Contesto normativo e misura adottata
- L’art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, stabilisce il meccanismo della perequazione automatica delle pensioni per garantire un adeguamento degli importi pensionistici in base all’inflazione.
- Per gli anni 2012 e 2013, in considerazione della situazione finanziaria contingente, è stata riconosciuta la perequazione soltanto per le pensioni fino a tre volte il trattamento minimo INPS, e solo nella misura del 100%, mentre per importi superiori è stata limitata o sospesa.
- Questa misura è stata poi disciplinata più dettagliatamente dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 65/2015 che ha introdotto una sospensione modulare e inversamente proporzionale:
- Pensioni fino a tre volte il minimo INPS: perequazione piena.
- Pensioni tra tre e sei volte il minimo INPS: perequazione parziale secondo percentuali decrescenti.
- Pensioni superiori a sei volte il minimo INPS: sospensione totale della perequazione.
Questioni di legittimità sollevate dalla parte ricorrente
- La parte ricorrente contesta la norma per violazione degli articoli 3, 36 e 38 della Costituzione (principi di uguaglianza, tutela del lavoro e previdenza).
- Denuncia una violazione dell’art. 136 Cost., per presunta elusione del giudicato costituzionale espresso dalla sentenza n. 70/2015, che aveva dichiarato l’illegittimità del blocco perequativo precedente.
- Sostiene che la sospensione modulare prevista dal d.l. n. 65/2015 sarebbe una norma ripristinata con efficacia retroattiva, eludendo il precedente giudicato che aveva abbattuto il blocco.
- Rileva che, a differenza dell’originario blocco fisso (c.d. “scaletta fissa”), ora la sospensione è graduata in base all’importo pensionistico, conservando la perequazione piena solo per pensioni basse, penalizzando quelle più elevate.
Valutazioni di principio
- La Corte dei Conti e la giurisprudenza costituzionale valutano se la disciplina della sospensione modulare:
- Rispetta la sentenza n. 70/2015, senza ripristinare in modo surrettizio il blocco perequativo.
- Rappresenta una misura ragionevole ed equa in vista della sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico.
- Viene riconosciuta la necessità di bilanciare il diritto alla perequazione con la situazione economica dello Stato, giustificando una sospensione modulare anziché un blocco totale.
Implicazioni pratiche per l’Ispettore Capo in pensione
- Se la pensione percepita supera tre volte il minimo INPS, la rivalutazione sarà parzialmente sospesa o azzerata per gli anni 2012 e 2013.
- La sospensione vale anche per gli anni successivi, con percentuali diverse.
- Questo si traduce in un mancato adeguamento dell’importo pensionistico e quindi un possibile danno economico.
L'analisi giuridica si focalizza sulla legittimità e sulla compatibilità costituzionale delle norme che hanno disciplinato la sospensione della perequazione delle pensioni, in particolare l'art. 1 del d.l. n. 65/2015, confrontandola con le pronunce della Corte Costituzionale e le norme costituzionali rilevanti.
La sentenza n. 70/2015 della Corte Costituzionale
- Questa sentenza ha dichiarato l'illegittimità del blocco totale della perequazione delle pensioni, che era stato adottato con precedenti normative.
- La Corte ha rilevato che il blocco fisso, anche se temporaneo, rappresentava una compressione eccessiva del diritto dei pensionati di ricevere una rivalutazione periodica, in contrasto con il principio di tutela delle aspettative legittime e il diritto alla previdenza sociale garantito dagli artt. 3, 36, e 38 della Costituzione.
- La Corte ha sottolineato che la normativa di blocco totale senza limiti temporali, pur essendo giustificata da esigenze di finanza pubblica, doveva comunque rispettare le soglie di ragionevolezza e proporzionalità.
La norma del d.l. n. 65/2015 e la sua compatibilità costituzionale
- L'art. 1 del d.l. n. 65/2015 introduce un meccanismo di sospensione modulare e inversamente proporzionale, che differisce dal blocco totale:
- Per pensioni fino a tre volte il minimo INPS, la rivalutazione è piena.
- Tra tre e sei volte il minimo, parziale.
- Oltre sei volte, sospensione totale.
- La norma si propone di rispettare il principio di ragionevolezza e di evitare di comprimere eccessivamente i diritti dei pensionati, adottando un meccanismo più equo e meno invasivo.
- Tuttavia, la parte ricorrente e altri settori giurisprudenziali contestano che questa norma possa comunque rappresentare una violazione della sentenza n. 70/2015, in quanto ripristina retroattivamente le restrizioni in modo diverso rispetto alle previsioni precedenti, eludendo così il giudicato.
