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05 luglio 2025

Retribuzione nel Periodo Feriale in Conformità al Diritto Europeo

 

Retribuzione nel Periodo Feriale in Conformità al Diritto Europeo 

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**Introduzione**

Il tema della retribuzione durante il periodo feriale rappresenta un articolato aspetto del diritto del lavoro, che coinvolge sia normative nazionali sia principi europei. La Corte d’Appello nel 2025 si pronuncia in merito alla corretta interpretazione e applicazione di tali principi, sottolineando l’esigenza di garantire ai lavoratori una retribuzione equa e preservando il diritto alle ferie come conquista fondamentale.

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**Quadro Normativo e Principi di Riferimento**

1. **Normativa Europea**  
   - **Direttiva 2003/88/CE** (oramai indicativa ma fondamentale): mira a garantire il rispetto dei periodi di riposo e di ferie retribuite, riconoscendo il diritto dei lavoratori a periodi di riposo che siano remunerati come quelli ordinari.  
   - **Principio di non discriminazione**: la retribuzione durante le ferie deve essere pari a quella ordinaria, affinché le ferie non abbiano effetti economici penalizzanti.

2. **Normativa Nazionale**  
   - Articolo 7 del D.Lgs. 66/2003 (Statuto dei Lavoratori): prevede il diritto alle ferie retribuite.  
   - Contratti collettivi e accordi aziendali: spesso integrano e precisano il trattamento retributivo durante il periodo feriale.

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**Principio Giuridico Affermato dalla Corte d’Appello (2025)**

La Corte afferma che:

- **La retribuzione durante il periodo feriale deve essere identica a quella percepita durante il normale periodo di lavoro.**  
- **L’obiettivo è evitare effetti dissuasivi all’esercizio del diritto alle ferie**, garantendo che il lavoratore non subisca una perdita economica a causa dell’assenza dal lavoro per motivi di riposo.

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**Motivazioni della Sentenza**

- **Prevalenza del principio di parità di trattamento**: la retribuzione feriale deve riflettere adeguatamente quella ordinaria, in quanto il diritto alle ferie ha valenza economica e sociale, non solo simbolica.  
- **Efficacia del diritto alle ferie**: rendere le ferie attrattive e non penalizzanti è fondamentale per il benessere del lavoratore e per la tutela della salute psico-fisica.

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**Impatti Pratici e Applicazioni**

- **Calcolo della retribuzione feriale**:  
  - Deve includere tutte le componenti retributive che il lavoratore percepisce normalmente (stipendio base, eventuali premi, indennità, benefits).  
  - Non devono essere applicate decurtazioni o trattamenti meno favorevoli rispetto alla retribuzione ordinaria.

- **Esoneri e deroghe**:  
  - Solo in casi specifici, previsti da normative o contratti collettivi, può essere prevista una diversa modalità di retribuzione, purché questa non penalizzi il lavoratore.

- **Rischio di contenzioso**:  
  - La differente interpretazione può portare a controversie giudiziarie, con la Corte che si schiera a favore di una tutela integrale del diritto del lavoratore.

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**Conclusioni**

La pronuncia della Corte d’Appello nel 2025 rafforza il principio di parità di trattamento retributivo durante il periodo feriale, in linea con il diritto europeo. Essa sottolinea che il lavoratore non deve subire alcuna perdita economica a causa delle ferie, favorendo così un’attuazione più equa e rispettosa del diritto alle ferie, che rappresenta un pilastro fondamentale del benessere lavorativo e della tutela dei diritti sociali.

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**Note Finali**

- **Per i datori di lavoro**: è fondamentale garantire una retribuzione feriale conforme al trattamento ordinario, anche in presenza di eventuali accordi aziendali o contrattuali.
- **Per i lavoratori**: il diritto alla retribuzione durante le ferie deve essere tutelato, e in caso di disparità o mancato pagamento, è possibile ricorrere alle vie giudiziarie per far valere i propri diritti.




