La Corte ha esaminato se le pratiche di Google costituissero un abuso, evidenziando che le pratiche commerciali che limitano la concorrenza, senza giustificazioni oggettive, possono configurare un abuso.
3. Analisi della Sentenza
La decisione della CGUE di annullare la precedente decisione della Commissione Europea su Google AdSense si basa su diverse considerazioni chiave:
• Mancanza di prova concreta: La Corte ha ritenuto che la Commissione non avesse fornito prove sufficienti per dimostrare che le clausole imposte da Google avessero effettivamente un impatto negativo sulla concorrenza e sui consumatori.
• Giustificazioni oggettive: Google ha presentato argomentazioni relative alla necessità di proteggere il proprio modello di business e garantire la qualità dei servizi offerti. La CGUE ha esaminato queste giustificazioni e ha ritenuto che fossero valide.
• Interesse pubblico: La sentenza ha anche considerato l'importanza di mantenere un ambiente di innovazione nel mercato digitale, evidenziando come le misure punitive nei confronti di Google potessero avere effetti indesiderati sullo sviluppo tecnologico e sulla competitività.
4. Impatti e Conseguenze
L'annullamento della decisione su Google AdSense ha diverse implicazioni:
• Rinforzo della posizione di Google: La sentenza non solo conferma la posizione dominante di Google nel mercato, ma potrebbe anche rafforzare la sua capacità di imporre condizioni contrattuali alle aziende più piccole, limitando ulteriormente la concorrenza.
• Riflessioni sulle normative antitrust: La decisione solleva interrogativi su come le autorità di regolamentazione devono affrontare i casi di abuso di posizione dominante nel contesto di un mercato in rapida evoluzione come quello digitale.
• Prospettive future: Si prevede che questa sentenza influenzerà non solo i futuri casi riguardanti Google e altre big tech, ma anche la formulazione di politiche antitrust a livello europeo.
5. Conclusioni
In conclusione, la sentenza della CGUE del 2025 sul caso Google AdSense rappresenta un punto di svolta significativo nel diritto della concorrenza europeo. Mentre alcuni potrebbero interpretare l'annullamento della decisione come una vittoria per Google, altri vedono in essa una riflessione necessaria sulla complessità del mercato digitale e sulla necessità di un approccio equilibrato nella regolamentazione delle grandi piattaforme. La sfida per le autorità di regolamentazione sarà quella di trovare un equilibrio tra incentivare l'innovazione e proteggere la concorrenza, senza compromettere i diritti dei consumatori e la qualità del mercato.
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
ATHANASIOS RANTOS
presentate il 15 dicembre 2022 (1)
Causa C 333/21
European Superleague Company SL
contro
Unión de Federaciones Europeas de Fútbol (UEFA),
Fédération internationale de football association (FIFA),
con l’intervento di
A22 Sports Management SL,
Liga Nacional de Fútbol Profesional,
Real Federación Española de Fútbol
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Juzgado de lo Mercantil n. 17 de Madrid (Tribunale di commercio di Madrid, Spagna)]
«Rinvio pregiudiziale – Concorrenza – Articoli 101 e 102 TFUE – Abuso di posizione dominante – Articoli 45, 49, 56 e 63 TFUE – European Super League (ESL) – Prima competizione europea al di fuori della UEFA – Rifiuto di riconoscere l’ESL da parte della UEFA e della FIFA – Previa autorizzazione che consente a un’entità terza di organizzare una nuova competizione – Minaccia di sanzioni nei confronti dei club e dei giocatori che partecipino alla nuova competizione – Diritti derivanti dalle competizioni e loro commercializzazione»
I. Introduzione
1. «L’importanza del presente procedimento è evidente. La soluzione della questione della compatibilità del sistema dei trasferimenti e delle norme relative agli stranieri con il diritto comunitario avrà ripercussioni sull’avvenire del calcio professionistico nella Comunità». Tali sono state le prime parole dell’avvocato generale Lenz nelle osservazioni preliminari delle sue conclusioni relative alla causa da cui è scaturita la sentenza Bosman, che ha rivoluzionato il mondo del calcio (2).
2. Quasi tre decenni dopo, una domanda di pronuncia pregiudiziale, questa volta proveniente dalla Spagna, solleva alcune questioni relative all’esistenza stessa della struttura organizzativa del calcio moderno. Il presente procedimento trae origine dal progetto di istituzione della European Super League (in prosieguo: l’«ESL»), una nuova competizione calcistica europea, la quale è stata oggetto di un’intensa attenzione mediatica che ha suscitato reazioni e commenti appassionati da parte sia dei «semplici» tifosi sia delle massime istanze politiche a livello nazionale ed europeo (3). Nella presente causa, il futuro del calcio europeo dipenderà dalle risposte che la Corte fornirà a problematiche connesse principalmente al diritto della concorrenza e, secondariamente, alle libertà fondamentali.
3. Tale domanda è stata presentata dallo Juzgado de lo Mercantil n.° 17 de Madrid (Tribunale di commercio di Madrid, Spagna) nel contesto di una controversia che oppone la Fédération internationale de football association (FIFA) e l’Unione europea delle federazioni calcistiche (UEFA) alla European SuperLeague Company SL (in prosieguo: l’«ESLC»), una società che intende organizzare e commercializzare una nuova competizione calcistica europea, alternativa o concorrente a quelle sinora organizzate e commercializzate da queste due federazioni, riguardo a dichiarazioni pubbliche della FIFA e della UEFA che hanno manifestato il loro rifiuto di autorizzare detta nuova competizione e hanno avvisato che qualsiasi giocatore o club che vi partecipasse sarebbe espulso dalle competizioni organizzate dalla FIFA e dalla UEFA.
II. Contesto normativo
A. Normativa adottata dalla FIFA
4. A termini dell’articolo 22 dello statuto della FIFA:
«1. Le federazioni membri appartenenti allo stesso continente hanno costituito le seguenti confederazioni riconosciute dalla FIFA:
(...)
c) Unione delle [f]ederazioni [c]alcistiche [e]uropee – UEFA
(...)
2. La FIFA può, in via eccezionale, autorizzare una confederazione ad accettare come membro una federazione che appartenga geograficamente a un altro continente e non sia affiliata alla confederazione di tale continente. In tal caso, è richiesto il parere della confederazione geograficamente interessata.
3. Ogni confederazione ha i seguenti diritti e obblighi:
a) rispettare e far rispettare lo [s]tatuto, i regolamenti e le decisioni della FIFA;
b) collaborare strettamente con la FIFA in tutti i settori concernenti la realizzazione dello scopo di cui all’art[icolo] 2 e l’organizzazione di competizioni internazionali;
c) organizzare le proprie competizioni interclub, in conformità con il calendario internazionale;
d) organizzare tutte le proprie competizioni internazionali in conformità con il calendario internazionale;
e) garantire che nessuna lega internazionale o altro analogo raggruppamento di club o di leghe siano costituiti senza il suo consenso e il consenso della FIFA;
f) su richiesta della FIFA, concedere alle federazioni non ancora ammesse lo status di membro provvisorio che conferisce loro il diritto di partecipare alle competizioni e alle conferenze;
(...)
j) autorizzare, in via eccezionale e con il consenso della FIFA, una federazione affiliata a un’altra confederazione (o club affiliati a tale federazione) a partecipare alle competizioni da essa organizzate;
k) adottare, di comune accordo con la FIFA, tutte le misure necessarie per promuovere il calcio nel continente interessato, quali programmi di sviluppo, organizzazione di corsi, conferenze, ecc.;
(...)».
5. L’articolo 67, paragrafo 1, di tale statuto enuncia quanto segue:
«La FIFA, le federazioni che ne sono membri e le confederazioni sono i proprietari originali – senza alcuna restrizione riguardo al contenuto, al tempo, al luogo o alla legge – di tutti i diritti derivanti dagli incontri e da altre manifestazioni sotto la loro rispettiva giurisdizione (...)».
6. L’articolo 68, paragrafo 1, di detto statuto prevede quanto segue:
«La FIFA, le federazioni che ne sono membri e le confederazioni sono competenti in via esclusiva ad autorizzare la diffusione degli incontri e delle manifestazioni sotto la loro giurisdizione su supporti in particolare audiovisivi, senza alcuna restrizione riguardo al luogo, al contenuto e al tempo nonché agli aspetti tecnici e legali».
7. L’articolo 71 del medesimo statuto così dispone:
«1. Il Consiglio è competente ad adottare tutti i regolamenti relativi all’organizzazione di competizioni e di incontri internazionali tra squadre rappresentative e tra leghe, club e/o squadre improvvisate. Nessun incontro o competizione può avere luogo senza la previa autorizzazione della FIFA, delle confederazioni e/o della federazione membro interessata. Le modalità sono disciplinate dal [r]egolamento degli incontri internazionali.
2. Il Consiglio può adottare disposizioni relative a tali incontri e competizioni.
3. Il Consiglio determina i criteri relativi all’autorizzazione di situazioni speciali non previste dal [r]egolamento degli incontri internazionali.
4. Fatta eccezione per l’autorizzazione in materia di competenze previste dal [r]egolamento degli incontri internazionali, la FIFA può adottare la decisione finale riguardo all’autorizzazione di qualsiasi incontro o competizione internazionale».
8. L’articolo 72 dello statuto della FIFA è così formulato:
«1. I giocatori e le squadre affiliate a una federazione membro o a un membro di confederazione ammesso in via provvisoria non possono, senza il consenso della FIFA, disputare incontri né avere contatti sportivi con giocatori o squadre non affiliati a una federazione membro o a un membro di confederazione ammesso in via provvisoria.
2. Le federazioni membri e i loro club non possono disputare incontri sul territorio di un’altra federazione membro senza l’autorizzazione della stessa».
9. L’articolo 73 di tale statuto vieta alle federazioni, alle leghe e ai club affiliati a una federazione membro di aderire a un’altra federazione membro o di partecipare a competizioni sul territorio di questa, salvo circostanze eccezionali con l’esplicita approvazione della FIFA e della confederazione o delle confederazioni interessate.
B. Normativa adottata dalla UEFA
10. Al pari dello statuto della FIFA, gli articoli da 49 a 51 dello statuto della UEFA conferiscono a quest’ultima il monopolio dell’organizzazione delle competizioni internazionali in Europa e il potere di vietare che siffatte competizioni siano organizzate senza la sua previa autorizzazione. Più precisamente, tali articoli sono così formulati:
«Articolo 49 – Competizioni
1. La UEFA ha competenza esclusiva ad organizzare e ad abolire competizioni internazionali in Europa alle quali partecipino federazioni e/o loro club. La presente disposizione non si applica alle competizioni della FIFA.
(…)
3. Gli incontri, le competizioni e i tornei internazionali che non sono organizzati dalla UEFA ma vengono disputati sul territorio della UEFA necessitano della previa autorizzazione della FIFA e/o della UEFA e/o delle federazioni membri competenti, conformemente al [r]egolamento degli incontri internazionali della FIFA e alle norme di attuazione complementari adottate dal Comitato esecutivo della UEFA.
Articolo 50 – Regolamento delle competizioni
1. Il Comitato esecutivo adotta i regolamenti che definiscono le condizioni di partecipazione e l’organizzazione delle competizioni della UEFA. Tali regolamenti devono prevedere una procedura di aggiudicazione chiara e trasparente per tutte le competizioni della UEFA, comprese le finali.
(…)
2. Le federazioni e i loro club si impegnano con la propria iscrizione a rispettare lo statuto, i regolamenti e le altre decisioni degli organi competenti.
3. L’ammissione a una competizione della UEFA può essere negata con effetto immediato a qualsiasi federazione o club direttamente o indirettamente coinvolto in un’attività che possa influire illecitamente sul risultato di un incontro a livello nazionale o internazionale, fatte salve eventuali misure disciplinari.
Articolo 51 – Rapporti vietati
1. Non possono essere costituiti senza l’autorizzazione della UEFA raggruppamenti o unioni tra federazioni membri della UEFA oppure tra leghe o club direttamente o indirettamente affiliati a diverse federazioni membri della UEFA.
2. I membri della UEFA o le leghe e i club ad essi affiliati non possono disputare né organizzare incontri al di fuori del rispettivo territorio senza l’autorizzazione delle federazioni membri».
III. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte
11. La FIFA, un ente di diritto privato svizzero, costituisce l’organo esecutivo mondiale del calcio il cui scopo consiste, in sostanza, nel promuovere il calcio e nell’organizzare le sue competizioni internazionali. Composta da federazioni nazionali, essa riconosce anche l’esistenza di confederazioni calcistiche regionali – tra cui la UEFA –, le quali tuttavia non sono membri della FIFA. I club professionistici di calcio sono invece membri indiretti della FIFA, nella misura in cui possono essere oggetto di misure disciplinari imposte da quest’ultima. Le federazioni, le confederazioni e i club sono tenuti a rispettare le norme adottate dalla FIFA.
12. La UEFA è anch’essa un ente di diritto privato svizzero che costituisce l’organismo di direzione del calcio a livello europeo. Le sue principali funzioni consistono nel monitorare e controllare lo sviluppo del calcio, in tutte le sue forme, su scala europea. Le leghe nazionali e i club europei sono membri indiretti della UEFA, la quale organizza competizioni internazionali di tali club e delle squadre nazionali.
13. Conformemente ai rispettivi statuti, la FIFA e la UEFA detengono il monopolio per l’autorizzazione e l’organizzazione delle competizioni internazionali di calcio professionistico in Europa.
14. L’ESLC è una società di diritto spagnolo il cui progetto consiste nell’organizzare la prima competizione europea annuale di calcio che esisterebbe indipendentemente dalla UEFA, denominata ESL. Gli azionisti di tale società sono prestigiosi club calcistici europei. Il suo modello di gestione si basa su un sistema di partecipazione «semi aperto» che raggruppa, da un lato, da dodici a quindici club di calcio professionistici aventi lo status di membri permanenti e, dall’altro, un numero da definire di club di calcio professionistici selezionati secondo un determinato procedimento e aventi lo status di «club qualificati».
15. Tra le condizioni sospensive cui è soggetto il progetto in parola figura il riconoscimento dell’ESL da parte della FIFA e/o della UEFA quale nuova competizione compatibile con i loro statuti o, in alternativa, l’ottenimento di tutela giuridica da parte dei giudici e/o degli organi amministrativi per consentire ai club fondatori di partecipare all’ESL mantenendo al contempo la loro partecipazione alle rispettive leghe, competizioni e tornei nazionali.
16. In seguito all’annuncio dell’istituzione dell’ESL, il 21 gennaio 2021 la FIFA e la UEFA hanno pubblicato una dichiarazione congiunta per manifestare il loro rifiuto di riconoscere tale nuova entità e avvisare che qualsiasi giocatore o club partecipante alla nuova competizione sarebbe stato espulso da quelle organizzate dalla FIFA e dalle sue confederazioni. Con un altro comunicato del 18 aprile 2021, la suddetta dichiarazione è stata ratificata dalla UEFA e da altre federazioni nazionali, ricordando la possibilità di adottare misure disciplinari nei confronti dei partecipanti all’ESL. Tali misure disciplinari comporterebbero, in particolare, l’esclusione dei club e dei giocatori partecipanti all’ESL da alcune grandi competizioni europee e mondiali.
17. Adito dall’ESLC, secondo cui il comportamento della FIFA e della UEFA deve essere considerato «anticoncorrenziale» e incompatibile con gli articoli 101 e 102 TFUE, lo Juzgado de lo Mercantil n.° 17 de Madrid (Tribunale di commercio di Madrid), giudice del rinvio, il 19 aprile 2021 ha dichiarato che il suo ricorso era ricevibile e, il 20 dello stesso mese, ha disposto una serie di misure cautelari inaudita altera parte. Tali misure erano finalizzate, in sostanza, a prevenire qualsiasi comportamento da parte della FIFA o della UEFA volto ad impedire o ad ostacolare la preparazione e l’istituzione dell’ESL nonché la partecipazione di club e giocatori, in particolare mediante misure disciplinari o sanzioni di esclusione dalle competizioni organizzate dalla UEFA e dalla FIFA.
18. A fondamento della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio, dopo avere definito le attività economiche nonché i mercati di prodotti e geografici rilevanti – vale a dire, da un lato, l’organizzazione e la commercializzazione delle competizioni calcistiche internazionali in Europa e, dall’altro, lo sfruttamento dei vari diritti sportivi ad essi relativi –, ha considerato che la FIFA e la UEFA detengono, su ciascuno di tali mercati, una posizione di monopolio o, quanto meno, di dominio. In siffatto contesto, detto giudice nutre dubbi in ordine alla conformità con il diritto dell’Unione di talune disposizioni statutarie della FIFA e della UEFA nonché delle minacce di sanzioni o dei moniti di tali federazioni sotto il profilo, in primo luogo, del divieto di abuso di posizione dominante sancito all’articolo 102 TFUE, in secondo luogo, del divieto di accordi anticoncorrenziali previsto all’articolo 101 TFUE e, in terzo luogo, delle varie libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE, in quanto potrebbero essere utilizzati per indebolire qualsiasi iniziativa privata potenzialmente concorrenziale nel settore delle competizioni calcistiche.
19. In tali circostanze, lo Juzgado de lo Mercantil n.° 17 de Madrid (Tribunale di commercio di Madrid) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che vieta un abuso di posizione dominante in base al quale la FIFA e la UEFA stabiliscono nei loro statuti (in particolare, agli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA, agli articoli 49 e 51 dello statuto della UEFA, nonché in qualsiasi articolo analogo contenuto negli statuti delle federazioni membri e delle leghe nazionali) che è richiesta una previa autorizzazione da parte di tali enti, ai quali è stata attribuita la competenza esclusiva di organizzare o autorizzare competizioni internazionali per club in Europa, affinché un’entità terza istituisca una nuova competizione paneuropea per club come [l’ESL], in particolare, quando non esiste una procedura regolamentata sulla base di criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori, e tenuto conto del possibile conflitto di interessi che interessa la FIFA e la UEFA.
2) Se l’articolo 101 TFUE debba essere interpretato nel senso che vieta alla FIFA e alla UEFA di imporre nei loro statuti (in particolare agli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA, agli articoli 49 e 51 dello statuto della UEFA, nonché in qualsiasi articolo di analogo contenuto negli statuti delle federazioni membri e delle leghe nazionali) una previa autorizzazione da parte di tali enti, ai quali è stata attribuita la competenza esclusiva di organizzare o autorizzare competizioni internazionali in Europa, affinché un’entità terza possa istituire una competizione paneuropea per club come [l’ESL], in particolare, quando non esiste una procedura regolamentata sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori, e tenuto conto del possibile conflitto di interessi che interesserebbe la FIFA e la UEFA.
3) Se gli articoli 101 e/o 102 [TFUE] debbano essere interpretati nel senso che vietano un’azione da parte della FIFA, della UEFA, delle loro federazioni che ne sono membri e/o delle leghe nazionali diretta a minacciare l’adozione di sanzioni contro i club che partecipano all[’ESL] e/o i loro giocatori per la dissuasione che potrebbero generare. Se, qualora siano adottate le sanzioni di esclusione da competizioni o di divieto di partecipare a partite delle squadre nazionali, tali sanzioni, senza essere fondate su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori, costituiscono una violazione degli articoli 101 e/o 102 del TFUE.
4) Se gli articoli 101 e/o 102 TFUE debbano essere interpretati nel senso che sono con essi incompatibili le disposizioni degli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA in quanto identificano la UEFA e le federazioni nazionali che ne sono membri come “proprietari originali di tutti i diritti derivanti dagli incontri (...) sotto la rispettiva giurisdizione”, privando i club partecipanti e qualsiasi altro organizzatore di competizioni alternative della titolarità originaria di tali diritti, assumendosi la responsabilità esclusiva della loro commercializzazione.
5) Se, qualora la FIFA e la UEFA, quali entità a cui è attribuita la competenza esclusiva di organizzare e autorizzare competizioni internazionali di club calcistici in Europa, vietassero o si opponessero, sulla base delle suddette disposizioni dei loro statuti, allo sviluppo dell[’ESL], l’articolo 101 TFUE debba essere interpretato nel senso che tali restrizioni alla concorrenza potrebbero beneficiare dell’eccezione stabilita in detta disposizione, dato che la produzione è circoscritta in maniera sostanziale, la comparsa sul mercato di prodotti alternativi a quelli offerti dalla FIFA/UEFA è protetta e l’innovazione è limitata, precludendo formati e modalità ulteriori, eliminando la concorrenza potenziale nel mercato e limitando la scelta del consumatore. Se siffatta restrizione trarrebbe vantaggio da una giustificazione obiettiva che consenta di ritenere che non vi sia abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.
6) Se gli articoli 45, 49, 56 e/o 63 TFUE debbano essere interpretati nel senso che una disposizione come quella contenuta negli statuti della FIFA e della UEFA (in particolare gli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA, gli articoli 49 e 51 dello statuto della UEFA, nonché qualsiasi altro articolo analogo contenuto negli statuti delle federazioni membri e delle leghe nazionali) costituisce una restrizione contraria ad alcune delle libertà fondamentali sancite in tali disposizioni, richiedendo una previa autorizzazione di tali enti per l’istituzione da parte di un operatore economico di uno Stato membro di una competizione per club paneuropea come [l’ESL]».
20. Hanno presentato osservazioni scritte alla Corte, in qualità di parti nel procedimento principale, l’ESLC, la A22 Sports Management SL (in prosieguo: la «A 22») (4), la FIFA, la UEFA e la Liga Nacional de Fútbol Profesional (LNFP) (5). Hanno inoltre presentato osservazioni scritte, su tutte le questioni pregiudiziali sollevate o su una parte delle stesse, i governi spagnolo, ceco, danese, irlandese, francese, croato, italiano, lettone, lussemburghese, ungherese, polacco, portoghese, rumeno, slovacco, svedese e islandese nonché la Commissione europea. All’udienza di discussione tenutasi l’11 e il 12 luglio 2022 hanno svolto osservazioni orali l’ESLC, la A22, la FIFA, la UEFA, la LNFP, la Real Federación Española de Fútbol (RFEF) (6), i governi spagnolo, ceco, danese, tedesco, estone, irlandese, ellenico, francese, croato, italiano, cipriota, lettone, ungherese, maltese, austriaco, polacco, portoghese, rumeno, sloveno, svedese e norvegese nonché la Commissione.
IV. Analisi
A. Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali
21. Occorre rilevare che la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale è stata messa in discussione, sotto tre profili, dalla UEFA e dalla LNFP, nonché, in tutto o in parte, da alcune parti interessate, vale a dire i governi irlandese, francese, ungherese, rumeno e slovacco.
22. In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento basato sul carattere asseritamente ipotetico della controversia principale (7), mi sembra utile rammentare che quest’ultima trae origine dall’opposizione, pubblicamente manifestata dalla FIFA e dalla UEFA, al progetto annunciato dall’ESLC. La circostanza che tale progetto fosse in gestazione al momento del suo annuncio e che esso abbia subito successivamente una battuta d’arresto non modifica detta opposizione, che si basa su una parte delle norme delle due federazioni summenzionate e di cui il giudice del rinvio mette in discussione la compatibilità con le regole di concorrenza. Inoltre, nulla dimostra che l’ESLC abbia cessato di esistere o che essa abbia ritirato il ricorso all’origine della controversia principale. Pertanto, risultano sussistere tuttora l’esistenza e la persistenza della controversia nonché la rilevanza delle connesse questioni di diritto economico.
23. In secondo luogo, per quanto riguarda il contenuto della domanda di pronuncia pregiudiziale, che non rispetterebbe i requisiti relativi al contesto normativo e fattuale in cui il giudice del rinvio si interroga sull’interpretazione del diritto dell’Unione (8), si deve constatare che, sebbene tale domanda non riguardi tutte le questioni di diritto poste dai rapporti tra l’esercizio dell’attività sportiva, la sua regolamentazione e il diritto economico dell’Unione, le questioni sollevate dal giudice del rinvio sono presentate in modo dettagliato, argomentato e corroborato da riferimenti precisi agli elementi fattuali e normativi che esso ha ritenuto pertinenti. Il fatto che detta domanda contenga informazioni e valutazioni la cui esattezza è controversa non è idoneo, di per sé, a comportare l’irricevibilità totale o parziale della domanda stessa.
24. In terzo e ultimo luogo, la domanda di pronuncia pregiudiziale sarebbe viziata da irregolarità procedurali relative in particolare alla natura cautelare del procedimento e all’assenza di contraddittorio (9). Tuttavia, la circostanza che la Corte sia adita nella fase preliminare di un procedimento di natura cautelare o preventiva non comporta l’irricevibilità di tale domanda, in quanto il giudice del rinvio ha esposto i motivi per i quali essa è necessaria per consentirgli di pronunciare la propria sentenza e ha rispettato gli altri requisiti, sia formali che sostanziali, nella sua decisione di rinvio.
B. Osservazioni preliminari
25. Con le sue questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi, in sostanza, sulla compatibilità con le regole di concorrenza nonché, in via accessoria, con le libertà economiche fondamentali garantite dal Trattato FUE di una serie di norme adottate dalla FIFA e dalla UEFA, in qualità di federazioni che amministrano il calcio in tutti i suoi aspetti a livello mondiale ed europeo, e vertenti sull’organizzazione e la commercializzazione delle competizioni calcistiche in Europa.
26. Prima di analizzare le questioni pregiudiziali sollevate, mi sembra utile presentare alcune osservazioni sul rapporto tra lo sport e il diritto dell’Unione.
1. Sull’articolo 165 TFUE e il «modello sportivo europeo»
27. Mentre inizialmente lo sport non era contemplato dai trattati istitutivi dell’Unione europea, la consacrazione della sua particolarità e il suo inserimento nell’articolo 165 TFUE ad opera del Trattato di Lisbona hanno segnato il culmine di un’evoluzione incoraggiata e promossa dalle istituzioni dell’Unione.
28. L’articolo 165 TFUE ha riconosciuto la notevole importanza sociale dell’attività sportiva nell’Unione (10) prevedendo non solo che «[l]’Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa» (paragrafo 1), ma altresì che gli obiettivi dell’azione dell’Unione mirano a «sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l’equità e l’apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e proteggendo l’integrità fisica e morale degli sportivi» (paragrafo 2).
29. Inoltre, il testo dell’articolo 165 TFUE ha cristallizzato le conclusioni di una serie di iniziative intraprese dalle istituzioni dell’Unione, a partire dagli anni ’90, a seguito delle sentenze pronunciate dalla Corte – e segnatamente della sentenza Bosman (11) – nell’ambito della definizione di una politica sportiva europea. Così, i primi fondamenti del riconoscimento della specificità dello sport sono stati posti da una dichiarazione comune sullo sport allegata al Trattato di Amsterdam (12), seguita dalla relazione della Commissione (13) che ha riconosciuto la specificità dello sport, in particolare nell’ambito dell’applicazione del diritto della concorrenza (14). Sulla base di tale relazione, il Consiglio europeo di Nizza ha emanato una dichiarazione che ha segnato un ulteriore passo verso il riconoscimento della specificità dello sport richiedendo alla Comunità di tenere conto delle funzioni sociali, educative e culturali dello sport nell’azione che esplica in applicazione delle differenti disposizioni del Trattato al fine di preservare il ruolo sociale dello sport (15). Tale iniziativa è stata seguita, nel 2007, dal Libro bianco sullo sport adottato dalla Commissione (16), ultima tappa prima dell’introduzione dell’articolo 165 TFUE nel Trattato di Lisbona nel 2009.
30. Tale articolo 165 TFUE manifesta, peraltro, il riconoscimento «costituzionale» del «modello sportivo europeo», caratterizzato da una serie di elementi che si applicano a varie discipline sportive nel continente europeo, tra cui il calcio. In primo luogo, tale modello si fonda su una struttura piramidale, con, alla base, lo sport dilettantistico e, al vertice, lo sport professionistico. In secondo luogo, tra i suoi obiettivi principali figura quello di promuovere competizioni aperte, accessibili a tutti in virtù di un sistema trasparente nel quale la promozione e la retrocessione mantengono un equilibrio competitivo e privilegiano il merito sportivo, che costituisce a sua volta un elemento essenziale di detto modello. Infine, quest’ultimo si basa su un regime di solidarietà finanziaria, che consente di ridistribuire e di reinvestire i ricavi generati dagli eventi e dalle attività, dal vertice ai livelli inferiori dello sport.
31. Le federazioni sportive svolgono un ruolo fondamentale nell’ambito del «modello sportivo europeo», in particolare dal punto di vista organizzativo, al fine di assicurare il rispetto e l’applicazione uniforme delle norme che regolano le discipline sportive interessate. Tale ruolo è stato peraltro riconosciuto dalla Corte, la quale ha dichiarato che spetta alle federazioni sportive emanare le norme appropriate per l’organizzazione di una disciplina sportiva e che l’affidamento di un siffatto compito alle federazioni sportive è giustificato, in linea di principio, dal fatto che esse dispongono delle conoscenze e dell’esperienza necessarie per assolverlo (17). Storicamente organizzato secondo il principio del «luogo unico» (Ein Platz Prinzip), in base al quale le federazioni esercitano, nel rispettivo ambito geografico, un monopolio sulla governance e sull’organizzazione dello sport, tale modello è ora messo in discussione.
32. Occorre inoltre rilevare che il «modello sportivo europeo» non è statico. Infatti, le strutture sportive europee e la loro modalità di governance si evolvono spesso sotto l’influenza di altri modelli istituiti al di fuori del continente europeo. Sarebbe quindi difficile, tenuto conto della diversità delle strutture sportive europee, definire nel dettaglio un modello unico e unificato di organizzazione dello sport in Europa. Esistono altri modelli di governance degli sport individuali e collettivi che si differenziano sotto alcuni aspetti, in ragione delle loro caratteristiche tecniche e della loro organizzazione, dal modello sul quale si basa attualmente il calcio europeo (18). Tuttavia, l’emergere di diversi modelli sportivi in Europa non può rimettere in discussione i principi menzionati all’articolo 165 TFUE, né imporre reciproci adeguamenti volti a «uniformare» i diversi modelli coesistenti né, tanto meno, a eliminare le «strutture fondate sul volontariato».
2. Sulla contestazione del «modello sportivo europeo»
33. Come si è rilevato al paragrafo 30 delle presenti conclusioni, il «modello sportivo europeo» è caratterizzato in particolare dalla natura aperta delle sue competizioni, nelle quali la partecipazione si basa sul «merito sportivo» attraverso un sistema di promozioni e retrocessioni. Esso è quindi diverso dal modello nordamericano, fondato principalmente su competizioni o leghe «chiuse», nelle quali la partecipazione dei club, che sono imprese affiliate, è garantita e predeterminata e si basa sul pagamento di un diritto di ingresso (19). Si potrebbe osservare che è proprio come reazione agli altri modelli esistenti che il legislatore dell’Unione ha deciso di introdurre la nozione di «modello sportivo europeo» nel Trattato al fine di distinguerlo chiaramente da tali altri modelli e di garantire la sua tutela mediante l’adozione dell’articolo 165 TFUE.
34. Se così non fosse, tale articolo non avrebbe alcuna ragion d’essere. È evidente che esso non è stato introdotto unicamente per tutelare lo sport dilettantistico. Non è infatti richiesta alcuna garanzia istituzionale, segnatamente a livello del Trattato FUE, per consentire a chiunque di praticare uno sport a titolo individuale o di costituire associazioni sportive dilettantistiche. Detto articolo è stato introdotto proprio in ragione del fatto che lo sport costituisce, al contempo, un settore nel quale viene esercitata un’attività economica significativa. L’introduzione dell’articolo 165 TFUE mira quindi ad evidenziare il particolare carattere sociale di tale attività economica, che è idoneo a giustificare una differenza di trattamento sotto alcuni aspetti. Occorre rilevare, più specificamente, che i termini utilizzati in modo mirato nel testo di detto articolo (tra cui, segnatamente, quelli di «strutture fondate sul volontariato», «funzione sociale», «dimensione europea dello sport», «l’equità e l’apertura nelle competizioni sportive», «cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport») illustrano la particolarità di tale modello che il legislatore dell’Unione intende tutelare.
35. L’articolo 165 TFUE non può ovviamente essere interpretato in maniera isolata, senza tenere conto dei requisiti previsti agli articoli 101 e 102 TFUE, che trovano applicazione anche nel settore dello sport (in particolare quando le attività in questione hanno una dimensione economica). Lo stesso vale per l’applicazione delle norme del diritto della concorrenza in tale settore. Tuttavia, l’applicazione delle disposizioni del Trattato FUE al settore sportivo non può essere limitata unicamente agli articoli 101 e 102 TFUE, in quanto l’articolo 165 TFUE può anche fungere da norma nell’interpretazione e nell’applicazione delle suddette disposizioni del diritto della concorrenza. L’articolo 165 TFUE costituisce quindi nel suo ambito una disposizione specifica rispetto alle disposizioni generali degli articoli 101 e 102 TFUE, che trovano applicazione a qualsiasi attività economica. Nessuna disposizione del Trattato FUE richiede, ab initio, un’applicazione esclusiva o prevalente rispetto alle altre disposizioni, dato che i loro rapporti sono retti, peraltro, dal principio di specialità. Inoltre, l’articolo 165 TFUE costituisce, per sua stessa natura, una disposizione «orizzontale», in quanto deve essere presa in considerazione nell’attuazione delle altre politiche dell’Unione. Oltre a ciò, conformemente all’articolo 7 TFUE, le varie politiche dell’Unione devono essere attuate in modo coerente, tenendo conto dell’insieme degli obiettivi che l’Unione mira a tutelare.
36. A questo proposito, rilevo che l’influenza dei «modelli alternativi» menzionati al paragrafo 33 delle presenti conclusioni e la liberalizzazione dell’economia dello sport hanno dato luogo a movimenti di contestazione del monopolio esercitato da alcune federazioni sportive europee, in particolare per quanto riguarda l’organizzazione e lo sfruttamento commerciale delle competizioni più lucrative. Dal punto di vista economico, tali movimenti «separatisti» – spesso avviati da club affiliati a dette federazioni sportive – hanno avuto come principale obiettivo di massimizzare i proventi finanziari dello sfruttamento commerciale di dette competizioni attraverso la modifica della struttura e del modello organizzativo di queste ultime, fino ad allora poste sotto l’egida delle federazioni in questione. Per quanto concerne il calcio europeo, la volontà di istituire una lega o una competizione chiusa (o «semi aperta») non è una novità, come dimostrano i tentativi di creare competizioni concorrenti di quelle della UEFA che si sono manifestati nel corso degli anni ’90 e 2000, senza però concretizzarsi (20).
37. Dal punto di vista giuridico, la contestazione del modello di governance delle federazioni sportive è stata spesso fondata sul diritto della concorrenza. Sono quindi stati denunciati dinanzi alle autorità nazionali garanti della concorrenza, alla Commissione e ai giudici nazionali, principalmente, il cumulo da parte delle federazioni sportive del duplice ruolo di regolatore e di attore economico, la struttura monopolistica di taluni mercati dell’organizzazione di competizioni sportive e della commercializzazione dei relativi diritti nonché il rifiuto di tali federazioni di permettere l’organizzazione di competizioni indipendenti e, pertanto, di autorizzare l’ingresso di nuovi concorrenti sui mercati in questione.
38. Analogamente, nell’ambito del presente procedimento, la contestazione da parte dell’ESLC del modello di organizzazione delle competizioni calcistiche e della loro commercializzazione da parte della UEFA e della FIFA è stata fondata, in via principale, sul diritto della concorrenza.
3. Sulla presa in considerazione della specificità dello sport e del «modello sportivo europeo» nell’ambito dell’analisi concorrenziale
39. Da una giurisprudenza storica e costante della Corte risulta che lo sport, sebbene ne sia stata evidenziata la specificità, rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e in particolare delle disposizioni del Trattato relative al diritto economico dell’Unione, nella misura in cui costituisce un’attività economica (21).
40. Per quanto riguarda, specificamente, il diritto della concorrenza dell’Unione, la compatibilità delle norme emanate dalle federazioni sportive e il comportamento di queste ultime sul mercato non possono essere valutati in astratto, senza prendere in considerazione tutti gli elementi che fanno parte del contesto giuridico e fattuale in cui esse si inseriscono.
41. Infatti, le caratteristiche particolari delle attività sportive le distinguono da altri settori economici. Lo sport è caratterizzato da un alto grado di interdipendenza, in quanto i club dipendono gli uni dagli altri per potersi organizzare ed evolvere nell’ambito delle competizioni sportive. Ne consegue che sono necessari un certo grado di uguaglianza e un certo equilibrio competitivo, caratteristiche che differenziano lo sport da altri settori, nei quali la concorrenza tra operatori economici conduce in definitiva ad eliminare dal mercato le imprese inefficienti.
42. Pertanto, sebbene le caratteristiche peculiari dello sport non possano essere invocate per escludere le attività sportive dall’ambito di applicazione dei Trattati UE e FUE, i riferimenti a tali specificità e alla funzione sociale ed educativa dello sport, che figurano all’articolo 165 TFUE, possono essere rilevanti ai fini, in particolare, dell’analisi, nel settore sportivo, dell’eventuale giustificazione oggettiva delle restrizioni alla concorrenza o alle libertà fondamentali (22).
4. Sugli obblighi gravanti su una federazione sportiva che dispone di un potere di autorizzazione e di prevenzione dei conflitti di interessi
43. Tenuto conto del ruolo tradizionalmente attribuito alle federazioni sportive, queste ultime sono esposte ad un rischio di conflitto di interessi derivante dal fatto che esse, da un lato, dispongono di un potere normativo e, dall’altro e nel contempo, svolgono un’attività economica.
44. La problematica relativa a un potenziale conflitto di interessi risultate dal cumulo, da parte della UEFA e della FIFA, dell’esercizio di un’attività economica consistente nell’organizzare e nel commercializzare competizioni e della detenzione di un potere normativo è espressamente menzionato dalla prima e dalla seconda questione pregiudiziale. Pertanto, prima di procedere all’analisi delle disposizioni controverse alla luce degli articoli 101 e 102 TFUE, occorre fornire alcune precisazioni in merito agli obblighi gravanti sulle federazioni sportive, quali la UEFA e la FIFA, nell’esercizio dei loro poteri e alle misure che devono essere adottate per prevenire conflitti di interessi.
45. A tale proposito, la Corte, in due sentenze, una delle quali riguarda la regolamentazione di una disciplina sportiva e l’altra la regolamentazione di una professione liberale, ha gettato le basi di un quadro analitico «dedicato» alla questione del cumulo, in capo a uno stesso soggetto, di un potere normativo, da un lato, e di un’attività economica, dall’altro.
