Cassazione 2025 la sentenza riguarda un aspetto fondamentale della normativa in materia di tutela della sicurezza e della salute sul lavoro, in particolare nei contesti di aziende di grandi dimensioni articolate in più unità produttive.
**Contesto e principi fondamentali**
La sentenza si inserisce nel quadro delle disposizioni normative del D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro), che attribuisce al datore di lavoro specifiche responsabilità in materia di valutazione dei rischi e di designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP). La normativa prevede che, nelle aziende di grandi dimensioni, il datore di lavoro abbia un ruolo attivo e autonomo in questi processi, potendo delegare tali funzioni a soggetti qualificati, purché mantenga un ruolo di supervisione e controllo.
**Punti salienti della decisione**
1. **Legittimità del datore di lavoro nell’esecuzione della valutazione dei rischi**
La Corte ribadisce che, nelle aziende di grandi dimensioni, il datore di lavoro, in qualità di soggetto con poteri decisionali e disponibilità finanziarie adeguate, è legittimato a effettuare direttamente la valutazione dei rischi professionali. Questo perché la valutazione rappresenta un’attività di natura gestionale e strategica, che richiede un ruolo attivo e decisionale da parte del datore di lavoro stesso.
2. **Designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP)**
La sentenza sottolinea che il datore di lavoro, dotato di autonomia tecnica e finanziaria, può nominare direttamente il RSPP, assicurando così un’adeguata gestione delle tematiche di prevenzione e protezione. La nomina avviene in conformità alle disposizioni normative, considerando le competenze tecniche e organizzative del soggetto designato.
3. **Delega gestionale e autonomia tecnico-finanziaria**
Un elemento chiave della decisione riguarda la possibilità per il datore di lavoro di esercitare una delega gestionale senza perdere la responsabilità complessiva, purché questa delega avvenga a soggetti qualificati e dotati di autonomia tecnico-finanziaria. La presenza di questa autonomia permette di garantire un’efficace attuazione delle misure di prevenzione, senza compromettere la responsabilità del datore di lavoro.
4. **Valutazione dei rischi professionali nelle aziende articolate**
La Corte evidenzia che, nelle grandi aziende, la complessità organizzativa richiede un approccio strutturato e centralizzato alla valutazione dei rischi. Il datore di lavoro, in questo contesto, può svolgere tale funzione direttamente, garantendo uniformità e coerenza nelle procedure di valutazione attraverso le diverse unità produttive.
**Implicazioni pratiche**
La sentenza chiarisce che, in aziende di grandi dimensioni, il ruolo del datore di lavoro rimane centrale e attivo, purché egli disponga di strumenti e competenze adeguate. La possibilità di delegare la gestione del servizio di prevenzione e protezione, mantenendo comunque la responsabilità, favorisce una gestione più efficace e flessibile della sicurezza sul lavoro. Essa inoltre sottolinea l’importanza di una strutturazione organizzativa chiara, con soggetti qualificati dotati di autonomia gestionale e tecnica.
**Conclusione**
La decisione della Corte di Cassazione rafforza il principio secondo cui, nelle aziende di grandi dimensioni, il datore di lavoro può agire direttamente nella valutazione dei rischi e nella nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, purché operi con poteri e risorse adeguate. Tale orientamento conferma un’interpretazione coerente con la normativa di settore, valorizzando il ruolo decisionale e di controllo del datore di lavoro nel garantire la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
CORTE DI CASSAZIONE 16 giugno 2025, n. 22584
Fatto
1.Il Tribunale di Savona, con sentenza in data 18/07/2024, ha assolto A.A. dalle violazioni di cui agli artt. 29, comma 1, 55 comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 81/2008 in combinato disposto con gli artt. 2 comma 1, lett. b), 16 comma 1, 17 comma 1, lett. a) e b), 28 comma 2 e 299 del medesimo decreto (capi 1 e 2) per non aver effettuato, pur ricoprendo la qualifica di datore di lavoro, come definito dall’articolo 2, comma 1, lett. b), la valutazione dei rischi professionali e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi riguardanti le unità locali della Divisione Ipermercati e della Divisione Supermercati della C. Liguria Società Cooperativa di Consumo, impropriamente fatta da soggetti aziendali diversi dal datore di lavoro ex lege, perché il fatto non sussiste.
1.1. Il Tribunale è pervenuto all’epilogo assolutorio escludendo l’individuazione del A.A. quale datore di lavoro in senso prevenzionistico, che ha riconosciuto, invece, in capo ai due distinti soggetti (A.A. e B.B.) preposti al vertice delle due distinte unità produttive (Divisione Ipermercati e Divisione Supermercati), muniti dei relativi autonomi poteri decisionali e di spesa, in forza di procura speciale rilasciata a costoro dal A.A., quale presidente del Consiglio di amministrazione e, dunque, datore di lavoro di vertice.