CORTE D’APPELLO DI VENEZIA 17 APRILE 2025, n. 259
Svolgimento del processo
Con ricorso in appello depositato in data 27.10.2023, la società … spa ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe con cui il Tribunale di Venezia, in parziale accoglimento della domanda formulata dagli originari ricorrenti – qui appellati – ha accertato il diritto degli stessi al pagamento, per ciascuna giornata di ferie, di una retribuzione media comprensiva delle indennità specificamente indicate, da calcolarsi sulla somma dei compensi percepiti a tali titoli per i dodici mesi precedenti la fruizione di ferie diviso il numero di giorni lavorati per lo stesso periodo e detratto l’importo fisso già riconosciuto in forza dell’accordo sindacale 10.05.2022, se versato, con conseguente pronuncia di condanna generica alla corresponsione in favore dei ricorrenti delle differenze retributive dovute oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Il Giudice di prime cure, in particolare, rigettato il rilievo di indeterminatezza del ricorso introduttivo, ha richiamato la giurisprudenza sovranazionale e la giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione formatasi in materia e ha ritenuto che, nell’ambito delle indennità da prendere in considerazione per la determinazione della retribuzione spettante nelle giornate di ferie, si deve fare riferimento a quelle che sono intrinsecamente legate alle mansioni affidate e allo status personale e professionale del lavoratore, sulla premessa che la retribuzione spettante per i giorni di ferie deve tendenzialmente garantire il mantenimento di quanto percepito nei periodi di presenza al lavoro. Ha, quindi, riconosciuto la fondatezza delle pretese attoree eccezion fatta per l’indennità di turno, da ritenersi legata a modalità organizzative rimesse al potere datoriale. Ha altresì rigettato l’eccezione di prescrizione quinquennale sollevata dalla società alla luce della giurisprudenza di legittimità formatasi dopo la novellazione dell’art. 18, l. n. 300/70 ad opera della legge n. 92/2012. La società … spa propone appello sulla base di tre motivi:
a) Con il primo motivo censura la sentenza per non aver dichiarato nullo il ricorso introduttivo per indeterminatezza nell’esposizione degli elementi di fatto e di diritto e per aver riconosciuto la debenza – ai fini del calcolo della retribuzione spettante durante i giorni di ferie – di una pluralità di indennità senza neppur esaminare in concreto le mansioni svolte nel corso degli anni da parte dei lavoratori. Trattandosi di indennità asseritamente legate alle mansioni svolte, sarebbe stato necessario tener conto delle specifiche professionalità e delle mansioni concretamente svolte da ciascuno, mentre nella sentenza è stata fatta solo una generale distinzione tra personale addetto alla guida degli autobus e personale del settore navigazione. La spettanza delle indennità riconosciute, inoltre, non era neppur ricavabile dalle buste paga allegate al ricorso atteso che i cedolini erano stati prodotti solo a campione. Rileva, inoltre, l’erroneità della valutazione svolta in merito all’indennità pro tempore che non risulterebbe affatto legata alle mansioni svolte nel comparto navigazione ma si tratterebbe di una indennità generalmente estesa a tutto il personale per il quale è in atto un orario settimanale di 39 ore.
b) Con il secondo motivo censura la sentenza per aver accordato le differenze retributive in relazione a ciascuna giornata di ferie anziché ai periodi minimi di ferie annuali che, nell’arco di quattro settimane, sarebbero pari a 22 giorni, atteso che all’interno delle quattro settimane ci sono anche i giorni di riposo.
c) Con il terzo motivo si duole per il mancato accoglimento dell’eccezione di prescrizione richiamando sul punto la disciplina speciale degli autoferrotranvieri (R.D. n. 148/31) da cui deriverebbe una particolare stabilità del rapporto di lavoro, in grado di far venir meno quella condizione di metus idonea a impedire il decorso della prescrizione in corso di rapporto.