46. Più precisamente, da una parte, nella sentenza MOTOE (23), la Corte ha dichiarato che, quando una normativa affida ad una persona giuridica che, essa stessa, organizza e sfrutta commercialmente delle gare, il potere di designare i soggetti autorizzati ad organizzare le suddette gare nonché di fissare le condizioni in cui le stesse si svolgono, detta normativa concede all’ente in questione un evidente vantaggio sui concorrenti. Una prerogativa siffatta può quindi indurre l’impresa che ne dispone a impedire l’accesso di altri operatori sul mercato di cui trattasi. Occorre pertanto che l’esercizio di tale funzione normativa sia soggetto a limiti, obblighi o controlli, al fine di evitare che la persona giuridica in questione possa falsare la concorrenza favorendo le gare che essa organizza o quelle alla cui organizzazione partecipa. Dall’altra parte, la suddetta giurisprudenza è stata applicata per analogia in un’altra sentenza della Corte, scaturita da una causa concernente l’interpretazione dell’articolo 101 TFUE in relazione a norme adottate da un’associazione di imprese che era allo stesso tempo un operatore e il regolatore del mercato rilevante, nella fattispecie quello della formazione obbligatoria degli esperti contabili (24).
47. Nel presente procedimento, è pacifico che la UEFA eserciti una duplice funzione, da un lato normativa, adottando norme relative al calcio professionistico, e dall’altro economica, organizzando competizioni sportive. Dal momento che detta federazione ha anche il potere di autorizzare le competizioni organizzate da terzi, tale situazione può dare luogo a un conflitto di interessi, il che implica che essa debba essere soggetta a determinati obblighi nell’esercizio delle sue funzioni normative al fine di non falsare la concorrenza.
48. Occorre tuttavia rilevare, anzitutto, che dalla giurisprudenza della Corte citata al paragrafo 46 delle presenti conclusioni risulta che il solo fatto che lo stesso ente svolga nel contempo le funzioni di regolatore e di organizzatore di competizioni sportive non implica, di per sé, una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione (25). Inoltre, dalla menzionata giurisprudenza discende che il principale obbligo gravante su una federazione sportiva che si trova nella situazione della UEFA è garantire che i terzi non siano indebitamente privati di un accesso al mercato al punto che la concorrenza su detto mercato ne risulti falsata.
49. Ne consegue che le federazioni sportive possono, a determinate condizioni, negare a terzi l’accesso al mercato, senza che ciò costituisca una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE, purché tale diniego sia giustificato da obiettivi legittimi e le misure adottate da tali federazioni siano proporzionate rispetto a detti obiettivi.
C. Sulle questioni pregiudiziali
50. Nel presente procedimento è in discussione una serie di norme adottate dalla FIFA e dalla UEFA, nella loro qualità di federazioni, il cui scopo consiste nel «regolamentare» i diversi aspetti del calcio mondiale ed europeo. Tali norme sono di tre tipi e comprendono:
– un sistema di previa autorizzazione, da parte della FIFA e della UEFA, di qualsiasi competizione calcistica internazionale, quindi in particolare di quelle che entità terze (non affiliate a tali federazioni) intendano organizzare e commercializzare;
– clausole mediante le quali dette federazioni impongono ai loro membri diretti o indiretti (vale a dire, rispettivamente, le federazioni calcistiche nazionali, le leghe calcistiche e i club di calcio professionistici), nonché, in definitiva, ai giocatori, di partecipare unicamente alle competizioni internazionali da esse organizzate o che esse hanno autorizzato un’entità terza ad organizzare, a pena di esclusione;
– disposizioni in base alle quali la FIFA (o per alcuni aspetti la FIFA e le confederazioni regionali, tra cui la UEFA) è (o sono) proprietaria(e) «originale(i)» di tutti i diritti sportivi connessi alle competizioni calcistiche internazionali sotto la sua (o la loro) giurisdizione e l’unica (o le uniche) competente(i) a sfruttare tali diritti nonché ad autorizzare la diffusione in qualsiasi forma di tali competizioni.
51. Con le prime due questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio solleva essenzialmente il problema della compatibilità dell’obbligo di previa autorizzazione da parte della FIFA e della UEFA con, rispettivamente, gli articoli 101 e 102 TFUE.
52. La terza questione pregiudiziale verte sul potere discrezionale di cui dispongono dette federazioni per infliggere sanzioni ai loro membri e sul modo in cui tale rischio è stato pubblicamente invocato dalla FIFA e dalla UEFA, a seguito dell’annuncio dell’istituzione dell’ESL.
53. In considerazione di una giurisprudenza più sviluppata relativa alle decisioni delle associazioni sportive ai sensi dell’articolo 101 TFUE, esaminerò, in primo luogo, la seconda e la terza questione pregiudiziale (per quanto riguarda l’analisi delle sanzioni sotto il profilo dell’articolo 101 TUE), prima di analizzare, in secondo luogo, la prima questione pregiudiziale e, in terzo luogo, la quinta questione pregiudiziale, vertente sull’esistenza di eventuali giustificazioni nel caso in cui sia accertata un restrizione della concorrenza sotto il profilo degli articoli 101 e 102 TFUE.
54. Ritengo, inoltre, che la questione della legittimità dal punto di vista della concorrenza del comportamento cui fa riferimento la terza questione pregiudiziale sia intrinsecamente connessa a quella delle norme che formano oggetto delle prime due questioni pregiudiziali. Pertanto, dal momento che le sanzioni sono intese ad assicurare l’efficacia del sistema di previa autorizzazione e delle regole di partecipazione, occorre analizzarle congiuntamente.
55. Le presenti conclusioni affronteranno poi la questione della compatibilità con gli articoli 101 e 102 TFUE delle norme stabilite dalla UEFA e dalla FIFA per quanto riguarda lo sfruttamento dei diritti commerciali derivanti dagli incontri di calcio (quarta questione pregiudiziale) e la questione della compatibilità delle norme sulla previa autorizzazione con le disposizioni relative alle libertà fondamentali del Trattato FUE (sesta questione pregiudiziale).
1. Sulla seconda questione pregiudiziale
56. Con la seconda questione e la prima parte della terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 101 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta alle disposizioni statutarie della FIFA e della UEFA vertenti sul sistema di previa autorizzazione nonché alle sanzioni previste da tali federazioni.
57. In limine, occorre rammentare che, per ricadere nel divieto enunciato all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, un accordo, una decisione di un’associazione di imprese o una pratica concordata devono poter pregiudicare il commercio tra Stati membri e avere «per oggetto o per effetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno (26).
58. Per quel che riguarda, in primo luogo, l’esistenza di una decisione di associazione di imprese, risulta da una giurisprudenza costante che la nozione di impresa comprende, nel contesto del diritto della concorrenza, qualsiasi ente che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (27). A tale proposito, l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE prende in considerazione non soltanto le modalità dirette di coordinamento tra imprese, ma anche le forme istituzionalizzate di cooperazione, ossia le situazioni in cui gli operatori economici agiscono per il tramite di una struttura collettiva o di un organo comune (28).
59. Nel caso di specie, è pacifico che la FIFA e la UEFA hanno come membri federazioni nazionali costituite da società che esercitano economicamente il gioco del calcio e sono pertanto imprese nel senso dell’articolo 101 TFUE (29). Atteso che le federazioni nazionali sono associazioni di imprese nonché, in ragione delle attività economiche che esercitano, imprese, la FIFA e la UEFA, federazioni costituite dalle federazioni nazionali, sono del pari associazioni di imprese (o «associazioni di associazioni di imprese») ai sensi dell’articolo 101 TFUE. Inoltre, gli statuti adottati da tali enti sono espressione della volontà della FIFA e della UEFA di coordinare il comportamento dei propri membri per quanto riguarda, in particolare, la loro partecipazione alle competizioni calcistiche internazionali (30). Pertanto, le disposizioni statutarie di una federazione sportiva internazionale, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, possono essere qualificate come «decisioni di associazioni di imprese» ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.
60. In secondo luogo, l’applicazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza a una decisione di un’associazione di imprese presuppone che essa possa pregiudicare il commercio tra gli Stati membri (31). Ritengo che una simile incidenza possa essere ravvisata senza grandi difficoltà nel presente procedimento.
61. In terzo luogo, occorre rammentare che, per ricadere nel divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, un accordo deve avere «per oggetto o per effetto» di restringere la concorrenza. A questo proposito, risulta da una giurisprudenza costante che l’alternatività di tale condizione, espressa dalla disgiunzione «o», rende necessario innanzitutto considerare l’oggetto stesso dell’accordo (32).
62. La nozione di «restrizione per oggetto» deve essere interpretata restrittivamente e può essere applicata solo a determinate pratiche collusive tra imprese che rivelino, di per sé e tenuto conto del tenore delle loro disposizioni, degli obiettivi da esse perseguiti nonché del contesto economico e giuridico nel quale esse si inseriscono, un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza perché si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario, dal momento che talune forme di coordinamento tra imprese possono essere considerate, per la loro stessa natura, come dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (33). Nella valutazione di tale contesto, occorre prendere in considerazione anche la natura dei beni o dei servizi coinvolti e le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione (34).
a) Sulla questione se l’obbligo di previa autorizzazione costituisca una restrizione della concorrenza per oggetto
63. Ricordo, in primo luogo, che dal contenuto delle norme in discussione nel procedimento principale risulta che l’organizzazione di qualsiasi competizione calcistica in Europa deve essere sottoposta alla previa autorizzazione della UEFA, la quale è inoltre competente in via esclusiva ad organizzare tali competizioni. Questo sistema di previa autorizzazione è corredato da un obbligo di partecipazione – per i club e i giocatori affiliati alla UEFA e alla FIFA – alle competizioni organizzate da dette federazioni nonché dal divieto di partecipare alle competizioni non autorizzate dalle stesse, a pena di sanzioni di esclusione.
64. Alla luce di quanto sopra descritto, si deve constatare che il sistema istituito dalla UEFA si basa su una serie di disposizioni che possono essere assimilate a clausole di non concorrenza e di esclusiva, accompagnate da sanzioni volte a garantirne l’efficacia.
65. Orbene, è giocoforza constatare che, in primo luogo, tali disposizioni non fanno parte dei tipi di accordi o di comportamenti che possono essere considerati, per la loro stessa natura e alla luce dell’esperienza acquisita, come dannosi per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (35).
66. In secondo luogo, l’esistenza stessa di un meccanismo di previa autorizzazione che consenta ad organizzatori terzi di chiedere l’accesso al mercato di cui trattasi – a prescindere dal potere discrezionale della UEFA di negare siffatta autorizzazione – dovrebbe essere sufficiente per suscitare dubbi circa il carattere sufficientemente dannoso di tali norme richiesto dalla giurisprudenza come criterio per constatare una restrizione per oggetto. La questione se il meccanismo vigente sia davvero sufficiente a garantire una concorrenza effettiva sul mercato di cui trattasi o se esso restringa la concorrenza può essere determinata soltanto sulla base di un’analisi degli effetti anticoncorrenziali.
67. Per quanto riguarda, in secondo luogo, gli obiettivi perseguiti dalle norme della UEFA, risulta da una giurisprudenza costante che il fatto che la UEFA e la FIFA possano perseguire obiettivi legittimi connessi alla specificità dello sport non può, di per sé, costituire un elemento che consenta alle norme istituite di sfuggire alla qualificazione come «restrizione per oggetto» qualora si accerti che un altro obiettivo perseguito dalle stesse può essere considerato come avente un oggetto restrittivo della concorrenza (36).
68. Tuttavia, supponendo che gli obiettivi perseguiti dalla UEFA non siano espressamente identificabili o non emergano chiaramente dal contenuto delle norme della UEFA, come sostengono l’ESLC e la Commissione, tale elemento non consente, di per sé, di constatare un obiettivo anticoncorrenziale.
69. In terzo luogo, risulta da una giurisprudenza costante che l’analisi dell’oggetto anticoncorrenziale di una misura non deve limitarsi all’esame isolato del contenuto e degli obiettivi delle norme esaminate, bensì occorre anche prendere in considerazione il contesto giuridico nel quale tali norme si inquadrano (37).
70. Ritengo che i seguenti elementi siano particolarmente rilevanti nell’ambito di tale analisi.
71. Anzitutto, il contesto giuridico ed economico in cui si inseriscono le norme in parola è caratterizzato dal cumulo di un potere normativo con l’esercizio di un’attività economica, il quale colloca la UEFA in una situazione particolare che le impone determinati obblighi al fine di evitare un conflitto di interessi (38).
72. A tale proposito, non vi è dubbio che la UEFA disponga di un potere discrezionale che deriva in particolare dalla sua posizione particolare nel mercato di cui trattasi in quanto organismo di direzione del calcio in Europa. Se pure spetta, pertanto, alla UEFA regolamentare la procedura di previa autorizzazione in modo tale da evitare di favorire le proprie competizioni rifiutando ingiustificatamente eventi soggetti ad autorizzazione e proposti da terzi, resta il fatto che solo un’analisi concreta dell’esercizio del suo potere discrezionale consentirebbe di stabilire se essa ne abbia fatto un uso discriminatorio e inappropriato al fine di dimostrare effetti anticoncorrenziali.
73. Supponendo che il regime di previa autorizzazione istituito dalla UEFA non sia disciplinato da una procedura soggetta a criteri di autorizzazione chiaramente definiti, trasparenti, non discriminatori e controllabili ai sensi della giurisprudenza della Corte scaturita dalle sentenze MOTOE e OTOC, come sembra sottintendere il giudice del rinvio, dalla medesima giurisprudenza risulta chiaramente che l’assenza di tali criteri non può comportare automaticamente la qualificazione come «restrizione della concorrenza per oggetto», ma appare piuttosto come un indizio di effetti restrittivi che devono tuttavia essere confermati sulla base di un’analisi approfondita (39).
74. Inoltre, una restrizione della concorrenza potrebbe, in linea di principio, essere dimostrata (con il necessario grado di certezza) solo qualora la previa autorizzazione si rivelasse, in effetti, oggettivamente necessaria per istituire una competizione alternativa, come l’ESL. Orbene, nel caso di specie sembrerebbe che, dal punto di vista (puramente) giuridico, tale autorizzazione non sia indispensabile e che pertanto qualsiasi competizione indipendente, al di fuori dell’ecosistema della UEFA e della FIFA, possa essere istituita liberamente e senza l’intervento della UEFA.
75. Infatti, diversamente dalla situazione oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza MOTOE, né la FIFA né la UEFA sono enti pubblici o godono di diritti speciali o esclusivi dai quali derivi che un’impresa che intenda organizzare una competizione calcistica internazionale o europea debba necessariamente ottenere l’autorizzazione dell’uno o dell’altro di tali enti. Inoltre, nessuna disposizione di diritto pubblico imporrebbe a tale impresa di rispettare le norme stabilite da detti enti, a differenza della situazione oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza OTOC.
76. Così, nulla impedirebbe, in linea di principio, ai club che costituiscono l’ESL di seguire l’esempio di altre discipline sportive e di istituire la propria competizione al di fuori del quadro definito dalla UEFA. Orbene, nel caso di specie, il sistema di previa autorizzazione da parte di quest’ultima sembra costituire un ostacolo all’istituzione dell’ESL, principalmente perché i club promotori di tale progetto intendono anche rimanere affiliati alla UEFA e sfruttare i vantaggi che ne derivano. A questo proposito, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza della Corte, le misure volte ad affrontare siffatto fenomeno di «doppia appartenenza», quali le clausole di non concorrenza o le clausole di esclusiva, non sono finalizzate a restringere la concorrenza (40).
77. Infine, la risposta alla questione se, dal punto di vista pratico, una simile iniziativa possa effettivamente concretizzarsi, tenuto conto di altri possibili ostacoli, come, ad esempio, il regime sanzionatorio cui si esporrebbero i club e i giocatori affiliati alla UEFA (e le conseguenze che una siffatta decisione potrebbe avere sul piano finanziario e sportivo per le parti coinvolte), non può essere fornita sulla base di un esame astratto delle norme di cui trattasi, ma unicamente nel quadro di un esame circostanziato degli effetti concreti dell’applicazione di tali norme. Inoltre, le suddette sanzioni avrebbero un effetto restrittivo solo nella misura in cui i club interessati intendessero rimanere affiliati alla UEFA (41).
78. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che, quand’anche le norme in discussione nel procedimento principale possano avere per effetto di limitare l’accesso dei concorrenti della UEFA al mercato dell’organizzazione delle competizioni calcistiche in Europa, tale circostanza, supponendola dimostrata, non implica manifestamente che dette norme abbiano per oggetto di restringere la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.
b) Sulla questione se il requisito della previa autorizzazione costituisca una restrizione della concorrenza per effetto
79. Risulta da una giurisprudenza costante che, qualora una restrizione per oggetto non sia chiaramente dimostrata – come mi sembra nel caso di specie – ai fini dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE occorre condurre un’analisi completa dei suoi effetti (42). L’obiettivo di tale analisi consiste nel determinare l’impatto che le norme della UEFA possono avere sulla concorrenza nel mercato dell’organizzazione delle competizioni calcistiche in Europa.
80. Nel presente procedimento, la valutazione dell’impatto delle norme della UEFA sulla concorrenza richiede, anzitutto, che si prendano in considerazione tutti gli elementi che determinano l’accesso al mercato di riferimento, al fine di valutare se, sulla base della procedura stabilita da tale federazione, esistano «concrete ed effettive possibilità» per un concorrente di istituire una competizione indipendente (43).
81. A tal fine, occorre prendere in considerazione, segnatamente, il ruolo centrale della UEFA in quanto organismo di direzione del calcio nel continente europeo e il potere discrezionale che essa detiene in tale veste. Analogamente, occorre esaminare anche il potere economico dell’ESL e dei club che la compongono, segnatamente per valutare se la competizione in parola possa essere istituita in modo indipendente dalla UEFA.
82. In tale contesto, ritengo che occorra prendere in considerazione non solo l’incidenza concreta delle barriere all’ingresso che potrebbero derivare dal sistema di previa autorizzazione istituito dalla UEFA, ma altresì (e specialmente) l’incidenza che potrebbero avere le sanzioni previste da detta federazione sulla disponibilità dei club e dei giocatori necessari per costituire tale nuova competizione.
c) Sull’esame del regime disciplinare previsto dalla UEFA nel contesto della valutazione dell’oggetto o dell’effetto anticoncorrenziale
83. La severità delle sanzioni applicabili, in caso di violazione delle norme emanate da una federazione sportiva, nonché il rischio della loro imposizione sono elementi particolarmente rilevanti nell’analisi del contenuto e dello scopo di una misura adottata da una federazione sportiva, dato che tali sanzioni possono dissuadere club o giocatori dal partecipare a competizioni non autorizzate da detta federazione. Nel caso di specie, le misure disciplinari che sembrano essere state previste dalla UEFA, ivi comprese le minacce di sanzioni nei confronti dei partecipanti all’ESL, sono idonee a chiudere il mercato dell’organizzazione delle competizioni calcistiche in Europa a un potenziale concorrente, in quanto esso rischierebbe di vedersi privato sia della partecipazione dei club necessari per l’organizzazione di una competizione sportiva, sia dell’accesso alla «risorsa» costituita dai giocatori.
84. Tuttavia, l’incidenza delle sanzioni imposte da una federazione sportiva non può essere analizzata in astratto senza tenere conto del contesto globale in cui si inseriscono le misure disciplinari previste dalla suddetta federazione. A tale proposito, occorre valutare in concreto l’effetto dissuasivo che le sanzioni possono avere sui club (e sui giocatori) interessati, e in particolare l’eventualità che, in considerazione delle loro rispettive posizioni di mercato, essi decidano di ignorare il rischio di imposizione di sanzioni cui si espongono istituendo una lega indipendente (e partecipandovi). Infatti, la portata del potere disciplinare di cui dispone una federazione sportiva può essere esercitata solo entro «i limiti della sua giurisdizione», che – a sua volta – dipende dal suo riconoscimento da parte dei club e dei giocatori ad essa affiliati che, inizialmente, hanno accettato in maniera volontaria di sottoporsi alle sue regole e, pertanto, al suo controllo. Orbene, se questi ultimi decidono di «rompere» con tale federazione creando una nuova competizione indipendente e partecipandovi, il rischio di imposizione di sanzioni può non avere più alcun effetto dissuasivo nei loro confronti.
d) Sull’applicazione della teoria delle restrizioni accessorie alle norme in questione
85. Per esulare dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, le restrizioni causate dalle norme della UEFA in questione devono inerire al perseguimento di obiettivi legittimi ed essere proporzionate ad essi. Occorre quindi esaminare se, come sostengono in sostanza la FIFA e la UEFA, nonché molti governi, nonostante i potenziali effetti restrittivi della concorrenza, le caratteristiche del sistema di previa autorizzazione e del regime sanzionatorio consentano di realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla UEFA senza andare oltre quanto necessario per raggiungerli (44).
86. Dal momento che il caso di specie è incentrato sull’applicazione della teoria delle restrizioni accessorie nell’ambito dello sport, ritengo utile fornire alcuni chiarimenti sul quadro analitico da seguire.
1) Osservazioni preliminari sul quadro analitico delle restrizioni accessorie
87. La teoria delle restrizioni accessorie è stata elaborata inizialmente nel contesto degli accordi «puramente» commerciali (45). Così, viene qualificata come «restrizione accessoria» qualsiasi restrizione che è direttamente collegata e necessaria alla realizzazione di un’operazione principale e non riveste, di per sé, un carattere anticoncorrenziale (46).
88. La giurisprudenza relativa alle «restrizioni accessorie commerciali» (commercial ancillary restraints) si è successivamente estesa alle restrizioni considerate necessarie per motivi di interesse pubblico, dando in tal modo origine alle «restrizioni accessorie normative» (regulatory ancillary restraints) (47). Così, la Corte ha riconosciuto che, in alcuni casi, è possibile ponderare obiettivi «non commerciali» rispetto a una restrizione della concorrenza e concludere che i primi prevalgono su quest’ultima, con la conseguenza che non sussiste una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.
89. Tale giurisprudenza, elaborata per la prima volta nella sentenza Wouters e a., che verteva su norme deontologiche forensi (48), è stata poi essenzialmente applicata – salvo nel caso della sentenza Meca Medina e Majcen/Commissione (49), relativa all’attività di una federazione sportiva – nel contesto di cause riguardanti prassi o atti di ordini professionali (50). Sebbene la giurisprudenza sulle restrizioni accessorie normative sia ancora limitata – e ancor più ristretta nel settore dello sport, dato che la causa da cui è scaturita la sentenza Meca Medina e Majcen/Commissione costituisce l’unico precedente dell’applicazione di tale teoria al settore dello sport –, la Corte sembra avere adottato un approccio restrittivo allorché l’ha applicata nelle cause summenzionate. Pertanto, non è sufficiente invocare obiettivi «vaghi» o generali in maniera astratta; occorre altresì che la restrizione, ove l’esistenza di detti obiettivi sia dimostrata, risulti oggettivamente necessaria per la realizzazione dell’operazione principale e proporzionata ad essa (51), e siffatta analisi deve essere condotta in modo concreto e circostanziato (52).
90. Tale approccio mi sembra giustificato nella misura in cui la nozione stessa e l’idea sottesa alla teoria delle restrizioni accessorie impongono un’interpretazione restrittiva. Ricordo che si tratta di escludere dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE taluni aspetti di un accordo che arrecano pregiudizio (in atto o in potenza) alla concorrenza solo se essi sono direttamente collegati e necessari alla realizzazione di un’operazione principale che non è di per sé anticoncorrenziale. Adottare un’interpretazione più estensiva comporterebbe un rischio di elusione delle norme del diritto della concorrenza, soluzione che non sarebbe accettabile, segnatamente in quanto è pacifico che le attività in questione – pur essendo realizzate da federazioni sportive – sono attività economiche soggette al diritto della concorrenza.
91. Ciò detto, il quadro analitico delle restrizioni accessorie normative (comprese quelle relative allo sport) è diverso da quello delle restrizioni puramente commerciali in quanto il carattere necessario di dette restrizioni deve essere valutato in relazione a obiettivi per loro natura più «astratti» di quelli in questione nel contesto di accordi commerciali. Rilevo inoltre che la particolarità delle restrizioni accessorie normative, e segnatamente «sportive», risiede nel fatto che viene preso in considerazione un ampio ventaglio di obiettivi (non commerciali) che possono oscillare tra obiettivi piuttosto tecnici (quali le norme antidoping o taluni aspetti specifici relativi alle discipline sportive di cui trattasi) e altri più generali, come quelli riconosciuti in forza dell’articolo 165 TFUE (ad esempio, i principi dell’integrità o del merito sportivo). Non si deve dimenticare che, in definitiva, tale analisi permette di «integrare» le specificità dello sport nell’analisi concorrenziale nell’ambito di uno spinoso esercizio consistente nel trovare un equilibrio tra gli aspetti «commerciali» e quelli «sportivi» del calcio professionistico.
92. Svolte queste precisazioni, occorre ora esaminare, innanzitutto, se gli obiettivi perseguiti dalle norme controverse della UEFA (e della FIFA) siano legittimi, prima di esaminare, in un momento successivo, se le misure adottate da tale federazione siano inerenti e proporzionate a tali obiettivi.
2) Sulla legittimità degli obiettivi perseguiti dalle norme della UEFA
93. Per quanto riguarda le norme specifiche sulla previa autorizzazione e sulla partecipazione controverse nel caso di specie, è innegabile che, per la maggior parte, gli obiettivi invocati dalla UEFA e dalla FIFA derivino dal «modello sportivo europeo» e siano quindi espressamente contemplati dal diritto primario dell’Unione, in particolare dall’articolo 165 TFUE, cosicché la loro legittimità non può essere contestata. Ciò vale, più precisamente, per le norme volte a garantire il carattere aperto delle competizioni e a tutelare la salute e la sicurezza dei giocatori nonché ad assicurare la solidarietà e la ridistribuzione degli introiti. Alcuni di tali obiettivi collegati alla specificità dello sport sono stati peraltro riconosciuti anche dalla giurisprudenza della Corte, come l’obiettivo legato al mantenimento dell’integrità delle competizioni e dell’equilibrio tra i club al fine di preservare un certo grado di parità e di incertezza (53).
94. Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte risulta, come si è constatato al paragrafo 85 delle presenti conclusioni, che il perseguimento di obiettivi legittimi non può, di per sé, essere sufficiente per escludere le norme della UEFA e della FIFA dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, bensì occorre accertare, nel quadro di un’analisi concreta, che i provvedimenti adottati per raggiungere gli obiettivi perseguiti siano necessari e proporzionati.
3) Sull’inerenza e la proporzionalità della restrizione della concorrenza rispetto agli obiettivi perseguiti
i) Sull’inerenza del sistema di previa autorizzazione
95. Occorre rammentare, anzitutto, che la Corte ha riconosciuto che spetta alle federazioni sportive emanare le norme appropriate per l’organizzazione di una disciplina sportiva (54). Ne consegue che, sotto il profilo organizzativo, sembra legittimo che un ente sia designato quale responsabile per assicurare il rispetto di tali norme e che esso disponga degli «strumenti» necessari per assolvere tale compito.
96. Ciò vale in particolare nell’ambito di una disciplina sportiva come il calcio, caratterizzata dal coinvolgimento di numerosi attori situati a diversi livelli della piramide nell’organizzazione e nello svolgimento delle partite e delle competizioni. Il sistema di previa autorizzazione sembra quindi costituire un meccanismo essenziale di governance del calcio europeo al fine di garantire, da un lato, l’applicazione uniforme delle regole di tale sport e, dall’altro e più in particolare, il rispetto di standard comuni tra le diverse competizioni. Tale sistema consente inoltre di assicurare il coordinamento e la compatibilità dei calendari delle partite e delle competizioni di calcio in Europa.
97. Infatti, senza un meccanismo di controllo ex ante, sarebbe praticamente impossibile per la UEFA o la FIFA garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti. Va rilevato, a tale proposito, che il fatto che esistano altre discipline sportive che funzionano sulla base di diversi «modelli sportivi» senza che, ad esempio, l’organizzazione di competizioni indipendenti sia soggetta alla previa autorizzazione dell’organismo di regolamentazione dello sport in questione non rimette in discussione l’inerenza del sistema di previa autorizzazione istituito dalla UEFA (che si ritrova peraltro anche in altre discipline sportive). Infatti, come si è constatato al paragrafo 32 delle presenti conclusioni, il «modello sportivo europeo» non esclude che altre discipline sportive possano essere organizzate diversamente.
98. Oltre agli aspetti puramente «sportivi», un sistema siffatto potrebbe, dall’altro lato, rivelarsi necessario per preservare l’attuale struttura del calcio europeo e l’obiettivo di solidarietà. Orbene, tale obiettivo è strettamente connesso alla ridistribuzione e al reinvestimento dei ricavi derivanti dalle competizioni calcistiche organizzate sotto l’egida della FIFA e della UEFA.
99. Occorre tuttavia precisare a tale proposito che, tenuto conto delle posizioni divergenti espresse in udienza riguardo alla destinazione e all’entità dei finanziamenti di cui trattasi, spetta al giudice del rinvio verificare se il meccanismo di ridistribuzione degli introiti previsto dalla UEFA consenta effettivamente di raggiungere gli obiettivi perseguiti. Lo stesso vale per la proposta (o l’impegno) dell’ESLC di «compensare» le somme attualmente versate dalla UEFA mediante «versamenti di solidarietà» al fine di accertare se siffatto meccanismo potrebbe effettivamente sostituire quello attualmente stabilito dalla UEFA (senza compromettere l’attuale struttura del calcio europeo).
ii) Sull’inerenza delle sanzioni
100. Le osservazioni che precedono sono parimenti applicabili al regime disciplinare stabilito dalla UEFA e dalla FIFA. Infatti, qualsiasi norma adottata da una federazione sportiva sarebbe priva di senso in mancanza di misure disciplinari volte a garantirne l’efficacia e ad ottenere il rispetto, da parte dei loro membri diretti e degli organizzatori indipendenti, delle norme istituite per regolamentare il calcio.
iii) Sull’applicazione nel caso di specie delle norme della UEFA in materia di previa autorizzazione e di sanzioni
101. Nel presente procedimento, è pacifico che la maggior parte dei club che partecipano all’ESL (ossia quindici dei venti partecipanti) vedrebbe assicurata la loro partecipazione. Inoltre, i club fondatori dell’ESL intendevano continuare a partecipare alle competizioni nazionali aperte organizzate dalle federazioni e dalle leghe nazionali sotto l’egida della FIFA e della UEFA.
102. Orbene, tale competizione avrebbe inevitabilmente un impatto negativo sui campionati nazionali, riducendo l’attrattiva di tali competizioni (e in particolare di quelle degli Stati membri i cui club fanno parte dell’ESL). Nell’attuale contesto, la classificazione finale ottenuta al termine di ogni stagione nei campionati nazionali è decisiva per determinare i partecipanti alla competizione al massimo livello europeo, il che rende particolarmente attraente l’accesso (in funzione del livello della lega nazionale) ai primi posti di detti campionati. Tale elemento potrebbe venir meno, o comunque risultare molto affievolito, qualora i risultati delle leghe nazionali fossero in gran parte irrilevanti ai fini della partecipazione al livello superiore della piramide, come sembra emergere dai propositi dell’ESLC. I club fondatori sarebbero quindi protetti, nei rispettivi campionati nazionali, dalla concorrenza dei club rivali per un posto in una competizione europea di alto livello. Orbene, una competizione del genere non sembra essere conforme al principio che regola il calcio europeo, secondo cui la partecipazione alle competizioni si basa sul «merito sportivo» e sui risultati ottenuti sul terreno di gioco.
103. Inoltre, una competizione con le caratteristiche dell’ESL potrebbe incidere negativamente sul principio delle pari opportunità, che è un elemento costitutivo dell’equità delle competizioni. Infatti, grazie alla loro partecipazione garantita all’ESL, alcuni club potrebbero riservarsi ingenti introiti supplementari, pur continuando nel contempo a partecipare a competizioni nazionali nelle quali affronterebbero altri club che non avrebbero la possibilità di generare entrate di entità comparabile, tanto meno su una base permanente e costante. Gli introiti garantiti derivanti da una partecipazione permanente al massimo livello possono essere considerati un notevole vantaggio competitivo per finanziare l’ingaggio e la remunerazione di nuovi giocatori, il che costituisce un parametro determinante della concorrenza. Il fatto che attualmente sussistano disparità notevoli tra i club partecipanti alle competizioni della UEFA non potrebbe giustificare un’accentuazione di tale disparità.
104. Oltre a ciò, conformemente alla posizione quasi unanime dei governi che hanno partecipato al procedimento nella presente causa, una competizione siffatta impedirebbe in sostanza la partecipazione di squadre provenienti dalla maggior parte dei paesi europei, in quanto sarebbe circoscritta a partecipanti provenienti da un numero ristretto di paesi, il che rischierebbe anche di confliggere con la dimensione «europea» del modello sportivo tutelato dall’articolo 165 TFUE.
105. Fatte salve le verifiche che spetta al giudice del giudice effettuare al riguardo, il modello dell’ESL rischierebbe inoltre di rimettere in discussione il principio di solidarietà, in quanto la creazione di tale formato di competizione potrebbe avere la conseguenza di limitare l’attrattiva nonché la redditività delle competizioni della UEFA (e in particolare della Champions League) e di ridurre pertanto gli introiti che ne derivano, parte dei quali è devoluta al calcio di base.
106. Oltre agli obiettivi puramente sportivi, e anche ammettendo che tanto le norme istituite dalla UEFA e dalla FIFA quanto le loro minacce di sanzioni fossero motivate solo da considerazioni puramente economiche, tali disposizioni statutarie potrebbero quanto meno rivelarsi necessarie. Sono quindi dell’avviso che, nel contesto della presente causa, si debba ritenere che l’applicazione delle norme istituite dalla UEFA e il suo comportamento nei confronti dell’ESLC mirino a prevenire un fenomeno di «doppia appartenenza» (dual membership) (o addirittura di parassitismo free riding) che rischierebbe di indebolire la posizione della UEFA (e, pertanto, della FIFA) sul mercato.
107. Occorre rammentare, a tal riguardo, che la volontà dell’ESLC non è di creare una «vera e propria» lega indipendente chiusa (breakaway league), bensì di istituire una competizione concorrente di quella della UEFA, nel segmento più lucrativo del mercato dell’organizzazione delle competizioni calcistiche europee, pur continuando a far parte dell’ecosistema della UEFA partecipando ad alcune di tali competizioni (e in particolare ai campionati nazionali). In altri termini, sembrerebbe che i club fondatori dell’ESLC intendano godere dei diritti e dei vantaggi legati all’appartenenza alla UEFA, senza però essere vincolati alle norme e agli obblighi della stessa.
108. Orbene, sotto il profilo del diritto della concorrenza, non si può addebitare a un’impresa (o a un’associazione di imprese come la UEFA) di avere tentato di tutelare i propri interessi economici, in particolare di fronte a un simile progetto «opportunistico» che rischierebbe di indebolirla in misura considerevole (55). Si deve ricordare, a tale proposito, che la Corte ha già giudicato appropriate le disposizioni statutarie di una cooperativa che limitavano la possibilità per i suoi aderenti (anche mediante sanzioni di esclusione) di partecipare ad altre forme di cooperazione concorrenti (56).
109. Occorre infine rilevare che, diversamente dalla causa pendente C 124/21 P (International Skating Union/Commissione), non si tratta qui del fatto che la UEFA nega l’organizzazione di una competizione o impone misure disciplinari nei confronti dei club che intendono partecipare a un evento o a una competizione terza che non rischierebbe di influire sul calendario sportivo o di destabilizzare la struttura esistente del modello di governance e di organizzazione della disciplina sportiva interessata (57).
110. Alla luce delle osservazioni che precedono, ritengo che il mancato riconoscimento da parte della FIFA e della UEFA di una competizione sostanzialmente chiusa quale l’ESL possa essere considerato inerente al perseguimento di taluni obiettivi legittimi [ai sensi della giurisprudenza scaturita dalle sentenze del 19 febbraio 2002, Wouters e a. (C 309/99, EU:C:2002:98), e del 18 luglio 2006, Meca Medina e Majcen/Commissione (C 519/04 P, EU:C:2006:492)], in quanto mira a mantenere i principi della partecipazione basata sui risultati sportivi, delle pari opportunità e di solidarietà sui quali si fonda la struttura piramidale del calcio europeo.
4) Sulla proporzionalità del sistema di previa autorizzazione e delle sanzioni previsti dalle norme dell’UEFA
111. Nella formulazione stessa delle sue prime tre questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio considera che né la procedura di previa autorizzazione né quella volta all’imposizione delle sanzioni sono disciplinate da criteri «oggettivi, trasparenti e non discriminatori». A tale proposito, occorre rilevare che la Corte, nelle sentenze MOTOE e OTOC, pur sottolineando l’importanza di delimitare la possibilità per una federazione sportiva di avvalersi dei propri poteri di autorizzazione e di sanzione secondo criteri individuati dal giudice del rinvio per prevenire qualsiasi rischio di utilizzo abusivo, si è limitata ad enunciare criteri generali senza definirne il contenuto preciso.
112. Ritengo pertanto che l’attuazione dei criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte debba rispondere ai seguenti obiettivi.
113. Tali criteri devono essere intesi, in primo luogo, come chiaramente indicato dalla giurisprudenza della Corte scaturita dalle sentenze MOTOE e OTOC, a fissare dei limiti al potere discrezionale di cui dispone una federazione sportiva limitandone il margine di valutazione e, in particolare, la possibilità per essa di ricorrere a decisioni arbitrarie negando l’organizzazione di competizioni sportive di terzi in modo ingiustificato o per motivi illegittimi (58).
114. In secondo luogo, i criteri in parola devono consentire di definire in modo chiaro, oggettivo e il più dettagliato possibile le condizioni di accesso al mercato al fine di dare a qualsiasi organizzatore di competizioni terze la possibilità non solo di conoscere con sufficiente chiarezza la procedura da seguire e le condizioni da soddisfare per entrare sul mercato in questione, ma altresì di prevedere che, qualora tali condizioni siano soddisfatte, la federazione di cui trattasi non dovrebbe, in linea di principio, potergli negare l’accesso al mercato.
115. Per quanto concerne, in terzo luogo, i club e i giocatori interessati, essi devono parimenti essere in grado di conoscere in anticipo le condizioni alle quali potranno partecipare ad eventi terzi e le sanzioni previste in caso di partecipazione ad essi. Oltre ad avere un effetto dissuasivo, dette sanzioni devono anche essere sufficientemente chiare, prevedibili e proporzionate per limitare qualsiasi rischio di applicazione arbitraria da parte della federazione di cui trattasi.
116. In quarto e ultimo luogo, sia gli organizzatori di competizioni concorrenti sia i club e i giocatori interessati devono disporre di mezzi di ricorso che consentano loro di contestare eventuali decisioni di rifiuto o sanzioni imposte dalle federazioni sportive in questione. Inoltre, tali mezzi di ricorso non devono essere limitati agli organi interni della federazione, bensì devono anche prevedere la possibilità di impugnare tali decisioni dinanzi a un organismo indipendente.
