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23 settembre 2025

Cassazione 2025 - la sentenza della Corte di Cassazione rappresenta un’importante occasione di riflessione sul tema della responsabilità del datore di lavoro in materia di danno da ambiente lavorativo stressante, con particolare attenzione alla nozione di “straining” e alle implicazioni per la tutela della salute psico-fisica del lavoratore.

 

Cassazione 2025 - la sentenza della Corte di Cassazione rappresenta un’importante occasione di riflessione sul tema della responsabilità del datore di lavoro in materia di danno da ambiente lavorativo stressante, con particolare attenzione alla nozione di “straining” e alle implicazioni per la tutela della salute psico-fisica del lavoratore.

**Contesto e principi generali**

La sentenza si inserisce in un quadro giurisprudenziale consolidato che riconosce al datore di lavoro l’obbligo di tutelare la salute, la personalità morale e l’integrità fisica dei propri dipendenti, anche in assenza di un intento persecutorio diretto. La responsabilità ex art. 2087 c.c. si fonda sulla violazione di specifici obblighi di legge o di buona fede contrattuale, che impongono di adottare tutte le misure idonee a prevenire situazioni di danno psico-fisico.

**Il caso concreto e il ruolo dello “straining”**

Nel caso di specie, una avvocatessa ha denunciato comportamenti stressogeni da parte del direttore generale dell’ente pubblico, culminati in un danno biologico riconosciuto giudizialmente. Il riferimento allo “straining” è fondamentale: si tratta di una forma attenuata di mobbing, caratterizzata da azioni vessatorie non necessariamente continue, ma comunque idonee a produrre danni alla salute del lavoratore.

La Corte ha chiarito che anche comportamenti di “straining”, ove producano effetti dannosi sull’integrità psico-fisica, sono riconducibili alla responsabilità del datore di lavoro e possono giustificare una richiesta di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2087 c.c. La distinzione tra “straining” e mobbing deriva dall’assenza di una continuità nelle condotte vessatorie, ma ciò non esclude la loro rilevanza ai fini della tutela giuridica.

**L’obbligo di prevenzione e le responsabilità dell’ente**

La sentenza sottolinea che l’ambiente di lavoro deve essere concepito come un contesto che rispetti l’integrità psico-fisica del lavoratore, non limitandosi a una mera struttura funzionale all’adempimento lavorativo. In caso di conflittualità o comportamenti stressogeni, il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare misure adeguate, anche attraverso l’esercizio del potere disciplinare, per ripristinare un ambiente di lavoro sereno e salubre.

L’omissione di tali interventi può configurare inadempimenti specifici, che costituiscono causa di responsabilità e risarcimento del danno. La responsabilità non si fonda su un intento persecutorio, ma sulla violazione del dovere di tutela, che deriva dall’obbligo di garantire un ambiente di lavoro che non metta in pericolo la salute psico-fisica del dipendente.

**Implicazioni pratiche e dottrinali**

La sentenza amplia la nozione di ambiente di lavoro in senso lato, includendo tutti gli elementi che circondano e influiscono sul lavoratore, sottolineando l’importanza di un’interpretazione che tenga conto non solo delle condizioni materiali, ma anche delle relazioni interpersonali e delle dinamiche relazionali sul luogo di lavoro.

Inoltre, si evidenzia come la responsabilità del datore di lavoro possa emergere anche in assenza di una pluralità di atti vessatori, qualora si dimostri che le azioni singole o la condotta complessiva abbiano comunque prodotto effetti dannosi.

**Conclusioni**

La sentenza della Cassazione del 2025 rappresenta un importante principio di diritto, che ribadisce come l’ambiente lavorativo stressante, anche sotto forma di “straining”, possa costituire causa di responsabilità e risarcimento per il datore di lavoro, in presenza di danni alla salute del lavoratore. La tutela della salute psico-fisica, quindi, assume un ruolo centrale e impone alle aziende un’attenzione costante alle dinamiche relazionali e alle condizioni di lavoro, affinché siano rispettati i principi di correttezza, buona fede e tutela della dignità umana sul luogo di lavoro.



 

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