Si sono costituiti in giudizio gli originari ricorrenti – eccezion fatta per … (nei cui confronti era stata emessa sentenza di cessazione della materia del contendere) – contestando le doglianze della società … spa e proponendo appello incidentale con riferimento alla mancata inclusione dell’indennità di turno tra quelle rilevanti ai fini del calcolo della retribuzione dei giorni di ferie. Tale indennità, infatti, sarebbe strettamente connessa alle modalità di lavoro su turni avvicendati e corrisposta abitualmente al personale viaggiante. Hanno proposto, altresì, appello incidentale condizionato per l’ipotesi in cui la Corte non dovesse aderire all’interpretazione data dal Tribunale circa il fatto che le giornate di ferie garantite dalla normativa europea devono considerarsi 28 all’anno e, in tal caso, chiedono la riforma della sentenza con accertamento che il numero delle giornate di ferie previste dalla contrattazione collettiva (25 o 26 a seconda dell’anzianità di servizio) deve essere integralmente considerato ai fini del riconoscimento delle differenze retributive spettanti computando le indennità erogate nei giorni di servizio, senza limitare la pronuncia a soli 22 giorni, ritenuti dalla società come i giorni di ferie garantiti dalla disciplina comunitaria.
La causa è stata discussa e decisa all’udienza del 17.04.2025.
Motivi della decisione
1 – Il primo motivo d’appello è infondato.
1.1 – Osserva il Collegio come, nel rito del lavoro, per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell’oggetto della domanda, o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, non è sufficiente la mancata indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, ma è necessario che ne sia impossibile l’individuazione attraverso l’esame complessivo dell’atto, eventualmente anche alla luce della documentazione allegata al ricorso e in questo indicata, pur se non notificata unitamente al ricorso stesso. La nullità sussiste allorquando, attraverso l’esame complessivo dell’atto, non sia assolutamente possibile l’individuazione dell’oggetto della domanda o delle ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda, perché in tal caso il convenuto non è messo in grado di predisporre le necessarie difese e il giudice non è posto in condizione di conoscere l’esatto oggetto del giudizio ai fini dell’esercizio dei suoi poteri di indagine e di decisione (cfr. Cass. n. 3143/2019).
Tali ipotesi di nullità non sussistevano nel caso di specie, poiché il ricorso di primo grado contiene la domanda volta ad ottenere il pagamento, in relazione ai giorni di ferie, di somme a titolo di retribuzione comprensiva delle componenti puntualmente individuate con specifico riferimento a ciascun lavoratore, con indicazione delle norme di legge e contrattuali sulle quali la domanda stessa era fondata, e dunque con sufficiente allegazione del petitum e della causa petendi.
1.2 – Parimenti non si giustifica il rilievo dell’appellante circa la carenza di sufficienti allegazioni che avrebbe dovuto condurre al rigetto della domanda. Nel ricorso sono stati indicati non solo il settore operativo (automobilistico o navigazione), ma anche la mansione propria di ciascun lavoratore, precisando – come correttamente evidenziato nella memoria difensiva degli appellati – che i lavoratori svolgevano e avevano svolto sempre le medesime mansioni indicate per ciascuno di essi. In relazione a ciascuna mansione (autista, pilota, comandante, marinaio, verificatore, direttore di macchina) sono poi state indicate quelle componenti retributive che, pur riconosciute nelle giornate lavorate, non venivano invece computate nel calcolo della retribuzione nei giorni di ferie. Ad ulteriore supporto della domanda sono state anche dimesse delle buste paga (sia pur a campione riferite a diverse annualità) a dimostrazione della prospettazione offerta e in funzione di una domanda di accertamento del diritto rivendicato e di condanna generica.
A fronte di tutto ciò, la società qui appellante non ha neppure specificamente contestato che i ricorrenti svolgessero (e avessero svolto sin dall’assunzione o, comunque, nel periodo rilevante ai fini di causa, dal luglio 2007) le mansioni indicate e, parimenti, non ha neppure dedotto che le indennità di cui si lamentava il mancato computo nella retribuzione dei giorni di ferie non venissero erogate ai lavoratori nei giorni lavorati. Conseguentemente, anche in applicazione del principio di non contestazione (per i periodi non documentati dalle buste paga), si deve ritenere pacifico che i ricorrenti abbiano svolto le mansioni indicate e che nei giorni lavorati abbiano visto erogate le indennità rivendicate per i giorni di ferie goduti.