117. Spetta quindi al giudice del rinvio esaminare, alla luce dei principi esposti nei paragrafi precedenti delle presenti conclusioni, la proporzionalità delle norme della UEFA (e della FIFA) in materia di previa autorizzazione e di sanzioni. Tuttavia, tale esame non può essere effettuato in astratto e deve tenere conto del contesto fattuale, giuridico ed economico in cui dette norme saranno applicate, ivi comprese, quindi, le caratteristiche specifiche dell’ESL
i) Sulla proporzionalità del regime di previa autorizzazione
118. Occorre anzitutto precisare che i principi descritti ai paragrafi da 114 a 116 delle presenti conclusioni possono essere applicati solo a competizioni indipendenti, rispettose esse stesse degli obiettivi riconosciuti come legittimi che una federazione sportiva persegue. Ne consegue che, supponendo che i criteri stabiliti dalla UEFA non rispondano ai criteri di trasparenza e di non discriminazione, ciò non implicherebbe che una competizione terza contraria ai legittimi obiettivi sportivi debba essere autorizzata e che il rifiuto della UEFA di autorizzare una simile competizione non possa essere giustificato.
ii) Sulla proporzionalità del regime sanzionatorio
119. Nelle sentenze in cui ha riconosciuto l’inerenza, in considerazione degli obiettivi perseguiti, delle sanzioni nei confronti, da un lato, degli sportivi che avevano violato le norme della federazione e, dall’altro, dei membri di un’associazione professionale, la Corte non ha mancato di sottolineare l’importanza di assicurare che le misure disciplinari in questione fossero proporzionate (59).
120. Per quanto riguarda le sanzioni minacciate dalla UEFA, ritengo che sia importante distinguere tra le sanzioni che possono essere applicate ai club e quelle cui sembrerebbero esposti i giocatori dei club coinvolti nella costituzione dell’ESL.
121. Così, l’imposizione di sanzioni ai giocatori che non hanno partecipato alla decisione di istituire l’ESL mi sembra sproporzionata, in particolare per quanto riguarda la loro partecipazione alle squadre nazionali. Una decisione consistente nel punire giocatori che non sembrano aver tenuto un alcun comportamento illecito in relazione alle norme della UEFA e il cui coinvolgimento nell’istituzione dell’ESL non sembra essere comprovato dimostrerebbe un’applicazione abusiva ed eccessiva di tali norme. Inoltre, il fatto di privare le squadre nazionali interessate di alcuni dei loro giocatori equivarrebbe a sanzionare anch’esse indirettamente, situazione che appare parimenti sproporzionata.
122. Per contro, le sanzioni imposte alle società calcistiche affiliate alla UEFA, in caso di partecipazione ad una competizione internazionale come l’ESL, possono risultare proporzionate, tenuto conto, in particolare, del ruolo svolto da tali club nell’organizzazione e nell’istituzione di una competizione che, per le ragioni esposte nei paragrafi da 102 a 105 delle presenti conclusioni, non sembra rispettare i principi essenziali che strutturano l’organizzazione e il funzionamento del calcio europeo.
123. Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 101 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta agli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA nonché agli articoli 49 e 51 dello statuto della UEFA, i quali prevedono che l’istituzione di una nuova competizione calcistica paneuropea tra club sia subordinata a un sistema di previa autorizzazione, nei limiti in cui, tenuto conto delle caratteristiche della competizione prevista, gli effetti restrittivi che derivano da detto sistema risultino inerenti e proporzionati al fine di raggiungere gli obiettivi legittimi perseguiti dalla UEFA e dalla FIFA che sono connessi alla specificità dello sport.
2. Sulla prima questione pregiudiziale
124. Con la prima questione pregiudiziale e la seconda parte della terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta alle disposizioni statutarie della FIFA e della UEFA relative al sistema di previa autorizzazione e al regime sanzionatorio.
125. In limine, si deve ricordare che l’articolo 102 TFUE vieta lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante nel mercato interno o in una parte sostanziale di esso.
126. Lo sfruttamento abusivo di posizione dominante è una nozione oggettiva che riguarda i comportamenti di un’impresa in posizione dominante, i quali, su un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera detta impresa, il grado di concorrenza è già sminuito, abbiano l’effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti o servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza (60).
127. Conformemente a una giurisprudenza costante, l’esistenza di una posizione dominante impone al soggetto che la detiene una particolare responsabilità per non impedire con il proprio comportamento lo sviluppo di una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato interno (61). La questione se il suo comportamento sia abusivo, in un caso specifico, deve essere esaminata in modo obiettivo e concreto, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto, delle caratteristiche del mercato interessato e del comportamento in questione, nonché ponderando i suoi effetti di esclusione effettivi o potenziali con gli incrementi di efficienza idonei a neutralizzare tali effetti, a beneficio dei consumatori (62).
128. Tuttavia, l’esistenza di una posizione dominante non priva un’impresa che si trovi in tale posizione né del diritto di tutelare i propri interessi commerciali, se questi sono insidiati (63), né della facoltà, in misura ragionevole, di compiere gli atti che essa ritenga opportuni per proteggerli, purché tale comportamento non costituisca un abuso di posizione dominante (64).
a) Sull’esistenza di una posizione dominante della UEFA e della FIFA
129. Alla luce delle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, occorre muovere dall’ipotesi che il mercato rilevante sia quello dell’organizzazione e dello sfruttamento commerciale delle competizioni internazionali di club calcistici su scala europea e che la UEFA detenga una posizione dominante (se non monopolistica) su tale mercato, dato che essa è l’unica organizzatrice di tutte le grandi competizioni calcistiche interclub a livello europeo.
b) Sullo sfruttamento abusivo di una posizione dominante da parte della UEFA e della FIFA
130. Si deve rammentare che l’esercizio, da parte di una federazione sportiva, della funzione normativa consistente nel designare le persone autorizzate ad organizzare competizioni e nello stabilire le condizioni alle quali esse sono organizzate deve essere accompagnato da limiti, obblighi o controlli per evitare che la persona giuridica interessata possa falsare la concorrenza favorendo le competizioni da essa organizzate o quelle alle quali partecipa (65). In tale contesto, la «responsabilità particolare» che incombe alla FIFA e alla UEFA, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, risiede proprio nel fatto che esse sono tenute a garantire, allorché esaminano le richieste di autorizzazione di nuove competizioni, che i terzi non siano indebitamente privati di un accesso al mercato.
131. Di conseguenza, l’analisi svolta in merito all’applicazione della giurisprudenza relativa alle «restrizioni accessorie» nel contesto della risposta fornita alla seconda questione pregiudiziale può essere trasposta all’esame delle misure di cui trattasi nel presente procedimento alla luce dell’articolo 102 TFUE (66).
132. Tuttavia, a fini di completezza, ritengo utile esaminare brevemente due problematiche specifiche dell’applicazione dell’articolo 102 TFUE alle norme istituite dalla UEFA e dalla FIFA che sono state sollevate da alcune parti nelle loro osservazioni scritte e discusse in udienza.
1) Sulla problematica della «prevenzione dei conflitti di interessi» alla luce dell’articolo 102 TFUE
133. L’ESLC sostiene che il fatto che la UEFA si attribuisca il potere di autorizzare competizioni alternative sebbene esista un conflitto di interessi costituisce, di per sé, un abuso di posizione dominante. Pertanto, secondo l’ESLC, l’unico modo per risolvere tale situazione consisterebbe nel separare la regolamentazione dello sport, l’organizzazione delle competizioni e il suo sfruttamento commerciale.
134. Ricordo, in primo luogo, che il semplice fatto che una federazione sportiva svolga nel contempo le funzioni di regolatore e di organizzatore di competizioni sportive non implica di per sé una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione (67). Infatti, se pure una separazione strutturale come quella auspicata dall’ESLC, consistente nell’affidare l’esercizio dei poteri normativi a un ente indipendente che non abbia alcun collegamento con un’impresa attiva sul mercato di cui trattasi sarebbe idonea ad eliminare qualsiasi conflitto di interessi, essa non costituisce tuttavia una soluzione unica e imperativa. Così, dalla giurisprudenza della Corte richiamata ai paragrafi 45 e 46 delle presenti conclusioni si evince chiaramente che, al fine di prevenire potenziali conflitti di interesse, una federazione può anche stabilire una procedura di autorizzazione delle competizioni terze individuando criteri di autorizzazione predefiniti in maniera oggettiva e non discriminatoria.
135. In secondo luogo, imporre una separazione strutturale equivarrebbe a vietare qualsiasi attività economica a federazioni sportive che si trovano nella stessa situazione della UEFA e della FIFA, situazione difficilmente conciliabile con il fatto che, nonostante le loro caratteristiche particolari, anch’esse sono imprese per le quali, come per qualsiasi altra impresa, il perseguimento di obiettivi economici è inerente alla loro attività e non è di per sé anticoncorrenziale.
136. In terzo luogo, una separazione («forzata») delle attività «normative» e «commerciali» svolte da una federazione sportiva rischierebbe di confliggere con il «modello sportivo europeo», segnatamente per quanto riguarda le discipline sportive per le quali la struttura piramidale riveste un ruolo importante, come il calcio. Orbene, nel contesto di dette attività sportive, la funzione normativa e quella economica sono connesse e interdipendenti, in quanto i proventi dello sfruttamento commerciale delle competizioni organizzate sotto l’egida di tali federazioni vengono ridistribuiti ai fini dello sviluppo dello sport in questione.
2) Sull’applicazione della teoria delle «infrastrutture essenziali»
137. Una problematica specifica sollevata nell’ambito dell’analisi della prima questione pregiudiziale è quella della rilevanza che potrebbe assumere, ai fini dell’analisi sotto il profilo dell’articolo 102 TFUE delle norme in materia di previa autorizzazione e di partecipazione istituite dalla FIFA e dalla UEFA, la giurisprudenza della Corte sulle «infrastrutture essenziali» derivante dalla sentenza Bronner (68).
138. Secondo la teoria delle infrastrutture essenziali, un’impresa dominante che possieda o controlli un’infrastruttura essenziale può essere obbligata a cooperare con i suoi concorrenti consentendo loro di accedervi senza discriminazioni. Così, nella sentenza Bronner, la Corte ha considerato che, affinché il rifiuto da parte di un’impresa in posizione dominante di concedere l’accesso a un’infrastruttura o a dei servizi possa costituire un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE, occorre che tale rifiuto sia idoneo ad eliminare del tutto la concorrenza sul mercato da parte della persona che richiede il servizio e non sia obiettivamente giustificabile e che il servizio sia, di per sé, indispensabile per l’esercizio dell’attività di tale persona, nel senso che non esista nulla che possa realmente o potenzialmente sostituirsi ad esso (69).
139. Per le ragioni di seguito esposte, ritengo che l’«ecosistema» della UEFA e della FIFA non possa essere considerato un’«infrastruttura essenziale» e che occorra pertanto escludere l’applicazione di tale teoria nel caso di specie.
140. Per quanto riguarda, in primo luogo, la necessità di una previa autorizzazione, è giocoforza constatare che essa non è indispensabile affinché un terzo, ad esempio l’ESLC, organizzi una nuova competizione calcistica. Come si è osservato al paragrafo 75 delle presenti conclusioni, non sussiste alcun ostacolo giuridico che possa impedire ai club che partecipano all’iniziativa dell’ESLC di istituire e di organizzare liberamente la propria competizione al di fuori dell’ecosistema della UEFA e della FIFA. L’autorizzazione di tali federazioni è quindi necessaria solo nei limiti in cui i club che partecipano all’ESL intendano rimanere affiliati alla UEFA e continuare a partecipare alle competizioni calcistiche da essa organizzate.
141. In secondo luogo, l’istituzione di una lega come l’ESL non richiede che sia riprodotta l’infrastruttura esistente della UEFA con gli obblighi ad essa correlati. Nulla impone agli organizzatori di una nuova competizione indipendente di creare il loro progetto sulla base di un modello organizzativo analogo a quello della UEFA e della FIFA. Pertanto, come osservato ai paragrafi 106 e 107 delle presenti conclusioni, la vera problematica nel caso di specie riguarda la possibilità per tali club di istituire una propria lega e di pretendere, allo stesso tempo, di continuare a partecipare all’ecosistema calcistico della FIFA e della UEFA, nonché alle competizioni da esse organizzate. Orbene, in una simile fattispecie, la giurisprudenza relativa alle infrastrutture essenziali non può essere pertinente.
142. In terzo luogo, l’applicazione della giurisprudenza sulle infrastrutture essenziali è giustificata solo se il diniego di accesso è tale da eliminare o da rendere eccessivamente difficile la concorrenza sul mercato collegato o da impedire il lancio di un nuovo prodotto per il quale esiste una domanda, il che, per le ragioni sopra indicate, non si verifica nel caso di specie.
143. In quarto luogo, fatte salve le osservazioni svolte ai paragrafi da 133 a 142 delle presenti conclusioni, mi sembra che il rifiuto della UEFA possa essere oggettivamente giustificato sia sul piano sportivo alla luce degli obiettivi legittimi perseguiti da tale federazione, sia sul piano economico al fine di contrastare il parassitismo o un fenomeno di «doppia appartenenza» che potrebbe indebolire la posizione della UEFA e della FIFA sul mercato (70).
144. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta agli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA nonché agli articoli 49 e 51 dello statuto della UEFA, i quali prevedono che l’istituzione di una nuova competizione calcistica paneuropea tra club sia subordinata a un sistema di previa autorizzazione, nei limiti in cui, tenuto conto delle caratteristiche della competizione prevista, gli effetti restrittivi derivanti da detto sistema risultino inerenti e proporzionati al fine di conseguire gli obiettivi legittimi perseguiti dalla UEFA e dalla FIFA che sono connessi alla specificità dello sport.
3. Sulla terza questione pregiudiziale
145. Dal momento che la questione della legittimità concorrenziale del comportamento di cui alla terza questione pregiudiziale è intrinsecamente connessa a quella delle norme che formano oggetto delle prime due questioni pregiudiziali, tali questioni sono state analizzate congiuntamente, come si è precisato al paragrafo 54 delle presenti conclusioni. Più specificamente, le questioni relative alle sanzioni della UEFA e della FIFA sono state esaminate ai paragrafi 83 e 84, da 101 a 108, da 111 a 117 e da 119 a 122 delle presenti conclusioni.
146. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla terza questione pregiudiziale dichiarando che gli articoli 101 e 102 TFUE devono essere interpretati nel senso che non vietano alla FIFA, alla UEFA, alle loro federazioni membri o alle loro leghe nazionali di minacciare sanzioni nei confronti dei club affiliati a dette federazioni qualora questi ultimi partecipino a un progetto per l’istituzione di una nuova competizione calcistica paneuropea tra club che rischierebbe di pregiudicare gli obiettivi legittimi perseguiti da tali federazioni di cui essi sono membri. Tuttavia, le sanzioni di esclusione nei confronti dei giocatori che non sono coinvolti in alcun modo nel progetto in questione sono sproporzionate, segnatamente per quanto riguarda la loro esclusione dalle squadre nazionali.
4. Sulla quinta questione pregiudiziale
147. Con la quinta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio si interroga sull’applicabilità delle esenzioni e delle giustificazioni «classiche» in materia di concorrenza, come quelle, rispettivamente, previste dal Trattato FUE per quanto riguarda l’articolo 101, paragrafo 3, TFUE ed elaborate dalla giurisprudenza relativa all’articolo 102 TFUE (71).
148. Occorre rilevare, anzitutto, che si dovrà rispondere a tale questione solo nel caso in cui la Corte constati, alla luce delle risposte fornite alla prima e alla seconda questione pregiudiziale, che gli articoli 101 e 102 TFUE sono stati violati. Orbene, considerate le risposte che propongo di dare a tali questioni, non è questo il caso.
149. Inoltre, da una giurisprudenza costante risulta che spetta alla parte cui è addebitata una violazione delle regole di concorrenza fornire la prova che il suo comportamento soddisfa le condizioni che consentono di considerarlo compreso nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE (72) o che esso è oggettivamente giustificato alla luce dell’articolo 102 TFUE (73). Tuttavia, è giocoforza constatare che, nella fattispecie, la decisione di rinvio è stata adottata senza che la FIFA e la UEFA fossero state prima sentite e avessero quindi potuto presentare argomenti ed elementi di prova relativi al rispetto di tali condizioni nelle specifiche circostanze del caso in esame (74).
150. Tenuto conto delle risposte proposte alle prime tre questioni pregiudiziali e alla luce delle precedenti precisazioni, ritengo che non sia necessario rispondere alla quinta questione pregiudiziale.
5. Sulla quarta questione pregiudiziale
151. La quarta questione pregiudiziale invita la Corte a pronunciarsi sulla compatibilità con gli articoli 101 e 102 TFUE delle norme istituite dalla FIFA in materia di sfruttamento dei diritti sportivi. Tali norme prevedono, più in particolare, che tutti i diritti relativi allo sfruttamento delle competizioni calcistiche internazionali appartengono a titolo «originario» alla FIFA e alle confederazioni regionali quali la UEFA, che sono «competenti in via esclusiva ad autorizzare la diffusione degli incontri e delle manifestazioni sotto la loro giurisdizione su supporti in particolare audiovisivi, senza restrizioni riguardo al luogo, al contenuto e al tempo nonché agli aspetti tecnici e legali».
a) Osservazioni preliminari
152. Prima di procedere all’analisi della quarta questione pregiudiziale, mi sembra importante fornire alcuni chiarimenti riguardo al contesto in cui si inseriscono tali norme, in particolare alla luce di talune constatazioni effettuate dal giudice del rinvio in merito all’interpretazione di tali disposizioni, ricordando nel contempo che la Corte non è competente ad interpretare disposizioni degli statuti della FIFA e della UEFA, che, manifestamente, non appartengono al corpus del diritto dell’Unione.
153. Gli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA enunciano che quest’ultima rivendica la titolarità originaria esclusiva dei diritti derivanti dalle competizioni sotto la «giurisdizione» della UEFA. Si deve constatare che il fatto che tale termine non sia definito nello statuto della FIFA si presta a una certa confusione, come dimostrano le posizioni divergenti, da un lato, dell’ESLC e, dall’altro, della FIFA e della UEFA. Così, l’ESLC sostiene un’interpretazione letterale (relativamente ampia) del termine «giurisdizione» affermando che esso designa un’appropriazione completa (ed esclusiva) dei diritti calcistici per tutte le competizioni geograficamente situate sul continente europeo. All’opposto, la FIFA e la UEFA sostengono, in sostanza, che il riferimento al termine «giurisdizione» riveste un’accezione giuridica e non geografica, nel senso che riguarda soltanto le competizioni da loro autorizzate in Europa.
154. La Commissione, dal canto suo, ritiene che dette disposizioni debbano essere lette congiuntamente all’articolo 49, paragrafo 1, dello statuto della UEFA, il quale dispone che quest’ultima è competente in via esclusiva ad organizzare competizioni internazionali in Europa alle quali partecipino federazioni e/o club ad essa affiliati. Considerate nel loro insieme, tali espressioni potrebbero essere intese, come sembra peraltro sostenere il giudice del rinvio, nel senso che la FIFA rivendica, senza alcuna limitazione, la proprietà esclusiva della UEFA per quanto riguarda le competizioni alle quali partecipano club delle sue federazioni membri, il che sembra indicare che essa comprende anche i diritti relativi a competizioni come l’ESL.
155. A tale proposito, occorre rammentare, in primo luogo, che gli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA si inseriscono in un contesto particolare proprio di alcuni sport molto popolari, tra cui il calcio, nei quale esiste un meccanismo di sfruttamento congiunto dei diritti relativi alle competizioni più importanti.
156. Contrariamente a quanto sostenuto dall’ESLC, l’architettura di tale modello non sembra basarsi sul fatto che i club calcistici o gli organizzatori di competizioni calcistiche debbano cedere alla UEFA, contro la loro volontà, i diritti di cui dispongono. Sembrerebbe piuttosto, al contrario, sotto il profilo giuridico, che i club partecipanti alle competizioni della UEFA abbiano volontariamente affidato lo sfruttamento dei loro diritti sportivi a quest’ultima, pur continuando ad esserne i titolari effettivi finali e a percepire, in tale veste, una parte dei ricavi della loro vendita. Così, la «proprietà originale», integrale ed esclusiva prevista dagli articoli in questione può essere intesa, concettualmente, solo come espressione di una proprietà congiunta della UEFA (in quanto organizzatrice delle competizioni europee di calcio) e dei club di calcio professionistici (in quanto partecipanti ad esse) (75).
157. In secondo luogo, sebbene, in effetti, gli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA contengano formulazioni ambigue suscettibili di essere interpretate nel senso che riguardano anche competizioni calcistiche organizzate da terzi in Europa, ritengo che le citate disposizioni non possano essere intese nel senso che impongono, attraverso un obbligo di cessione, un’espropriazione di tali diritti a favore della UEFA quando essi derivino da una competizione terza non collegata a detta federazione. A mio avviso, le disposizioni in parola possono riferirsi solo ai diritti commerciali derivanti dalle competizioni organizzate sotto l’egida della UEFA, cosicché nessuna competizione indipendente istituita al di fuori dell’ecosistema della UEFA potrebbe essere soggetta a tali norme. Un ente privato, inoltre, non potrebbe in alcun caso disciplinare mediante proprie norme la condotta di altri enti privati indipendenti da esso. Gli organizzatori di una competizione siffatta sarebbero, in linea di principio, liberi di sfruttare come desiderano i diritti derivanti da detta competizione, senza alcun intervento da parte della UEFA.
b) Analisi
158. È innegabile che la FIFA, in qualità di associazione di imprese o di impresa che organizza e commercializza competizioni calcistiche internazionali, svolge un’attività economica che comporta investimenti sia intellettuali che commerciali, tecnici e finanziari. Una simile attività deve, per sua stessa natura, poter beneficiare di una tutela giuridica, da un lato, e meritare una remunerazione di cui una fonte essenziale – ma non esclusiva – può consistere nello sfruttamento dei diritti sportivi (di diffusione, di ritrasmissione o altro) relativi alle competizioni, dall’altro.
159. Inoltre, dalla prassi decisionale della Commissione riguardante questo tipo di accordi per la commercializzazione dei diritti relativi a competizioni sportive, e in particolare dalla sua decisione sulla vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League, risulta che gli accordi che prevedono l’attribuzione in esclusiva di tali diritti ad un unico soggetto possono limitare la concorrenza (76) (pur potendo essere esentati in forza dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE) (77).
160. Sebbene la questione sollevata dal giudice del rinvio differisca sensibilmente da quella esaminata dalla Commissione nella decisione sopra citata – nel senso che la presunta restrizione della concorrenza, nel caso di specie, non è limitata esclusivamente alla problematica della vendita congiunta e dello sfruttamento esclusivo dei diritti commerciali su una specifica competizione della UEFA, bensì riguarda anche la questione di una presunta «appropriazione» dei diritti relativi ad altre competizioni che potrebbero svolgersi in Europa e il fatto che tali norme hanno per oggetto o per effetto di integrare il monopolio detenuto dalla UEFA sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni calcistiche –, queste due problematiche sono connesse in quanto riguardano i poteri e i diritti conferiti dallo statuto della FIFA alla UEFA in virtù dei quali essa è la detentrice e l’organismo di vendita esclusivo dei diritti commerciali delle competizioni calcistiche in Europa.
161. A questo proposito, si deve rilevare che, nel caso di specie, lo sfruttamento dei diritti del calcio da parte della FIFA e della UEFA è un’attività economica «derivata» o «accessoria» rispetto all’attività economica «di base» costituita dall’organizzazione e dalla commercializzazione delle competizioni calcistiche internazionali, che è stata analizzata nel contesto delle prime due questioni pregiudiziali. Infatti, l’analisi combinata delle norme della UEFA sembra indicare che tutte le competizioni alle quali partecipano club affiliati a detta federazione devono essere soggette alle norme stabilite da quest’ultima, comprese quelle relative allo sfruttamento di tali diritti. Ne consegue che uno scenario siffatto può dare luogo a una restrizione della concorrenza, in quanto le suddette norme possono essere percepite come (ulteriori) barriere all’ingresso sul mercato che ostacolano l’istituzione e lo sviluppo di nuove competizioni sportive e avere quindi effetti (quanto meno potenziali) preclusivi sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni (contribuendo alla sua chiusura a scapito dei concorrenti) nonché su quello dello sfruttamento dei diritti sportivi (imponendo ai club di effettuare tale sfruttamento in modo congiunto ed esclusivo per tutti i diritti in parola).
162. Qualora potesse essere dimostrata una restrizione della concorrenza, occorrerebbe esaminare se tale restrizione sia inerente al perseguimento di un obiettivo legittimo e proporzionato ad esso, oppure se i comportamenti restrittivi soddisfino i requisiti per beneficiare di un’esenzione individuale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE o se essa sia oggettivamente giustificata ai sensi dell’articolo 102 TFUE.
163. Per quanto concerne la possibile giustificazione di dette restrizioni in base alla teoria delle restrizioni accessorie, tale questione dovrebbe essere esaminata, in sostanza, alla luce della griglia di analisi che figura ai paragrafi da 93 a 118 delle presenti conclusioni.
164. Per quel che riguarda, più specificamente, gli obiettivi legittimi perseguiti da tali norme, oltre a quelli collegati al «modello sportivo europeo» che sono stati descritti ai paragrafi 30 e da 95 a 98 delle presenti conclusioni, quello della solidarietà finanziaria pare particolarmente rilevante, nel caso di specie, in quanto gran parte dei ricavi ridistribuiti sembra provenire direttamente dallo sfruttamento dei diritti commerciali delle suddette competizioni. Rilevo, a tale proposito, che gli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA perseguono un obiettivo legittimo riconosciuto, in particolare, dalla Commissione nella decisione «Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League», consistente nel massimizzare i ricavi dello sfruttamento dei diritti sportivi connessi alle competizioni organizzate dalla UEFA, che sarebbero interamente destinati allo sviluppo del calcio in generale e alla solidarietà verso i club che si trovano ai livelli inferiori della «piramide» (78).
165. Inoltre, fatte salve le verifiche che spetta al giudice nazionale effettuare, detti articoli appaiono proporzionati al perseguimento di un simile obiettivo in quanto attribuiscono la titolarità dei diritti in questione alla FIFA e alla UEFA, giacché tale meccanismo consente di evitare le difficoltà derivanti dalla rinegoziazione periodica della ripartizione dei relativi ricavi tra i club.
166. Occorre rammentare, a tale proposito, che il calcio è caratterizzato da un’interdipendenza economica tra i club, cosicché il successo finanziario di una competizione dipende anzitutto da una certa parità tra essi. Orbene, la ridistribuzione dei proventi dello sfruttamento commerciale dei diritti derivanti dalle competizioni sportive risponde a tale obiettivo di «equilibrio». Pertanto, se ogni club fosse libero di negoziare unilateralmente tutti i propri diritti commerciali, compresi quelli derivanti dalla sua partecipazione a competizioni interclub (ad esempio i diritti televisivi), l’equilibrio tra i club sarebbe messo a rischio.
167. Si deve inoltre osservare che, come rilevato dalla Corte, lo sfruttamento dei diritti in discussione nel procedimento principale è collegato a uno sport che riveste una «notevole importanza sociale» (79). In tale logica, il legislatore dell’Unione ha adottato una normativa che prevedeva, in particolare, la possibilità, per ogni Stato membro, di imporre una diffusione aperta degli eventi sportivi cosiddetti «di particolare rilevanza per la società» (80).
168. Per le stesse ragioni indicate in risposta alla quinta questione pregiudiziale, ritengo che non sia necessario pronunciarsi sull’esistenza di eventuali giustificazioni in relazione agli articoli 101 e 102 TFUE. A fini di completezza, occorre tuttavia precisare che, nella decisione «Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League», la Commissione ha ritenuto che un accordo di sfruttamento congiunto della UEFA in materia di diritti commerciali goda di un’esenzione individuale a norma dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. A questo proposito, la Commissione ha considerato che tale accordo avvantaggia di fatto gli utenti, in quanto i prodotti mediatici incentrati su questo torneo calcistico paneuropeo per squadre di club vengono commercializzati tramite un singolo punto vendita e non potrebbero altrimenti essere prodotti e distribuiti con eguale efficienza (81).
169. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla quarta questione pregiudiziale dichiarando che gli articoli 101 e 102 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano agli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA nei limiti in cui le restrizioni riguardanti la commercializzazione esclusiva dei diritti relativi alle competizioni organizzate dalla FIFA e dalla UEFA risultano inerenti al perseguimento degli obiettivi legittimi connessi alla specificità dello sport e proporzionati ad essi. Inoltre, spetta al giudice del rinvio esaminare in quale misura gli articoli in questione possano beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE o se sussista una giustificazione oggettiva per tale comportamento ai sensi dell’articolo 102 TFUE.
6. Sulla sesta questione pregiudiziale
170. Con la sesta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio si interroga, in sostanza, sulla compatibilità delle norme della FIFA e della UEFA riguardanti la previa autorizzazione delle competizioni calcistiche internazionali nonché la partecipazione ad esse dei club di calcio professionistici e dei giocatori con gli articoli del Trattato FUE relativi alle quattro libertà economiche fondamentali.
171. A questo proposito, secondo costante giurisprudenza, i divieti di arrecare pregiudizio alle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE si applicano non solo alle normative di origine pubblica e, più in generale, alle misure imputabili agli Stati membri, ma altresì a normative o misure di origine privata, comprese le normative e le prassi di federazioni sportive (82). Da tale giurisprudenza della Corte risulta quindi che, se pure le federazioni sportive possono stabilire liberamente le proprie norme, l’autonomia di cui dispongono non le autorizza a limitare l’esercizio dei diritti conferiti dal Trattato FUE.
172. Tuttavia, da una giurisprudenza altrettanto costante emerge che alcune normative o prassi di enti (come il Comitato olimpico internazionale) o di federazioni (nazionali o internazionali) sportive devono essere considerate di primo acchito escluse dall’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà economiche fondamentali, nei limiti in cui vertono su questioni che hanno natura «prettamente sportiva» e, in quanto tali, sono estranee all’attività economica (83). La Corte ha tuttavia sottolineato che tale «eccezione sportiva» deve restare circoscritta al proprio oggetto (84) e, per tale motivo, l’ha considerata applicabile, finora, solo in relazione ad un numero molto limitato di norme che riguardano l’«essenza» delle attività sportive (85). La suddetta eccezione non può quindi essere invocata per escludere un’intera attività sportiva dalla sfera di applicazione del Trattato FUE. Dal momento che la qualificazione di una misura come «eccezione sportiva» la sottrae all’ambito di applicazione delle disposizioni di detto Trattato e, pertanto, a qualsiasi controllo, s’impone un’interpretazione restrittiva di tale nozione.
173. Dalla menzionata giurisprudenza si evince che, in ragione delle sue caratteristiche, il sistema di previa autorizzazione stabilito dalla UEFA non può beneficiare dell’«eccezione sportiva». Così, sebbene gli aspetti «sportivi» di detto sistema siano innegabili, resta il fatto che esso ha anche (e indubbiamente) una dimensione economica, in quanto, attribuendo alla UEFA la possibilità di controllare e quindi di negare l’accesso al mercato dell’organizzazione delle competizioni sportive, può incidere sulle libertà fondamentali.
174. Atteso che le norme in questione della UEFA rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà economiche fondamentali, occorre stabilire, da un lato, quali siano le libertà interessate e, dall’altro, se esse vengano limitate.
175. A tal riguardo, si deve constatare che, tenuto conto del potere discrezionale di cui dispone la UEFA, che le consente di controllare l’accesso al mercato sulla base di criteri da essa stessa stabiliti, le norme in materia di previa autorizzazione e di partecipazione istituite da tale federazione possono essere considerate idonee a limitare, in primo luogo, l’applicazione degli articoli 49 e 56 TFUE relativi alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi delle imprese che intendano entrare sul mercato dell’organizzazione delle competizioni sportive. Le suddette norme possono quindi influire negativamente sulla possibilità, per gli organizzatori di competizioni calcistiche internazionali alternative quali l’ESLC, di ricorrere ai servizi dei club di calcio professionistici che impiegano tali giocatori, che li hanno ingaggiati o che prevedono di ingaggiarli, sapendo che non potranno farlo in mancanza di autorizzazione, da parte della FIFA o della UEFA, delle competizioni internazionali che intendono organizzare e commercializzare.
176. In secondo luogo, le norme in questione incidono, per effetto delle sanzioni di esclusione previste dalle norme della UEFA, sulla possibilità dei club stessi di istituire una propria competizione (supponendo che essa non sia organizzata da un’entità terza) e di fornire i loro servizi a una competizione terza.
177. In terzo luogo, le norme in materia di previa autorizzazione e di partecipazione istituite dalla FIFA e dalla UEFA possono anche rendere meno attraente, per i giocatori, la possibilità di circolare liberamente (ai sensi dell’articolo 45 TFUE) e di fornire i propri servizi a (o di essere assunti da) club di calcio professionistici stabiliti in Stati membri diversi da quello di cui hanno la cittadinanza, come i club membri dell’ESLC, per consentire a tali club di partecipare a una competizione internazionale concorrente di quelle organizzate e commercializzate dalla FIFA e dalla UEFA, come l’ESL. Inoltre, qualora lo facessero, detti giocatori potrebbero esporsi a una sanzione di esclusione e, più in generale, al rischio di vedere pregiudicate la loro carriera professionale e la loro attività economica.
178. In quarto luogo, sebbene abbia solo un ruolo secondario rispetto alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi, sembra essere interessata anche la libera circolazione dei capitali sancita all’articolo 63 TFUE, in quanto dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni dell’ESLC risulta che la costituzione e lo sviluppo di quest’ultima richiedevano finanziamenti ingenti che potevano essere concessi da istituti finanziari stabiliti in diversi Stati membri.
179. Spetta al giudice del rinvio esaminare la questione relativa alla possibile giustificazione delle norme in materia di previa autorizzazione e di partecipazione oggetto del presente procedimento e, se del caso, la loro adeguatezza, coerenza e proporzionalità. A tale riguardo, ritengo che tale analisi coincida in ampia misura con quella effettuata nel contesto dell’analisi delle restrizioni accessorie (86).
180. A questo proposito, rammento, in primo luogo, che tali giustificazioni possono, ovviamente, essere invocate dalle federazioni sportive alle quali vengono opposte le libertà economiche fondamentali garantite dal Trattato FUE (87).
181. Per quanto riguarda, in secondo luogo, gli obiettivi di interesse generale idonei a giustificare restrizioni imposte alle libertà economiche fondamentali da norme adottate dalle federazioni sportive, rinvio all’analisi svolta ai paragrafi 93 e 94 delle presenti conclusioni. Occorre inoltre rilevare che alcuni di tali obiettivi sono già stati riconosciuti dalla Corte. Risultano particolarmente rilevanti, nel caso di specie, taluni obiettivi comuni a tutte le federazioni sportive, come quelli consistenti nel garantire la regolarità delle competizioni (88) e il loro regolare svolgimento mediante norme o criteri appropriati (89). Mi sembrano inoltre rilevanti gli obiettivi, più specifici di uno sport di squadra quale il calcio, consistenti nel conservare l’equilibrio tra i club, garantire la parità di possibilità e preservare l’incertezza dei risultati (90).
182. Per quanto riguarda, in terzo luogo, il «test» della proporzionalità, occorre rilevare anzitutto che la Corte non riconosce la legittimità per se dei sistemi di previa autorizzazione e si propone di valutarne caso per caso la ragion d’essere e la proporzionalità, come ha peraltro sottolineato il giudice del rinvio (91). Da tale giurisprudenza emerge che, sebbene spetti alle federazioni sportive stabilire le norme appropriate per garantire il regolare svolgimento delle competizioni, dette norme non devono eccedere quanto necessario per conseguire lo scopo perseguito (92). Ciò è stato inoltre confermato nella sentenza pronunciata recentemente dalla Corte nella causa TopFit, in cui è stato dichiarato che un regime di previa autorizzazione, perché sia giustificato alla luce delle disposizioni relative alle libertà di circolazione, deve essere fondato in ogni caso su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, in modo da circoscrivere l’esercizio del potere discrezionale di una federazione affinché esso non sia usato in modo arbitrario (93).
183. Va rilevato che, in tali cause, erano in discussione norme che prevedevano la non ammissione o l’esclusione totale di atleti per ragioni connesse alla loro cittadinanza. La Corte ha quindi ritenuto che norme siffatte emanate da federazioni sportive e che comportavano una discriminazione basata sulla cittadinanza fossero per loro stessa natura sproporzionate (94).
184. Per le medesime ragioni esposte ai paragrafi da 111 a 117 delle presenti conclusioni, mi sembra che il sistema di previa autorizzazione si limiti a quanto necessario per garantire gli obiettivi legittimi perseguiti dalla UEFA.
185. Ritengo, inoltre, che il controllo della proporzionalità non possa ignorare le evidenti differenze esistenti nei «rapporti di forza» tra una federazione sportiva e un singolo giocatore (dilettante o professionista) e club calcistici tra i quali figurano alcuni dei più potenti a livello mondiale, tenuto conto del sostegno pubblico, della notorietà mediatica e dei finanziamenti di cui essi beneficiano.
186. Sulla base delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla sesta questione pregiudiziale dichiarando che gli articoli 45, 49 e 56 e 63 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano agli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA nonché agli articoli 49 e 51 dello statuto della UEFA, i quali prevedono che l’istituzione di una nuova competizione calcistica paneuropea tra club sia subordinata a un sistema di previa autorizzazione, nei limiti in cui siffatta esigenza sia appropriata e necessaria a tal fine, tenuto conto delle particolarità della competizione prevista.
V. Conclusione
187. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alle questioni pregiudiziali sollevate dallo Juzgado de lo Mercantil n. 17 de Madrid (Tribunale di commercio di Madrid, Spagna):
1) Gli articoli 101 e 102 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano agli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della Fédération internationale de football association (FIFA) e agli articoli 49 e 51 dello statuto dell’Unione europea delle federazioni calcistiche (UEFA), i quali prevedono che l’istituzione di una nuova competizione calcistica paneuropea tra club sia subordinata a un sistema di previa autorizzazione, nei limiti in cui, tenuto conto delle caratteristiche della competizione prevista, gli effetti restrittivi che derivano da detto sistema risultino inerenti e proporzionati al fine di raggiungere gli obiettivi legittimi perseguiti dalla UEFA e dalla FIFA che sono connessi alla specificità dello sport.
2) Gli articoli 101 e 102 TFUE devono essere interpretati nel senso che non vietano alla FIFA, alla UEFA, alle loro federazioni membri o alle loro leghe nazionali di minacciare sanzioni nei confronti dei club affiliati a dette federazioni qualora questi ultimi partecipino a un progetto per l’istituzione di una nuova competizione calcistica paneuropea tra club che rischierebbe di pregiudicare gli obiettivi legittimi perseguiti da tali federazioni di cui essi sono membri. Tuttavia, le sanzioni di esclusione nei confronti dei giocatori che non sono coinvolti in alcun modo nel progetto in questione sono sproporzionate, segnatamente per quanto riguarda la loro esclusione dalle squadre nazionali.
3) Gli articoli 101 e 102 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano agli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA nei limiti in cui le restrizioni riguardanti la commercializzazione esclusiva dei diritti relativi alle competizioni organizzate dalla FIFA e dalla UEFA risultino inerenti al perseguimento degli obiettivi legittimi connessi alla specificità dello sport e proporzionati ad essi. Inoltre, spetta al giudice del rinvio esaminare in quale misura gli articoli in questione possano beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE o se sussista una giustificazione oggettiva per tale comportamento ai sensi dell’articolo 102 TFUE.