In particolare, in base alle risultanze delle prove documentali e testimoniali, il Tribunale ha ritenuto accertato che la struttura organizzativa della C. Liguria era ripartita in due divisioni distinte sui piani contabile, amministrativo, gestionale rispettivamente Area Ipermercati e Area Supermercati; che l’organo amministrativo della società era il consiglio di amministrazione, di cui l’imputato A.A. era presidente dal 2020 e legale rappresentante della società; che, con delibera del 22 novembre 2021, il consiglio di amministrazione aveva delegato al presidente alcune proprie attribuzioni, avvalendosi dello strumento della delega gestoria di cui all’articolo 2381 comma 2, cod. civ. escludendo, tuttavia, ogni aspetto relativo alla materia della prevenzione degli infortuni sul lavoro nonché alla tutela della sicurezza e alla salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro nei cantieri.
Sulla scorta di tali dati di fatto e segnatamente del contenuto delle due procure speciali conferite dal datore di lavoro di vertice, ha ritenuto la natura giuridica di atti organizzativi privati con funzione meramente ricognitiva dell’investitura ex lege ai sensi dell’art. 2 comma uno lett. b) di due datori di lavoro decentrati (A.A. e B.B.) i quali rivestivano la posizione di garanti originari in relazione alle singole unità produttive di competenza.
Escludeva, di conseguenza, la riconducibilità di dette procure all’istituto della delega gestoria, tenuto conto dell’estraneità dei soggetti dall’organo amministrativo, nondimeno, considerata l’assenza di una norma giuridica ostativa l’individuazione del datore di lavoro prevenzionistico in seno a soggetti esterni alla compagine societaria e tenuto conto della concezione datoriale anche sostanziale mutata dal testo unico, riteneva in capo ai predetti A.A. e B.B. la qualifica di datore di lavoro decentrato ex lege delle rispettive unità produttive e dunque riteneva, ex lege, costoro tenuti alla designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezioni e alla redazione dei documenti di valutazione dei rischi afferenti alle singole unità organizzative di cui erano responsabili, cosa che era avvenuta in ottemperanza e non già in violazione dell’articolo 17 del testo unico.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero deducendo i seguenti motivi.
-Inosservanza e/o erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 2 comma 1, lett. b), 16 comma 1, 17 comma 1, lett. a) e b), 28 comma 2 e 299 del medesimo decreto, errata identificazione del datore di lavoro prevenzionistico a titolo originario sul quale ricade l’obbligo intrasferibile dell’effettuazione della valutazione dei rischi e della conseguente elaborazione del relativo documento di valutazione dei rischi previsto dall’articolo 28 stesso decreto, nonché della designazione del responsabile del servizio prevenzione e protezione dei rischi professionali, attribuzione non conforme alla legge, della qualifica di unità produttiva a due macro settori organizzativi in cui è stata strutturata l’impresa.
L’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale attiene all’interpretazione dell’art. 2 comma 1, lett. b) che individua il datore di lavoro “quale soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o comunque il soggetto che secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la sua attività alla responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.
Secondo il giudicante le procure speciali rilasciate dal Presidente del Consiglio di amministrazione ai dirigenti della società sarebbero idonee a qualificare costoro quali datori di lavoro.
Tale conclusione sarebbe dimostrata ulteriormente oltre che dall’atto costituito dalle procure notarili altresì dalla situazione di fatto in cui predetti operavano nel senso che in concreto costoro operavano effettivamente quali datori di lavoro anche in assenza di un’investitura formale non avendo i mezzi e i poteri connessi.
Argomenta il ricorrente che il Tribunale avrebbe errato, in primo luogo, nel ritenere che la qualifica di datore di lavoro possa essere attribuita con procura speciale a soggetto estraneo al consiglio di amministrazione.
La costante giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito che nelle società di capitali gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione salvo il caso di delega validamente conferita della posizione di garanzia.
Nel caso di specie, il consiglio di amministrazione datore di lavoro a titolo originario di vertice ha concentrato i poteri di decisione e spesa relativi all’esercizio dell’impresa nella persona del suo presidente attribuendogli, con delega gestoria, i necessari poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione.
Il trasferimento dei poteri datoriali del consiglio di amministrazione all’esterno dello stesso cioè a soggetti non facenti parte del consiglio stesso, e come tali non datori di lavoro a titolo originario, non sarebbe previsto e non produrrebbe alcun effetto le procure speciali rilasciate ai dirigenti A.A. e B.B..