Inoltre, sotto altro profilo, la sentenza di condanna generica qui gravata non riconosce ai lavoratori somme maggiori rispetto a quelle che sarebbero state determinate nell’ambito di una condanna in forma specifica perché l’eventuale mancata erogazione di alcune di tali indennità in alcuni dei mesi compresi nel periodo oggetto di causa si riflette sugli esiti del calcolo della retribuzione spettante per i giorni di ferie, atteso che il criterio di calcolo indicato dal giudice di prime cure tiene conto dell’importo concretamente erogato nei giorni lavorati nei dodici mesi precedenti la fruizione delle ferie.
1.3 – Parimenti infondato è l’ulteriore rilievo di parte appellante – contenuto nel primo motivo d’appello – circa la non computabilità ai fini della terminazione del trattamento retributivo nei giorni di ferie dell’indennità pro tempore, indicata dal giudice di prime cure come un emolumento retributivo caratteristico della mansione degli agenti del comparto navigazione. Parte appellante rileva che si tratta di un’indennità riconosciuta non solo al personale del comparto navigazione ma a tutto il personale che abbia un orario di lavoro di 39 ore e, sulla base di tale rilievo, sostiene che non si tratterebbe di un elemento retributivo specificamente connesso ad una peculiare mansione. In realtà, anche volendo aderire alla prospettazione di parte appellante circa i beneficiari dell’indennità in questione, proprio perché si tratta di un elemento retributivo riconosciuto a tutto il personale con orario di lavoro di 39 ore, si deve ritenere che per tale categoria di lavoratori l’indennità in parola costituisca un elemento comune della retribuzione spettante che, dunque, a maggior ragione, va incluso nel calcolo della retribuzione spettante nei giorni di ferie alla luce della giurisprudenza comunitaria e della Cassazione formatasi sul punto.
Si rileva, inoltre, come parte appellante, pur affermando (infondatamente per le ragioni esposte) la genericità delle allegazioni del ricorso di primo grado, non ha specificamente censurato la decisione di primo grado laddove ha riconosciuto la fondatezza nel merito della domanda attorea con riferimento alla computabilità delle altre indennità richiamate in motivazione ai fini del calcolo della retribuzione nei giorni di ferie.
2 – Anche il secondo motivo d’appello è infondato. Come già statuito da questa Corte territoriale in altro contenzioso omologo che ha coinvolto macchinisti e capitreno di Trenitalia spa, nella direttiva 2003/88, non si prevede affatto che le 4 settimane debbano intendersi come 4 settimane “di calendario”, mentre, nella giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Cass. n. 20216/2022, punto 30), si rinviene un riferimento utile a far concludere nel senso che le 4 settimane debbano corrispondere ad un numero di giorni pari a 28 (cfr. Corte App. Venezia, n. 621/2024 del 08/11/2024). Risulta quindi corretta la decisione gravata laddove ha precisato che il diritto al ricalcolo della retribuzione spettante nei giorni di ferie non può eccedere i limiti annui previsti dalla direttiva 2003/88, intendendo 4 settimane come 28 giorni.
3 – Infondato anche il terzo motivo d’appello.
Sul punto va richiamato l’orientamento già espresso dalla Sezione Lavoro con pronunce di questa Corte territoriale (sentenza n. 588/2021 nonché n. 673/2022 della Corte di Appello Venezia, Sezione Lavoro), questione peraltro esaminata in termini assolutamente conformi nel costrutto argomentativo anche dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 26246/2022 (recentemente confermata da Cass. n. 11766/2024). La Corte di cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: “Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come modulato per effetto della l. n. 92 del 2012 e del d.lgs. n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità, sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della l. n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro”. Neppure giova a parte appellante il richiamo alla speciale disciplina di cui al R.D. n. 148/1931 che garantirebbe una particolare stabilità al rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri. Come ha già avuto modo di chiarire la Suprema Corte, infatti, “in virtù della forza espansiva di cui sono dotate, le disposizioni di cui all’art. 