4) Gli articoli 45, 49, 56 e 63 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano agli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA nonché agli articoli 49 e 51 dello statuto della UEFA, i quali prevedono che l’istituzione di una nuova competizione calcistica paneuropea tra club sia subordinata a un sistema di previa autorizzazione, nei limiti in cui siffatta esigenza sia appropriata e necessaria a tal fine, tenuto conto delle particolarità della competizione prevista.
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1 Lingua originale: il francese.
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2 C 415/93, EU:C:1995:293, paragrafo 56.
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3 V. risoluzione del Parlamento europeo del 23 novembre 2021 sulla politica dell’UE in materia di sport: valutazione e possibili vie da seguire [2021/2058(INI)].
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4 La A22 si presenta come una società che fornisce servizi connessi all’istituzione e alla gestione di competizioni calcistiche internazionali, la quale intende accedere al mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle stesse correlate all’elaborazione e all’istituzione dell’ESL.
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5 La LNFP si presenta come un’associazione riconosciuta dalla legge alla quale sono legalmente tenuti ad aderire tutti i club di calcio professionistici che giocano nella prima e nella seconda divisione della Lega Nazionale in Spagna.
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6 La RFEF è la federazione nazionale di calcio spagnola.
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7 I governi irlandese, francese, ungherese e rumeno hanno eccepito il carattere ipotetico della controversia.
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8 I governi francese, ungherese, rumeno e slovacco hanno espresso dubbi in ordine al contenuto stesso della domanda di pronuncia pregiudiziale.
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9 Il governo slovacco ritiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale sia viziata da talune irregolarità procedurali.
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10 V. sentenza del 15 dicembre 1995, Bosman (C 415/93, EU:C:1995:463, punto 106).
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11 Sentenza del 15 dicembre 1995 (C 415/93, EU:C:1995:463).
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12 Dichiarazione n. 29 sullo sport, 2 ottobre 1997 (GU 1997, C 340, pag. 136).
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13 Relazione della Commissione al Consiglio europeo nell’ottica della salvaguardia delle strutture sportive attuali e del mantenimento della funzione sociale dello sport nel quadro comunitario, del 10 dicembre 1999 (relazione di Helsinki sullo sport) [COM(1999) 644 def.]
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14 Detta relazione precisava, tra l’altro, al punto 4.2.1, che l’applicazione delle regole di concorrenza del Trattato al settore dello sport deve tenere conto delle specificità dello sport, e in special modo dell’interdipendenza tra l’attività sportiva e le attività economiche che essa genera, del principio della parità delle opportunità e di quello dell’incertezza dei risultati.
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15 Consiglio europeo di Nizza, 7 9 dicembre 2000, conclusioni della presidenza, allegato IV: Dichiarazione relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa di cui tener conto nell’attuazione delle politiche comuni, punto 1.
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16 Libro bianco sullo sport, 11 luglio 2007 [COM(2007), 391 definitivo].
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17 Sentenza dell’11 aprile 2000, Deliège (C 51/96 e C 191/97, EU:C:2000:199, punti 67 e 68).
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18 A tale proposito, si deve constatare che l’istituzione di campionati chiusi (o «semi aperti») nell’ambito di talune discipline sportive in Europa sembra essere giustificata dal fatto che la loro popolarità varia notevolmente tra i diversi Stati membri, cosicché, sia dal punto di vista sportivo (in particolare al fine di stabilire un equilibrio competitivo tra i diversi club) sia dal punto di vista commerciale (dato che l’interesse commerciale per tali eventi è più limitato), pare più adeguato un formato di competizione che limiti la partecipazione dei club.
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19 È il caso delle leghe nazionali dei principali sport statunitensi, la National Basketball Association (NBA) per la pallacanestro, la National Football League (NFL) per il football americano, la Major League Baseball (MLB) per il baseball e la National Hockey League (NHL) per l’hockey su ghiaccio.
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20 V., ad esempio, i progetti Media Partners e Golden League.
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21 V., in particolare, sentenze del 12 dicembre 1974, Walrave e Koch (36/74, EU:C:1974:140, punto 8), e del 25 aprile 2013, Asociația Accept (C 81/12, EU:C:2013:275, punto 45 e giurisprudenza citata).
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22 V., in tal senso e per analogia, sentenza del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais (C 325/08, EU:C:2010:143, punto 40).
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23 Sentenza del 1° luglio 2008 (C 49/07; in prosieguo: la «sentenza MOTOE», EU:C:2008:376, punti 51 e 52).
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24 V. sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas (C 1/12; in prosieguo: la «sentenza OTOC», EU:C:2013:127, punti 88 e 89).
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25 Sentenza MOTOE, punti 51 e 52.
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26 V. sentenza del 14 gennaio 2021, Kilpailu- ja kuluttajavirasto (C 450/19, EU:C:2021:10, punto 20).
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27 Sentenza MOTOE, punto 21.
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28 V. conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa Wouters e a. (C 309/99, EU:C:2001:390, paragrafo 62).
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29 V., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2005, Piau/Commissione (T 193/02, EU:T:2005:22, punto 69).
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30 V., in tal senso, sentenza del 19 febbraio 2002, Wouters e a. (C 309/99, EU:C:2002:98, punto 64).
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31 Sentenza del 13 luglio 2006, Manfredi e a. (da C 295/04 a C 298/04, EU:C:2006:461, punto 40).
________________________________________
32 V. sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a. (C 228/18, EU:C:2020:265, punto 33 e giurisprudenza citata).
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33 V. sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C 307/18, EU:C:2020:52, punto 67 e giurisprudenza citata).
________________________________________
34 V. sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C 307/18, EU:C:2020:52, punto 68 e giurisprudenza citata).
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35 V. giurisprudenza citata al paragrafo 76 delle presenti conclusioni.
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36 V. sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a. (C 228/18, EU:C:2020:265, punto 52 e giurisprudenza citata).
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37 V. sentenza del 18 novembre 2021, Visma Enterprise (C 306/20, EU:C:2021:935, punto 72 e giurisprudenza citata).
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38 V. paragrafi 46 e 47 delle presenti conclusioni.
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39 Sentenza OTOC, punti da 70 a 100.
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40 V, in particolare, sentenze dell’11 luglio 1985, Remia e a./Commissione (42/84, EU:C:1985:327, punto 19); del 28 gennaio 1986, Pronuptia de Paris (161/84, EU:C:1986:41, punti 16 e 17); del 15 dicembre 1994, DLG (C 250/92, EU:C:1994:413, punti 40 e 41), e del 26 novembre 2015, Maxima Latvija (C 345/14, EU:C:2015:784, punti 21 e 24).
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41 V. paragrafo 84 delle presenti conclusioni.
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42 V. sentenza del 18 novembre 2021, Visma Enterprise (C 306/20, EU:C:2021:935, punto 71 e giurisprudenza citata).
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43 V. sentenza del 26 novembre 2015, Maxima Latvija (C 345/14, EU:C:2015:784, punto 27).
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44 V. sentenze del 19 febbraio 2002, Wouters e a. (C 309/99, EU:C:2002:98, punto 97), e del 18 luglio 2006, Meca Medina e Majcen/Commissione (C 519/04 P, EU:C:2006:492, punto 42).
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45 V., in tal senso, sentenze del 25 ottobre 1977, Metro SB Großmärkte/Commissione (26/76, EU:C:1977:167), e del 28 gennaio 1986, Pronuptia de Paris (161/84, EU:C:1986:41).
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46 Inizialmente scaturita dall’applicazione dell’articolo 101 TFUE ad accordi tra imprese, tale nozione si ritrova nel diritto delle concentrazioni. V., in tal senso, articolo 6 del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («Regolamento comunitario sulle concentrazioni») (GU 2004, L 24, pag. 1).
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47 Whish, R., e Bailey, D., Competition Law, 10a ed., Oxford University Press, Oxford, 2021, pagg. da 139 a 142, nonché Faull, N. e Nikpay, A., The EU Law of Competition, 3a ed., Oxford University Press, Oxford, 2014, pagg. da 253 a 255.
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48 Sentenza del 19 febbraio 2002 (C 309/99, EU:C:2002:98, punti da 86 a 94 e da 97 a 110).
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49 Sentenza del 18 luglio 2006 (C 519/04 P, EU:C:2006:492).
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50 V. sentenze del 18 luglio 2013, Consiglio Nazionale dei Geologi (C 136/12, EU:C:2013:489); del 4 settembre 2014, API e a. (da C 184/13 a C 187/13, C 194/13, C 195/13 e C 208/13, EU:C:2014:2147), e del 23 novembre 2017, CHEZ Elektro Bulgaria e FrontEx International (C 427/16 e C 428/16, EU:C:2017:890).
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51 Tale criterio è stato ripreso al punto 29 della comunicazione della Commissione relativa alle linee direttici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, CE [divenuto articolo 101 TFUE) (2004/C 101/08), secondo cui «[u]na restrizione è direttamente collegata all’operazione principale se è subordinata alla realizzazione di tale operazione ed indissolubilmente legata a quest’ultima».
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52 V., in particolare, sentenza del 4 settembre 2014, API e a. (da C 184/13 a C 187/13, C 194/13, C 195/13 e C 208/13, EU:C:2014:2147, punti 37, 41 e da 49 a 57).
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53 V. sentenza del 15 dicembre 1995, Bosman (C 415/93, EU:C:1995:463, punto 106).
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54 V. sentenza dell’11 aprile 2000, Deliège (C 51/96 e C 191/97, EU:C:2000:199, punti 67 e 68).
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55 Ibáñez Colomo, P., «Competition Law and Sports Governance: Disentangling a Complex Relationship», World Competition, n. 3, vol. 45, 2022, pagg. 337 e 338.
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56 V. sentenza del 15 dicembre 1994, DLG (C 250/92, EU:C:1994:413, punti 40 e 41).
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57 V. paragrafo 131 delle mie conclusioni nella causa C 124/21 P (International Skating Union/Commissione), presentate in data odierna.
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58 V. sentenze MOTOE, punto 51, e OTOC, punto 88.
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59 V. sentenze del 15 dicembre 1994, DLG (C 250/92, EU:C:1994:413, punto 41), e del 18 luglio 2006, Meca Medina e Majcen/Commissione (C 519/04 P, EU:C:2006:492, punto 47).
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60 Sentenza del 25 marzo 2021, Deutsche Telekom/Commissione (C 152/19 P, EU:C:2021:238, punto 41 e giurisprudenza citata).
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61 V. sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C 413/14 P, EU:C:2017:632, punto 135).
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62 V. sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C 413/14 P, EU:C:2017:632, punti 138 e 140).
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63 V. sentenza del 14 febbraio 1978, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione (27/76, EU:C:1978:22, punto 189).
________________________________________
64 V. le mie conclusioni nella causa Servizio Elettrico Nazionale e a. (C 377/20, EU:C:2021:998, paragrafi 58 e 59).
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65 V. paragrafo 46 delle presenti conclusioni.
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66 V. paragrafi da 85 a 121 delle presenti conclusioni.
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67 V. paragrafi 46 e 48 delle presenti conclusioni.
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68 Sentenza del 26 novembre 1998 (C 7/97, EU:C:1998:569).
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69 Sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C 7/97, EU:C:1998:569, punto 41).
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70 V. paragrafi da 106 a 108 delle presenti conclusioni.
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71 V., segnatamente, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark (C 209/10, EU:C:2012:172, punti da 40 a 42).
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72 L’articolo 101, paragrafo 3, TFUE consente infatti di dichiarare inapplicabili le disposizioni del paragrafo 1 di tale articolo quando l’accordo tra imprese contribuisca «a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva», a condizione che non vengano imposte alle imprese interessate «restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi».
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73 V. considerando 5 e articolo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1), nonché sentenze dell’11 luglio 1985, Remia e a./Commissione (42/84, EU:C:1985:327, punto 45), e del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a. (C 501/91 P, C 513/06 P, C 515/06 P e C 519/06 P, EU:C:2009:610, punti 82 e 83).
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74 V. paragrafo 17 delle presenti conclusioni.
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75 V., in tal senso, anche i punti 110, 122 e 123 della decisione della Commissione del 23 luglio 2003 relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 del trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (COMP/C.2 37.398 – Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League) (GU 2003, L 291, pag. 25).
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76 V. punti da 113 a 132 della decisione «Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League».
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77 V. punti da 136 a 197 della decisione «Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League».
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78 V. punto 131 della decisione «Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League».
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79 V. sentenza del 15 dicembre 1995, Bosman (C 415/93, EU:C:1995:463, punto 106).
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80 V. considerando 18 e 19 della direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1997, che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU 1997, L 202, pag. 60).
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81 V. punti da 136 a 196 della decisione «Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League».
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82 V. sentenza del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi (C 22/18, EU:C:2019:497, punto 39 e giurisprudenza citata).
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83 V. sentenza dell’11 aprile 2000, Deliège (C 51/96 e C 191/97, EU:C:2000:199, punti 43, 44, 64 e 69 e giurisprudenza citata).
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84 V. sentenza dell’8 maggio 2003, Deutscher Handballbund (C 438/00, EU:C:2003:255, punti da 54 a 56 e giurisprudenza citata).
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85 Dalla giurisprudenza sopra citata emerge che l’eccezione in parola si applica principalmente a normative o prassi giustificate da motivi «non economici», attinenti al carattere e al contesto specifici di determinati incontri o alla composizione delle squadre sportive.
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86 V. paragrafi da 95 a 99 e da 101 a 110 delle presenti conclusioni.
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87 V. sentenza del 15 dicembre 1995, Bosman (C 415/93, EU:C:1995:463, punto 86).
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88 V., in tal senso, sentenza del 13 aprile 2000, Lehtonen e Castors Braine (C 176/96, EU:C:2000:201, punto 53).
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89 V., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi (C 22/18, EU:C:2019:497, punto 60 e giurisprudenza citata).
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90 V., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 1995, Bosman (C 415/93, EU:C:1995:463, punto 106).
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91 V. sentenza del 22 gennaio 2002, Canal Satélite Digital (C 390/99, EU:C:2002:34).
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92 V. sentenza del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi (C 22/18, EU:C:2019:497, punto 60 e giurisprudenza citata).
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93 Sentenza del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi (C 22/18, EU:C:2019:497, punto 65).
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94 Sentenza del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi (C 22/18, EU:C:2019:497, punto 66).
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
21 dicembre 2023 (*)
Indice
I. Contesto normativo
A. Statuto della FIFA
B. Regolamento degli incontri internazionali della FIFA
C. Statuto UEFA
II. Fatti e questioni pregiudiziali
A. Il progetto di Superlega
B. Procedimento principale e questioni pregiudiziali
III. Procedimento dinanzi alla Corte
IV. Sulla ricevibilità
A. Sulle condizioni procedurali di adozione della decisione di rinvio
B. Sul contenuto della decisione di rinvio
C. Sulla effettività della controversia e sulla pertinenza delle questioni poste alla Corte
V. Sulle questioni pregiudiziali
A. Osservazioni preliminari
1. Sull’oggetto del procedimento principale
2. Sull’applicabilità del diritto dell’Unione allo sport e all’attività delle associazioni sportive
3. Sull’articolo 165 TFUE
B. Sulle questioni dalla prima alla quinta, vertenti sulle regole di concorrenza
1. Sulla prima questione, vertente sull’interpretazione dell’articolo 102 TFUE in presenza di norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni calcistiche tra club, nonché di partecipazione dei club e degli sportivi a dette competizioni
a) Sulla nozione di «abuso di posizione dominante»
b) Sugli elementi caratterizzanti un abuso di posizione dominante
c) Sulla qualificazione come abuso di posizione dominante di norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni calcistiche tra club e di partecipazione dei club e degli sportivi a dette competizioni
2. Sulla seconda questione, vertente sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in presenza di norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni calcistiche tra club e di partecipazione dei club e degli sportivi a dette competizioni
a) Sulla nozione di comportamento che ha per «oggetto» o per «effetto» di arrecare pregiudizio alla concorrenza e sugli elementi caratterizzanti un siffatto comportamento
1) Sugli elementi caratterizzanti un comportamento che ha per «oggetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza
2) Sugli elementi caratterizzanti un comportamento che ha per «effetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza
b) Sulla qualificazione come decisione di associazione di imprese avente per «oggetto» di restringere la concorrenza di norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni calcistiche tra club e di partecipazione dei club e degli sportivi a dette competizioni
3. Sulla terza questione, relativa all’interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e dell’articolo 102 TFUE in presenza di comportamenti che consistono nel minacciare di sanzioni i club e gli sportivi che partecipino a competizioni non autorizzate
4. Sulla quinta questione, relativa alla possibilità di giustificare norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni e di partecipazione dei club e degli sportivi a dette competizioni
a) Sulla possibilità di considerare determinati comportamenti specifici come non rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e dell’articolo 102 TFUE
b) Sull’esenzione prevista all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE
c) Sulla giustificazione oggettiva alla luce dell’articolo 102 TFUE
5. Sulla quarta questione, relativa all’interpretazione degli articoli 101 e 102 TFUE in presenza di norme in materia di diritti legati alle competizioni sportive
a) Sulla detenzione dei diritti legati alle competizioni sportive
b) Sullo sfruttamento dei diritti legati alle competizioni sportive
c) Sull’esistenza di un’eventuale giustificazione
C. Sulla sesta questione relativa alle libertà di circolazione
1. Sull’identificazione della libertà di circolazione pertinente
2. Sull’esistenza di un ostacolo alla libera prestazione dei servizi
3. Sull’esistenza di un’eventuale giustificazione
Sulle spese
«Rinvio pregiudiziale – Concorrenza – Mercato interno – Regolamenti istituiti da associazioni sportive internazionali – Calcio professionistico – Enti di diritto privato investiti di poteri di regolamentazione, di controllo, decisionali e sanzionatori – Norme relative all’autorizzazione preventiva di competizioni, alla partecipazione dei club calcistici e dei giocatori a dette competizioni, nonché allo sfruttamento dei diritti commerciali e mediatici relativi a dette competizioni – Esercizio parallelo di attività economiche – Organizzazione e commercializzazione di competizioni – Sfruttamento dei relativi diritti commerciali e mediatici – Articolo 101, paragrafo 1, TFUE – Decisione di associazione di imprese lesiva della concorrenza – Nozioni di “oggetto” e di “effetto” anticoncorrenziali – Esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE – Presupposti – Articolo 102 TFUE – Abuso di posizione dominante – Giustificazione – Presupposti – Articolo 56 TFUE – Ostacoli alla libera prestazione dei servizi – Giustificazione – Presupposti – Onere della prova»
Nella causa C 333/21,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Juzgado de lo Mercantil de Madrid (Tribunale di commercio di Madrid, Spagna), con decisione dell’11 maggio 2021, pervenuta in cancelleria il 27 maggio 2021, nel procedimento
European Superleague Company SL,
contro
Fédération internationale de football association (FIFA),
Union des associations européennes de football (UEFA),
con l’intervento di:
A22 Sports Management SL,
Real Federación Española de Fútbol (RFEF),
Liga Nacional de Fútbol Profesional (LNFP),
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal, K. Jürimäe e O. Spineanu Matei, presidenti di sezione, J.-C. Bonichot, M. Safjan, L.S. Rossi, I. Jarukaitis, A. Kumin, N. Jääskinen, N. Wahl, J. Passer (relatore) e M. Gavalec, giudici,
avvocato generale: A. Rantos
cancelliere: M. Ferreira, amministratrice principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 e del 12 luglio 2022,
considerate le osservazioni presentate:
– per la European Superleague Company SL, da J.-L. Dupont, avocat, B. Irissarry Robina e M. Odriozola Alén, abogados;
– per la Fédération internationale de football association (FIFA), da J.M. Baño Fos, abogado, M. Hoskins, barrister, e A. Pascual Morcillo, abogado;
– per l’Union des associations européennes de football (UEFA), da H. Brokelmann, abogado, B. Keane, avocat, S. Love, barrister, D. Slater e D. Waelbroeck, avocats;
– per la A22 Sports Management SL, da L.A. Alonso Díez, F. Giménez Alvear Gutiérrez Maturana, F. Irurzun Montoro, abogados, e M. Sánchez Puelles González Carvajal, procurador;
– per la Real Federación Española de Fútbol (RFEF), da P. Callol García, abogado, B. González Rivero, procuradora, T. González Cueto e J. Manzarbeitia Pérez, abogados;
– per la Liga Nacional de Fútbol Profesional (LNFP), da D. Crespo Lasso de la Vega, Y. Martínez Mata, M. Pajares Villarroya, J. Ramos Rubio e S. Rating, abogados;
– per il governo spagnolo, da L. Aguilera Ruiz e A. Gavela Llopis, in qualità di agenti;
– per il governo ceco, da M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;
– per il governo danese, da J. Farver Kronborg, V. Pasternak Jørgensen, M. Søndahl Wolff e Y. Thyregod Kollberg, in qualità di agenti;
– per il governo tedesco, da J. Möller, in qualità di agente;
– per il governo estone, da N. Grünberg, in qualità di agente;
– per l’Irlanda, da M. Browne, Chief State Solicitor, A. Joyce e M. Tierney, in qualità di agenti, assistiti da S. Brittain, barrister;
– per il governo greco, da K. Boskovits, in qualità di agente;
– per il governo francese, da A.-L. Desjonquères, P. Dodeller, T. Stehelin e N. Vincent, in qualità di agenti;
– per il governo croato, da G. Vidović Mesarek, in qualità di agente;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da D. Del Gaizo e S.L. Vitale, avvocati dello Stato;
– per il governo cipriota, da I. Neophytou, in qualità di agente;
– per il governo lettone, da J. Davidoviča, K. Pommere e I. Romanovska, in qualità di agenti;
– per il governo lussemburghese, da A. Germeaux e T. Uri, in qualità di agenti;
– per il governo ungherese, da M.Z. Fehér, E. Gyarmati e K. Szíjjártó, in qualità di agenti;
– per il governo maltese, da A. Buhagiar, in qualità di agente;
– per il governo austriaco, da F. Koppensteiner, in qualità di agente;
– per il governo polacco, da B. Majczyna e M. Wiącek, in qualità di agenti;
– per il governo portoghese, da P. Barros da Costa, R. Capaz Coelho e C. Chambel Alves, in qualità di agenti, assistiti da J.L. da Cruz Vilaça, advogado;
– per il governo rumeno, da E. Gane, L. Liţu e A. Rotăreanu, in qualità di agenti;
– per il governo sloveno, da A. Dežman Mušič e N. Pintar Gosenca, in qualità di agenti;
– per il governo slovacco, da E.V. Drugda e B. Ricziová, in qualità di agenti;
– per il governo svedese, da O. Simonsson, M. Salborn Hodgson e H. Shev, in qualità di agenti;
– per il governo islandese, da J.B. Bjarnadóttir, in qualità di agente, assistita da G. Bergsteinsson, avocat;
– per il governo norvegese, da F. Bersgø, L. M. Moen Jünge, O.S. Rathore e P. Wennerås, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da S. Baches Opi, M. Mataija, G. Meessen, C. Urraca Caviedes e H. van Vliet, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 dicembre 2022,
ha pronunciato la presente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 101 e 102 TFUE, da un lato, e degli articoli 45, 49, 56 e 63 TFUE, dall’altro.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che contrappone la European Superleague Company SL (in prosieguo: la «ESLC») alla Fédération internationale de football association (FIFA) e all’Union des associations européennes de football (UEFA), con riferimento a una domanda con cui viene chiesto di dichiarare che la FIFA e la UEFA hanno violato gli articoli 101 e 102 TFUE, di intimare la cessazione di dette infrazioni e di adottare una serie di ingiunzioni nei confronti di tali enti.
I. Contesto normativo
A. Statuto della FIFA
3 La FIFA è un’associazione di diritto privato con sede in Svizzera. In base all’articolo 2 del suo statuto, nella versione del settembre 2020 cui rimanda la decisione di rinvio (in prosieguo: lo «statuto della FIFA»), essa si propone, segnatamente, di «organizzare le proprie competizioni internazionali», «redigere regole e provvedimenti disciplinanti il giuoco del calcio e le questioni ad esso afferenti facendo in modo che vengano rispettate» e «controllare il giuoco del calcio in tutte le sue forme, adottando tutte le misure necessarie o opportune per impedire la violazione dello statuto, dei regolamenti, delle decisioni della FIFA o dei regolamenti del giuoco» a livello mondiale.
4 Conformemente agli articoli 11 e 14 dello statuto della FIFA, ogni «federazione responsabile dell’organizzazione e del controllo del giuoco del calcio» in un determinato paese può divenire membro della FIFA a condizione, segnatamente, di essere già membro di una delle sei confederazioni continentali riconosciute dalla FIFA e indicate nell’articolo 22 di detto statuto, tra cui figura la UEFA, e di impegnarsi preventivamente a conformarsi, tra l’altro, allo statuto, ai regolamenti, alle direttive e alle decisioni della FIFA, nonché a quelli della confederazione continentale di cui detta federazione è già membro. In pratica, più di 200 federazioni calcistiche nazionali sono attualmente membri della FIFA. In forza degli articoli 14 e 15 dello statuto della FIFA, in tale veste esse sono tenute, in particolare, a provvedere affinché i propri membri o affiliati, nonché tutti i soggetti operanti nel mondo del calcio, segnatamente le leghe professionistiche, i club e i giocatori, rispettino lo statuto, i regolamenti, le direttive e le decisioni della FIFA.
5 L’articolo 20 di detto statuto, dal titolo «Status dei club, delle leghe e di altri raggruppamenti di club», dispone, al suo paragrafo 1, quanto segue:
«I club, le leghe o qualsiasi altro raggruppamento di club affiliati a una federazione membro sono subordinati a quest’ultima e da essa riconosciuti. Le competenze, i diritti e gli obblighi di detti raggruppamenti sono definiti nello statuto della federazione membro e i loro statuti e regolamenti devono essere approvati da quest’ultima».
6 L’articolo 22 di detto statuto, intitolato «Confederazioni», dispone, ai suoi paragrafi 1 e 3, quanto segue:
«1. Le federazioni membri appartenenti allo stesso continente sono raggruppate in seno alle seguenti confederazioni riconosciute dalla FIFA:
(...)
c) Union des associations européennes de football – UEFA
(...)
Il riconoscimento da parte della FIFA di ciascuna confederazione implica il pieno mutuo rispetto delle rispettive autorità nel rispettivo settore istituzionale di competenza come previsto nel presente statuto.
(...)
3. Ciascuna confederazione ha i seguenti diritti e obblighi:
a) rispettare e far rispettare lo statuto, i regolamenti e le decisioni della FIFA;
b) collaborare a stretto contatto con la FIFA in tutti i campi concernenti la realizzazione dell’obiettivo indicato all’articolo 2 e l’organizzazione di competizioni internazionali;
c) organizzare le proprie competizioni tra club, in conformità al calendario internazionale;
d) organizzare tutte le proprie competizioni internazionali in conformità al calendario internazionale;
e) assicurarsi che nessuna lega internazionale o altro analogo raggruppamento di club o di leghe siano costituiti senza il suo consenso e il consenso della FIFA;
(...)».
7 Ai sensi dell’articolo 24 dello statuto della FIFA, gli organi della FIFA comprendono, in particolare, un «organo legislativo», denominato «Congresso», che ne rappresenta la «suprema istanza», un «organo strategico e di supervisione», denominato «Consiglio», e un «organo esecutivo, operativo e amministrativo», denominato «segreteria generale».
8 L’articolo 67 di detto statuto, intitolato «Diritti sulle competizioni e sugli eventi», è formulato come segue:
«1. La FIFA, le federazioni che ne sono membri e le confederazioni sono i proprietari originali – senza alcuna restrizione riguardo al contenuto, al tempo, al luogo o alla legge – di tutti i diritti derivanti dagli incontri e da altre manifestazioni sotto la loro rispettiva giurisdizione. Rientrano tra questi diritti, in particolare, i diritti patrimoniali di ogni tipo, i diritti di registrazione, di riproduzione e di diffusione audiovisiva, i diritti multimediali, i diritti di marketing e di promozione e i diritti di proprietà intellettuale, quali i diritti sui segni distintivi e i diritti d’autore.
2. Il Consiglio stabilisce le modalità di sfruttamento e la portata dell’utilizzo di detti diritti ed emana, a tal fine, disposizioni speciali. Il Consiglio è libero di decidere se intende sfruttare tali diritti da solo o congiuntamente con terzi o delegarne lo sfruttamento a terzi».
9 L’articolo 68 di detto statuto, intitolato «Autorizzazione della diffusione», così dispone al suo paragrafo 1:
«La FIFA, le federazioni che ne sono membri e le confederazioni sono competenti in via esclusiva ad autorizzare la diffusione degli incontri e delle manifestazioni sotto la loro giurisdizione su supporti in particolare audiovisivi, senza alcuna restrizione riguardo al luogo, al contenuto e al tempo nonché agli aspetti tecnici e legali».
10 In base all’articolo 71 dello statuto della FIFA, dal titolo «Competizioni e incontri internazionali»:
«1. Il Consiglio è competente ad adottare tutti i regolamenti relativi all’organizzazione di competizioni e di incontri internazionali tra squadre rappresentative e tra leghe, club e/o squadre improvvisate. Nessun incontro o competizione può avere luogo senza la previa autorizzazione della FIFA, delle confederazioni e/o della federazione affiliata interessata. Le modalità sono disciplinate dal regolamento degli incontri internazionali.
2. Il Consiglio può adottare disposizioni relative a tali incontri e competizioni.
3. Il Consiglio determina i criteri relativi all’autorizzazione di situazioni speciali non previste dal regolamento degli incontri internazionali.
4. Fatta eccezione per l’autorizzazione in materia di competenze previste dal regolamento degli incontri internazionali, la FIFA può adottare la decisione finale riguardo all’autorizzazione di qualsiasi incontro o competizione internazionale».
11 L’articolo 72 di detto statuto, intitolato, «Contatti», stabilisce, al suo paragrafo 1:
«I giocatori e le squadre affiliate a una federazione membro o a un membro di confederazione ammesso in via provvisoria non possono, senza il consenso della FIFA, disputare incontri né avere contatti sportivi con giocatori o squadre non affiliati a una federazione membro o a un membro di confederazione ammesso in via provvisoria».
12 L’articolo 73 di detto statuto, rubricato «Autorizzazione», prevede quanto segue:
«A tutte le federazioni, le leghe e i club affiliati a una federazione membro è vietato aderire a un’altra federazione membro o partecipare a competizioni sul territorio di questa, salvo circostanze eccezionali. È richiesta, in ogni caso, l’autorizzazione delle due federazioni membri, della confederazione o delle confederazioni interessate e della FIFA».
B. Regolamento degli incontri internazionali della FIFA
13 In base all’articolo 1 del regolamento degli incontri internazionali della FIFA, nella sua versione in vigore dal 1º maggio 2014, detto regolamento ha ad oggetto la previsione delle autorizzazioni, delle comunicazioni e degli altri requisiti applicabili all’organizzazione di incontri o di competizioni tra squadre affiliate a diverse federazioni nazionali di calcio membri della FIFA, all’organizzazione di incontri o di competizioni tra squadre affiliate a una sola e medesima federazione nazionale quando tali incontri o competizioni sono disputati in un paese terzo, e all’organizzazione di incontri o di competizioni che coinvolgono giocatori o squadre che non sono affiliati a una federazione nazionale.
14 Ai sensi dell’articolo 2 di detto regolamento, rientrano nel suo ambito di applicazione tutti gli incontri internazionali e le competizioni internazionali, fatta eccezione per gli incontri disputati nell’ambito di competizioni organizzate dalla FIFA o da una delle confederazioni continentali da essa riconosciute.
15 A norma dell’articolo 6 di detto regolamento, tutti gli incontri internazionali devono essere autorizzati, a seconda del caso, dalla FIFA, dalla confederazione continentale interessata e/o dalle federazioni nazionali di calcio membri della FIFA cui sono affiliate le squadre partecipanti o nella cui giurisdizione devono essere disputati gli incontri di cui trattasi.
16 Conformemente agli articoli 7 e 10 del medesimo regolamento, tutti gli «incontri internazionali di prima categoria», definiti come tutti gli incontri che contrappongono la prima squadra rappresentativa di due federazioni nazionali di calcio membri della FIFA, devono essere autorizzati sia dalla FIFA che dalla confederazione continentale e dalle federazioni nazionali interessate. Per contro, in forza degli articoli 8 e 11 del regolamento degli incontri internazionali della FIFA, tutti gli «incontri internazionali di seconda categoria», definiti come tutti gli incontri che coinvolgono la prima squadra rappresentativa di una sola federazione nazionale, un’altra squadra rappresentativa di una tale federazione nazionale, una squadra composta da giocatori tesserati presso più club di una stessa federazione nazionale o, ancora, la prima squadra di un club che milita nella prima divisione di una federazione nazionale, devono essere autorizzati unicamente dalle confederazioni continentali e dalle federazioni nazionali interessate.
C. Statuto UEFA
17 Anche la UEFA è un’associazione di diritto privato avente la propria sede in Svizzera.
18 L’articolo 2, paragrafo 1, dello statuto della UEFA stabilisce che essa ha lo scopo di:
«a) trattare tutte le questioni riguardanti il calcio europeo;
b) promuovere il calcio in Europa in uno spirito di pace, comprensione e fair-play, senza discriminazioni fondate sulla politica, sul sesso, sulla religione, sulla razza o su qualsiasi altra condizione;
c) sorvegliare e controllare lo sviluppo del calcio in Europa in tutte le sue forme;
d) preparare e organizzare competizioni internazionali e tornei internazionali di calcio in tutte le sue forme a livello europeo (...);
e) impedire che metodi o pratiche mettano a repentaglio la regolarità degli incontri o delle competizioni o diano origine ad abusi nel mondo del calcio;
f) promuovere e proteggere le norme etiche e la buona governance nel calcio europeo;
g) assicurare che i valori dello sport prevalgano sempre sugli interessi commerciali;
h) ridistribuire i ricavi provenienti dal calcio conformemente al principio di solidarietà e sostenere il loro reinvestimento a favore di tutti i livelli e i settori del calcio, in particolare, a favore del calcio di base;
i) promuovere l’unità tra le federazioni membri nelle questioni che interessano il calcio europeo e mondiale;
j) salvaguardare gli interessi collettivi delle sue federazioni membri;
k) assicurare che sia tenuto conto in maniera adeguata degli interessi delle diverse parti interessate del calcio europeo (leghe, club, giocatori, sostenitori);
l) agire quale voce rappresentativa della famiglia del calcio europeo considerata nel suo complesso;
m) mantenere buoni rapporti e collaborare con la FIFA e con le altre confederazioni da essa riconosciute;
n) provvedere affinché i suoi rappresentanti all’interno della FIFA agiscano in maniera leale e in uno spirito di solidarietà europea;
o) conciliare gli interessi delle sue federazioni membri, dirimere le controversie che insorgano tra di esse e assisterle in questioni particolari ove ne facciano richiesta».
19 Conformemente all’articolo 5 di detto statuto, ogni federazione stabilita in un paese europeo riconosciuto come Stato indipendente dalla maggioranza dei membri dell’Organizzazione della Nazioni Unite (ONU) e che sia responsabile dell’organizzazione del calcio in detto paese, può divenire membro della UEFA. In forza dell’articolo 7 bis di detto statuto, tale status comporta l’obbligo, per le federazioni interessate, di rispettare lo statuto, i regolamenti e le decisioni della UEFA e di farle rispettare nel paese di appartenenza dalle leghe professionistiche a loro subordinate, nonché dai club e dai giocatori. In concreto, più di 50 federazioni calcistiche nazionali sono attualmente membri della UEFA.
20 Ai sensi degli articoli 11 e 12 del medesimo statuto, gli organi della UEFA comprendono, in particolare, un «organo supremo», denominato «Congresso», e un «Comitato esecutivo».
21 L’articolo 49 dello statuto UEFA, intitolato «Competizioni», così prevede:
«1. La UEFA ha competenza esclusiva ad organizzare e ad abolire competizioni internazionali in Europa alle quali partecipino federazioni e/o loro club. La presente disposizione non si applica alle competizioni della FIFA.
(...)
3. Gli incontri, le competizioni e i tornei internazionali che non sono organizzati dalla UEFA ma vengono disputati sul territorio della UEFA necessitano della previa autorizzazione della FIFA e/o della UEFA e/o delle federazioni membri competenti, conformemente al regolamento degli incontri internazionali della FIFA e alle norme di attuazione complementari adottate dal Comitato esecutivo della UEFA».
22 L’articolo 51 di detto statuto, dal titolo «Rapporti vietati», enuncia quanto segue:
«1. Non possono essere costituiti senza l’autorizzazione della UEFA raggruppamenti o unioni tra federazioni membri della UEFA oppure tra leghe o club direttamente o indirettamente affiliati a diverse federazioni membri della UEFA.
2. I membri della UEFA o le leghe e i club ad essi affiliati non possono disputare né organizzare incontri al di fuori del rispettivo territorio senza l’autorizzazione delle federazioni membri interessate».
II. Fatti e questioni pregiudiziali
A. Il progetto di Superlega
23 L’ESLC è una società di diritto privato con sede in Spagna. Essa è stata costituita su iniziativa di un gruppo di club di calcio professionistici stabiliti, a seconda dei casi, in Spagna (Club Atlético de Madrid, Fútbol Club Barcelona e Real Madrid Club de Fútbol), in Italia (Associazione Calcio Milan, Football Club Internazionale Milano e Juventus Football Club) e nel Regno Unito (Arsenal Football Club, Chelsea Football Club, Liverpool Football Club, Manchester City Football Club, Manchester United Football Club e Tottenham Hotspur Football Club). In base alla decisione di rinvio, essa ha ad oggetto la creazione di una nuova competizione internazionale di calcio professionistico denominata «Superlega». A tal fine, essa ha costituito o intende costituire tre società che andranno ad occuparsi, la prima, della gestione finanziaria, sportiva e disciplinare della Superlega una volta creata, la seconda, dello sfruttamento dei diritti mediatici legati a detta competizione e, la terza, dello sfruttamento delle altre attività commerciali ad essa connesse.
24 Anche la A22 Sports Management SL è una società di diritto privato stabilita in Spagna. Essa si presenta come una società avente ad oggetto la fornitura di servizi legati alla creazione e alla gestione di competizioni di calcio professionistico e, più in particolare, del progetto di Superlega.
25 Per quanto attiene al lancio di questo progetto, dalla decisione di rinvio emerge, anzitutto, che i club di calcio professionistico che hanno costituito l’ESLC intendevano creare una nuova competizione internazionale di calcio che raggruppa, da un lato, da dodici a quindici club di calcio professionistico aventi lo status di «membri permanenti» e, dall’altro, un numero da definire di club di calcio professionistico aventi lo status di «club qualificati» e che devono essere selezionati secondo un determinato procedimento.