Lungi dal potersi considerare deleghe gestorie dovrebbero essere qualificate quali deleghe di funzioni, ex art. 16, con la conseguenza che trattandosi di deleghe di funzioni costoro sarebbero garanti a titolo derivativo, da cui l’ulteriore conseguenza della violazione dell’art. 17, norma che non consente che la delega possa operare per la valutazione dei rischi e per la designazione del responsabile per la sicurezza, obblighi questi che residuerebbe in capo all’imputato A.A..
-Violazione di legge in relazione alla qualifica delle unità produttive.
Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto la distinzione all’interno dell’organizzazione aziendale dei settori Ipermercati e Supermercati come distinte unità produttive, ai sensi dell’art. 2 comma 1, lett. t) del decreto legislativo 81 del 2008, che definisce l’unità produttiva come lo stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all’erogazione di servizi dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale.
Secondo ricorrente le due divisioni in cui è strutturata l’azienda non sarebbero per nulla rispondenti alla nozione di unità produttiva datane dall’articolo citato siccome i due macro settori, in cui era stata strutturata l’azienda, rispettivamente la divisione ipermercati e la divisione supermercati, non rientrerebbero neppure lontanamente nella definizione di stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni e alle erogazioni di servizi dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale essendo piuttosto delle mere ripartizioni organizzative eventualmente dipartimentali peraltro neppure munite, ad avviso del ricorrente, del necessario grado di autonomia finanziaria e tecnico funzionale richiesta dalla legge.
Per questi motivi chiede l’annullamento della sentenza.
3. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio. Il difensore ha depositato memoria scritta con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Diritto
1.Il ricorso è infondato.
Occorre in primo luogo sgombrare il campo da un possibile equivoco, qui non viene in rilievo il tema dell’individuazione della figura di datore di lavoro nelle strutture complesse, che spetta a tutti i componenti del consiglio di amministrazione su cui gravano indistintamente gli obblighi in materia di prevenzione in materia antinfortunistica, e i rapporti tra delega gestoria ex art. 2381 cod. civ. e delega di funzioni, ma il diverso tema dell’individuazione del datore di lavoro ex lege, o a titolo originario, tenuto alla redazione del DVR e all’individuazione del responsabile della sicurezza che ai sensi dell’art. 17 del Testo Unico non possono essere oggetto di delega di funzioni ai sensi dell’art. 16, a soggetti che vengono a rivestire una posizione di garanzia a titolo derivato.
Come è noto, il sistema prevenzionistico è tradizionalmente fondato su diverse figure di garanti che incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità organizzativa e gestionale.
La prima e fondamentale figura è quella del datore di lavoro.
Si tratta del soggetto che ha la responsabilità dell’organizzazione dell’azienda o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.
La definizione contenuta nell’art. 2 comma 1 lett. b) del d.lgs. n. 81 del 2008, riprende il d.lgs. n. 626 del 1994, art. 2, lett. b), 1 periodo, così come modificato dal d.lgs. n. 242 del 1996, che considerava datore di lavoro “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore” o comunque “il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva, quale definita dalla lett. i) in quanto titolare dei poteri decisionali di spesa”.
Con l’avverbio “comunque” il legislatore ha inteso dare netta preminenza al criterio sostanziale che deve essere in ogni caso rispettato e che prevale quando vi è discordanza tra la situazione formale e quella reale.
Quindi, in virtù della modifica operata dal D.Lgs. n. 242 del 1996, nelle aziende di grandi dimensioni è frequente il caso in cui il soggetto dotato della legale rappresentanza non coincide con quello in grado di esercitare l’effettivo potere di organizzazione dell’azienda e del lavoro dei dipendenti ed è a quest’ultimo che dovranno attribuirsi le connesse responsabilità prevenzionali.
Secondo la univoca giurisprudenza di questa Corte, a partire da Cass., Sez. 4, n. 49819 del 5.12.2003, il dato normativo consente di distinguere un datore di lavoro in senso giuslavoristico da uno o più datori di lavoro (sussistendo distinte unità produttive) in senso prevenzionale.
È evidente che la responsabilità del soggetto preposto alla direzione dell’unità produttiva è condizionata alla congruità dei suoi poteri decisionali e di spesa rispetto alle concrete esigenze prevenzionali.