18 della legge 20 maggio 1970 n. 300 si applicano a tutte le ipotesi di invalidità del recesso del datore di lavoro, qualora non assoggettate ad una diversa e specifica disciplina e, quindi, anche al licenziamento degli autoferrotranvieri invalido per inosservanza delle norme di cui ai primi tre commi dell’art. 7 della suddetta legge, non essendo a ciò di ostacolo la speciale disciplina della destituzione, di cui all’art. 45 del r.d. n. 148 del 1931” (Cass. sez. lav., n. 11547 del 10/07/2012; Cass. n. 17436 del 2/09/2015). Attesa l’applicabilità dell’art. 18 l. n. 300/70 al rapporto di lavoro degli appellati, anche nella sua versione novellata dalla legge n. 92/2012, risulta applicabile anche il principio di diritto sopra richiamato in merito alla non decorrenza della prescrizione in corso di rapporto a far data dall’entrata in vigore della citata l. n. 92/2012, risalente al luglio 2012. Risulta, quindi, coerente con tale impostazione la domanda formulata dai ricorrenti in primo grado, limitata alle differenze retributive decorrenti dal luglio 2007 (o da data successiva per gli assunti dopo il luglio 2007), cioè nel rispetto del limite di cinque anni calcolati a ritroso dall’entrata in vigore della legge n. 92/2012.
4 – Il motivo di appello incidentale, invece, deve trovare accoglimento.
4.1 – La sentenza gravata ha ritenuto di escludere l’indennità di turno dal calcolo della retribuzione spettante nei giorni di ferie rilevando che la stessa troverebbe il suo presupposto in una posizione di lavoro caratterizzata da avvicendamento di turno in un determinato periodo e, dunque, non sarebbe legata alla mansione ma, piuttosto, ad una modalità organizzativa del datore di lavoro.
4.2 – Come già affermato da questa Corte nei precedenti sopra richiamati, la giurisprudenza di legittimità (cfr. n. 13428/2019, Cass. n. 22401/2020) ha elaborato il concetto di “nozione europea di retribuzione” riferita alla retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, così come interpretata dalle pronunzie della Corte di Giustizia dell’Unione europea. Tale norma dispone che “1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali. 2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro”.
La CGUE, con le sentenze W. (C-155/10) e L. (C-539/12), in sede di rinvio pregiudiziale, ha interpretato tale norma nel senso che l’espressione “ferie annuali retribuite” comporta non solo che per la durata delle ferie annuali la retribuzione deve essere mantenuta, ma che al lavoratore deve essere assicurata “una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro”, con la conseguenza che “la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore” e ciò al fine di evitare “un serio rischio che il lavoratore non prenda le sue ferie”, in quanto una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie. Nel caso in cui la retribuzione complessiva del lavoratore sia composta di diversi elementi, per determinare il trattamento retributivo spettante durante le ferie annuali è necessario considerare ogni importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva che sia diretto a compensare qualsiasi disagio intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere nonché quegli elementi della retribuzione che si ricollegano allo status personale e professionale del lavoratore (ad es. anzianità, qualità di superiore gerarchico, qualifiche professionali). Devono, invece, essere esclusi quegli elementi della retribuzione globale che sono esclusivamente diretti a coprire i costi occasionali o accessori che insorgono in occasione dell’esecuzione della prestazione lavorativa.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, dai principi espressi dalla giurisprudenza comunitaria si desume una “nozione europea di retribuzione”, dovuta al lavoratore durante il periodo delle ferie annuali ai sensi dell’art. 7 della direttiva 88/2003/CE, vincolante “ultra partes” in considerazione del “valore di ulteriore fonte del diritto comunitario” che deve essere riconosciuto all’interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia, interprete qualificata del diritto UE (cfr. Cass. civ. n. 13428/2019 cit.). Tale nozione europea di retribuzione è stata funzionalmente collegata alla effettività del diritto al godimento delle ferie, che nell’ordinamento italiano è qualificato come “irrinunciabile” da una norma