26 Inoltre, detto progetto si fondava su un patto parasociale e di investimento che prevedeva, da un lato, la conclusione di una serie di contratti che vincolavano ciascuno dei club di calcio professionistici partecipanti alla Superlega o che intendevano parteciparvi alle tre società costituite o da costituire dall’ESLC; tali contratti avevano per oggetto di precisare, in particolare, le modalità con cui i club coinvolti dovevano cedere all’ESLC i loro diritti mediatici o commerciali su detta competizione, oltre al corrispettivo di una siffatta cessione. Dall’altro, era prevista la conclusione di una serie di contratti con le suddette tre società nell’ottica di coordinare la fornitura dei servizi necessari per la gestione della Superlega, per lo sfruttamento dei diritti ceduti all’ESLC e per l’attribuzione ai club partecipanti dei fondi a disposizione dell’ESLC. Quanto alla messa a disposizione di tali fondi, essa era prevista in una lettera con cui la JP Morgan AG si impegnava a concedere all’ESLC, mediante un prestito ponte di importo massimo di circa 4 miliardi di EUR, un sostegno finanziario e una sovvenzione per infrastrutture volti a consentire la creazione della Superlega e il suo finanziamento provvisorio in attesa che fosse organizzata un’emissione di obbligazioni sul mercato dei capitali.
27 Infine, il patto parasociale e di investimento di cui trattasi subordinava la creazione della Superlega e la messa a disposizione dei fondi a tal fine necessari a una condizione sospensiva, consistente nell’ottenere o il riconoscimento, da parte della FIFA o della UEFA, di detta competizione internazionale e della sua conformità alle norme adottate da tali due enti, o la concessione, da parte delle autorità amministrative o giurisdizionali competenti, di una tutela giuridica idonea a consentire ai club di calcio professionistici aventi lo status di membri permanenti di detta competizione di partecipare ad essa senza pregiudicare la rispettiva appartenenza o partecipazione alle federazioni nazionali di calcio, alle leghe professionistiche o alle competizioni internazionali in cui erano sino a quel momento coinvolti. A tal fine, detto patto prevedeva, in particolare, che la FIFA e la UEFA sarebbero state informate del progetto di Superlega.
B. Procedimento principale e questioni pregiudiziali
28 Il procedimento principale trae origine da un’azione in materia commerciale, corredata da una domanda di adozione di misure cautelari inaudita altera parte, proposta dall’ESLC dinanzi allo Juzgado de lo Mercantil de Madrid (Tribunale di commercio di Madrid, Spagna) contro la FIFA e la UEFA.
29 Secondo il giudice del rinvio, la proposizione di detta azione ha fatto seguito al lancio del progetto di Superlega da parte dell’ESLC e all’opposizione espressa dalla FIFA e dalla UEFA a detto progetto.
30 A tal proposito, il giudice del rinvio osserva che il 21 gennaio 2021 la FIFA e le sei confederazioni continentali da essa riconosciute, tra cui la UEFA, hanno pubblicato una dichiarazione in cui esse hanno, in primo luogo, manifestato il loro rifiuto di riconoscere la Superlega, in secondo luogo, avvisato che tutti i club di calcio professionistici e i giocatori partecipanti a detta competizione internazionale sarebbero stati esclusi da quelle organizzate dalla FIFA e dalla UEFA e, in terzo luogo, sottolineato che tutte le competizioni internazionali di calcio dovevano essere organizzate o autorizzate dagli enti competenti, quali previsti dagli statuti della FIFA e delle confederazioni continentali. Detta dichiarazione conteneva, in particolare, il seguente passaggio:
«Alla luce delle recenti speculazioni della stampa sulla creazione di una “Super Lega europea” organizzata da alcuni club europei, la FIFA e le sei confederazioni (...) ancora una volta vogliono ribadire e sottolineare con forza che una tale competizione non sarebbe riconosciuta né dalla FIFA né dalle rispettive confederazioni. Qualsiasi club o giocatore coinvolto in una competizione del genere non sarebbe di conseguenza autorizzato a prendere parte a competizioni organizzate dalla FIFA o dalle altre confederazioni.
Secondo gli statuti della FIFA e delle confederazioni, tutte le competizioni devono essere organizzate e riconosciute dal rispettivo organo competente, quindi dalla FIFA a livello globale e dalle confederazioni a livello continentale».
31 Inoltre, il 18 aprile 2021, la UEFA, le federazioni inglese, spagnola e italiana di calcio e talune leghe professionistiche ad esse subordinate hanno pubblicato un comunicato in cui esse indicavano, in particolare, che «ai club in questione sarà vietato giocare in qualsiasi altra competizione a livello nazionale, europeo o mondiale, e ai loro giocatori potrebbe essere negata l’opportunità di rappresentare le loro squadre nazionali».
32 Il 19 e il 20 aprile 2021 il giudice del rinvio ha poi dichiarato ricevibile l’azione dell’ESLC e ha adottato, in via cautelare e inaudita altera parte, una serie di ingiunzioni finalizzate, in sostanza, a indurre la FIFA, la UEFA e, per il loro tramite, le federazioni nazionali di calcio che ne sono membri ad astenersi per l’intera durata del procedimento giurisdizionale dal tenere qualsiasi comportamento volto a impedire o ad ostacolare la creazione della Superlega e la partecipazione ad essa dei club di calcio professionistici e dei giocatori, nonché, segnatamente, dall’adottare e dal minacciare l’adozione di misure disciplinari o sanzionatorie nei confronti dei club o dei giocatori.
33 A fondamento della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, detto giudice osserva in sostanza, in primo luogo, che dalla giurisprudenza consolidata della Corte e del Tribunale emerge che l’attività sportiva non è esclusa dall’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà di circolazione (sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C 415/93, EU:C:1995:463, e del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi, C 22/18, EU:C:2019:497) e alle norme sulla concorrenza (sentenze del 1º luglio 2008, MOTOE, C 49/07, EU:C:2008:376, e del 26 gennaio 2005, Piau/Commissione, T 193/02, EU:T:2005:22).
34 In secondo luogo, detto giudice ritiene che le due attività economiche distinte ma complementari che costituiscono il mercato interessato nel caso di specie, da un punto di vista materiale e geografico, siano l’organizzazione e la commercializzazione di competizioni calcistiche internazionali tra club sul territorio dell’Unione, da un lato, e lo sfruttamento dei diversi diritti legati a dette competizioni, che si tratti di diritti patrimoniali, di diritti di registrazione, riproduzione e diffusione audiovisiva, di altri diritti mediatici, di diritti di natura commerciale o, ancora, di diritti di proprietà intellettuale, dall’altro.
35 In terzo luogo, esso ritiene che la FIFA e la UEFA detengano, da molto tempo, una posizione di monopolio economico e commerciale e, quindi, di dominio sul mercato interessato, tale da consentire loro di operare su tale mercato indipendentemente da qualsiasi potenziale concorrenza, il che le rende partner obbligati per tutti i soggetti già operanti su detto mercato o che intendono accedervi, a vario titolo, e impone loro una particolare responsabilità sotto il profilo del mantenimento della concorrenza.
36 A tal riguardo, esso osserva, anzitutto, che la posizione dominante di cui godono la FIFA e la UEFA pesa non soltanto sulle imprese che vorrebbero competere con loro organizzando altre competizioni internazionali di calcio, ma anche, attraverso le federazioni nazionali di calcio che ne sono membri, su tutti gli altri soggetti operanti nel mondo del calcio, come i club di calcio professionistici o i giocatori, situazione questa già riconosciuta dal Tribunale (sentenza del 26 gennaio 2005, Piau/Commissione, T 193/02, EU:T:2005:22). Esso precisa poi che la posizione dominante della FIFA e della UEFA sul mercato di cui trattasi nel procedimento principale si fonda non soltanto su un monopolio economico e commerciale, ma anche, e in definitiva soprattutto, sull’esistenza di poteri di regolamentazione, di controllo, decisionali e sanzionatori che consentono alla FIFA e alla UEFA di definire, in modo autoritativo e completo, le condizioni in cui tutti gli altri soggetti operanti su detto mercato possono ivi esercitare un’attività economica. Infine, esso osserva che la combinazione di tutti questi elementi crea, in pratica, una barriera all’ingresso pressoché impossibile da superare per i concorrenti potenziali della FIFA e della UEFA. In particolare, essi si scontrerebbero con norme in materia di previa autorizzazione applicabili all’organizzazione di competizioni internazionali di calcio e alla partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a dette competizioni, nonché con norme in materia di acquisizione e di sfruttamento esclusivo dei diversi diritti ad esse legati.
37 In quarto luogo, il giudice del rinvio si chiede se il comportamento della FIFA e della UEFA non integri, sotto due profili, un abuso di posizione dominante vietato dall’articolo 102 TFUE.
38 A tal riguardo, esso osserva, da un lato, che dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale (sentenze del 1º luglio 2008, MOTOE, C 49/07, EU:C:2008:376, punti 51 e 52, e del 16 dicembre 2020, International Skating Union/Commissione, T 93/18, EU:T:2020:610, punto 70) emerge che il fatto di conferire, in via legislativa o regolamentare, a un’associazione sportiva che esercita un’attività economica di organizzazione e di commercializzazione di competizioni sportive il potere di designare in parallelo, de iure o de facto, le altre imprese autorizzate a organizzare dette competizioni, senza fissare limiti, obblighi e controlli adeguati per tale potere, concede a tale associazione sportiva un evidente vantaggio sui suoi concorrenti, permettendole sia di impedire l’accesso di questi ultimi al mercato sia di favorire la propria attività economica.
39 Alla luce di detta giurisprudenza, a parere del giudice del rinvio, è possibile ritenere, nel caso di specie, che la FIFA e la UEFA abusino della loro posizione dominante sul mercato di cui trattasi nel procedimento principale. Infatti, le norme adottate da detti due enti nella loro veste di federazioni e in forza dei poteri di regolamentazione e di controllo che essi si sono attribuiti per quanto attiene alla previa autorizzazione delle competizioni internazionali di calcio, consentirebbero loro di impedire l’accesso di imprese potenzialmente concorrenti su detto mercato, tanto più che tali poteri sarebbero corredati di poteri decisionali e sanzionatori che consentono loro di obbligare sia le federazioni nazionali di calcio loro membri, sia gli altri soggetti operanti nel mondo del calcio, in particolare i club di calcio professionistico e i giocatori, a rispettare il loro monopolio su detto mercato. Inoltre, lo statuto della FIFA e lo statuto della UEFA non conterrebbero disposizioni volte a garantire che l’applicazione di queste norme di previa autorizzazione e, più in generale, l’esercizio dei poteri decisionali e sanzionatori cui esse si accompagnano siano guidati esclusivamente da obiettivi di interesse generale e non da interessi commerciali o finanziari legati all’attività economica cui detti enti si dedicano in parallelo. Infine, tali norme e tali poteri non sarebbero disciplinati da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato, così da limitare il potere discrezionale della FIFA e della UEFA. Le misure annunciate da questi due enti nel caso di specie, a seguito del lancio del progetto di Superlega, sarebbero esemplificative di tale situazione.
40 Dall’altro, il giudice del rinvio si chiede se la FIFA e la UEFA non violino anche gli articoli 101 e 102 TFUE appropriandosi, con i propri statuti, di tutti i diritti giuridici ed economici legati alle competizioni internazionali di calcio organizzate sul territorio dell’Unione, nonché riservandosi lo sfruttamento esclusivo di tali diritti. Infatti, le norme adottate dalla FIFA a tal proposito assegnerebbero ad essa, alla UEFA e alle federazioni nazionali di calcio che ne sono membri lo status di «proprietari originali» di detti diritti, privando di conseguenza i club di calcio professionistico che partecipano a tali competizioni della proprietà su di essi o obbligandoli a cederli a detti due enti. Inoltre, queste norme si accompagnerebbero alle norme in materia di previa autorizzazione e, più in generale, ai poteri di regolamentazione, di controllo, decisionali e sanzionatori di cui la FIFA e la UEFA dispongono per precludere il mercato di cui trattasi a tutte le imprese potenzialmente concorrenti o, quantomeno, per dissuaderle dall’accedervi, limitando la loro possibilità di sfruttare i diversi diritti legati alle competizioni di cui trattasi.
41 In quinto luogo, detto giudice osserva che il comportamento della FIFA e della UEFA è altresì atto a violare il divieto di intese enunciato all’articolo 101 TFUE.
42 A tal proposito esso ritiene, sotto un primo profilo, che gli articoli 20, 22, 67, 68 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA, gli articoli 49 e 51 dello statuto della UEFA e i pertinenti articoli del regolamento degli incontri internazionali della FIFA rispecchino la decisione, adottata da ciascuna di queste due associazioni di imprese e applicabili, segnatamente, sul territorio dell’Unione, di coordinare, assoggettandolo a determinate norme e a determinate condizioni comuni, il proprio comportamento e quello delle imprese che ne sono direttamente o indirettamente membri sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni calcistiche tra club, nonché dello sfruttamento dei diversi diritti ad esse legati. Infatti, a prescindere dalle norme in materia di previa autorizzazione, decisionali e sanzionatorie che figurano in detti articoli, questi ultimi conterrebbero diverse disposizioni volte a garantirne il rispetto sia da parte delle federazioni nazionali di calcio che sono membri della FIFA e della UEFA, sia da parte dei club di calcio professionistici che sono membri di dette federazioni nazionali o che sono ad esse affiliati.
43 Sotto un secondo profilo, il giudice del rinvio ritiene che dall’esame del contenuto delle norme di cui trattasi, del contesto economico e giuridico in cui esse si inseriscono, degli obiettivi che esse perseguono e, nel caso specifico, delle misure applicative annunciate dalla FIFA e dalla UEFA il 21 gennaio e il 18 aprile 2021, emerga che dette norme possono restringere la concorrenza sul mercato di cui trattasi nel procedimento principale. Riprendendo, a tal proposito, tutti gli elementi già menzionati nell’ambito della sua analisi relativa all’articolo 102 TFUE, esso aggiunge, in termini più generali, che il problema di concorrenza che esso si trova ad affrontare deriva, in definitiva, dal fatto che la FIFA e la UEFA sono sia imprese che monopolizzano il mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni calcistiche internazionali tra club, in particolare sul territorio dell’Unione, e altresì il mercato dello sfruttamento dei diversi diritti legati a dette competizioni, sia associazioni di diritto privato, dotate, in forza dei loro statuti, di poteri di regolamentazione, di controllo, decisionali e sanzionatori applicabili a tutti i soggetti che operano nel mondo del calcio, che si tratti di operatori economici o di sportivi. Infatti, essendo così al contempo «legislatore e parte», la FIFA e la UEFA si troverebbero manifestamente in una situazione di conflitto di interesse tale da indurle ad avvalersi dei propri poteri di previa autorizzazione e sanzionatori per impedire la creazione di competizioni internazionali di calcio che non rientrano nel loro sistema e, quindi, per ostacolare ogni forma di potenziale concorrenza sul mercato.
44 In sesto e ultimo luogo, il giudice del rinvio si chiede se le norme in materia di previa autorizzazione e le norme sanzionatorie adottate dalla FIFA e dalla UEFA e le misure annunciate, nel caso di specie, da detti due enti, il 21 gennaio e il 18 aprile 2021, ledano, al contempo, la libertà di circolazione dei lavoratori di cui godono i giocatori che sono o potrebbero essere assunti dai club di calcio professionistici che intendono partecipare a competizioni internazionali di calcio come la Superlega, le libertà di prestazione dei servizi e di stabilimento di cui beneficiano sia i club che le imprese che propongono altri servizi legati all’organizzazione e alla commercializzazione di tali competizioni, nonché la libertà di circolazione dei capitali necessari per la creazione di queste ultime.
45 A tal proposito, il giudice del rinvio osserva, in particolare, che dalla giurisprudenza consolidata della Corte risulta che una normativa di origine pubblica o privata che instaura un sistema di previa autorizzazione deve non soltanto essere giustificata da un obiettivo di interesse generale, ma anche essere conforme al principio di proporzionalità, il che implica, segnatamente, che l’esercizio del potere discrezionale di cui l’ente competente dispone per emanare una siffatta autorizzazione sia disciplinato da criteri trasparenti, oggettivi e non discriminatori (sentenza del 22 gennaio 2002, Canal Satélite Digital, C 390/99, EU:C:2002:34, punto 35 e giurisprudenza citata).
46 Orbene, nel caso di specie, questi diversi requisiti non sarebbero soddisfatti, come emergerebbe dai differenti elementi menzionati nell’ambito dell’analisi compiuta con riferimento agli articoli 101 e 102 TFUE.
47 In tali circostanze, lo Juzgado de lo Mercantil de Madrid (Tribunale di commercio di Madrid) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che vieta un abuso di posizione dominante in base al quale la FIFA e la UEFA stabiliscono nei loro statuti (in particolare, agli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA, agli articoli 49 e 51 dello statuto della UEFA, nonché in qualsiasi articolo analogo contenuto negli statuti delle federazioni membri e delle leghe nazionali) che è richiesta una previa autorizzazione da parte di tali enti, ai quali è stata attribuita la competenza esclusiva di organizzare o autorizzare competizioni internazionali per club in Europa, affinché un’entità terza istituisca una nuova competizione paneuropea per club come la Superlega, in particolare, quando non esiste una procedura regolamentata sulla base di criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori, e tenuto conto del possibile conflitto di interessi che interessa la FIFA e la UEFA.
2) Se l’articolo 101 TFUE debba essere interpretato nel senso che vieta alla FIFA e alla UEFA di imporre nei loro statuti (in particolare agli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA, agli articoli 49 e 51 dello statuto della UEFA, nonché in qualsiasi articolo di analogo contenuto negli statuti delle federazioni membri e delle leghe nazionali) una previa autorizzazione da parte di tali enti, ai quali è stata attribuita la competenza esclusiva di organizzare o autorizzare competizioni internazionali in Europa, affinché un’entità terza possa istituire una competizione paneuropea per club come la Superlega, in particolare, quando non esiste una procedura regolamentata sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori, e tenuto conto del possibile conflitto di interessi che interesserebbe la FIFA e la UEFA.
3) Se gli articoli 101 e/o 102 [TFUE] debbano essere interpretati nel senso che vietano un’azione da parte della FIFA, della UEFA, delle loro federazioni che ne sono membri e/o delle leghe nazionali diretta a minacciare l’adozione di sanzioni contro i club che partecipano alla Superlega e/o i loro giocatori per la dissuasione che potrebbero generare. Se, qualora siano adottate le sanzioni di esclusione da competizioni o di divieto di partecipare a partite delle squadre nazionali, tali sanzioni, senza essere fondate su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori, costituiscono una violazione degli articoli 101 e/o 102 del TFUE.
4) Se gli articoli 101 e/o 102 TFUE debbano essere interpretati nel senso che sono con essi incompatibili le disposizioni degli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA in quanto identificano la UEFA e le federazioni nazionali che ne sono membri come “proprietari originali di tutti i diritti derivanti dagli incontri (…) sotto la rispettiva giurisdizione”, privando i club partecipanti e qualsiasi altro organizzatore di competizioni alternative della titolarità originaria di tali diritti, assumendosi la responsabilità esclusiva della loro commercializzazione.
5) Se, qualora la FIFA e la UEFA, quali entità a cui è attribuita la competenza esclusiva di organizzare e autorizzare competizioni internazionali di club calcistici in Europa, vietassero o si opponessero, sulla base delle suddette disposizioni dei loro statuti, allo sviluppo della Superlega, l’articolo 101 TFUE debba essere interpretato nel senso che tali restrizioni alla concorrenza potrebbero beneficiare dell’eccezione stabilita in detta disposizione, dato che la produzione è circoscritta in maniera sostanziale, la comparsa sul mercato di prodotti alternativi a quelli offerti dalla FIFA/UEFA è protetta e l’innovazione è limitata, precludendo formati e modalità ulteriori, eliminando la concorrenza potenziale nel mercato e limitando la scelta del consumatore. Se siffatta restrizione trarrebbe vantaggio da una giustificazione obiettiva che consenta di ritenere che non vi sia abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.
6) Se gli articoli 45, 49, 56 e/o 63 TFUE debbano essere interpretati nel senso che una disposizione come quella contenuta negli statuti della FIFA e della UEFA (in particolare gli articoli 22 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA, gli articoli 49 e 51 dello statuto della UEFA, nonché qualsiasi altro articolo analogo contenuto negli statuti delle federazioni membri e delle leghe nazionali) costituisce una restrizione contraria ad alcune delle libertà [di circolazione] sancite in tali disposizioni, richiedendo una previa autorizzazione di tali enti per l’istituzione da parte di un operatore economico di uno Stato membro di una competizione per club paneuropea come la Superlega».
III. Procedimento dinanzi alla Corte
48 Nella sua decisione di rinvio, lo Juzgado de lo Mercantil de Madrid (Tribunale di commercio di Madrid) ha chiesto alla Corte di sottoporre la presente causa al procedimento accelerato previsto all’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte. A fondamento di tale domanda esso ha dedotto, da un lato, il carattere importante e sensibile, da un punto di vista economico e sociale, della controversia principale e delle questioni poste alla Corte, poiché detta controversia e dette questioni vertono sull’organizzazione di competizioni calcistiche nel territorio dell’Unione e sullo sfruttamento dei diversi diritti legati a dette competizioni. Dall’altro, esso ha osservato che le suddette questioni sono sollevate nell’ambito di un procedimento giurisdizionale nazionale che ha già portato all’adozione di misure cautelari e che presenta una certa urgenza tenuto conto dei danni dedotti dai club di calcio professionistici che hanno costituito l’ESLC e, in termini più ampi, delle conseguenze pratiche e finanziarie che la pandemia di COVID 19 ha comportato per il settore del calcio, in particolare nel territorio dell’Unione.
49 Con decisione del 1º luglio 2021, il presidente della Corte ha respinto detta domanda in ragione del fatto che le circostanze invocate a suo fondamento non giustificavano, di per sé, la sottoposizione della presente causa al procedimento accelerato.
50 Infatti, il procedimento in parola è uno strumento procedurale destinato a rispondere a una situazione di straordinaria urgenza, la cui esistenza deve essere accertata con riferimento a circostanze eccezionali proprie della fattispecie in relazione alla quale viene presentata una domanda di procedimento accelerato (ordinanze del presidente della Corte del 20 dicembre 2017, M.A. e a., C 661/17, EU:C:2017:1024, punto 17, e del 25 febbraio 2021, Sea Watch, C 14/21 e C 15/21, EU:C:2021:149, punto 22).
51 Orbene, il carattere importante e delicato, da un punto di vista economico e sociale, di una controversia e delle questioni sottoposte alla Corte in collegamento con essa in un determinato ambito del diritto dell’Unione, non può dimostrare la sussistenza di una situazione di straordinaria urgenza e, di conseguenza, la necessità di ricorrere al procedimento accelerato (v., in tal senso, ordinanze del presidente della Corte del 27 febbraio 2019, M.V. e a., C 760/18, EU:C:2019:170, punto 18, e del 25 febbraio 2021, Sea Watch, C 14/21 e C 15/21, EU:C:2021:149, punto 24).
52 Inoltre, la circostanza che una controversia presenti un carattere urgente e che il giudice nazionale competente sia tenuto a far ricorso a ogni strumento utile al fine di garantirne la rapida soluzione non giustifica, di per sé, che la Corte tratti la corrispondente causa pregiudiziale con detto procedimento alla luce dell’oggetto e delle condizioni di applicazione di quest’ultimo (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 25 febbraio 2021, Sea Watch, C 14/21 e C 15/21, EU:C:2021:149, punti da 26 a 29). Infatti, è in primo luogo al giudice nazionale investito di detta controversia, il quale si trova nella posizione migliore per valutarne le implicazioni concrete per le parti e che ritenga necessario sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte, che spetta adottare, in attesa della decisione di quest’ultima, tutti i provvedimenti provvisori adeguati a garantire la piena efficacia della decisione che esso stesso è chiamato a rendere (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 25 febbraio 2021, Sea Watch, C 14/21 e C 15/21, EU:C:2021:149, punto 33), come ha peraltro fatto il giudice del rinvio nel caso di specie.
IV. Sulla ricevibilità
53 Le resistenti nel procedimento principale, una delle due parti intervenute in detto procedimento a loro sostegno, l’Irlanda e i governi francese e slovacco hanno messo in dubbio la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale nel suo complesso.
54 Gli argomenti da essi dedotti a tal proposito sono, sostanzialmente, di tre ordini. Essi comprendono, in primis, argomenti di carattere procedurale vertenti sul fatto che la decisione di rinvio è intervenuta, da un lato, a seguito dell’adozione di misure cautelari inaudita altera parte, e quindi senza che le parti del procedimento principale fossero state preliminarmente sentite, come avrebbero invece richiesto le pertinenti disposizioni di diritto interno, e, dall’altro, senza che il giudice del rinvio si sia pronunciato sulla domanda avanzata dalle resistenti nel procedimento principale volta ad ottenere una dichiarazione di incompetenza da parte sua a favore delle autorità giurisdizionali elvetiche. In secondo luogo, sono dedotti argomenti di carattere formale, secondo cui il contenuto della suddetta decisione non rispetterebbe i requisiti di cui all’articolo 94, lettera a), del regolamento di procedura, poiché essa non illustrerebbe in maniera sufficientemente esatta e dettagliata il contesto giuridico e di fatto nell’ambito del quale il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi. Tale situazione risulterebbe particolarmente problematica in una causa che presenta un carattere complesso, vertente essenzialmente sull’interpretazione e sull’applicazione delle regole di concorrenza dell’Unione. Inoltre, essa potrebbe impedire agli interessati di prendere proficuamente posizione sulle questioni da definire. In terzo luogo, sono dedotti argomenti di ordine sostanziale vertenti sul carattere ipotetico della domanda di pronuncia pregiudiziale, nella misura in cui non sussisterebbe una controversia reale la cui trattazione potrebbe richiedere una qualche decisione interpretativa da parte della Corte. Tale situazione si presenterebbe, segnatamente, in ragione del fatto che nessuna domanda di autorizzazione del progetto di Superlega è stata, ad oggi, presentata nella forma prescritta alla FIFA e alla UEFA e che detto progetto era ancora vago e in una fase poco avanzata sia nel momento in cui è stato annunciato, sia alla data della proposizione dell’azione all’origine del procedimento principale.
55 I governi francese, ungherese e rumeno hanno peraltro messo in dubbio la ricevibilità delle questioni dalla terza alla sesta proposte dal giudice del rinvio, per ragioni sostanzialmente analoghe a quelle invocate per eccepire l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale nella sua interezza, vale a dire il loro carattere non sufficientemente fondato o ipotetico. In tale contesto, i principali elementi dedotti vertono sull’assenza di un rapporto di fatto o giuridico reale o sufficientemente esplicitato nella decisione di rinvio, tra, da un lato, il procedimento principale e, dall’altro, le regole della FIFA in materia di acquisizione e di sfruttamento dei diversi diritti legati alle competizioni calcistiche internazionali (quarta questione) e le disposizioni del Trattato FUE sulle libertà di circolazione (sesta questione).
A. Sulle condizioni procedurali di adozione della decisione di rinvio
56 Nell’ambito di un procedimento pregiudiziale, non spetta alla Corte, alla luce della ripartizione delle funzioni tra essa e i giudici nazionali, verificare se la decisione di rinvio sia stata adottata in conformità delle norme nazionali in materia di ordinamento giudiziario e di procedure giurisdizionali. Inoltre, la Corte deve attenersi a detta decisione fintantoché essa non sia stata annullata a seguito dell’esperimento dei rimedi giurisdizionali eventualmente previsti dal diritto interno (sentenze del 14 gennaio 1982, Reina, 65/81, EU:C:1982:6, punto 7, e del 29 marzo 2022, Getin Noble Bank, C 132/20, EU:C:2022:235, punto 70).
57 Pertanto, nel caso di specie, non spetta quindi alla Corte né determinare quali siano le regole processuali previste dal diritto interno per l’adozione di una decisione come la decisione di rinvio ove, come nel caso di specie, siano state precedentemente adottate misure cautelari inaudita altera parte, né verificare se detta decisione sia stata adottata in conformità a tali regole.
58 Inoltre, tenuto conto degli argomenti dedotti da alcune delle ricorrenti nel procedimento principale, occorre osservare che un giudice nazionale può proporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale anche nell’ambito di un procedimento avente carattere d’urgenza, come un procedimento vertente sulla concessione di misure cautelari o di altri provvedimenti sommari (v., in tal senso, sentenze del 24 maggio 1977, Hoffmann La Roche, 107/76, EU:C:1977:89, punti 1 e 4, e del 13 aprile 2000, Lehtonen e Castors Braine, C 176/96, EU:C:2000:201, punto 20), sia nell’ambito di un procedimento privo di carattere contraddittorio (v., in tal senso, sentenze del 14 dicembre 1971, Politi, 43/71, EU:C:1971:122, punti 4 e 5, e del 2 settembre 2021, Finanzamt für Steuerstrafsachen und Steuerfahndung Münster, C 66/20, EU:C:2021:670, punto 37), a patto che siano soddisfatte tutte le condizioni di cui all’articolo 267 TFUE e che una siffatta domanda rispetti tutti i pertinenti requisiti quanto alla sua forma e al suo contenuto (v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 1998, Corsica Ferries France, C 266/96, EU:C:1998:306, punti 23 e 24).
B. Sul contenuto della decisione di rinvio
59 Il procedimento pregiudiziale istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione che servono loro per adottare una decisione nell’ambito delle controversie che essi sono chiamati a dirimere. Secondo una giurisprudenza costante, ormai recepita nell’articolo 94, lettere a) e b), del regolamento di procedura, l’esigenza di giungere a un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile al giudice nazionale impone che quest’ultimo definisca il contesto materiale e normativo in cui si inseriscono le questioni sollevate, o almeno che esso spieghi le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate. Inoltre, è indispensabile che, come enunciato all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, la domanda di pronuncia pregiudiziale contenga l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio ad interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, ed indichi il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale. Tali requisiti valgono, più in particolare, nei settori caratterizzati da situazioni di fatto e di diritto complesse, come il settore della concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 27 novembre 2012, Pringle, C 370/12, EU:C:2012:756, punto 83, e del 29 giugno 2023, Super Bock Bebidas, C 211/22, EU:C:2023:529, punti 23 e 24).
60 Inoltre, le informazioni trasmesse con la decisione di rinvio devono non solo consentire alla Corte di fornire soluzioni utili, ma altresì dare ai governi degli Stati membri e agli altri interessati la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenze del 1º aprile 1982, Holdijk e a., da 141/81 a 143/81, EU:C:1982:122, punto 7, e dell’11 aprile 2000, Deliège, C 51/96 e C 191/97, EU:C:2000:199, punto 31).
61 Nel caso di specie, la domanda di pronuncia pregiudiziale soddisfa i requisiti richiamati ai precedenti due punti della presente sentenza. Infatti, la decisione di rinvio presenta, in maniera dettagliata, il contesto di fatto e regolamentare in cui si inseriscono le questioni presentate alla Corte. Inoltre, la decisione di cui trattasi illustra in modo circostanziato i motivi in fatto e in diritto che hanno portato il giudice del rinvio a ritenere che fosse necessario sottoporre dette questioni, oltre al collegamento che lega, a suo avviso, gli articoli 45, 49, 56, 63, 101 e 102 TFUE al procedimento principale, alla luce della giurisprudenza della Corte e del Tribunale. Infine, il giudice del rinvio ha ivi esposto, in maniera chiara e precisa, gli elementi su cui si è fondato per formulare egli stesso talune valutazioni in fatto e in diritto.
62 In particolare, le valutazioni compiute dal giudice del rinvio vertenti, da un lato, sul mercato oggetto del procedimento principale, definito come il mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni calcistiche tra club nel territorio dell’Unione, nonché dello sfruttamento dei diversi diritti legati a tali competizioni, e, dall’altro, sulla posizione dominante che la FIFA e la UEFA ivi occupano, consentono di comprendere la reale natura del rapporto esistente, nell’ambito così definito, tra il procedimento principale e la quarta questione posta alla Corte, con cui detto giudice si interroga sull’interpretazione dell’articolo 102 TFUE ai fini della sua eventuale applicazione alle norme della FIFA in materia di acquisizione e di sfruttamento dei diritti controversi.
63 Inoltre, il tenore delle osservazioni scritte presentate alla Corte evidenzia come i loro autori non abbiano incontrato alcuna difficoltà nel cogliere il contesto di fatto e giuridico in cui si inseriscono le questioni poste dal giudice del rinvio, nel comprendere il senso e la portata delle sottostanti considerazioni in punto di fatto, nell’individuare i motivi per cui il giudice del rinvio ha ritenuto necessario porle e, in definitiva, nel prendere posizione in modo completo e proficuo al riguardo.
C. Sulla effettività della controversia e sulla pertinenza delle questioni poste alla Corte
64 Spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia principale e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria decisione sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Ne consegue che le questioni poste dai giudici nazionali godono di una presunzione di pertinenza e che il rifiuto della Corte di pronunciarsi su tali questioni è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile a dette questioni [v., in tal senso, sentenze del 16 dicembre 1981, Foglia, 244/80, EU:C:1981:302, punti 15 e 18, e del 7 febbraio 2023, Confédération paysanne e a. (Mutagenesi casuale in vitro), C 688/21, EU:C:2023:75, punti 32 e 33].
65 Nel caso di specie, in aggiunta alle valutazioni di cui al punto 61 della presente sentenza, occorre osservare che le considerazioni svolte dal giudice del rinvio e qui riassunte ai punti da 28 a 32 attestano la realtà effettiva del procedimento principale. Inoltre, tali medesime considerazioni, al pari di quelle menzionate ai punti da 33 a 46 della presente sentenza, mettono in evidenza come la richiesta avanzata dal giudice del rinvio alla Corte di pronunciarsi, in tale contesto, sull’interpretazione degli articoli 45 e 101 TFUE non sia manifestamente priva di un collegamento con l’effettività e l’oggetto del procedimento principale.
66 In particolare, benché le parti del procedimento principale controvertano sulla possibilità, per detto giudice, di applicare, in parallelo alle disposizioni del Trattato FUE relative alle regole di concorrenza dell’Unione, gli articoli sulle libertà di circolazione, in considerazione dei termini in cui sono state formulate le conclusioni ad esso sottoposte dalla ricorrente nel procedimento principale, resta il fatto che, come ricordato dal governo spagnolo in udienza, detto giudice sembra, in questa fase, essersi considerato competente a farlo, fermo restando che la Corte non è competente a controllare la fondatezza di detta posizione.
67 La domanda di pronuncia pregiudiziale è, pertanto, ricevibile nella sua interezza.
V. Sulle questioni pregiudiziali
68 Con le prime cinque questioni, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare gli articoli 101 e 102 TFUE, relativi al divieto di accordi anticoncorrenziali e di abuso di posizione dominante, al fine di potersi pronunciare sulla compatibilità con detti due articoli di una serie di norme adottate dalla FIFA e dalla UEFA.
69 Con la sesta questione, detto giudice chiede alla Corte di esprimersi sull’interpretazione degli articoli 45, 49, 56 e 63 TFUE, relativi alle libertà di circolazione garantite dal diritto dell’Unione, al fine di pronunciarsi, in parallelo, sulla compatibilità delle medesime norme con i suddetti quattro articoli.
70 La controversia in cui si inseriscono le questioni sottoposte alla Corte trae origine dal ricorso di un’impresa, a detta della quale, in sostanza, le norme adottate dalla FIFA e dalla UEFA, in considerazione della loro natura, del loro contenuto, dei loro obiettivi, del contesto concreto in cui si collocano e dell’applicazione che può esserne data, impediscono, restringono o falsano il gioco della concorrenza sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni calcistiche tra club nel territorio dell’Unione e dello sfruttamento dei diversi diritti legati a dette competizioni. Più nello specifico, detta impresa sostiene che, a seguito del lancio del progetto di nuova competizione calcistica internazionale che essa intende organizzare, la FIFA e la UEFA hanno violato gli articoli 101 e 102 TFUE indicando che esse intendevano applicare le suddette norme e sottolineando le conseguenze concrete che una siffatta applicazione potrebbe avere per la competizione di cui trattasi e per i club e i giocatori partecipanti.
71 Tenuto conto sia della formulazione delle questioni poste alla Corte, sia della natura della controversia nel cui ambito esse sono sollevate, occorre, prima di esaminare tali questioni, formulare tre serie di osservazioni preliminari.
A. Osservazioni preliminari
1. Sull’oggetto del procedimento principale
72 Le questioni poste dal giudice del rinvio vertono esclusivamente su una serie di norme con cui la FIFA e la UEFA intendono disciplinare, da un lato, l’autorizzazione preliminare di determinate competizioni internazionali di calcio e la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a dette competizioni e, dall’altro, lo sfruttamento dei vari diritti legati a dette competizioni.
73 A tal proposito, anzitutto, dalla formulazione di dette questioni risulta che le norme interessate sono contenute negli articoli 22, 67, 68 e da 71 a 73 dello statuto della FIFA, nonché negli articoli da 49 a 51 dello statuto della UEFA. Tuttavia, come risulta dalle osservazioni del giudice del rinvio, nel procedimento principale tali norme sono in discussione unicamente nella misura in cui si applicano alle competizioni internazionali «tra» club o «alle quali partecipino» dei club, secondo la terminologia impiegata, rispettivamente, all’articolo 71, paragrafo 1, dello statuto della FIFA e all’articolo 49, paragrafo 1, dello statuto della UEFA. Qualificate anche come «competizioni tra club» all’articolo 22, paragrafo 3, lettera c), dello statuto della FIFA, tali competizioni ricadono nella più ampia categoria delle competizioni internazionali di calcio dette «di seconda categoria» menzionate agli articoli 8 e 11 del regolamento degli incontri internazionali della FIFA e rientranti nel meccanismo di previa autorizzazione cui detti articoli si riferiscono.
74 Di conseguenza, nel procedimento principale e, quindi, nella presente causa non si discute delle norme adottate dalla FIFA e dalla UEFA con riferimento, in primis, alla previa autorizzazione di altre competizioni calcistiche internazionali, come quelle cui partecipano esclusivamente squadre rappresentative di federazioni nazionali di calcio membri della FIFA e della UEFA; in secondo luogo, alla partecipazione delle squadre o dei giocatori a dette competizioni e, in terzo luogo, allo sfruttamento dei vari diritti ad esse collegati.
75 A maggior ragione, nel caso di specie non si discute né delle norme che la FIFA e la UEFA possono aver adottato con riferimento ad altre attività, né delle disposizioni dello statuto della FIFA e dello statuto della UEFA vertenti sul funzionamento, sull’organizzazione, sugli obiettivi o, ancora, sull’esistenza stessa di dette due associazioni, fermo restando che la Corte ha già osservato a tal proposito che, pur godendo di un’autonomia giuridica che consente loro di adottare norme vertenti, segnatamente, sull’organizzazione delle competizioni nella loro disciplina, sul loro regolare svolgimento e sulla partecipazione degli atleti ad esse (v., in tal senso, sentenze dell’11 aprile 2000, Deliège, C 51/96 e C 191/97, EU:C:2000:199, punti 67 e 68, e del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi, C 22/18, EU:C:2019:497, punto 60), tali associazioni non possono, così facendo, limitare l’esercizio dei diritti e delle libertà conferiti ai privati dal diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C 415/93, EU:C:1995:463, punti 81 e 83, e del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi, C 22/18, EU:C:2019:497, punto 52).
