Tar 2025-Il ricorrente ha presentato un ricorso avverso il decreto del Ministero dell’Interno che ha disposto la sospensione di sei mesi dal servizio, oltre ad impugnare gli atti endoprocedimentali, quali la contestazione degli addebiti, la relazione conclusiva del funzionario istruttore e il parere del Consiglio Centrale di Disciplina.
Il fatto alla base della contestazione riguarda un episodio verificatosi il 12 ottobre 2018, in cui il ricorrente è accusato di aver consentito l’accesso alla vettura targata -OMISSIS-, precedentemente intestata a lui e successivamente alla moglie, all’interno di un’area riservata alla Polizia di Stato in viale -OMISSIS-. In particolare, si sarebbe verificato un collegamento tra il vano motore dell’auto e un quadro elettrico manomesso, situato nel locale adiacente, che avrebbe consentito presumibilmente un’operazione di ricarica o manipolazione non autorizzata.
2. **Procedimento penale e sua conclusione**
Il fatto è stato oggetto di un procedimento penale (R.G.N.R. -OMISSIS-), conclusosi con decreto di archiviazione da parte del Giudice per le Indagini Preliminari di (....), in cui si è chiarito che non è stato possibile identificare il responsabile del reato. La denuncia originaria evidenziava che l’autovettura fosse passata dall’intestazione del ricorrente a quella della moglie, circostanza che però non ha portato a una condanna penale definitiva.
3. **Contestazione disciplinare e norme applicate**
L’amministrazione ha contestato al ricorrente di aver violato l’art. 13 del d.p.r. 782/85, il quale impone al personale di Polizia di mantenere un comportamento conforme alla dignità delle proprie funzioni, anche fuori servizio. La contestazione si basa sulla presunta condotta di aver consentito l’accesso e la manipolazione del veicolo in modo non autorizzato, in un’area riservata e sotto la responsabilità del personale di pubblica sicurezza.
4. **Impianto del ricorso e motivazioni**
Il ricorrente impugna il decreto sanzionatorio e gli atti procedimentali, presumibilmente sostenendo che:
- La contestazione non sia sufficientemente motivata o non abbia dimostrato la condotta addebitata;
- Che la responsabilità penale non si sia concretizzata in una condanna definitiva, e pertanto la sanzione disciplinare sarebbe sproporzionata o illegittima;
- Che eventuali responsabilità siano da attribuire a terzi o che il fatto non costituisca violazione delle norme disciplinari, considerando anche il decorso del tempo e la mancanza di elementi probatori certi.
5. **Commento critico e considerazioni**
Il procedimento disciplinare si inserisce nel quadro di un’azione di carattere amministrativo, volto a garantire il rispetto delle norme di condotta del personale di Polizia, anche in assenza di condanna penale definitiva. Tuttavia, la disciplina prevede che la responsabilità disciplinare non possa essere fondata esclusivamente su fatti non definiti con certezza in sede penale.
Il ricorso, quindi, potrebbe basarsi sulla mancata prova certa della condotta contestata, sulla proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dei fatti e sulla validità degli atti istruttori. In particolare, si potrebbe contestare la sufficienza delle prove acquisite, la mancanza di elementi che dimostrino la consapevolezza o la volontà del ricorrente di aver manipolato o consentito l’accesso non autorizzato, e l’applicabilità concreta dell’art. 13 del d.p.r. 782/85 nel caso specifico.
6. **Aspetti procedurali e di diritto**
Il ricorso appare ben strutturato, con la corretta impugnazione degli atti endoprocedimentali e del decreto sanzionatorio, e potrebbe approfondire i seguenti aspetti:
- La proporzionalità della sanzione rispetto alla presunta violazione;
- La corretta applicazione delle norme disciplinari e la loro compatibilità con i principi di buon andamento e ragionevolezza;
- La corretta valutazione delle prove e degli elementi istruttori acquisiti.
7. **Conclusioni e possibili sviluppi**
Il giudizio sulla fondatezza del ricorso dipenderà dalla dimostrazione che la condotta contestata non sia stata provata in modo certo, o che la sanzione sia eccessiva o sproporzionata rispetto ai fatti. La difesa del ricorrente potrebbe anche focalizzarsi sulla mancanza di elementi che dimostrino un comportamento doloso o gravemente negligente, elementi fondamentali per giustificare una sospensione di sei mesi.
**In definitiva**, il ricorso rappresenta un tentativo di contestare l’impianto probatorio e la proporzionalità della sanzione, proponendo una lettura più favorevole delle circostanze e delle evidenze acquisite, affinché venga riconosciuto il principio di giusto processo e di proporzionalità delle sanzioni disciplinari.
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