La questione del giudicato costituzionale e l'efficacia retroattiva
- La sentenza n. 70/2015 ha deciso sulla illegittimità del blocco totale, senza prevedere alcuna restrizione temporale o condizione diversa.
- La norma D.l. n. 65/2015, introducendo un sistema di sospensione modulare per gli anni successivi, si potrebbe configurare come un intervento che oltrepassa la pronuncia di illegittimità, ripristinando restrizioni analoghe a quelle contestate (blocco totale o quasi totale).
- La Corte costituzionale ha più volte sottolineato che con le sentenze di illegittimità, il Parlamento è chiamato a sanare eventuali illegittimità o a modificarne i contenuti senza eludere o aggirare il giudicato.
Il bilanciamento tra esigenze di finanza pubblica e tutela dei diritti
- La norma ha un presupposto di legittimità nel principio di solidarietà e nel potere dello Stato di modulare la spesa pubblica, specialmente in situazioni di emergenza.
- La Corte riconosce la legittimità di interventi restrittivi, purché siano proporzionati, temporanei e motivati da ragioni di salvataggio del sistema.
- Tuttavia, la normativa deve rispettare i limiti costituzionali, tra cui i principi di uguaglianza, di tutela degli incolpevoli e di tutela delle aspettative legittime.
- La legittimità del meccanismo di sospensione modulare è oggetto di discussione, e l'orientamento più favorevole ai pensionati si basa sulla constatazione che tale normativa possa configurarsi come una limitazione inaccettabile del diritto alla perequazione, in contrasto con le pronunce della Corte.
- La questione appare complessa e dipende dall’equilibrio tra la necessità di garantire la sostenibilità del sistema e il rispetto dei principi costituzionali, in particolare dell’art. 38, che tutela il diritto all’assistenza e alla protezione sociale.
· compatibilità della sospensione della perequazione pensionistica con i principi di uguaglianza e con la giurisprudenza europea sui diritti dei pensionati.
Principio di uguaglianza (Art. 3 Costituzione)
- L’articolo 3 della Costituzione italiana sancisce il principio di uguaglianza formale e sostanziale, vietando discriminazioni ingiustificate.
- La sospensione modulare della perequazione, differenziando il trattamento in base all’importo della pensione, potrebbe apparire come una disparità di trattamento.
- Tuttavia, tale differenziazione è giustificata dallo Stato con motivazioni di equità sociale e di sostenibilità del sistema pensionistico, mirando a tutelare maggiormente le pensioni basse, considerate più vulnerabili.
- La giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto che l’uguaglianza non esige un trattamento identico per tutti, ma un criterio razionale e proporzionato basato su ragioni oggettive.
- Nel caso della sospensione modulare, il criterio dell’importo pensionistico può essere legittimo perché riconduce la limitazione delle risorse alle effettive possibilità contributive e di spesa dello Stato.
Tutela dei diritti sociali e principi di proporzionalità
- Le restrizioni alle pensioni devono comunque rispettare il principio di proporzionalità: la misura deve essere adeguata e non eccedere rispetto allo scopo di contenimento della spesa pubblica.
- Blocco totale od effetti retroattivi senza limiti temporali rischiano di configurare violazioni, soprattutto se ledono aspettative legittime consolidate.
Giurisprudenza europea sui diritti dei pensionati
- La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha più volte riconosciuto che le pensioni rientrano nella nozione di “diritti patrimoniali” protetti dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
- La CEDU ammette però che gli Stati possono applicare restrizioni ai trattamenti pensionistici per motivi di interesse generale, come la sostenibilità del sistema previdenziale.
- Le restrizioni devono però essere proporzionate, non discriminatorie e prevedere un equilibrio tra l’interesse pubblico e i diritti individuali.
- Negli ultimi anni, la CEDU ha condannato alcuni Stati per blocchi pensionistici totali e prolungati, ritenuti sproporzionati e lesivi dei diritti degli anziani.
- La giurisprudenza europea tende a favorire sistemi che garantiscano adeguate tutele di minimo vitale e una perequazione almeno parziale.
Implicazioni per la normativa italiana
- La disciplina italiana della sospensione modulare si avvicina a un modello più equilibrato rispetto al blocco totale prima dichiarato incostituzionale, ma presenta ancora margini di criticità soprattutto per le pensioni più elevate.