76 Ciò premesso, quanto constatato nel precedente punto non preclude affatto al giudice del rinvio di prendere in considerazione, nell’ambito dell’esame che sarà chiamato a compiere per dirimere la controversia principale, disposizioni come quelle sull’organizzazione o sul funzionamento della FIFA e della UEFA, a condizione che detta considerazione sia giustificata ai fini dell’applicazione degli articoli del Trattato FUE sui quali detto giudice chiede alla Corte di esprimersi, alla luce dell’interpretazione di cui alla presente sentenza.
77 Occorre, inoltre, osservare che, benché il procedimento principale tragga origine da un’azione proposta da una società che aveva annunciato il lancio di un progetto di nuova competizione internazionale di calcio denominata «Superlega» e benché la terza questione sollevata dal giudice del rinvio riguardi specificamente il modo in cui la FIFA e la UEFA hanno concretamente reagito a detto lancio, le altre cinque questioni poste da detto giudice vertono, da parte loro, sulle norme della FIFA e della UEFA su cui dette reazioni sono state fondate (vale a dire le norme relative alla previa autorizzazione delle competizioni di tale natura e alla partecipazione dei club di calcio professionistico o dei giocatori a dette competizioni) e su altre norme che si ricollegano, a parere di tale giudice, al mercato interessato come da esso definito (vale a dire quelle in materia di acquisizione e di sfruttamento dei diversi diritti collegati a dette competizioni).
78 Tali questioni, considerate nel loro insieme, mirano così a consentire al giudice del rinvio di stabilire se le suddette diverse norme, nella misura in cui possono essere applicate a tutte le nuove competizioni calcistiche tra club organizzate o previste sul territorio dell’Unione, come quella il cui lancio annunciato è alla base del procedimento principale, integrino, alla luce della loro natura, del loro contenuto, delle loro finalità e del contesto concreto in cui si inseriscono, una violazione degli articoli 45, 49, 56, 63, 101 e 102 TFUE.
79 In tali circostanze, nel rispondere all’insieme delle questioni che le sono poste, la Corte terrà conto di tutte le pertinenti caratteristiche delle norme della FIFA e della UEFA oggetto del procedimento principale, come citate nella decisione di rinvio e ricordate da tutte le parti del procedimento principale.
80 Infine, occorre osservare che il giudice del rinvio non chiede, per contro, alla Corte di prendere posizione sull’interpretazione degli articoli 45, 49, 56, 63, 101 e 102 TFUE al fine di pronunciarsi, in un senso piuttosto che in un altro, sulla compatibilità del progetto stesso di Superlega con i suddetti diversi articoli del Trattato FUE.
81 Del resto, le caratteristiche di detto progetto non rivestono una particolare pertinenza nell’ambito delle risposte da fornire alla prima, alla seconda, alla quarta, alla quinta e alla sesta questione sollevate dal giudice del rinvio, tenuto conto del loro oggetto. Inoltre, nella misura in cui tali caratteristiche sono ampiamente dibattute dalle parti del procedimento principale, la Corte si limiterà, a tal proposito, a precisare, se necessario, in che misura esse possano essere pertinenti, fatte salve le verifiche che competerà al giudice del rinvio compiere.
2. Sull’applicabilità del diritto dell’Unione allo sport e all’attività delle associazioni sportive
82 Le questioni sottoposte alla Corte vertono sull’interpretazione degli articoli 45, 49, 56, 63, 101 e 102 TFUE nel contesto di una controversia avente ad oggetto norme adottate da due enti che, in base ai rispettivi statuti, hanno la qualità di associazioni di diritto privato responsabili dell’organizzazione e del controllo del calcio a livello mondiale ed europeo e concernenti la previa autorizzazione delle competizioni calcistiche internazionali tra club e lo sfruttamento dei vari diritti connessi a dette competizioni.
83 A tal proposito, occorre ricordare che, nella misura in cui l’esercizio di uno sport configura un’attività economica, esso ricade nelle disposizioni del diritto dell’Unione applicabili in presenza di una siffatta attività (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 1974, Walrave e Koch, 36/74, EU:C:1974:140, punto 4, e del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais, C 325/08, EU:C:2010:143, punto 27).
84 Devono essere considerate come estranee a ogni attività economica solo determinate norme specifiche che, da un lato, siano state adottate esclusivamente per ragioni di carattere non economico e, dall’altro, vertano su questioni che riguardano unicamente lo sport in quanto tale. È il caso, in particolare, delle norme relative all’esclusione dei giocatori stranieri dalla composizione delle squadre che partecipano alle competizioni tra squadre rappresentative dei rispettivi paesi o di quelle sulla fissazione dei criteri di classificazione utili per selezionare gli atleti che partecipano a competizioni a titolo individuale (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 1974, Walrave e Koch, 36/74, EU:C:1974:140, punto 8; del 15 dicembre 1995, Bosman, C 415/93, EU:C:1995:463, punti 76 e 127, e dell’11 aprile 2000, Deliège, C 51/96 e C 191/97, EU:C:2000:199, punti 43, 44, 63, 64 e 69).
85 Fatta eccezione per queste norme specifiche, le norme adottate dalle associazioni sportive per disciplinare la prestazione di lavoro subordinato o la prestazione di servizi da parte di sportivi professionisti o semiprofessionisti e, in termini più ampi, le norme che, pur non disciplinando formalmente detto lavoro o tale prestazione di servizi, incidono direttamente su di essi, possono ricadere nell’ambito di applicazione degli articoli 45 e 56 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 1974, Walrave e Koch, 36/74, EU:C:1974:140, punti 5, da 17 a 19 e 25; del 15 dicembre 1995, Bosman, C 415/93, EU:C:1995:463, punti 75, da 82 a 84 e 87; del 12 aprile 2005, Simutenkov, C 265/03, EU:C:2005:213, punto 32, e del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais, C 325/08, EU:C:2010:143, punti 28 e 30).
86 Allo stesso modo, le norme adottate da dette associazioni possono ricadere nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2006, Meca Medina e Majcen/Commissione, C 519/04 P, EU:C:2006:492, punto 28), o dell’articolo 63 TFUE.
87 Infine, tali norme e, più in generale, il comportamento delle associazioni che le hanno adottate ricadono nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE in materia di diritto della concorrenza quando ne sono soddisfatti i presupposti di applicazione (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2006, Meca Medina e Majcen/Commissione, C 519/04 P, EU:C:2006:492, punti da 30 a 33), il che implica che dette associazioni possono essere qualificate come «imprese» ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE o che le norme di cui trattasi possono essere qualificate come «decisioni di associazioni di imprese» ai sensi dell’articolo 101 TFUE.
88 In termini più ampi, posto che tali norme ricadono, quindi, nell’ambito di applicazione delle succitate disposizioni del Trattato FUE, qualora contengano prescrizioni applicabili ai privati, esse devono essere concepite e applicate nel rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione, in particolare dei principi di non discriminazione e di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi, C 22/18, EU:C:2019:497, punti 60, 65 e 66 e giurisprudenza citata).
89 Orbene, le norme oggetto del procedimento principale, che siano state emanate dalla FIFA o dalla UEFA, non ricadono tra quelle cui può essere applicata l’eccezione di cui al punto 84 della presente sentenza, che, secondo quanto ripetutamente ricordato dalla Corte, deve restare entro i limiti del suo oggetto specifico e non può essere invocata per escludere un’intera attività sportiva dall’ambito d’applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative al diritto economico dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 14 luglio 1976, Donà, 13/76, EU:C:1976:115, punti 14 e 15, e del 18 luglio 2006, Meca Medina e Majcen/Commissione, C 519/04 P, EU:C:2006:492, punto 26).
90 Al contrario, in primo luogo, le norme relative all’esercizio, da parte di un’associazione sportiva, di poteri in materia di previa autorizzazione delle competizioni sportive, tra cui l’organizzazione e la commercializzazione, costituiscono, come già osservato dalla Corte, un’attività economica per le imprese che vi si dedicano o intendono dedicarvisi, le quali ricadono, a tale titolo, nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative al diritto della concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 1º luglio 2008, MOTOE, C 49/07, EU:C:2008:376, punto 28). Per lo stesso motivo, esse rientrano anche nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà di circolazione.
91 In secondo luogo, anche le norme adottate dalla FIFA e dalla UEFA nell’ottica di disciplinare la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori alle competizioni calcistiche internazionali tra club rientrano nell’ambito di applicazione di dette disposizioni. Infatti, benché esse non disciplinino formalmente né le condizioni di lavoro o di prestazione dei servizi dei giocatori né le condizioni di prestazione dei servizi o, più in generale, le condizioni alle quali i club di calcio professionistico esercitano la loro attività economica, occorre ritenere che dette norme abbiano un impatto diretto, a seconda dei casi, su detto lavoro, su detta prestazione di servizi o sull’esercizio di detta attività economica, poiché incidono inevitabilmente sulla possibilità per i giocatori e i club di partecipare alle competizioni di cui trattasi.
92 In terzo luogo, le norme adottate dalla FIFA per disciplinare lo sfruttamento dei diversi diritti legati alle competizioni calcistiche internazionali hanno per oggetto proprio la delimitazione delle condizioni a cui le imprese titolari di detti diritti li possono sfruttare o delegarne lo sfruttamento a imprese terze, attività, queste, che rivestono carattere economico. Inoltre, esse hanno un impatto diretto sulle condizioni a cui dette imprese terze o altre imprese possono aspettarsi di sfruttare detti diritti o di vederseli cedere o concedere, sotto qualsiasi forma, al fine di dedicarsi ad attività di intermediazione (come la rivendita dei diritti di cui trattasi ad emittenti televisive e ad altri fornitori di servizi di media) o finali (come la diffusione o la ritrasmissione di determinate partite in televisione oppure online), che rivestono anch’esse carattere economico.
93 Come già osservato dalla Corte (v., in tal senso, sentenze dell’11 aprile 2000, Deliège, C 51/96 e C 191/97, EU:C:2000:199, punti 56 e 57, e del 1° luglio 2008, MOTOE, C 49/07, EU:C:2008:376, punto 33), queste diverse attività economiche di organizzazione delle competizioni sportive, di commercializzazione dello spettacolo sportivo, di sua diffusione e di collocamento della pubblicità sono, del resto, complementari o addirittura interconnesse.
94 Pertanto, tutte le norme della FIFA e della UEFA su cui il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi ricadono nell’ambito di applicazione degli articoli 45, 49, 56, 63, 101 e 102 TFUE.
3. Sull’articolo 165 TFUE
95 Tutte le parti del procedimento principale e un ampio numero di governi intervenuti nel procedimento dinanzi alla Corte hanno preso posizione, in sensi diversi, sulle conseguenze che possono essere ricollegate all’articolo 165 TFUE nell’ambito delle risposte da fornire alle diverse questioni sollevate dal giudice del rinvio.
96 A tal proposito, occorre osservare, in primo luogo, che l’articolo 165 TFUE deve essere letto alla luce dell’articolo 6, lettera e), TFUE, il quale prevede che l’Unione ha competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri nei settori dell’istruzione, della formazione professionale, della gioventù e dello sport. Infatti, l’articolo 165 TFUE concretizza detta disposizione precisando sia gli obiettivi assegnati all’azione dell’Unione nei settori interessati, sia gli strumenti cui è possibile ricorrere per contribuire alla realizzazione di detti obiettivi.
97 Così, per quanto riguarda gli obiettivi assegnati all’azione dell’Unione nel settore dello sport, l’articolo 165 TFUE enuncia, nel suo paragrafo 1, secondo comma, che l’Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa e, nel suo paragrafo 2, ultimo trattino, che l’azione dell’Unione in tale settore è intesa a sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l’equità e l’apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e proteggendo l’integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei più giovani tra di essi.
98 Per quanto attiene agli strumenti cui è possibile ricorrere per contribuire alla realizzazione di detti obiettivi, l’articolo 165 TFUE prevede, al suo paragrafo 3, che l’Unione favorisce la cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali competenti in materia di sport e, al suo paragrafo 4, che il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea, deliberando in conformità della procedura legislativa ordinaria, o il Consiglio, pronunciandosi da solo su proposta della Commissione, possono adottare, rispettivamente, azioni di incentivazione o raccomandazioni.
99 In secondo luogo, come risulta sia dalla formulazione dell’articolo 165 TFUE che da quella dell’articolo 6, lettera e), TFUE, con dette disposizioni gli autori dei Trattati hanno inteso riconoscere all’Unione una competenza di sostegno che le consente di esercitare non già una «politica», come previsto in altre disposizioni del Trattato FUE, ma un’«azione» in numerosi settori specifici, tra cui lo sport. Le suddette disposizioni costituiscono così una base giuridica che autorizza l’Unione a esercitare detta competenza di sostegno, alle condizioni e nei limiti da esse fissati, tra cui rientra, ai sensi dell’articolo 165, paragrafo 4, primo trattino, TFUE, l’esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari adottate a livello nazionale. Inoltre, la suddetta competenza di sostegno consente all’Unione di adottare atti giuridici con il solo obiettivo di sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri, conformemente all’articolo 6 TFUE.
100 Correlativamente e come emerge anche dal contesto in cui si inserisce l’articolo 165 TFUE, in particolare dalla sua collocazione nella parte terza del Trattato FUE, dedicata alle «politiche e azioni interne dell’Unione», e non nella prima parte di detto Trattato, che contiene disposizioni di principio tra cui rientrano, nel titolo II, «[d]isposizioni di applicazione generale» relative, segnatamente, alla promozione di un elevato livello di occupazione, alla garanzia di un’adeguata protezione sociale, alla lotta contro ogni discriminazione, alla tutela dell’ambiente o, ancora, alla protezione dei consumatori, detto articolo non costituisce una disposizione di applicazione generale a carattere trasversale.
101 Ne consegue che, benché le istituzioni competenti dell’Unione debbano tener conto dei diversi elementi e obiettivi elencati all’articolo 165 TFUE quando adottano, sulla base di detto articolo e alle condizioni da esso fissate, azioni di incentivazione o raccomandazioni nel settore dello sport, tali diversi elementi e obiettivi e tali azioni di incentivazione e raccomandazioni non devono essere integrati o presi in considerazione in maniera vincolante in sede di applicazione delle norme sulla cui interpretazione il giudice del rinvio chiede alla Corte di esprimersi, a prescindere dal fatto che queste riguardino le libertà di circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali (articoli 45, 49, 56 e 63 TFUE) o le regole di concorrenza (articoli 101 e 102 TFUE). Più in generale, l’articolo 165 TFUE non può neppure essere considerato una norma speciale che sottrae lo sport, in tutto o in parte, all’applicazione delle altre disposizioni del diritto primario dell’Unione ad esso potenzialmente applicabili o che impone di riservare ad esso un trattamento particolare nel quadro di detta applicazione.
102 Resta il fatto, in terzo luogo, che, come ripetutamente rilevato dalla Corte, l’attività sportiva riveste per l’Unione e per i suoi cittadini un’importanza sociale ed educativa notevole, riflessa ormai dall’articolo 165 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C 415/93, EU:C:1995:463, punto 106, e del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi, C 22/18, EU:C:2019:497, punti 33 e 34).
103 Inoltre, questa attività presenta innegabili specificità che, pur riguardando specialmente lo sport dilettantistico, si possono riscontrare anche nell’esercizio dello sport quale attività economica (v., in tal senso, sentenza del 13 aprile 2000, Lehtonen e Castors Braine, C 176/96, EU:C:2000:201, punto 33).
104 Infine, tali specificità possono eventualmente essere prese in considerazione, tra altri elementi e a condizione che esse risultino pertinenti, in sede di applicazione degli articoli 45 e 101 TFUE, fermo restando, tuttavia, che detta presa in considerazione può avvenire unicamente nel quadro e nel rispetto delle condizioni e dei criteri di applicazione previsti in ciascuno di detti articoli. La stessa valutazione vale con riferimento agli articoli 49, 56, 63 e 102 TFUE.
105 In particolare, ogniqualvolta si sostenga che una norma adottata da un’associazione sportiva costituisce un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori o un accordo anticoncorrenziale, il riconoscimento di detta norma come ostacolo o come accordo anticoncorrenziale deve, in ogni caso, fondarsi su un esame concreto del suo contenuto nel contesto reale in cui essa è chiamata ad essere applicata (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C 415/93, EU:C:1995:463, punti da 98 a 103; dell’11 aprile 2000, Deliège, C 51/96 e C 191/97, EU:C:2000:199, punti da 61 a 64, e del 13 aprile 2000, Lehtonen e Castors Braine, C 176/96, EU:C:2000:201, punti da 48 a 50). Un siffatto esame può implicare che si debba tener conto, ad esempio, della natura, dell’organizzazione o ancora del funzionamento dello sport interessato e, più specificamente, del suo livello di professionalizzazione, delle sue modalità di esercizio, del modo in cui interagiscono i diversi attori che vi partecipano e del ruolo svolto dalle strutture o dagli organismi che ne sono responsabili, a tutti i livelli, con i quali l’Unione favorisce la cooperazione conformemente all’articolo 165, paragrafo 3, TFUE.
106 Inoltre, quando è comprovata la sussistenza di un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori, l’associazione che ha adottato la norma di cui trattasi può dimostrarne il carattere giustificato, necessario e proporzionato alla luce di taluni obiettivi che possono essere considerati legittimi (v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 1995, Bosman, C 415/93, EU:C:1995:463, punto 104), i quali dipendono, essi stessi, dalle specificità dello sport interessato.
107 È alla luce di tutte le considerazioni che precedono che occorre esaminare in successione le questioni sollevate dal giudice del rinvio relative alle regole di concorrenza e, in seguito, quella vertente sulle libertà di circolazione.
B. Sulle questioni dalla prima alla quinta, vertenti sulle regole di concorrenza
108 Le prime due questioni vertono, sostanzialmente, sul modo in cui devono essere esaminate norme come quelle della FIFA e della UEFA, relative alla previa autorizzazione di competizioni calcistiche internazionali tra club e alla partecipazione dei club di calcio professionistico e degli sportivi a dette competizioni, alla luce, da un lato, dell’articolo 102 TFUE e, dall’altro, dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.
109 La terza questione verte sul modo in cui debba essere compresa, alla luce dei medesimi articoli, l’annunciata applicazione di dette norme, sotto forma della dichiarazione e del comunicato citati ai punti 30 e 31 della presente sentenza.
110 La quarta questione concerne, dal canto suo, come vadano affrontate, alla luce di detti articoli, norme come quelle adottate dalla FIFA con riferimento ai diritti di sfruttamento di tali competizioni.
111 La quinta questione, sollevata nell’ipotesi in cui si consideri che le norme di cui ai tre precedenti punti della presente sentenza integrano un abuso di posizione dominante rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 102 TFUE o un accordo anticoncorrenziale vietato dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, mira a consentire al giudice del rinvio di stabilire se dette norme possano comunque essere ammesse alla luce della giurisprudenza della Corte sull’articolo 102 TFUE o alle condizioni previste all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.
112 Tenuto conto della portata di dette differenti questioni, occorre, in via preliminare, ricordare, in primo luogo, che gli articoli 101 e 102 TFUE sono applicabili a qualsiasi ente che esercita un’attività economica e che deve, in quanto tale, essere qualificato come impresa, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (v., in tal senso, sentenze del 23 aprile 1991, Höfner ed Elser, C 41/90, EU:C:1991:161, punto 21; dell’11 dicembre 2007, ETI e a., C 280/06, EU:C:2007:775, punto 38, e del 1° luglio 2008, MOTOE, C 49/07, EU:C:2008:376, punti 20 e 21).
113 Di conseguenza, tali articoli si applicano, segnatamente, a enti costituiti nella forma di associazioni che, in base al loro statuto, hanno l’obiettivo di organizzare e controllare un determinato sport, nella misura in cui esercitano un’attività economica ad esso collegata, offrendo beni e servizi e nella misura in cui, a tale titolo, devono essere qualificati come «imprese» (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2008, MOTOE, C 49/07, EU:C:2008:376, punti 22, 23 e 26).
114 Inoltre, l’articolo 101 TFUE è parimenti applicabile a enti che, benché non costituiscano necessariamente essi stessi imprese, possono essere qualificati come «associazioni di imprese».
115 Nel caso di specie, tenuto conto dell’oggetto del procedimento principale e delle indicazioni fornite dal giudice del rinvio, occorre considerare che gli articoli 101 e 102 TFUE si applicano alla FIFA e alla UEFA poiché queste due associazioni esercitano una doppia attività economica consistente, come emerge dai punti 34, 90 e 92 della presente sentenza, nell’organizzare e commercializzare competizioni calcistiche tra club sul territorio dell’Unione e nello sfruttare diversi diritti legati a dette competizioni e devono essere qualificate, a tale titolo, come «imprese». Inoltre, l’articolo 101 TFUE trova applicazione nei loro confronti in quanto le suddette associazioni hanno quali propri membri federazioni nazionali di calcio che possono, esse stesse, essere qualificate come «imprese» poiché esercitano un’attività economica legata all’organizzazione e alla commercializzazione di competizioni calcistiche tra club a livello nazionale, nonché allo sfruttamento di diritti ad esse collegati, o hanno, esse stesse, per membri o per affiliati, enti che possono essere qualificati come tali, al pari dei club calcistici.
116 In secondo luogo, a differenza dell’articolo 102 TFUE, che riguarda unicamente i comportamenti unilaterali di imprese che detengono, individualmente o se del caso collettivamente, una posizione dominante, l’articolo 101 TFUE è inteso a ricomprendere forme diverse di comportamento che hanno in comune il fatto di essere il frutto dell’azione congiunta di più imprese, vale a dire gli «accordi tra imprese», le «pratiche concordate» e le «decisioni di associazioni di imprese», senza tener conto della loro posizione sul mercato (v., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2000, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, C 395/96 P e C 396/96 P, EU:C:2000:132, punti da 34 a 36).
117 Nella presente causa, l’applicazione dell’articolo 102 TFUE a un ente come la FIFA o la UEFA presuppone, tra le altre condizioni, la dimostrazione che detto ente detiene una posizione dominante su un determinato mercato. Orbene, nel caso di specie, dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio emerge che quest’ultimo ritiene che entrambi detti enti detengano una posizione dominante sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni calcistiche tra club sul territorio dell’Unione e dello sfruttamento dei diversi diritti legati a dette competizioni. Pertanto, è sulla base di questa premessa in fatto e in diritto – peraltro incontestabile considerato in particolare che, a differenza di quanto accade per altre discipline sportive, la FIFA e la UEFA sono le sole associazioni che organizzano e commercializzano tali competizioni a livello mondiale ed europeo – che occorre rispondere alle questioni del giudice del rinvio sull’interpretazione dell’articolo 102 TFUE.
118 Quanto all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, la sua applicazione in presenza di enti come la FIFA o la UEFA richiede di accertare l’esistenza di un «accordo», di una «pratica concordata» o di una «decisione di associazione di imprese» che possono essere, a loro volta, di diversa natura e presentarsi sotto diverse forme. In particolare, la decisione di un’associazione consistente nell’adottare o nell’applicare una regolamentazione che incide direttamente sulle condizioni di esercizio dell’attività economica delle imprese che ne sono direttamente o indirettamente membri può costituire una siffatta «decisione di associazione di imprese», ai sensi di detta disposizione (v., in tal senso, sentenze del 19 febbraio 2002, Wouters e a., C 309/99, EU:C:2002:98, punto 64, e del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C 1/12, EU:C:2013:127, punti da 42 a 45). Nel caso di specie, è alla luce di decisioni di questo tipo che il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, vale a dire quelle consistenti, per la FIFA e per la UEFA, nell’aver adottato norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni calcistiche internazionali tra club, di controllo della partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a dette competizioni e di sanzioni che possono essere inflitte in caso di violazione di tali norme in materia di previa autorizzazione e di partecipazione.
119 In terzo e ultimo luogo, nella misura in cui le questioni poste dal giudice del rinvio riguardano sia l’articolo 101 TFUE che l’articolo 102 TFUE, occorre ricordare che uno stesso comportamento può dar luogo a una violazione sia del primo che del secondo di detti due articoli, anche se essi perseguono obiettivi e hanno un ambito di applicazione distinti. Pertanto, i succitati articoli possono applicarsi simultaneamente quando ne sono soddisfatte le rispettive condizioni di applicazione [v., in tal senso, sentenze dell’11 aprile 1989, Saeed Flugreisen e Silver Line Reisebüro, 66/86, EU:C:1989:140, punto 37; del 16 marzo 2000, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, C 395/96 P e C 396/96 P, EU:C:2000:132, punto 33, e del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C 307/18, EU:C:2020:52, punto 146]. Essi devono, pertanto, essere interpretati e applicati in maniera coerente nel rispetto, tuttavia, delle specificità che caratterizzano l’uno e l’altro di questi stessi articoli.
1. Sulla prima questione, vertente sull’interpretazione dell’articolo 102 TFUE in presenza di norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni calcistiche tra club, nonché di partecipazione dei club e degli sportivi a dette competizioni
120 Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che costituisce un abuso di posizione dominante il fatto che associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, abbiano adottato e applichino norme che subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di una nuova competizione calcistica tra club, senza che tale potere sia disciplinato da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo e non discriminatorio.
121 Ciò premesso, come risulta sia dalla formulazione delle norme alle quali si riferisce la questione di cui trattasi, sia dalle indicazioni contenute nella decisione di rinvio alla base di detta questione, le norme oggetto del procedimento principale vertono non soltanto sulla previa autorizzazione delle competizioni calcistiche internazionali tra club ma anche sulla possibilità, per i club di calcio professionistico e per i giocatori, di partecipare a tali competizioni. Inoltre, come risulta anche dalle suddette indicazioni, il mancato rispetto di tali norme è corredato da sanzioni applicabili alle persone fisiche o giuridiche autrici delle violazioni, sanzioni che comprendono, come menziona la terza questione posta dal giudice del rinvio e come ricordato da tutte le parti del procedimento principale, l’esclusione dei club di calcio professionistico da tutte le competizioni organizzate dalla FIFA e dalla UEFA, con il divieto per i giocatori di partecipare a competizioni calcistiche tra club o, ancora, con il divieto per questi ultimi di partecipare a incontri tra squadre rappresentative di federazioni nazionali di calcio.
122 Tenuto conto di questi elementi, occorre considerare che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se l’articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che costituisce un abuso di posizione dominante il fatto che associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, abbiano adottato e applichino norme che subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di una nuova competizione calcistica tra club e che controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a una siffatta competizione, senza che tali diversi poteri siano disciplinati da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.
a) Sulla nozione di «abuso di posizione dominante»
123 L’articolo 102 TFUE dichiara incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo.
124 Come risulta dalla giurisprudenza consolidata della Corte, detto articolo mira ad evitare una compromissione della concorrenza a danno dell’interesse generale, delle imprese individuali e dei consumatori, sanzionando i comportamenti delle imprese in posizione dominante che restringono la concorrenza basata sui meriti e possono così arrecare un danno diretto a questi ultimi o che impediscono o falsano detta concorrenza e possono così causare loro un danno indiretto (v., in tal senso, sentenze del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C 52/09, EU:C:2011:83, punti 22 e 24; del 27 marzo 2012, Post Danmark, C 209/10, EU:C:2012:172, punto 20, e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C 377/20, EU:C:2022:379, punti 41 e 44).
125 Costituiscono siffatti comportamenti quelli che, in un mercato in cui, proprio per il fatto che vi operano una o più imprese in posizione dominante, il grado di concorrenza è già indebolito, ostacolino, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza tra imprese basata sui meriti, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di tale concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C 280/08 P, EU:C:2010:603, punti 174 e 177; del 27 marzo 2012, Post Danmark, C 209/10, EU:C:2012:172, punto 24, e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C 377/20, EU:C:2022:379, punto 68).
126 Per contro, l’articolo 102 TFUE non ha lo scopo di impedire alle imprese di conquistare, grazie ai loro meriti, una posizione dominante su uno o più mercati, né di garantire che rimangano sul mercato imprese concorrenti meno efficienti di quelle che detengono una siffatta posizione (v., in tal senso, sentenze del 27 marzo 2012, Post Danmark, C 209/10, EU:C:2012:172, punto 21; del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C 413/14 P, EU:C:2017:632, punto 133, e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C 377/20, EU:C:2022:379, punto 73).
127 Al contrario, la concorrenza basata sui meriti può, per definizione, portare alla scomparsa o all’emarginazione di imprese concorrenti meno efficienti e quindi meno interessanti per i consumatori, segnatamente, dal punto di vista dei prezzi, della produzione, della scelta, della qualità o dell’innovazione (v., in tal senso, sentenze del 27 marzo 2012, Post Danmark, C 209/10, EU:C:2012:172, punto 22; del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C 413/14 P, EU:C:2017:632, punto 134, e del 12 mai 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C 377/20, EU:C:2022:379, punto 45).
128 A maggior ragione, ponendo a carico delle imprese in posizione dominante la particolare responsabilità di non compromettere, con il loro comportamento, una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato interno, l’articolo 102 TFUE non censura l’esistenza stessa di una posizione dominante, ma soltanto il suo sfruttamento abusivo (v., in tal senso, sentenze del 27 marzo 2012, Post Danmark, C 209/10, EU:C:2012:172, punto 23, e del 6 dicembre 2012, AstraZeneca/Commissione, C 457/10 P, EU:C:2012:770, punto 188).
b) Sugli elementi caratterizzanti un abuso di posizione dominante
129 Per poter considerare, in un determinato caso, che un comportamento deve essere qualificato come «sfruttamento abusivo di una posizione dominante», è necessario, di norma, dimostrare che, avvalendosi di mezzi diversi da quelli che reggono la concorrenza tra le imprese fondata sui meriti, tale comportamento ha l’effetto, attuale o potenziale, di restringere detta concorrenza estromettendo dal mercato o dai mercati interessati imprese concorrenti parimenti efficienti (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C 209/10, EU:C:2012:172, punto 25), o impedendo il loro sviluppo su detti mercati, tenendo conto che questi ultimi possono essere sia i mercati su cui è detenuta la posizione dominante sia quelli, collegati o vicini, su cui detto comportamento è destinato a produrre i suoi effetti attuali o potenziali (v., in tal senso, sentenze del 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, C 333/94 P, EU:C:1996:436, punti da 25 a 27; del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C 52/09, EU:C:2011:83, punti da 84 a 86, e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C 377/20, EU:C:2022:379, punto 76).
130 Tale dimostrazione, che può richiedere il ricorso a modelli di analisi differenti in funzione della tipologia di comportamento considerato in un determinato caso, deve tuttavia essere sempre compiuta valutando tutte le pertinenti circostanze fattuali (v., in tal senso, sentenze del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C 549/10 P, EU:C:2012:221, punto 18, e del 19 gennaio 2023, Unilever Italia Mkt. Operations, C 680/20, EU:C:2023:33, punto 40), concernenti sia il comportamento stesso, sia il mercato o i mercati di cui trattasi o il funzionamento della concorrenza su detto o su detti mercati. Inoltre, tale dimostrazione deve essere volta ad attestare, sulla base di elementi di analisi e di prova precisi e concreti, che detto comportamento ha, in ogni caso, la capacità di produrre effetti preclusivi (v., in tal senso, sentenza del 19 gennaio 2023, Unilever Italia Mkt. Operations, C 680/20, EU:C:2023:33, punti 42, 51 e 52 e giurisprudenza citata).
131 Al di là dei soli comportamenti che hanno per effetto, attuale o potenziale, di restringere la concorrenza basata sui meriti, estromettendo imprese concorrenti parimenti efficienti dal mercato o dai mercati interessati, possono essere qualificati come «sfruttamento abusivo di una posizione dominante» anche comportamenti rispetto ai quali è dimostrato che hanno per effetto, attuale o potenziale, o pure per oggetto, di impedire in una fase preliminare, mediante la creazione di ostacoli all’ingresso o il ricorso ad altre misure ostruttive o ad altri mezzi diversi da quelli che reggono la concorrenza basata sui meriti, alle imprese potenzialmente concorrenti anche solo di accedere a detto o a detti mercati e, in tal modo, di impedire lo sviluppo della concorrenza su detti mercati a danno dei consumatori, ivi limitando la produzione, lo sviluppo di prodotti o di servizi alternativi o, ancora, l’innovazione [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C 307/18, EU:C:2020:52, punti da 154 a 157].
132 Così, pur non essendo di per sé vietato a uno Stato membro attribuire a un’impresa, in via legislativa o regolamentare, diritti esclusivi o speciali su un mercato, tale situazione non deve tuttavia poter consentire a detta impresa di sfruttare in maniera abusiva la posizione dominante che ne risulta, ad esempi, esercitando i diritti di cui trattasi con modalità tali da impedire a imprese potenzialmente concorrenti di accedere al mercato interessato o a mercati collegati o vicini (v., in tal senso, sentenze del 10 dicembre 1991, Merci convenzionali porto di Genova, C 179/90, EU:C:1991:464, punto 14, e del 13 dicembre 1991, GB-Inno-BM, C 18/88, EU:C:1991:474, punti da 17 a 19 e 24). Una siffatta esigenza sussiste, a maggior ragione, quando tali diritti conferiscono all’impresa considerata il potere di determinare se e, all’occorrenza, a quali condizioni altre imprese siano autorizzate a svolgere la loro attività economica (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2008, MOTOE, C 49/07, EU:C:2008:376, punti 38 e 51).
133 Infatti, il mantenimento o lo sviluppo non falsato della concorrenza nel mercato interno può essere assicurato solo se sono garantite pari opportunità tra le imprese. Orbene, il fatto di conferire a un’impresa che esercita una determinata attività economica il potere di determinare, de iure o anche de facto, quali altre imprese siano anch’esse autorizzate ad esercitare tale attività e di stabilire le condizioni in cui detta attività può essere svolta, la pone in una situazione di conflitto di interessi e le attribuisce un evidente vantaggio sui concorrenti, consentendole di impedire loro l’accesso al mercato interessato o di favorire la propria attività (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 1991, GB-Inno-BM, C 18/88, EU:C:1991:474, punto 25; del 12 febbraio 1998, Raso e a., C 163/96, EU:C:1998:54, punti 28 e 29, e del 1° luglio 2008, MOTOE, C 49/07, EU:C:2008:376, punti 51 e 52) e, in tal modo, di impedire lo sviluppo della concorrenza basata sui meriti a danno dei consumatori, ivi limitando la produzione, lo sviluppo di prodotti o di servizi alternativi o ancora l’innovazione.
134 Di conseguenza, l’attribuzione di diritti esclusivi o speciali che conferiscono un siffatto potere all’impresa interessata, o l’esistenza di una situazione analoga sui mercati pertinenti, deve essere accompagnata da limiti, obblighi e controlli idonei a escludere il rischio di uno sfruttamento abusivo da parte dell’impresa della sua posizione dominante, affinché essa non violi l’articolo 102 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 106 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 1º luglio 2008, MOTOE, C 49/07, EU:C:2008:376, punto 53).
135 Più nello specifico, quando l’impresa interessata ha il potere di determinare le condizioni in cui imprese potenzialmente concorrenti possono accedere al mercato, o di pronunciarsi caso per caso al riguardo, mediante una decisione che autorizza preventivamente detto accesso o mediante una decisione di diniego di detta autorizzazione, tale potere deve, per non violare già in ragione della sua stessa esistenza l’articolo 102 TFUE in combinato disposto con l’articolo 106 TFUE, essere disciplinato da criteri materiali trasparenti, chiari e precisi (v., per analogia, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C 1/12, EU:C:2013:127, punti da 84 a 86, 90, 91 e 99), che consentano di evitarne un esercizio arbitrario. Questi criteri devono essere atti a garantire l’esercizio non discriminatorio di un siffatto potere e a consentire un controllo effettivo (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C 1/12, EU:C:2013:127, punto 99).
136 Inoltre, il potere di cui trattasi deve essere disciplinato da modalità procedurali trasparenti e non discriminatorie relative, segnatamente, ai termini applicabili alla presentazione di una domanda di previa autorizzazione e all’adozione di una decisione su quest’ultima. A tal riguardo, i termini fissati non devono risultare pregiudizievoli per le imprese potenzialmente concorrenti impedendo loro di accedere in maniera efficace al mercato (v., per analogia, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C 1/12, EU:C:2013:127, punti 86 e 92) e, in definitiva, di limitare così la produzione, lo sviluppo di prodotti o di servizi alternativi e l’innovazione.
137 Requisiti identici a quelli ricordati nei tre precedenti punti della presente sentenza si impongono ancor più quando è con il suo comportamento autonomo, e non in ragione dell’attribuzione di diritti esclusivi o speciali da parte di uno Stato membro, che un’impresa in posizione dominante si colloca essa stessa nella posizione di poter impedire a imprese potenzialmente concorrenti di accedere a un determinato mercato (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 1991, GB Inno BM, C 18/88, EU:C:1991:474, punto 20). Tale situazione può presentarsi quando l’impresa in parola dispone di un potere di regolamentazione, di controllo e sanzionatorio che le consente di autorizzare o di controllare detto accesso e, quindi, di uno strumento diverso da quelli che, di norma, sono impiegati dalle imprese e reggono la concorrenza basata sui meriti tra di esse.
138 Di conseguenza, per non violare l’articolo 102 TFUE, un siffatto potere deve essere parallelamente accompagnato da limiti, obblighi e controlli atti ad escludere il rischio di sfruttamento abusivo di una posizione dominante.
c) Sulla qualificazione come abuso di posizione dominante di norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni calcistiche tra club e di partecipazione dei club e degli sportivi a dette competizioni
139 Nel caso di specie, dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio emerge che la FIFA e la UEFA esercitano entrambe un’attività economica di organizzazione e di commercializzazione di competizioni internazionali di calcio e di sfruttamento dei diversi diritti legati a tali competizioni. Pertanto, entrambe dette associazioni sono, in tale misura, imprese. Entrambe detengono, inoltre, una posizione dominante, se non addirittura un monopolio, sul mercato corrispondente.
140 Dalle indicazioni contenute nella decisione di rinvio si evince altresì che le norme oggetto delle questioni sottoposte dal giudice del rinvio alla Corte sono contenute negli statuti che la FIFA e la UEFA hanno adottato nella loro veste di associazioni e in forza dei poteri di regolamentazione e di controllo che esse si sono attribuite, e che dette norme conferiscono a tali due enti non soltanto il potere di autorizzare l’istituzione e l’organizzazione, sul territorio dell’Unione, da parte di un’impresa terza, di una nuova competizione calcistica tra club, ma anche quello di disciplinare, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistici e dei giocatori a una siffatta competizione.
141 Infine, in base a quanto illustrato dal giudice del rinvio, tali diversi poteri non sono disciplinati né da criteri sostanziali né da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo e non discriminatorio.
142 A tal proposito, dalla giurisprudenza citata al punto 75 della presente sentenza emerge che le associazioni responsabili di una disciplina sportiva, come la FIFA e la UEFA, sono autorizzate ad adottare, ad applicare e a far rispettare norme relative non soltanto, in termini generali, all’organizzazione e allo svolgimento delle competizioni internazionali in detta disciplina, nel caso di specie il calcio professionistico, ma altresì, più in particolare, alla loro previa autorizzazione e alla partecipazione dei club di calcio professionistici e dei giocatori a dette competizioni.