Egli pertanto sarà qualificabile come datore di lavoro ai fini della sicurezza solo se gli saranno attribuiti poteri e disponibilità finanziarie adeguate ad effettuare gli adempimenti prescritti dalla legge e solo entro quei limiti, mentre, per tutti gli altri adempimenti per i quali non dispone dei mezzi e dei poteri per realizzarli, le eventuali violazioni (e relative conseguenze) non saranno a lui ascrivibili.
L’interpretazione dell’art. 2, citato, nei termini ora esposti, trova conferma in plurime decisioni di questa Corte, e, per quanto qui di rilievo a partire dalla sentenza n. 18200/2016, G. e altro, che affronta il tema di chi debba essere considerato “datore di lavoro” in relazione ai poteri di gestione dell’intera unità organizzativa.
Una ancor più chiara lettura del dato normativo riferita a organizzazioni complesse e articolate su più unità organizzative si rinviene nella sentenza Sez. 4, n. 32899 dell’8/1/2021, PG/C.
In particolare, alle pagine 481 e 482 si legge: “La previsione normativa che prefigura la possibilità di avere nell’ambito di una medesima impresa una pluralità di datori di lavoro non permette di proiettare gli effetti del singolo ruolo datoriale sull’intera organizzazione.
La costituzione di un datore di lavoro all’interno di una più ampia organizzazione per effetto dell’articolazione di questa in più unità produttive presuppone che sia individuabile ed individuata siffatta unità per le cui necessità di funzionamento il soggetto chiamato a gestirla viene dotato di tutti i poteri decisionali e di spesa necessari.
Si stabilisce, così, una relazione biunivoca tra tale soggetto e l’unità organizzativa, tale per cui egli diviene in essa – e solo nell’ambito di essa – datore di lavoro.
In realtà organizzative che presentano simile connotazioni si determina la contestuale presenza di un datore di lavoro al vertice dell’intera organizzazione – che pertanto potrebbe dirsi “apicale” – e di uno o più datori di lavoro che potrebbero definirsi “sottordinati”.
Infatti, per essi il ruolo datoriale non elide il vincolo gerarchico verso il datore di lavoro “apicale”; la particolarità è che tale vincolo si esprime con modalità che non intaccano i poteri di decisione e di spesa richiesti dalla autonoma gestione dell’unità produttiva.
Quando invece tali vincoli si riflettono anche su tale gestione, è da escludersi che ricorra un datore di lavoro sottordinato, profilandosi piuttosto un dirigente (per una applicazione di tali assunti si veda Sez. 4, n. 18200 del 07/01/2016, G. e altro, Rv. 26664001, in motivazione). “Il datore di lavoro sottordinato è quindi destinatario di tutte le prescrizioni che si indirizzano alla figura datoriale; ma entro in funzione della gestione della sicurezza nell’ambito dell’unità organizzativa affidatagli.
Esemplificando, egli sarà tenuto ad eseguire la valutazione di tutti i rischi connessi alle attività lavorative svolte nell’unità; a redigere il documento di valutazione dei rischi; a nominare il medico competente ed il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione.
Quella stretta connessione che lo stesso disposto normativo pone fa sì che la valutazione dei rischi non possa attenere a rischi che risultano affidati a diversi datori di lavoro (per esempio quelli ai quali è stata affidata altra unità produttiva fornita di analoga autonomia; ma anche quello che resta vertice dell’organizzazione entro la quale sono individuate le diverse unità produttive autonome)”.
2. Quanto al caso in esame il Tribunale, sulla scorta dell’accertamento di fatto non qui rivisitabile, ha correttamente ritenuto (cfr. par. 1.1. del ritenuto in fatto) la qualifica di datore di lavoro ex lege in senso prevenzionistico per le singole unità produttive, in capo ai soggetti dirigenti preposti alla direzione delle stesse qualificate, ai sensi della lett. t) dell’art. 2 cit., quali autonome unità produttive in presenza dei requisiti normativi di autonomia gestoria, finanziaria in capo a loro (pag. 6-7), da cui l’infondatezza del secondo motivo di ricorso.
Il Tribunale ha poi rilevato che i dirigenti preposti alle due unità produttive avevano, in adempimento alla legge, predisposto sia il DVR che individuato il responsabile della sicurezza, proprio in adempimento ai compiti che competono al datore di lavoro a titolo originario.
Di conseguenza ha escluso la responsabilità penale in capo al A.A..
Non è pertinente, infine, il richiamo alla pronuncia di Questa terza sezione n. 9028/2022, Messina, in quanto il soggetto diverso era stato investito di una delega parziale di funzioni e responsabilità che non includeva l’attribuzione di poteri decisionali e di spesa riferiti all’intera struttura organizzativa.
Il ricorso del Pubblico Ministero va pertanto rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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