Cassazione 2025- intercettazioni e interpretazione del linguaggio criptico o cifrato, in riferimento a quanto affermato dalla Cassazione:
**1. Premessa generale sulle intercettazioni**
Le intercettazioni di conversazioni e comunicazioni rappresentano strumenti fondamentali nel diritto penale, in quanto consentono di acquisire elementi probatori utili per la ricostruzione dei fatti e l’individuazione di soggetti coinvolti in condotte criminose. Tuttavia, il loro utilizzo si confronta con delicati profili di tutela della privacy e di rispetto dei diritti fondamentali, che impongono restrizioni e limiti alla loro ammissibilità e modalità di impiego.
**2. La questione dell’interpretazione del linguaggio intercettato**
Un aspetto di particolare rilevanza riguarda l’interpretazione del linguaggio usato dai soggetti intercettati, specialmente quando questo appare criptico, cifrato o comunque di difficile comprensione. In questi casi, il giudice si trova di fronte a un “testo” che necessita di essere decifrato e interpretato per poter trarre elementi probatori.
**3. La natura dell’interpretazione: questione di fatto o di diritto**
Secondo la giurisprudenza consolidata della Cassazione, l’interpretazione del linguaggio adottato dai soggetti intercettati, anche quando criptico o cifrato, costituisce una **questione di fatto**. Ciò significa che si tratta di un’attività di valutazione che richiede un apprezzamento concreto e soggettivo del contenuto intercettato, basato sull’analisi degli elementi disponibili, delle modalità di comunicazione, del contesto, e delle eventuali chiavi di interpretazione.
In altre parole, la Cassazione afferma che l’attività interpretativa, anche complessa, non può essere automatizzata o considerata come un’attività di diritto astratto, bensì deve essere affidata alla valutazione del giudice di merito. Questo giudice, infatti, ha il compito di verificare se l’interpretazione adottata sia logica, coerente e in linea con le massime di esperienza (ovvero con il senso comune e le conoscenze generali).
**4. La valutazione del giudice di merito e il suo ruolo**
Il giudice di merito ha quindi il compito di analizzare i dati raccolti tramite le intercettazioni e di attribuire loro un significato, anche quando il linguaggio è criptico o cifrato. La sua valutazione deve essere logica e motivata, e deve basarsi su elementi concreti e coerenti. Se questa valutazione risulta logica e in linea con le massime di esperienza, essa si sottrae al sindacato di legittimità, cioè non può essere rivista in sede di Cassazione.
**5. La ratio della disciplina e le implicazioni**
La ragione di questa impostazione risiede nel favorire la certezza del giudizio e nel riconoscere al giudice di merito un ruolo discrezionale e di apprezzamento, che tiene conto delle peculiarità di ogni caso concreto. La Cassazione, in questa prospettiva, non si sostituisce al giudice di merito, purché la sua valutazione sia logica e motivata.
**6. Limiti e rischi di questa impostazione**
Nonostante questa impostazione sia consolidata, occorre evidenziare che un’interpretazione troppo “libera” o priva di basi logiche potrebbe compromettere la corretta applicazione della legge e la tutela dei diritti fondamentali. Per questo motivo, è fondamentale che il giudice di merito motivi adeguatamente le proprie conclusioni e che l’interpretazione sia supportata da elementi concreti e coerenti.
**7. Conclusioni**
In sintesi, la Cassazione ribadisce che:
- L’interpretazione del linguaggio criptico o cifrato nelle intercettazioni costituisce una **questione di fatto**.
- È rimessa alla valutazione del **giudice di merito**, che deve motivare e verificare la logica dell’interpretazione adottata.
- Se l’interpretazione si rivela logica e coerente con le massime di esperienza, essa sfugge al sindacato di legittimità, rafforzando il ruolo del giudice di merito nel processo probatorio.
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