di rango costituzionale (art. 36, comma 3, Cost.) e trova una disciplina interna, a livello di fonti primarie, nell’art. 2109 c.c. e nell’art. 10 del Dlgs. n. 66/2003 ed è inderogabile dalle fonti negoziali/collettive in ossequio al principio di primazia del diritto UE. L’indennità di turno, come si evince dal testo dell’accordo 17.04.81 prodotto in giudizio, spetta in presenza di uno dei seguenti requisiti: posizione di lavoro caratterizzata da avvicendamento di turno in un determinato periodo di tempo; posizione di lavoro caratterizzato da regime di riposo e non domenicale fisso. Si tratta di un’indennità che va a compensare la maggiore penosità della prestazione lavorativa organizzata in turni avvicendati o implicante il godimento della giornata di riposo non necessariamente di domenica. Si tratta, pertanto, di un emolumento connesso alle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e non è esclusivamente diretto a coprire i costi occasionali o accessori che insorgono in occasione dell’esecuzione della stessa. Nel caso di specie, inoltre, risulta dalle buste paga dimesse che l’indennità di turno è stata corrisposta con buona regolarità agli originari ricorrenti. Si deve, quindi, concludere che sia un elemento retributivo da includere nel calcolo della retribuzione spettante nei giorni di ferie.
Peraltro, nell’ambito di un contenzioso per larga parte omologo (coinvolgente i lavoratori di un ente autonomo campano operante nel settore del trasporto pubblico), la Suprema Corte si è già espressa a favore dell’inclusione dell’indennità di turno, anche in quel caso diretta a compensare l’esecuzione della prestazione in turni avvicendati e flessibili (cfr. Cass. n. 25850/24; Cass. n. 8160/25).
Pertanto, in accoglimento dell’appello incidentale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, si deve accertare e dichiarare che i ricorrenti hanno diritto al pagamento per ciascuna giornata di ferie di una retribuzione media, calcolata come indicato nella sentenza gravata, comprensiva anche dell’indennità di turno, con decorrenza da luglio 2007 o successiva se il rapporto di lavoro è sorto successivamente. Si conferma la statuizione sulle spese già emessa nella sentenza gravata tenuto conto che la parziale riforma non modifica lo scaglione di riferimento e, in ogni caso, il giudice di prime cure ha effettuato una liquidazione coerente con il principio di soccombenza, senza operare alcuna compensazione, neppure parziale.
5 – Le spese di lite del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo tenendo conto sia del carattere ormai seriale di questo contenzioso – che giustificherebbe una liquidazione nei minimi di scaglione – sia della pluralità di parti assistite, che giustifica un aumento sino a valori prossimi ai medi (non si ritiene, invece, di operare l’aumento nella misura prevista – peraltro in termini di mera possibilità – dall’art. 4, co. 2, DM n. 55/2014, tenuto conto che le difese svolte appaiono in larga parte omogenee rispetto ai diversi lavoratori appellati).
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del D.P.R. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dell’appellante principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, rigettata o assorbita ogni diversa istanza, eccezione e domanda, così provvede:
− Rigetta l’appello principale;
− In accoglimento dell’appello incidentale e in parziale riforma della sentenza di primo grado, accerta e dichiara che i lavoratori appellanti incidentali hanno diritto al pagamento, per ciascuna giornata di ferie, di una retribuzione media, calcolata come già indicato nella sentenza gravata, comprensiva anche dell’indennità di turno, con decorrenza da luglio 2007 o successiva, se il rapporto di lavoro è sorto successivamente;
− Conferma per il resto la sentenza gravata anche in punto spese;
− Condanna … spa al pagamento delle spese di lite del grado che si liquidano in complessivi Euro 8.000 oltre rimborso spese forfettario nella misura del 15%, IVA e c.p.a. come per legge da distrarsi in favore del difensore dei lavoratori dichiaratosi antistatario;
− Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del D.P.R. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dell’appellante principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

 

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