143 Infatti, questo sport, che riveste nell’Unione una notevole importanza non soltanto sociale e culturale (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C 415/93, EU:C:1995:463, punto 106, e del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais, C 325/08, EU:C:2010:143, punto 40), ma anche mediatica, ha tra le sue specificità quella di dare origine a un ampio numero di competizioni organizzate a livello sia europeo che nazionale, cui sono chiamati a partecipare numerosissimi club e giocatori. Inoltre, in linea con taluni altri sport, esso è caratterizzato dal fatto che la partecipazione a dette competizioni è riservata a squadre che hanno ottenuto determinati risultati sportivi (v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 1995, Bosman, C 415/93, EU:C:1995:463, punto 132), fermo restando che lo svolgimento di dette competizioni si fonda sullo scontro e la progressiva eliminazione di tali squadre. Esso si fonda, quindi, essenzialmente, sul merito sportivo, che può essere garantito unicamente se tutte le squadre presenti si affrontano in condizioni regolamentari e tecniche omogenee, idonee ad assicurare in una certa misura pari opportunità.
144 Queste diverse specificità consentono di ritenere che sia legittimo assoggettare l’organizzazione e lo svolgimento delle competizioni internazionali di calcio professionistico a regole comuni volte a garantire l’omogeneità e il coordinamento di dette competizioni all’interno di un calendario complessivo e, più in generale, a promuovere, in maniera adeguata ed efficace, l’organizzazione di competizioni sportive fondate sulla parità di opportunità e sul merito. Inoltre, è legittimo assicurare il rispetto di tali regole comuni mediante norme come quelle introdotte dalla FIFA e dalla UEFA con riferimento alla previa autorizzazione di dette competizioni e alla partecipazione ad esse dei club e dei giocatori.
145 Pertanto, nella misura in cui tali norme in materia di previa autorizzazione e di partecipazione risultano legittime nel contesto specifico del calcio professionistico e delle attività economiche che traggono origine dall’esercizio di detto sport, né la loro adozione né la loro applicazione possono essere qualificate, in linea di principio e in termini generali, come «sfruttamento abusivo di una posizione dominante» (v., per analogia, con riferimento a una restrizione alla libera prestazione dei servizi, sentenza dell’11 aprile 2000, Deliège, C 51/96 e C 191/97, EU:C:2000:199, punto 64).
146 Lo stesso vale per le sanzioni previste in via accessoria a dette norme, nella misura in cui esse sono legittime, in linea di principio, per garantire l’effettività di dette norme (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2006, Meca Medina e Majcen/Commissione, C 519/04 P, EU:C:2006:492, punto 44).
147 Per contro, nessuna delle specificità che caratterizzano il calcio professionistico può consentire di considerare legittime l’adozione e, a maggior ragione, l’applicazione di norme vertenti sulla previa autorizzazione e sulla partecipazione che non siano corredate, in generale, da limiti, obblighi e controlli atti a escludere il rischio di uno sfruttamento abusivo di una posizione dominante, e che, più in particolare, non siano disciplinate da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, preciso e non discriminatorio, pur conferendo all’ente chiamato ad applicarle il potere di impedire a qualsiasi impresa concorrente di accedere al mercato. Tali norme devono essere ritenute lesive dell’articolo 102 TFUE, come emerge dai punti da 134 a 138 della presente sentenza.
148 Parimenti, in mancanza di criteri sostanziali e di modalità procedurali atti a garantire il carattere trasparente, oggettivo, preciso, non discriminatorio e proporzionato delle sanzioni previste accessoriamente a dette norme, occorre ritenere che tali sanzioni violino, in ragione della loro stessa natura, l’articolo 102 TFUE, in quanto hanno carattere discrezionale. Infatti, una tale situazione impedisce di verificare, in maniera trasparente e oggettiva, se la loro applicazione caso per caso sia giustificata e proporzionata alla luce delle caratteristiche concrete del progetto di competizione internazionale tra club di cui trattasi.
149 A tal proposito, non rileva il fatto che la FIFA e la UEFA non godono di un monopolio ex lege e che le imprese concorrenti possono, in teoria, istituire nuove competizioni che non sarebbero assoggettate alle norme adottate ed applicate da dette due associazioni. Infatti, come emerge dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio, la posizione dominante della FIFA e della UEFA sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni calcistiche internazionali tra club è tale che, in pratica, allo stato attuale è impossibile creare una competizione esterna al loro ecosistema che abbia chance di sopravvivenza, tenuto conto del controllo che esse esercitano, direttamente o per il tramite delle federazioni nazionali di calcio che ne sono membri, sui giocatori e su altre tipologie di competizioni, come quelle che sono organizzate a livello nazionale.
150 Tuttavia, nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio qualificare le norme oggetto del procedimento principale alla luce dell’articolo 102 TFUE, dopo aver compiuto le verifiche integrative che potranno sembrargli necessarie.
151 In tale prospettiva, occorre precisare che, per poter considerare che norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni sportive e di partecipazione a dette competizioni, come quelle oggetto del procedimento principale, sono disciplinate da criteri sostanziali trasparenti, oggettivi e precisi e da modalità procedurali trasparenti e non discriminatorie che non ostano a un accesso effettivo al mercato, è necessario, in particolare, che detti criteri e dette modalità siano stati emanati, in forma accessibile, prima di ogni applicazione delle suddette regole. Inoltre, affinché detti criteri e dette modalità possano essere considerati come non discriminatori, è necessario – alla luce, in particolare, del fatto che enti come la FIFA e la UEFA esercitano essi stessi diverse attività economiche sul mercato interessato dalle loro norme in materia di previa autorizzazione e di partecipazione – che tali criteri e modalità non assoggettino l’organizzazione e la commercializzazione di competizioni terze e la partecipazione dei club e dei giocatori a tali competizioni a requisiti che siano diversi da quelli applicabili alle competizioni organizzate e commercializzate dall’ente chiamato a decidere, oppure identici o simili ma impossibili o eccessivamente difficili da soddisfare nella pratica da parte di un’impresa che non ha lo stesso status di federazione o che non dispone dei medesimi poteri di detto ente e che si trovi, pertanto, in una situazione diversa rispetto ad esso. Infine, per non essere discrezionali, le sanzioni previste in via accessoria alle norme in materia di previa autorizzazione e di partecipazione, come quelle oggetto del procedimento principale, devono essere disciplinate da criteri che non solo devono essere, anch’essi, trasparenti, oggettivi, precisi e non discriminatori, ma che devono anche garantire che dette sanzioni siano determinate, in ciascun caso concreto, nel rispetto del principio di proporzionalità tenuto conto, segnatamente, della natura, della durata e della gravità della violazione accertata.
152 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che costituisce un abuso di posizione dominante il fatto che associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, abbiano adottato e applichino norme che subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di una nuova competizione calcistica tra club e che controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a una siffatta competizione, senza che tali diversi poteri siano disciplinati da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.
2. Sulla seconda questione, vertente sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in presenza di norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni calcistiche tra club e di partecipazione dei club e degli sportivi a dette competizioni
153 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che costituisce una decisione di associazione di imprese che ha per oggetto o per effetto di impedire la concorrenza il fatto che associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, abbiano adottato e applichino, direttamente o per il tramite delle federazioni calcistiche nazionali che ne sono membri, norme che subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di una nuova competizione calcistica tra club, senza che tale potere sia disciplinato da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo e non discriminatorio.
154 Ciò premesso, tenuto conto delle indicazioni contenute nella decisione di rinvio sottese a detta questione, e per ragioni identiche a quelle illustrate al punto 121 della presente sentenza, occorre considerare che, con detta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che costituisce una decisione di associazione di imprese che ha per oggetto o per effetto di impedire la concorrenza il fatto che associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, abbiano adottato e applichino, direttamente o per il tramite delle federazioni calcistiche nazionali che ne sono membri, norme che subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di una nuova competizione calcistica tra club e che controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a una siffatta competizione, senza che tali diversi poteri siano disciplinati da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.
a) Sulla nozione di comportamento che ha per «oggetto» o per «effetto» di arrecare pregiudizio alla concorrenza e sugli elementi caratterizzanti un siffatto comportamento
155 In primo luogo, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno.
156 Nel caso di specie, come emerge dalla formulazione della questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte unicamente di pronunciarsi, in sostanza, sulla questione se l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che decisioni di associazioni di imprese come quelle concretizzate dalle norme della FIFA e della UEFA cui esso si riferisce hanno «per oggetto o per effetto» di «impedire» la concorrenza.
157 Tuttavia, la decisione di rinvio illustra anche chiaramente le ragioni che hanno indotto detto giudice a ritenere che tali decisioni di associazioni di imprese possano, inoltre, pregiudicare il commercio tra Stati membri.
158 In secondo luogo, per poter considerare, in un determinato caso, che un accordo, una decisione di associazione di imprese o una pratica concordata rientra nel divieto enunciato all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, è necessario, conformemente ai termini stessi di detta disposizione, dimostrare che detto comportamento ha per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, o che detto comportamento ha un siffatto effetto (v., in tal senso, sentenze del 30 giugno 1966, LTM, 56/65, EU:C:1966:38, pag. 281, e del 29 giugno 2023, Super Bock Bebidas, C 211/22, EU:C:2023:529, punto 31).
159 A tal fine, occorre procedere, in un primo momento, all’esame dell’oggetto del comportamento di cui trattasi. Qualora, al termine di un siffatto esame, detto comportamento risulti avere un oggetto anticoncorrenziale, non è necessario esaminare i suoi effetti sulla concorrenza. Pertanto, solo qualora non si possa ritenere che detto comportamento abbia un siffatto oggetto anticoncorrenziale si rende necessario procedere, in un secondo momento, all’esame di tale effetto (v., in tal senso, sentenze del 30 giugno 1966, LTM, 56/65, EU:C:1966:38, pag. 281, e del 26 novembre 2015, Maxima Latvija, C 345/14, EU:C:2015:784, punti 16 e 17).
160 L’esame che si rende necessario compiere differisce a seconda che si tratti di stabilire se il comportamento in questione ha per «oggetto» o per «effetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, posto che ciascuna di dette due nozioni è soggetta a un regime giuridico e probatorio distinto [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C 307/18, EU:C:2020:52, punto 63].
1) Sugli elementi caratterizzanti un comportamento che ha per «oggetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza
161 Come risulta dalla giurisprudenza consolidata della Corte, come ricapitolata, in particolare, nelle sentenze del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann La Roche e a. (C 179/16, EU:C:2018:25, punto 78), e del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C 307/18, EU:C:2020:52, punto 67), la nozione di «oggetto» anticoncorrenziale, pur non costituendo, come emerge dai punti 158 e 159 della presente sentenza, un’eccezione rispetto alla nozione di «effetto» anticoncorrenziale, deve tuttavia essere interpretata restrittivamente.
162 Detta nozione deve, pertanto, essere intesa nel senso che rinvia esclusivamente a taluni tipi di coordinamento tra imprese che rivelano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente perché si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario. Infatti, talune forme di coordinamento tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza [v., in tal senso, sentenze del 30 giugno 1966, LTM, 56/65, EU:C:1966:38, pag. 281; del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann La Roche e a., C 179/16, EU:C:2018:25, punto 78, e del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C 307/18, EU:C:2020:52, punto 67].
163 Tra i diversi tipi di comportamento che devono essere considerati come tali figurano, anzitutto, alcuni comportamenti collusivi particolarmente dannosi per la concorrenza, come i cartelli orizzontali che portano alla fissazione dei prezzi, alla limitazione delle capacità produttive o alla ripartizione della clientela. Infatti, queste tipologie di comportamenti possono comportare un aumento dei prezzi o una contrazione della produzione e, quindi, dell’offerta, che può sfociare in un cattivo utilizzo delle risorse a danno delle imprese utilizzatrici e dei consumatori (v., in tal senso, sentenze del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, C 209/07, EU:C:2008:643, punti 17 e 33; dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C 67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 51, e del 16 luglio 2015, ING Pensii, C 172/14, EU:C:2015:484, punto 32).
164 Altri tipi di comportamenti, pur senza essere necessariamente altrettanto dannosi per la concorrenza, possono anch’essi essere considerati, in alcuni casi, come aventi un oggetto anticoncorrenziale. Ciò vale, in particolare, per taluni tipi di accordi orizzontali diversi dai cartelli, ad esempio quelli che portano all’esclusione di imprese concorrenti dal mercato [v., in tal senso, sentenze del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C 307/18, EU:C:2020:52, punti 76, 77, da 83 a 87 e 101, e del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C 591/16 P, EU:C:2021:243, punti 113 e 114], o, ancora, taluni tipi di decisioni di associazioni di imprese (v., in tal senso, sentenza del 27 gennaio 1987, Verband der Sachversicherer/Commissione, 45/85, EU:C:1987:34, punto 41).
165 Al fine di stabilire, in un determinato caso, se un accordo, una decisione di associazione di imprese o una pratica concordata presentino, per loro stessa natura, un grado di dannosità per la concorrenza tale da poter ritenere che essi abbiano per oggetto di impedirla, restringerla o falsarne il gioco, è necessario esaminare, in primis, il tenore dell’accordo, della decisione o della pratica di cui trattasi, secondariamente, il contesto economico e giuridico in cui essi si collocano e, infine, gli obiettivi da essi perseguiti (v., in tal senso, sentenze dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C 67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 53, e del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a., C 179/16, EU:C:2018:25, punto 79).
166 A tal proposito, anzitutto, per quanto attiene al contesto economico e giuridico in cui si inserisce il comportamento di cui trattasi, occorre prendere in considerazione la natura dei prodotti o dei servizi coinvolti nonché le condizioni reali che caratterizzano la struttura e il funzionamento del settore o dei settori di mercato in questione (sentenze dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C 67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 53, e del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann La Roche e a., C 179/16, EU:C:2018:25, punto 80). Per contro, non è assolutamente necessario esaminare e, a maggior ragione, dimostrare, gli effetti di detto comportamento sulla concorrenza, che si tratti di effetti reali o potenziali, negativi o positivi, come emerge dalla giurisprudenza citata ai punti 158 e 159 della presente sentenza.
167 Inoltre, per quanto attiene agli obiettivi perseguiti con il comportamento di cui trattasi, occorre stabilire gli obiettivi oggettivi che detto comportamento mira a raggiungere sotto il profilo della concorrenza. Per contro, il fatto che le imprese coinvolte abbiano agito senza avere, dal punto di vista soggettivo, l’intenzione di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza e il fatto che esse abbiano perseguito taluni obiettivi legittimi non sono determinanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 6 aprile 2006, General Motors/Commissione, C 551/03 P, EU:C:2006:229, punti 64 e 77 e giurisprudenza citata, e del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, C 209/07, EU:C:2008:643, punto 21).
168 Infine, dalla considerazione dell’insieme degli elementi di cui ai precedenti tre punti della presente sentenza devono, in ogni caso, emergere le ragioni precise per cui il comportamento di cui trattasi presenta un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente per poter ritenere che esso abbia per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C 67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 69).
2) Sugli elementi caratterizzanti un comportamento che ha per «effetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza
169 La nozione di comportamento avente un «effetto» anticoncorrenziale comprende, da parte sua, ogni comportamento che non può essere considerato come avente un «oggetto» anticoncorrenziale, a condizione che si dimostri che detto comportamento abbia per effetto attuale o potenziale di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza in maniera sensibile [v., in tal senso, sentenze del 28 maggio 1998, Deere/Commissione, C 7/95 P, EU:C:1998:256, punto 77, e del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C 307/18, EU:C:2020:52, punto 117].
170 A tal fine, è necessario considerare il gioco della concorrenza nel concreto quadro in cui si svolgerebbe in assenza dell’accordo, della decisione di associazione di imprese o della pratica concordata di cui trattasi [sentenze del 30 giugno 1966, LTM, 56/65, EU:C:1966:38, pag. 282, e del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C 307/18, EU:C:2020:52, punto 118], definendo il mercato o i mercati su cui detto comportamento è destinato a produrre i suoi effetti, procedendo poi a definire le caratteristiche di questi ultimi, che siano essi reali o potenziali. Questo esame impone, di per sé, di tener conto di tutte le circostanze pertinenti.
b) Sulla qualificazionecome decisione di associazione di imprese avente per «oggetto» di restringere la concorrenza di norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni calcistiche tra club e di partecipazione dei club e degli sportivi a dette competizioni
171 Nel caso di specie, dalle indicazioni contenute nella decisione di rinvio emerge, anzitutto, che le norme della FIFA e della UEFA oggetto delle questioni sottoposte dal giudice del rinvio alla Corte conferiscono a detti due enti non soltanto il potere di autorizzare l’istituzione e l’organizzazione di qualsiasi competizione di calcio sul territorio dell’Unione e, quindi, in particolare, di tutte le nuove competizioni di calcio tra club previste da un’impresa terza, ma anche quello di controllare, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a una siffatta competizione.
172 Per quanto attiene, più in particolare, al tenore delle norme della FIFA, dalle indicazioni della decisione di rinvio emerge che esse prevedono, anzitutto, che non possa essere formata alcuna lega internazionale o altro raggruppamento analogo di club o di leghe senza il consenso di detto ente e della federazione o delle federazioni nazionali di calcio di cui detti club o dette leghe sono membri. In secondo luogo, nessuna partita o competizione può aver luogo senza la previa autorizzazione della FIFA, della UEFA e di detta federazione o dette federazioni. In terzo luogo, nessun giocatore e nessuna squadra affiliata a una federazione nazionale di calcio membro della FIFA o della UEFA può giocare partite, o avere contatti sportivi con un altro giocatore o con un’altra squadra, senza l’accordo della FIFA. In quarto luogo, le associazioni, le leghe o i club, appartenenti a una federazione nazionale di calcio membro della FIFA possono affiliarsi a un’altra associazione membro o partecipare a competizioni nella sua giurisdizione solo in via eccezionale e con l’autorizzazione della FIFA, della UEFA e delle due federazioni di cui trattasi.
173 Dal canto loro, le norme della UEFA prevedono, in base alla decisione di rinvio, in primo luogo, che detto ente decide autonomamente sull’organizzazione e sulla soppressione, nella sua giurisdizione, di competizioni internazionali cui partecipino federazioni nazionali di calcio che ne sono membri e club ad esse affiliati, fatta eccezione per le competizioni organizzate dalla FIFA. In secondo luogo, gli incontri, le competizioni o i tornei internazionali che non sono organizzati dalla UEFA ma vengono disputati nella giurisdizione della UEFA necessitano della previa autorizzazione della FIFA, della UEFA e/o delle federazioni affiliate competenti, conformemente al regolamento degli incontri internazionali della FIFA. In terzo luogo, senza l ’autorizzazione della UEFA non possono essere costituiti raggruppamenti o unioni tra leghe o club direttamente o indirettamente affiliati a diverse federazioni nazionali di calcio membri della UEFA.
174 Peraltro, secondo il giudice del rinvio, nessuno dei poteri di cui dispongono così la FIFA e la UEFA è disciplinato da criteri sostanziali e da modalità procedurali, come quelli indicati al punto 151 della presente sentenza, atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo e non discriminatorio.
175 Inoltre, dai punti da 142 a 149 della presente sentenza emerge che, benché la natura specifica delle competizioni internazionali di calcio e le condizioni reali della struttura e di funzionamento del mercato dell’organizzazione e della commercializzazione di dette competizioni sul territorio dell’Unione consentano di considerare legittime, in linea di principio, norme in materia di previa autorizzazione come quelle appena ricordate, detti elementi del contesto non possono, per contro, legittimare la mancanza di criteri sostanziali e di modalità procedurali atti a garantire il carattere trasparente, oggettivo, preciso e non discriminatorio di dette norme.
176 Infine, anche se l’adozione di tali norme in materia di previa autorizzazione può essere motivata dal perseguimento di taluni obiettivi legittimi, come quello consistente nel far rispettare i principi, i valori e le regole del gioco alla base del calcio professionistico, ciò non toglie che esse assoggettano ai poteri di previa autorizzazione e ai poteri sanzionatori degli enti che le hanno adottato, nella loro veste di associazioni di imprese, l’organizzazione e la commercializzazione di tutte le competizioni internazionali di calcio diverse da quelle organizzate in parallelo da detti due enti nell’ambito di un’attività economica. Orbene, così facendo, tali norme assegnano ai suddetti enti il potere di autorizzare, di controllare o di condizionare l’accesso di tutte le imprese potenzialmente concorrenti al mercato interessato e di determinare sia il livello di concorrenza che può esistere su detto mercato, sia le condizioni in cui detta eventuale concorrenza può essere esercitata. Per tale motivo, le suddette norme possono ammettere o, al contrario, escludere da detto mercato tutte le imprese concorrenti, anche quelle parimenti efficienti, o, quantomeno, limitare l’ideazione o la commercializzazione di competizioni alternative o nuove dal punto di vista del loro formato o del contenuto. Inoltre, in tal modo, esse possono privare i club di calcio professionistico e i giocatori di qualsiasi possibilità di partecipare a dette competizioni, benché queste ultime potrebbero ad esempio presentare un formato innovativo, nel pieno rispetto, tuttavia, dei principi, dei valori e delle regole del gioco alla base di detto sport. In definitiva, esse possono privare in toto gli spettatori e i telespettatori della proposta di assistere a dette competizioni o di guardarne la diffusione.
177 Inoltre, nella misura in cui le norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni calcistiche internazionali tra club sono accompagnate da norme relative alla partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a dette competizioni, nonché da sanzioni che detta partecipazione può far scattare, occorre aggiungere che esse sono, evidentemente, idonee a rafforzare l’oggetto anticoncorrenziale inerente a tutti i meccanismi di previa autorizzazione non corredati da limiti, obblighi e controlli atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, preciso e non discriminatorio. Infatti, esse rafforzano la barriera all’ingresso che un tale meccanismo crea, impedendo ad ogni impresa organizzatrice di una competizione potenzialmente concorrente di avvalersi proficuamente delle risorse disponibili sul mercato, vale a dire dei club e dei giocatori, posto che questi ultimi si espongono, in caso di partecipazione a una competizione che non ha ricevuto la previa autorizzazione della FIFA e della UEFA, a sanzioni che, come osservato al punto 148 della presente sentenza, non sono disciplinate da alcun criterio materiale o modalità procedurale idonei a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, preciso, non discriminatorio e proporzionato.
178 Per tutte le ragioni che precedono, occorre considerare che, qualora non siano disciplinate da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, preciso, non discriminatorio e proporzionato, come quelli menzionati nel punto 151 della presente sentenza, norme in materia di previa autorizzazione, di partecipazione e di sanzioni, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, presentano, per loro stessa natura, un sufficiente grado di dannosità per la concorrenza e hanno, quindi, per oggetto di impedirla. Esse ricadono, pertanto, nel divieto sancito nell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, senza che sia necessario esaminarne gli effetti attuali o potenziali.
179 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che costituisce una decisione di associazione di imprese che ha per oggetto di impedire la concorrenza il fatto che associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, abbiano adottato e applichino, direttamente o per il tramite delle federazioni calcistiche nazionali che ne sono membri, norme che subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di una nuova competizione calcistica tra club e che controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistici e dei giocatori a una siffatta competizione, senza che tali diversi poteri siano disciplinati da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.
3. Sulla terza questione, relativa all’interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e dell’articolo 102 TFUE in presenza di comportamenti che consistono nel minacciare di sanzioni i club e gli sportivi che partecipino a competizioni non autorizzate
180 Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 101, paragrafo 1, e l’articolo 102 TFUE debbano essere interpretati nel senso che costituisce una decisione di associazione di imprese a carattere anticoncorrenziale o un abuso di posizione dominante il fatto che enti come la FIFA e la UEFA annuncino pubblicamente che saranno imposte sanzioni a tutti i club di calcio professionistico e a tutti i giocatori che partecipino a una competizione di calcio tra club che non abbia ottenuto la loro previa autorizzazione, ove tali sanzioni non siano disciplinate da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.
181 Alla luce delle risposte date alle due precedenti questioni e, più in particolare, delle considerazioni di cui ai punti 148 e 177 della presente sentenza, da cui risulta che un siffatto annuncio pubblico costituisce l’applicazione di norme che ledono sia l’articolo 102 TFUE, sia l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e che anch’esso ricade, pertanto, nei divieti imposti da dette due disposizioni, non è necessario rispondere in maniera autonoma alla presente questione.
4. Sulla quinta questione, relativa alla possibilità di giustificare norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni e di partecipazione dei club e degli sportivi a dette competizioni
182 Con la sua quinta questione, che occorre trattare preliminarmente alla quarta questione in quanto si riferisce alle stesse norme della FIFA e della UEFA oggetto delle prime tre questioni, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 101, paragrafo 3, TFUE e la giurisprudenza della Corte sull’articolo 102 TFUE debbano essere interpretati nel senso che norme con cui associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di competizioni calcistiche tra club e controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a siffatte competizioni, possano beneficiare di un’esenzione o essere considerate giustificate.
a) Sulla possibilità di considerare determinati comportamenti specifici come non rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e dell’articolo 102 TFUE
183 Da una giurisprudenza consolidata della Corte emerge che non ogni accordo tra imprese o ogni decisione di un’associazione di imprese che restringa la libertà delle imprese che ne sono parti o che sono tenute al rispetto di detta decisione ricade necessariamente sotto il divieto sancito all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Infatti, l’esame del contesto economico e giuridico in cui si inseriscono taluni di detti accordi e talune di dette decisioni può portare a riconoscere, in primis, che essi sono giustificati alla luce del perseguimento di uno o più obiettivi legittimi di interesse generale privi, di per sé, di carattere anticoncorrenziale, secondariamente, che i mezzi concreti cui è fatto ricorso per perseguire detti obiettivi sono effettivamente necessari a tal fine e, infine, che anche laddove risultasse che detti mezzi hanno per effetto inerente di restringere o di falsare, quantomeno potenzialmente, la concorrenza, detto effetto inerente non va al di là di quanto necessario, in particolare eliminando ogni forma di concorrenza. Tale giurisprudenza può trovare applicazione, in particolare, in presenza di accordi o di decisioni che assumono la forma di norme adottate da un’associazione, come un’associazione professionale o un’associazione sportiva, nell’ottica di perseguire determinati obiettivi di ordine etico o deontologico e, più in generale, di disciplinare l’esercizio di un’attività professionale, ove l’associazione interessata dimostri che le condizioni appena ricordate sono soddisfatte (v., in tal senso, sentenze del 19 febbraio 2002, Wouters e a., C 309/99, EU:C:2002:98, punto 97; del 18 luglio 2006, Meca Medina e Majcen/Commissione, C 519/04 P, EU:C:2006:492, punti da 42 a 48, e del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C 1/12, EU:C:2013:127, punti 93, 96 e 97).
184 Più in particolare, nel settore dello sport, la Corte è stata indotta a rilevare, alla luce degli elementi a sua disposizione, che la regolamentazione antidoping adottata dal Comitato olimpico internazionale (CIO) non ricade nel divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, benché essa limiti la libertà d’azione degli atleti ed abbia per effetto inerente di restringere la potenziale concorrenza tra di loro, stabilendo una soglia oltre la quale la presenza di nandrolone costituisce doping, con lo scopo di preservare lo svolgimento leale, integro e oggettivo della competizione sportiva, di assicurare agli atleti pari opportunità, di proteggere la loro salute e di far rispettare i valori etici che sono l’essenza dello sport, tra i quali figura il merito (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2006, Meca Medina e Majcen/Commissione, C 519/04 P, EU:C:2006:492, punti da 43 a 55).
185 Per contro, la giurisprudenza citata al punto 183 della presente sentenza non si applica in presenza di comportamenti che, a prescindere dal fatto che promanino o meno da una siffatta associazione e da quali siano gli obiettivi legittimi di interesse generale che possono essere invocati per spiegarli, violano per loro natura stessa l’articolo 102 TFUE, come risulta del resto già, implicitamente ma necessariamente, dalla giurisprudenza della Corte (v., in tal senso, sentenza del 1º luglio 2008, MOTOE, C 49/07, EU:C:2008:376, punto 53).
186 Posto che, da un lato, nemmeno la mancanza di intenzione soggettiva di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza e il perseguimento di obiettivi eventualmente legittimi sono determinanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e che, dall’altro, gli articoli 101 e 102 TFUE devono essere interpretati e applicati in maniera coerente, occorre considerare che la giurisprudenza menzionata al punto 183 della presente sentenza non può trovare applicazione neppure in presenza di comportamenti che, lungi dal limitarsi ad avere per «effetto» inerente di restringere, quantomeno potenzialmente, la concorrenza limitando la libertà di azione di talune imprese, presentano, rispetto a detta concorrenza, un grado di nocività che consente di ritenere che essi abbiano per «oggetto» stesso di impedirla, restringerla o falsarne il gioco. Pertanto, solo se, al termine dell’esame del comportamento di cui al caso di specie, emerge che esso non ha per oggetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza, occorre poi stabilire se esso possa ricadere in detta giurisprudenza (v., in tal senso, sentenze del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C 1/12, EU:C:2013:127, punto 69; del 4 settembre 2014, API e a., da C 184/13 a C 187/13, C 194/13, C 195/13 e C 208/13, EU:C:2014:2147, punto 49, e del 23 novembre 2017, CHEZ Elektro Bulgaria e FrontEx International, C 427/16 e C 428/16, EU:C:2017:890, punti 51, 53, 56 e 57).
187 Pertanto, i comportamenti che hanno per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza possono fruire del beneficio di un’esenzione dal divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE unicamente in applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE e a condizione che siano soddisfatte tutte le condizioni previste da detta disposizione (v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, C 209/07, EU:C:2008:643, punto 21).
188 Nel caso di specie, tenuto conto delle indicazioni presenti nella decisione di rinvio e delle risposte che, alla luce di esse, la Corte ha dato alle prime tre questioni sollevate dal giudice del rinvio, occorre ritenere che la giurisprudenza ricordata al punto 183 della presente sentenza non si applichi in presenza di norme come quelle controverse nel procedimento principale.
b) Sull’esenzione prevista all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE
189 Dalla formulazione stessa dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE risulta che qualsiasi decisione di associazione di imprese o qualsiasi pratica concordata che risulti lesiva dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in ragione del suo oggetto o del suo effetto anticoncorrenziale, può beneficiare di un’esenzione se soddisfa tutte le condizioni a tal fine previste (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 1985, Remia e a./Commissione, 42/84, EU:C:1985:327, punto 38, e dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C 382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 230), fermo restando che dette condizioni sono più rigorose di quelle richiamate al punto 183 della presente sentenza.
190 Conformemente all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, il beneficio di detta esenzione è soggetto, nel caso specifico, a quattro condizioni cumulative. In primo luogo, deve essere dimostrato, con un sufficiente grado di probabilità (sentenza del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., C 501/06 P, C 513/06 P, C 515/06 P e C 519/06 P, EU:C:2009:610, punto 95), che l’accordo, la decisione di associazione di imprese o la pratica concordata di cui trattasi consente di realizzare incrementi di efficienza, contribuendo a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o dei servizi di cui trattasi o a promuovere il progresso tecnico o economico. In secondo luogo, deve essere dimostrato, nella stessa misura, che una congrua parte dell’utile che deriva da detti incrementi è riservata agli utilizzatori. In terzo luogo, l’accordo, la decisione o la pratica di cui trattasi non devono imporre alle imprese partecipanti restrizioni che non siano indispensabili per realizzare detti incrementi di efficienza. In quarto luogo, detto accordo, detta decisione o detta pratica non devono dare alle imprese partecipanti la possibilità di eliminare tutta la concorrenza effettiva per una parte sostanziale dei prodotti o dei servizi di cui trattasi.
191 Grava sulla parte che si avvalga di una tale esenzione l’onere di dimostrare, mediante argomenti ed elementi di prova convincenti, la sussistenza di tutti i requisiti richiesti per beneficiarne (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 1985, Remia e a./Commissione, 42/84, EU:C:1985:327, punto 45, e del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., C 501/06 P, C 513/06 P, C 515/06 P e C 519/06 P, EU:C:2009:610, punto 82). Ove detti argomenti ed elementi di prova siano tali da obbligare la controparte a confutarli in maniera convincente, è consentito, in mancanza di una siffatta confutazione, ritenere che l’onere della prova gravante sulla parte che si avvale dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE sia stato soddisfatto (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C 204/00 P, C 205/00 P, C 211/00 P, C 213/00 P, C 217/00 P e C 219/00 P, EU:C:2004:6, punto 79, e del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., C 501/06 P, C 513/06 P, C 515/06 P e C 519/06 P, EU:C:2009:610, punto 83).
192 In particolare, per quanto attiene alla prima condizione ricordata al punto 190 della presente sentenza, gli incrementi di efficienza che l’accordo, la decisione di associazione di imprese o la pratica concordata consentono di realizzare non corrispondono a tutti i benefici che le imprese partecipanti traggono da tale accordo, decisione o pratica nell’ambito della loro attività economica, bensì soltanto ai vantaggi oggettivi significativi che detto accordo, decisione o pratica, considerati specificamente, consentono di realizzare nel settore o nei diversi settori o mercati interessati. Inoltre, affinché questa prima condizione possa essere considerata soddisfatta, occorre non soltanto dimostrare l’effettività e la portata di detti incrementi di efficienza, ma anche dimostrare che essi sono tali da compensare gli inconvenienti che derivano dall’accordo, dalla decisione o dalla pratica sul piano della concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 13 luglio 1966, Consten e Grundig/Commissione, 56/64 e 58/64, EU:C:1966:41, pag. 525, e dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C 382/12 P, EU:C:2014:2201, punti 232, 234 e 236, e, per analogia, del 27 marzo 2012, Post Danmark, C 209/10, EU:C:2012:172, punto 43).
193 Per quanto attiene alla seconda condizione ricordata al punto 190 della presente sentenza, essa impone di dimostrare che gli incrementi di efficienza che l’accordo, la decisione di associazione di imprese o la pratica concordata devono consentire di realizzare hanno effetti favorevoli sull’insieme degli utenti, che si tratti di professionisti, di consumatori intermedi o di consumatori finali, nei diversi settori o mercati interessati (v., in tal senso, sentenze del 23 novembre 2006, Asnef Equifax e Administración del Estado, C 238/05, EU:C:2006:734, punto 70, e dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C 382/12 P, EU:C:2014:2201, punti 236 e 242).
194 Ne consegue che, in un caso come quello oggetto del procedimento principale, in cui il comportamento che viola l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE è anticoncorrenziale per oggetto, vale a dire presenta un grado di dannosità sufficiente per la concorrenza ed è, inoltre, tale da ledere diverse categorie di utenti o di consumatori, occorre stabilire se, ed eventualmente in quale misura, tale comportamento abbia, malgrado la sua nocività, un’incidenza favorevole su ciascuna di esse.
195 Pertanto, nel procedimento principale, spetterà al giudice del rinvio valutare se le norme in materia di previa autorizzazione, di partecipazione e sanzionatorie ivi controverse siano idonee a spiegare effetti favorevoli sulle diverse categorie di «utilizzatori» che sono, in particolare, le federazioni nazionali di calcio, i club di professionisti o dilettanti, i giocatori professionisti o dilettanti, i giovani giocatori e, più in generale, i consumatori, che si tratti di spettatori o di telespettatori.
196 Tuttavia, occorre ricordare, a tal proposito, che, benché norme siffatte possano apparire, in linea di principio, legittime, contribuendo a garantire il rispetto dei principi, dei valori e delle regole del gioco alla base del calcio professionistico, in particolare il carattere aperto e meritocratico delle competizioni interessate, nonché a garantire una certa forma di ridistribuzione solidale all’interno del settore del calcio, l’esistenza di siffatti obiettivi, per quanto lodevoli, non dispensa le associazioni che hanno adottato tali norme dall’obbligo di dimostrare, dinanzi al giudice del rinvio, che il perseguimento dei suddetti obiettivi si concretizza in incrementi di efficienza reali e quantificabili, da un lato, e che questi ultimi compensano gli inconvenienti derivanti a livello di concorrenza dalle norme oggetto del procedimento principale, dall’altro.
197 Per quanto attiene alla terza condizione ricordata al punto 190 della presente sentenza, relativa al carattere indispensabile o necessario del comportamento di cui trattasi, essa implica di valutare e di confrontare il rispettivo impatto di detto comportamento e delle misure alternative realmente ipotizzabili, nell’ottica di stabilire se gli incrementi di efficienza attesi dal suddetto comportamento possano essere realizzati mediante misure meno restrittive per la concorrenza. Per contro, essa non può portare a compiere una scelta, in termini di opportunità, tra un siffatto comportamento e tali misure alternative ove queste ultime non risultino meno restrittive per la concorrenza.
198 Quanto alla quarta condizione ricordata al punto 190 della presente sentenza, la verifica del suo rispetto in un determinato caso implica di procedere a un esame degli elementi di natura quantitativa e qualitativa che caratterizzano il funzionamento della concorrenza nei settori o nei mercati interessati, al fine di stabilire se l’accordo, la decisione di associazione di imprese o la pratica concordata di cui trattasi dia alle imprese partecipanti la possibilità di eliminare ogni concorrenza effettiva per una parte sostanziale dei prodotti o dei servizi interessati. In particolare, in presenza di una decisione di associazione di imprese o di un accordo cui diverse imprese abbiano aderito collettivamente, la quota molto elevata di mercato da esse detenuta può rappresentare, unitamente ad altre circostanze pertinenti e nel quadro di un’analisi complessiva di queste ultime, un indicatore della possibilità conferita da detta decisione o da detto accordo, visto il suo contenuto e del suo oggetto o del suo effetto, alle imprese partecipanti di eliminare ogni forma di effettiva concorrenza, circostanza, questa, che già di per sé esclude il beneficio dell’esenzione prevista all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Un’altra circostanza può riferirsi al fatto che una tale decisione o un tale accordo, pur eliminando una forma di concorrenza effettiva o un canale di accesso al mercato, ne lasci o meno sussistere altri (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 1986, Metro/Commissione, 75/84, EU:C:1986:399, punti 64, 65 e 88).
199 Per stabilire se detta quarta condizione sia rispettata nel caso di specie, il giudice del rinvio dovrà considerare, in primo luogo, il fatto che, come osservato, in particolare, ai punti da 174 a 179 della presente sentenza, le norme in materia di previa autorizzazione, di partecipazione e sanzionatorie oggetto del procedimento principale non sono disciplinate da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, preciso e non discriminatorio. Orbene, occorre considerare che una tale situazione è idonea a consentire agli enti che hanno adottato dette norme di impedire ogni forma di concorrenza sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni calcistiche tra club sul territorio dell’Unione.