- Un sistema che prevede sospensioni totali per chi percepisce pensioni molto alte potrebbe essere compatibile con le esigenze di finanza pubblica, ma deve sempre mantenere la proporzionalità e il rispetto delle aspettative legittime.
- Nel complesso, la normativa italiana appare coerente con il quadro giurisprudenziale europeo quando applicata con criteri trasparenti e non retroattivi in modo lesivo.
Ecco un confronto dettagliato tra la sentenza n. 70/2015 della Corte Costituzionale italiana e la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) in materia di diritti dei pensionati, con particolare attenzione al blocco e alla sospensione della perequazione delle pensioni.
Sentenza n. 70/2015 della Corte Costituzionale italiana
- La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del blocco totale della rivalutazione automatica delle pensioni per trattamenti superiori a tre volte il minimo INPS, applicato negli anni 2012 e 2013.
- La motivazione principale si fonda sulla violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità: il blocco totale ha pregiudicato gravemente il potere di acquisto delle pensioni, vanificando le legittime aspettative dei pensionati.
- La Corte ha riconosciuto la necessità di bilanciare l’esigenza di finanza pubblica con la tutela dei diritti sociali, ma ha negato che un blocco rigido e uniforme potesse godere di legittimità costituzionale.
- Ha quindi imposto una revisione normativa che permettesse una perequazione, magari modulata, ma che non azzerasse completamente la rivalutazione per le pensioni più alte.
Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU)
- La CEDU tutela i pensionati riconoscendo le pensioni come un “diritto patrimoniale” ai sensi dell’art. 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione Europea.
- La Corte europea ammette che gli Stati possano adottare misure restrittive per ragioni di interesse generale e sostenibilità finanziaria, ma queste misure devono rispettare il principio di proporzionalità e non essere discriminatorie.
- La CEDU ha condannato l’Italia in più casi per blocchi pensionistici totali e prolungati (es. sentenze Poletti c. Italia, Stefanetti c. Italia, Arras c. Italia), sottolineando la lesione sproporzionata dei diritti dei pensionati.
- Viene richiesto un giusto equilibrio fra la legittima esigenza statale di contenere la spesa pubblica e la tutela di un trattamento pensionistico dignitoso e adeguato.
Confronto tra Corte Costituzionale e Corte EDU
- Entrambe le corti condividono la necessità di tutelare il diritto alle pensioni come diritto fondamentale, dando rilievo alla proporzionalità delle misure limitative.
- La Corte Costituzionale adotta un approccio bilanciato interno, consentendo misure di sospensione modulare purché non assolute e non retroattive in modo lesivo.
- La CEDU nel suo giudizio tende a proteggere con maggior rigore il diritto patrimoniale dei pensionati da restrizioni eccessive, esaminando anche gli effetti concreti e la durata delle riduzioni.
- La difficoltà pragmatica sta nel contemperare i vincoli di bilancio con le esigenze individuali, e spesso la giurisprudenza europea ha rappresentato un ulteriore livello di tutela dopo il venir meno delle garanzie nazionali.
Principali differenze giuridiche
Aspetto |
Corte Costituzionale Italiana |
Corte Europea dei Diritti dell'Uomo |
Natura del diritto |
Tutela del principio di ragionevolezza e proporzionalità nelle norme interne |
Diritti patrimoniali e protezione contro ingerenze arbitrarie |
Ambito d’intervento |
Esamina compatibilità costituzionale nazionale |
Controllo europeo dei diritti convenzionali |
Approccio |
Accetta sospensioni/modulazioni purché ragionevoli e temporanee |
Richiede equilibrio rigoroso, critica blocchi prolungati |
Effetti temporali |
Critica retroattività lesiva ma ammette adeguamenti graduati |
Rigetta ingerenze retroattive sproporzionate |
In sintesi, la sentenza 70/2015 della Corte Costituzionale italiana ha rappresentato un passo fondamentale per la tutela dei pensionati, affermando la necessità di un sistema di rivalutazione meno penalizzante. La giurisprudenza della Corte EDU, pur sostenendo in linea generale le misure statali per la sostenibilità, impone vincoli stringenti alle limitazioni del diritto pensionistico, garantendo una maggiore protezione contro restrizioni eccessive e prolungate.
Questo dialogo giurisprudenziale mira a garantire che le politiche di bilancio non comprimano irrimediabilmente i diritti fondamentali dei pensionati, riconoscendo tuttavia la complessità della gestione della spesa pubblica.
Nessun commento:
Posta un commento