200 In termini più generali, l’esame delle diverse condizioni menzionate al punto 190 della presente sentenza può richiedere che siano prese in considerazione le caratteristiche e le specificità del settore o dei settori o dei mercati interessati dall’accordo, dalla decisione di associazione di imprese o dalla pratica concordata di cui trattasi, se tali caratteristiche e tali specificità risultano decisive ai fini del risultato del suddetto esame (v., in tal senso, sentenze del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., C 501/06 P, C 513/06 P, C 515/06 P e C 519/06 P, EU:C:2009:610, punto 103, e dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C 382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 236).
c) Sulla giustificazione oggettiva alla luce dell’articolo 102 TFUE
201 Coerentemente con quanto previsto dall’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, dalla giurisprudenza della Corte sull’articolo 102 TFUE emerge che un’impresa che detiene una posizione dominante può giustificare comportamenti che possono incorrere nel divieto di cui al suddetto articolo (sentenze del 27 marzo 2012, Post Danmark, C 209/10, EU:C:2012:172, punto 40, e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C 377/20, EU:C:2022:379, punto 46).
202 In particolare, una siffatta impresa può, a tal fine, dimostrare o che il proprio comportamento è obiettivamente necessario, o che l’effetto preclusivo che ne deriva può essere controbilanciato, se non addirittura superato, da vantaggi in termini di efficienza che vanno a beneficio anche dei consumatori (sentenze del 27 marzo 2012, Post Danmark, C 209/10, EU:C:2012:172, punto 41, e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C 377/20, EU:C:2022:379, punti 46 e 86).
203 Per quanto attiene alla prima parte di detta alternativa, dal punto 147 della presente sentenza emerge che l’istituzione, da parte della FIFA e della UEFA, di norme discrezionali in materia di previa autorizzazione delle competizioni calcistiche internazionali tra club, di controllo della partecipazione dei club e dei giocatori a dette competizioni nonché di sanzioni non può essere in nessun caso considerata, tenuto conto proprio di detto carattere discrezionale, oggettivamente giustificata da necessità di carattere tecnico o commerciale, a differenza di quanto potrebbe accadere se dette norme fossero disciplinate da criteri sostanziali e da modalità procedurali conformi ai requisiti di trasparenza, di chiarezza, di neutralità e di proporzionalità imposti in questo ambito. Pertanto, occorre ritenere che tali norme, controlli e sanzioni perseguano, da un punto di vista oggettivo, l’obiettivo di riservare a detti enti l’organizzazione di tutte le competizioni di tal genere, con il rischio di eliminare ogni forma di concorrenza da parte di un’impresa terza, cosicché un siffatto comportamento integra un abuso di posizione dominante vietato dall’articolo 102 TFUE e non giustificato da una necessità oggettiva.
204 Per quanto attiene alla seconda parte di detta alternativa, spetta all’impresa che detiene una posizione dominante dimostrare, in primis, che il suo comportamento può consentire di realizzare incrementi di efficienza, dimostrandone l’effettività e la portata; in secondo luogo, che detti incrementi di efficienza neutralizzano i probabili effetti svantaggiosi di detto comportamento per la concorrenza e per gli interessi dei consumatori sul mercato o sui mercati interessati; in terzo luogo, che detto comportamento è indispensabile per la realizzazione di detti incrementi di efficienza e, in quarto luogo, che esso non elimina una concorrenza effettiva sopprimendo la totalità o la maggior parte delle fonti esistenti di concorrenza attuale o potenziale (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C 209/10, EU:C:2012:172, punto 42).
205 Al pari dell’esenzione prevista all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, detta giustificazione impone che l’impresa che se ne avvale dimostri, mediante argomenti ed elementi di prova convincenti, il soddisfacimento di tutti i requisiti richiesti per beneficiarne.
206 Nel caso di specie, compete al giudice del rinvio stabilire se le norme di cui trattasi nel procedimento principale soddisfino tutti i requisiti che consentono di considerarle giustificate alla luce dell’articolo 102 TFUE, dopo aver consentito alle parti di adempiere l’onere della prova su di esse incombente, come ricordato al punto 191 della presente sentenza.
207 Ciò premesso, con riferimento alla quarta delle succitate condizioni, applicabili sia nel contesto dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE che in quello dell’articolo 102 TFUE, va osservato che, tenuto conto della natura delle norme in esame – che assoggettano l’organizzazione e la commercializzazione di tutte le competizioni calcistiche tra club sul territorio dell’Unione alla previa autorizzazione della FIFA e della UEFA senza che detto potere sia accompagnato da criteri sostanziali e modalità procedurali adeguati – e della posizione dominante, se non addirittura monopolistica, che, come sottolinea il giudice del rinvio, tali due enti detengono sul mercato interessato, occorre ritenere che tali norme conferiscano ai succitati enti la possibilità di impedire ogni forma di concorrenza su detto mercato, come indicato al punto 199 della presente sentenza.
208 Inoltre, va ricordato che il mancato rispetto di una delle quattro condizioni cumulative menzionate ai punti 190 e 204 della presente sentenza è sufficiente per escludere che norme quali quelle oggetto del procedimento principale possano beneficiare dell’esenzione prevista all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE o essere considerate giustificate alla luce dell’articolo 102 TFUE.
209 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 101, paragrafo 3, e l’articolo 102 TFUE devono essere interpretati nel senso che norme con cui associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di competizioni calcistiche tra club e controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a siffatte competizioni, possono beneficiare di un’esenzione dall’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE o essere considerate giustificate alla luce dell’articolo 102 TFUE solo ove sia dimostrato, mediante argomenti ed elementi di prova convincenti, che sono soddisfatti tutti i requisiti richiesti a tal fine.
5. Sulla quarta questione, relativa all’interpretazione degli articoli 101 e 102 TFUE in presenza di norme in materia di diritti legati alle competizioni sportive
210 Con la quarta questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se gli articoli 101 e 102 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano a norme emanate da associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo e che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, che, da un lato, designano tali associazioni quali proprietarie originali di tutti i diritti che possono sorgere dalle competizioni sotto la loro «giurisdizione», compresi i diritti legati a una competizione che venga organizzata da un’impresa terza, e, dall’altro, attribuiscono a dette associazioni un potere esclusivo in materia di commercializzazione di detti diritti.
211 A tal proposito, va rilevato che, nelle loro osservazioni scritte e orali dinanzi alla Corte, la FIFA e la UEFA hanno sostenuto con insistenza che le disposizioni di diritto privato elvetico cui si riferisce il giudice del rinvio – e, più in particolare, l’articolo 67, paragrafo 1, e l’articolo 68, paragrafo 1, dello statuto della FIFA – nella parte in cui riguardano i diritti che possono nascere da competizioni, incontri e altre manifestazioni rientranti nella «giurisdizione» della FIFA e della UEFA, devono essere comprese nel senso che si applicano non già alla totalità delle competizioni rientranti nel rispettivo ambito geografico e nei rispettivi poteri di tali due enti, ma unicamente alle competizioni che, tra queste, sono organizzate dai suddetti enti, fatta eccezione per quelle che possano essere organizzate da enti o da imprese terze. Pertanto, in base alla loro propria interpretazione delle succitate norme, la FIFA e la UEFA non possono in nessun caso affermare di essere titolari dei diritti che possono sorgere in relazione a competizioni che siano organizzate da tali enti o imprese terze.
212 In tali circostanze, pur osservando, come ha fatto la ricorrente nel procedimento principale in occasione dell’udienza di discussione tenutasi dinanzi alla Corte, che le norme controverse nel procedimento principale possono essere intese in altro modo tenuto conto delle diverse accezioni che il termine «giurisdizione» può assumere e che sarebbe auspicabile una modifica di tali norme per eliminare ogni possibile ambiguità al riguardo, la Corte risponderà alla presente questione muovendo, come premessa, dall’interpretazione menzionata al precedente punto e tenendo conto del legame di complementarietà che unisce le controverse norme in materia di previa autorizzazione, di partecipazione e di sanzioni oggetto delle precedenti questioni. Pertanto, una siffatta risposta fa salva quella che potrà essere data alla distinta questione se gli articoli 101 e 102 TFUE ostino a norme con cui un ente come la FIFA designa se stesso o designa un ente come la UEFA quali proprietari originali di tutti i diritti che possano sorgere dalle competizioni che, pur rientrando nel rispettivo ambito geografico e nei rispettivi poteri, sono organizzate da enti o imprese terze.
a) Sulla detenzione dei diritti legati alle competizioni sportive
213 In forza dell’articolo 345 TFUE, i Trattati UE e FUE lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri.
214 Non si può pertanto ritenere che gli articoli 101 e 102 TFUE ostino, nel loro principio stesso, a norme come quelle previste negli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA laddove dette norme designano tale ente e la UEFA quali proprietarie originali di tutti i diritti che possono sorgere dalle competizioni calcistiche professionistiche tra club da esse organizzate sul territorio dell’Unione, con l’indispensabile collaborazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori che partecipano a dette competizioni.
215 Al contrario, l’interpretazione degli articoli 101 e 102 TFUE da parte della Corte e l’applicazione di tali articoli da parte del giudice del rinvio devono muovere dalla circostanza che il regime di proprietà dei diritti cui tali norme si applicano può variare da uno Stato membro all’altro e che, pertanto, è anzitutto alla luce del diritto applicabile in materia di proprietà e di proprietà intellettuale che deve essere esaminata la questione del significato che occorre attribuire alla nozione di «titolarità originaria» cui tali norme si riferiscono, come osservato, sostanzialmente, da un ampio numero di governi intervenuti dinanzi alla Corte. Alcuni di essi hanno così spiegato che tale nozione deve essere intesa, per quanto li riguarda e per essere compatibile con le disposizioni del loro diritto interno applicabile in materia di proprietà e di proprietà intellettuale, come una «cessione volontaria» o una «cessione forzata» di diritti da parte dei club di calcio professionistico alle federazioni nazionali di calcio, all’atto della loro affiliazione a queste ultime, completata da una successiva cessione di tali medesimi diritti alla FIFA e alla UEFA, all’atto dell’adesione di dette federazioni a queste ultime.
216 Tuttavia, la presente causa non verte su detta questione, il cui esame richiederebbe di tener conto anche dell’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che rappresenta una norma di diritto avente ad oggetto il conferimento di diritti ai singoli sancendo il diritto di proprietà e il diritto di proprietà intellettuale, senza tuttavia accordare a tali diritti un carattere assoluto o intangibile (v., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2019, Spiegel Online, C 516/17, EU:C:2019:625, punto 56), come già osservato dalla Corte con riferimento ai diritti specificamente controversi nel caso di specie (sentenze del 18 luglio 2013, FIFA/Commissione, C 204/11 P, EU:C:2013:477, punto 110, e del 18 luglio 2013, UEFA/Commissione, C 201/11 P, EU:C:2013:519, punto 102).
b) Sullo sfruttamento dei diritti legati alle competizioni sportive
217 Per quanto attiene alla questione se l’articolo 101, paragrafo 1, e l’articolo 102 TFUE ostino alle norme richiamate dal giudice del rinvio nei limiti in cui esse si riferiscono non più alla titolarità originaria dei diritti che possono sorgere dalle competizioni di calcio professionistico tra club organizzate dalla FIFA e dalla UEFA, bensì allo sfruttamento commerciale di detti diritti, dai punti 115, 117, 118, 139 e 140 della presente sentenza emerge, anzitutto, che tali norme possono essere considerate in parallelo, da un lato, come una «decisione di associazione di imprese» ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e, dall’altro, come un comportamento che promana da un’«impresa» in «posizione dominante» e che rappresenta il frutto dell’esercizio di un potere di regolamentazione e, quindi, di un mezzo diverso da quelli che reggono la concorrenza per meriti tra le imprese.
218 Inoltre, l’articolo 101, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 102, lettera b), TFUE vietano espressamente le decisioni di associazioni di imprese e le pratiche abusive che consistono nell’impedire o nel restringere la concorrenza limitando o controllando, tra gli altri parametri della concorrenza, la produzione e gli sbocchi a danno dei consumatori.
219 Orbene, come notato, in particolare, da alcuni dei governi che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte e dalla Commissione, l’obiettivo stesso delle norme di cui trattasi nel procedimento principale consiste, come dimostra l’esame del loro tenore letterale, nell’imporre in modo autoritativo e completo, un meccanismo di sfruttamento esclusivo e collettivo di tutti i diritti che possono derivare dalle competizioni di calcio professionistico tra club organizzate, in qualsiasi forma, dalla FIFA e dalla UEFA, sostituendo qualsiasi altra modalità di sfruttamento che, in mancanza di dette norme, potrebbe essere liberamente scelta dai club di calcio professionistico che partecipano a incontri organizzati nell’ambito di dette competizioni, a prescindere dal fatto che si tratti di una modalità di sfruttamento individuale, bilaterale o anche multilaterale.
220 Infatti, norme come quelle enunciate negli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA riservano a detta associazione, in termini chiari e precisi, il potere esclusivo di stabilire, mediante regolamento, le condizioni di sfruttamento e di utilizzo, da parte della FIFA stessa o di un terzo, di tali diritti. Inoltre, esse riservano alla FIFA e alla UEFA il potere esclusivo di autorizzare la diffusione degli incontri o delle manifestazioni, ivi comprese quelle legate alle competizioni calcistiche tra club, su supporti audiovisivi o di altra natura, senza restrizioni in termini di luogo, contenuto, data o mezzi tecnici.
221 Inoltre, dette norme assoggettano a tali poteri, in termini anch’essi univoci, tutti i suddetti diritti, che si tratti di diritti patrimoniali, di diritti di registrazione, di riproduzione e di diffusione audiovisiva, di diritti multimediali, di diritti di marketing e di promozione o, ancora, di diritti di proprietà intellettuale.
222 In tal modo, le suddette norme consentono alla FIFA e alla UEFA di controllare integralmente l’offerta di diritti legati alle competizioni tra club che esse organizzano e, di conseguenza, di impedire qualsiasi concorrenza tra i club di calcio professionistici per quanto attiene ai diritti legati agli incontri cui essi partecipano. Dal fascicolo sottoposto alla Corte emerge che detta modalità di funzionamento della concorrenza sul mercato non è affatto teorica, bensì al contrario reale e concreta, e che è stata seguita, ad esempio, in Spagna sino al 2015 con riferimento ai diritti audiovisivi legati alle competizioni organizzate dalla federazione nazionale di calcio interessata.
223 Per quanto attiene, infine, al contesto economico e giuridico in cui si inseriscono le norme di cui trattasi nel procedimento principale, va osservato, in primo luogo, che i diversi diritti che possono derivare dalle competizioni di calcio professionistico tra club rappresentano la principale fonte di reddito che può essere tratto da dette competizioni, in particolare dalla FIFA e dalla UEFA, quali organizzatrici, e dai club di calcio professionistico senza la cui partecipazione tali competizioni non potrebbero aver luogo. Pertanto, tali diritti costituiscono il fulcro dell’attività economica generata da dette competizioni e la loro cessione è, quindi, intrinsecamente legata alla loro organizzazione.
224 In tale misura, il monopolio che le norme oggetto del procedimento principale conferiscono all’ente da cui promanano, vale a dire alla FIFA e alla UEFA, in materia di sfruttamento e di commercializzazione dei diritti, si combina con il controllo assoluto di cui detti enti dispongono sull’organizzazione e sulla commercializzazione delle competizioni, grazie alle norme oggetto delle prime tre questioni sollevate dal giudice del rinvio, e rafforza la portata giuridica, economica e pratica di dette norme.
225 In secondo luogo, a prescindere dall’attività economica da essi generata, i diritti di cui trattasi nel procedimento principale, di per sé considerati, costituiscono un elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che i Trattati UE ed FUE mirano a stabilire e mantenere, come già osservato dalla Corte con riferimento ai diritti di marchio di cui sono titolari i club di calcio professionistici (v., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2002, Arsenal Football Club, C 206/01, EU:C:2002:651, punti 47 e 48). Infatti, essi costituiscono diritti, giuridicamente protetti e dotati di un proprio valore economico, di sfruttare commercialmente in forme diverse un prodotto o un servizio preesistente, nel caso di specie un incontro o una serie di incontri nel quale o nella quale un determinato club affronta uno o più altri club.
226 Si tratta, pertanto, di un parametro della concorrenza che le norme oggetto del procedimento principale sottraggono al controllo dei club di calcio professionistici che partecipano alle competizioni tra club organizzate dalla FIFA e dalla UEFA.
227 In terzo luogo, a differenza dell’organizzazione di competizioni calcistiche tra club propriamente detta, che è un’attività economica di natura «orizzontale» che riunisce unicamente gli enti o le imprese che ne sono effettivamente o potenzialmente gli organizzatori, la commercializzazione dei diversi diritti legati a dette competizioni ha natura «verticale» coinvolgendo, dal lato dell’offerta, tali medesimi enti o imprese e, dal lato della domanda, imprese che desiderano acquistare tali diritti, nell’ottica di rivenderli ad emittenti televisive e ad altri fornitori di servizi audiovisivi (commercio) o di diffondere esse stesse gli incontri mediante diverse reti di comunicazione elettronica e diversi supporti, come la televisione lineare o on demand, la radio, Internet, i dispositivi di telefonia mobili e altri supporti in fase di affermazione. Inoltre, questi diversi emittenti possono a loro volta vendere spazi o tempo a imprese attive in altri settori economici, a fini pubblicitari o di sponsorizzazione, così da consentire a queste ultime di collocare i loro prodotti o i loro servizi nel corso della diffusione delle competizioni.
228 Pertanto, alla luce del loro tenore letterale, degli obiettivi che esse mirano oggettivamente a conseguire dal punto di vista della concorrenza, nonché del contesto economico e giuridico in cui esse si inseriscono, norme come quelle oggetto del procedimento principale sono idonee non soltanto ad impedire ogni forma di concorrenza tra i club di calcio professionistico che sono affiliati alle federazioni nazionali di calcio membri della FIFA e della UEFA nell’ambito della commercializzazione dei diversi diritti legati agli incontri cui essi partecipano, ma anche a compromettere il funzionamento della concorrenza a danno di imprese terze operanti su una serie di mercati dei media posti a valle di detta commercializzazione, a danno dei consumatori e dei telespettatori.
229 In particolare, tali norme possono consentire ai due enti cui esse conferiscono un monopolio in materia, sotto forma di un controllo totale dell’offerta, di praticare prezzi di vendita eccessivi e quindi abusivi (v., in tal senso, sentenze del 14 febbraio 1978, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, 27/76, EU:C:1978:22, punto 250, e dell’11 dicembre 2008, Kanal 5 e TV 4, C 52/07, EU:C:2008:703, punti 28 e 29), in presenza dei quali gli acquirenti attuali o potenziali dei diritti hanno, a priori, soltanto un potere di negoziazione limitato, tenuto conto della posizione essenziale e imprescindibile che le competizioni e gli incontri di calcio professionistico tra club occupano, quali prodotti di richiamo idonei ad attirare e fidelizzare un vasto pubblico per tutto l’anno, all’interno del pacchetto di programmi e di trasmissioni che gli emittenti possono proporre ai propri clienti e, più in generale, ai telespettatori. Inoltre, obbligando tutti gli acquirenti, attuali o potenziali, dei diritti a rivolgersi a due venditori che propongono ciascuno un ventaglio di prodotti che esclude qualsiasi offerta alternativa e i quali godono di un’immagine e di una reputazione molto forti, tali norme possono indurre detti acquirenti attuali o potenziali a uniformare il loro comportamento sul mercato e la loro offerta ai rispettivi clienti, con conseguente riduzione della scelta e dell’innovazione a danno dei consumatori e dei telespettatori.
230 Per tutte queste ragioni, norme come quelle oggetto del procedimento principale possono essere considerate come aventi «per oggetto» di impedire o restringere la concorrenza sui diversi mercati interessati ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, e come integranti uno «sfruttamento abusivo» di una posizione dominante, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, salvo che ne sia dimostrato il carattere giustificato, dato che impongono, in modo autoritativo e completo, un meccanismo di sfruttamento esclusivo di tutti i diritti che possono derivare dalle competizioni di calcio professionistico tra club organizzate dalla FIFA e dalla UEFA, sostituendo qualsiasi altra modalità di sfruttamento che, in mancanza di dette norme, potrebbe essere liberamente scelta. Ciò vale a maggior ragione quando siffatte norme sono combinate con norme in materia di previa autorizzazione, di partecipazione e sanzionatorie come quelle oggetto delle precedenti questioni.
c) Sull’esistenza di un’eventuale giustificazione
231 Per quanto attiene alla questione se siffatte norme possano rispondere a tutti i requisiti ricordati ai punti 190 e 204 della presente sentenza, che devono essere soddisfatti affinché esse possano beneficiare di un’esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE e siano considerate giustificate alla luce dell’articolo 102 TFUE, va osservato che competerà al giudice del rinvio pronunciarsi su tale aspetto dopo aver dato alle parti del procedimento principale la possibilità di adempiere l’onere della prova ad esse rispettivamente incombente.
232 Ciò premesso, occorre rilevare, in primo luogo, che dinanzi alla Corte le convenute nel procedimento principale, numerosi governi e la Commissione hanno sostenuto che tali norme consentono di realizzare incrementi di efficienza, contribuendo a migliorare sia la produzione che la distribuzione. Infatti, consentendo agli acquirenti attuali o potenziali di negoziare l’acquisto di diritti con due venditori esclusivi, anteriormente a ciascuna delle competizioni internazionali o europee da questi ultimi organizzate, dette norme ridurrebbero considerevolmente i loro costi di transazione, nonché l’incertezza cui essi sarebbero esposti se dovessero negoziare caso per caso con i club partecipanti, la cui posizione e i cui rispettivi interessi sotto il profilo della commercializzazione di detti diritti potrebbero divergere. Inoltre e soprattutto, tali norme consentirebbero a detti acquirenti attuali o potenziali di accedere, a condizioni determinate e applicate in maniera coerente a livello internazionale o europeo, a diritti incomparabilmente più interessanti di quelli che potrebbero proporre loro congiuntamente i club partecipanti a questo o quell’incontro, tenuto conto del fatto che detti diritti godrebbero della notorietà della FIFA o della UEFA e verterebbero se non addirittura su tutti gli incontri di una delle competizioni da esse organizzate, quantomeno su un pacchetto significativo di incontri programmati nelle diverse fasi di detta competizione (incontri di qualificazione, incontri a gruppi e fase finale).
233 Tuttavia, spetterà al giudice del rinvio, alla luce degli argomenti e degli elementi di prova che le parti del procedimento principale sono chiamate a produrre, determinare la portata di questi incrementi di efficienza e, nell’eventualità che ne sia dimostrata la sussistenza e la portata, stabilire se essi possano compensare gli inconvenienti risultanti a livello di concorrenza dalle norme oggetto del procedimento principale.
234 In secondo luogo, le convenute nel procedimento principale, numerosi governi e la Commissione hanno sostenuto che una congrua parte dell’utile che sembra risultare dagli incrementi di efficienza generati dalle norme di cui trattasi nel procedimento principale è riservata agli utilizzatori. Così, l’utile realizzato con la vendita centralizzata dei diversi diritti legati alle competizioni calcistiche tra club organizzate dalla FIFA e dalla UEFA sarebbe destinato, in misura significativa, a finanziamenti o a progetti diretti ad assicurare una certa forma di ridistribuzione solidale all’interno del settore del calcio a beneficio non soltanto dei club calcistici professionistici che partecipano a dette competizioni, ma anche di quelli che non vi partecipano, dei club dilettantistici, dei giovani professionisti, del calcio femminile, dei giovani giocatori e di altre categorie di soggetti operanti nel mondo del calcio. Parimenti, il miglioramento della produzione e della distribuzione derivante da detta vendita centralizzata e la ridistribuzione solidale del profitto che essa consente di ottenere, andrebbero, in definitiva, a beneficio dei sostenitori, dei consumatori che sono i telespettatori e, più in generale, di tutti i cittadini dell’Unione che praticano il calcio a livello amatoriale.
235 Tali argomenti sembrano, a prima vista, convincenti, tenuto conto delle caratteristiche essenziali delle competizioni calcistiche tra club organizzate a livello mondiale o europeo. Infatti, il buon funzionamento, la sostenibilità e il successo di tali competizioni si fondano sul mantenimento di un equilibrio e sulla preservazione di una certa parità di opportunità tra i club di calcio professionistico che vi partecipano, tenuto conto del legame di interdipendenza che unisce questi ultimi, come emerge dal punto 143 della presente sentenza. Inoltre, queste competizioni dipendono dai club di calcio professionistico più piccoli e dai club calcistici dilettantistici che, pur non partecipandovi, investono a livello locale nell’ingaggio e nella formazione di giovani giocatori di talento, alcuni dei quali diventeranno giocatori professionisti e potranno sperare di entrare in un club che vi partecipa (v., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais, C 325/08, EU:C:2010:143, punti da 41 a 45). Infine, il funzionamento solidale del calcio, a condizione che sia reale, può rispondere alla funzione educativa e sociale che gli è riconosciuta nell’Unione.
236 Ciò detto, l’utile che la vendita centralizzata dei diritti relativi alle competizioni calcistiche tra club genera per ciascuna categoria di utenti – compresi non soltanto i club professionistici e dilettantistici e gli altri soggetti operanti nel mondo del calcio, ma anche gli spettatori e i telespettatori – deve essere stabilito in maniera reale e concreta.
237 Spetterà, quindi, in definitiva, al giudice del rinvio, alla luce degli elementi di prova, di carattere segnatamente contabile e finanziario, che le parti del procedimento principale saranno chiamate a fornire, determinare in che misura tali argomenti, riferiti sia alla solidarietà «orizzontale» tra i club partecipanti a tali competizioni, sia alla solidarietà «verticale» con i diversi soggetti operanti nel mondo del calcio, si concretizzino realmente in presenza delle norme di cui trattasi nel procedimento principale.
238 In terzo luogo, spetterà, parimenti, al giudice del rinvio stabilire, alla luce degli elementi di prova che sarà cura delle parti del procedimento principale produrre, se le norme ivi controverse siano indispensabili per consentire di realizzare gli incrementi di efficienza precedentemente ricordati e per garantire la ridistribuzione solidale di una equa parte dell’utile che ne deriva tra tutti gli utenti, che si tratti di soggetti operanti nel mondo del calcio professionistico o dilettantistico, o di spettatori o telespettatori.
239 Per quanto attiene, in quarto luogo, alla questione se le norme di cui trattasi lascino sussistere una concorrenza effettiva per una parte sostanziale dei prodotti o dei servizi interessati, va osservato che, pur eliminando ogni forma di concorrenza sul lato dell’offerta, queste norme non sembrano invece, di per sé, eliminare la concorrenza sul lato della domanda. Infatti, pur essendo idonee ad imporre agli acquirenti attuali o potenziali di pagare un prezzo più elevato per acquistare i diritti e, quindi, a ridurre il numero di acquirenti in grado di farlo, se non addirittura a indurli a raggrupparsi, esse consentono a questi ultimi, come contropartita, di accedere a un prodotto più interessante in termini sia di contenuto che di immagine, per il quale esiste una viva concorrenza, tenuto conto della posizione privilegiata che esso occupa nel pacchetto di programmi e trasmissioni che può essere proposto ai clienti e, in termini più generali, ai telespettatori.
240 Tuttavia, l’esistenza e l’importanza in concreto di questa concorrenza possono essere valutate dal giudice del rinvio solo tenendo conto delle condizioni giuridiche ed economiche reali in cui la FIFA disciplina lo sfruttamento e procede alla commercializzazione dei diversi diritti (audiovisivi, multimediali, di marketing o di altra natura) legati alle competizioni, sulla base degli articoli 67 et 68 del suo statuto. In mancanza di concorrenza tra venditori e, quindi, «tra i prodotti», tale concorrenza può essere garantita, tra l’altro, dal ricorso a una procedura d’asta, di selezione o di gara aperta, trasparente e non discriminatoria, che sfoci nell’adozione di una decisione imparziale e che consenta, in questo modo, agli acquirenti attuali o potenziali, di poter competere in una situazione di concorrenza effettiva e non falsata «per i prodotti». Essa può altresì operare in funzione del periodo durante il quale detti diritti sono proposti, del loro carattere esclusivo o non esclusivo, della loro dimensione geografica, del numero di incontri (lotti) e della tipologia di incontri (incontri di qualificazione, incontri a gruppi e fase finale) che essi consentono di diffondere e dell’insieme delle altre condizioni giuridiche, tecniche e finanziarie a cui detti diritti possono essere acquisiti. Al di là di questi parametri giuridici, la concorrenza può dipendere anche dal numero di acquirenti attuali o potenziali, dalle loro rispettive posizioni sul mercato e dai legami che possono eventualmente esistere sia tra di loro che con altri soggetti operanti nel mondo del calcio, come i club di calcio professionistico, altre imprese o, ancora, la FIFA e la UEFA stesse.
241 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che gli articoli 101 e 102 TFUE devono essere interpretati nel senso che:
– essi non ostano a norme emanate da associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, laddove esse designino tali associazioni quali proprietarie originali di tutti i diritti che possano sorgere dalle competizioni sotto la loro «giurisdizione», qualora dette norme si applichino unicamente alle competizioni organizzate dalle suddette associazioni, escludendo quelle che potrebbero essere organizzate da entità o imprese terze;
– essi ostano a siffatte norme ove queste attribuiscano a tali medesime associazioni un potere esclusivo in materia di commercializzazione dei diritti di cui trattasi, salvo sia dimostrato, mediante argomenti ed elementi di prova convincenti, che sono soddisfatti tutti i requisiti richiesti affinché tali norme possano beneficiare, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, di un’esenzione dall’applicazione del paragrafo 1 di detto articolo ed essere considerate giustificate alla luce dell’articolo 102 TFUE.
C. Sulla sesta questione relativa alle libertà di circolazione
242 Con la sesta questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se gli articoli 45, 49, 56 e 63 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano a norme con cui associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di competizioni calcistiche tra club e controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a tali competizioni, quando tali norme non sono disciplinate da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.
1. Sull’identificazione della libertà di circolazione pertinente
243 Quando un giudice nazionale interroga la Corte sull’interpretazione di diverse disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà di circolazione, nell’ottica di potersi pronunciare su una misura che rientra simultaneamente in più di una di dette libertà, e, tenuto conto del suo oggetto, risulta che detta misura incide in maniera preponderante su una di dette libertà e in maniera secondaria sulle altre, la Corte limita, in linea di principio, il suo esame alla libertà prevalentemente interessata (v., in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2009, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, C 42/07, EU:C:2009:519, punto 47, e del 7 settembre 2022, Cilevičs e a., C 391/20, EU:C:2022:638, punti 50 e 51).
244 Nel caso di specie, il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi sull’interpretazione di disposizioni del Trattato FUE concernenti la libera circolazione dei lavoratori, la libertà di stabilimento, la libera prestazione dei servizi e la libera circolazione dei capitali. Tuttavia, le norme su cui detto giudice è chiamato a pronunciarsi nell’ambito del procedimento principale hanno per oggetto, in primo luogo, la previsione di una previa autorizzazione della FIFA e della UEFA ai fini dell’organizzazione e della commercializzazione di qualsiasi nuova competizione calcistica tra club sul territorio dell’Unione e, quindi, l’assoggettamento alla concessione di una siffatta autorizzazione di ogni impresa che intenda esercitare una tale attività economica in uno qualsiasi degli Stati membri. Benché tali norme in materia di previa autorizzazione siano accompagnate da norme che disciplinano la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a dette competizioni, queste ultime possono essere considerate, ai fini della risposta che deve essere data alla presente questione, come secondarie rispetto alle prime, nel senso che sono ad esse accessorie.
245 Si può pertanto ritenere che le norme della FIFA e della UEFA di cui trattasi nel procedimento principale incidano, in maniera preponderante, sulla libera prestazione dei servizi, in cui ricadono tutte le prestazioni che non sono offerte in maniera stabile e continuativa da un domicilio professionale nello Stato membro di destinazione (sentenza del 7 settembre 2022, Cilevičs e a., C 391/20, EU:C:2022:638, punto 53).
246 In tali circostanze, la Corte limiterà il proprio esame all’articolo 56 TFUE.
2. Sull’esistenza di un ostacolo alla libera prestazione dei servizi
247 L’articolo 56 TFUE, che sancisce la libertà di prestazione dei servizi a beneficio sia del prestatore che dei destinatari di tali servizi, osta a tutte le misure che, quand’anche indistintamente applicabili, sono idonee ad ostacolare l’esercizio di detta libertà vietando, ostacolando o rendendo meno attraente l’attività di tali prestatori negli Stati membri diversi da quelli in cui sono stabiliti (v., in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2009, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, C 42/07, EU:C:2009:519, punto 51, e del 3 marzo 2020, Google Ireland, C 482/18, EU:C:2020:141, punti 25 e 26).
248 Nel caso di specie, ciò si verifica con riferimento alle norme di cui trattasi nel procedimento principale. Infatti, dato che, secondo quanto indicato dal giudice del rinvio, tali norme non sono disciplinate da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato, esse consentono alla FIFA e alla UEFA di controllare, in maniera discrezionale, la possibilità per tutte le imprese terze di organizzare e di commercializzare competizioni calcistiche tra club sul territorio dell’Unione, la possibilità per qualsiasi club di calcio professionistico di partecipare a dette competizioni e, di riflesso, la possibilità per qualsiasi altra impresa di fornire servizi legati all’organizzazione o alla commercializzazione di dette competizioni, come osservato, sostanzialmente, dall’avvocato generale nei paragrafi 175 e 176 delle sue conclusioni.
249 In tal modo, le norme in questione possono non soltanto ostacolare o rendere meno attraenti le diverse attività economiche interessate, ma anche impedirle, limitando l’accesso ad esse per qualsiasi nuovo arrivato (v., per analogia, sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer, C 169/07, EU:C:2009:141, punto 34, e dell’8 giugno 2023, Prestige e Limousine, C 50/21, EU:C:2023:448, punto 62).
250 Ne consegue che le suddette norme costituiscono un ostacolo alla libera prestazione dei servizi sancita dall’articolo 56 TFUE.
3. Sull’esistenza di un’eventuale giustificazione
251 Misure di origine non statale possono essere ammesse, anche se ostacolano una libertà di circolazione sancita dal Trattato FUE, se è dimostrato, primo, che la loro adozione è giustificata da un obiettivo legittimo di interesse generale, di natura non puramente economica e, secondo, che esse rispettano il principio di proporzionalità, il che implica che esse siano idonee a garantire il conseguimento di detto scopo e non eccedano quanto necessario per farlo (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C 415/93, EU:C:1995:463, punto 104, e del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi, C 22/18, EU:C:2019:497, punto 48). Per quanto attiene, più in particolare, alla condizione relativa all’idoneità di dette misure, va ricordato che esse possono essere considerate come idonee a garantire la realizzazione dell’obiettivo addotto solo se rispondono realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico [v., in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2009, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, C 42/07, EU:C:2009:519, punto 61, e del 6 ottobre 2020, Commissione/Ungheria (Insegnamento superiore), C 66/18, EU:C:2020:792, punto 178].
252 Alla stessa stregua delle misure di origine statale, è l’autore delle misure di origine non statale di cui trattasi a dover dimostrare il soddisfacimento di queste due condizioni cumulative [v., per analogia, sentenze del 21 gennaio 2016, Commissione/Cipro, C 515/14, EU:C:2016:30, punto 54, e del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa), C 78/18, EU:C:2020:476, punto 77].
253 Nel caso di specie, alla luce degli elementi osservati ai punti da 142 a 144 e 196 della presente sentenza, occorre considerare che l’adozione di norme in materia di previa autorizzazione delle competizioni calcistiche tra club e di partecipazione dei club di calcio professionistici e dei giocatori a dette competizioni può essere giustificata, secondo il suo stesso principio, alla luce di obiettivi di interesse generale consistenti nel garantire, preliminarmente all’organizzazione di dette competizioni, che esse siano organizzate nel rispetto dei principi, dei valori e delle regole del gioco alla base del calcio professionistico, segnatamente dei valori dell’apertura, del merito e della solidarietà, ma anche che dette competizioni si integrino in maniera omogenea dal punto di vista materiale e temporalmente coordinata nel «sistema organizzato» di competizioni nazionali, europee ed internazionali che caratterizza questo sport.
254 Tuttavia, come emerge dai punti 147, 175, 176 e 199 della presente sentenza, questi obiettivi non possono giustificare l’adozione di siffatte norme laddove esse non siano accompagnate da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, preciso e non discriminatorio.
255 Infatti, un regime di previa autorizzazione come quello introdotto dalle norme in questione, per poter essere considerato giustificato, deve fondarsi in ogni caso su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, in modo da circoscrivere l’esercizio del potere discrezionale che esso conferisce al soggetto abilitato a concedere o a negare la suddetta previa autorizzazione e da evitare che detto potere sia usato in modo arbitrario (v., in tal senso, sentenze del 22 gennaio 2002, Canal Satélite Digital, C 390/99, EU:C:2002:34, punto 35, e del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi, C 22/18, EU:C:2019:497, punto 65).
256 Nel caso di specie, alla luce delle considerazioni del giudice del rinvio ricordate al punto 248 della presente sentenza, le norme di cui trattasi nel procedimento principale non sembrano poter essere considerate giustificate da un obiettivo legittimo di interesse generale.
257 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla sesta questione dichiarando che l’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a norme con cui associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di competizioni calcistiche tra club e controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a tali competizioni, quando tali norme non sono disciplinate da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.
Sulle spese
258 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) L’articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che costituisce un abuso di posizione dominante il fatto che associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, abbiano adottato e applichino norme che subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di una nuova competizione calcistica tra club e che controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a una siffatta competizione, senza che tali diversi poteri siano disciplinati da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.
2) L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che costituisce una decisione di associazione di imprese che ha per oggetto di impedire la concorrenza il fatto che associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, abbiano adottato e applichino, direttamente o per il tramite di federazioni calcistiche nazionali che ne sono membri, norme che subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di una nuova competizione calcistica tra club e che controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a una siffatta competizione, senza che tali diversi poteri siano disciplinati da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.
3) L’articolo 101, paragrafo 3, e l’articolo 102 TFUE devono essere interpretati nel senso che le norme con cui associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di competizioni calcistiche tra club e controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a siffatte competizioni, possono beneficiare di un’esenzione dall’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE o essere considerate giustificate alla luce dell’articolo 102 TFUE solo ove sia dimostrato, mediante argomenti ed elementi di prova convincenti, che sono soddisfatti tutti i requisiti richiesti a tal fine.
4) Gli articoli 101 e 102 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi:
– non ostano a norme emanate da associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, laddove esse designino tali associazioni quali proprietarie originali di tutti i diritti che possano sorgere dalle competizioni sotto la loro «giurisdizione», qualora dette norme si applichino unicamente alle competizioni organizzate dalle suddette associazioni, escludendo quelle che potrebbero essere organizzate da entità o imprese terze;
– ostano a siffatte norme laddove queste attribuiscano a dette medesime associazioni un potere esclusivo in materia di commercializzazione dei diritti di cui trattasi, salvo sia dimostrato, mediante argomenti ed elementi di prova convincenti, che sono soddisfatti tutti i requisiti richiesti affinché tali norme possano beneficiare, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, di un’esenzione dall’applicazione del paragrafo 1 di detto articolo ed essere considerate giustificate alla luce dell’articolo 102 TFUE.
5) L’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a norme con cui associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di competizioni calcistiche tra club e controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a tali competizioni, quando tali norme non sono disciplinate da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.
Firme
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* Lingua processuale: lo spagnolo.
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