Le cause riunite C‑623/23 e C‑626/23 riguardano la legittimità di una normativa spagnola che prevede un'integrazione pensionistica automatica differenziata tra uomini e donne in relazione alla presenza di figli. In particolare, la legge spagnola riconosce alle donne con figli un'integrazione pensionistica automatica, mentre questa benefits sarebbe attribuita agli uomini solo se sussistono condizioni aggiuntive, rendendo dunque questa misura apparentemente discriminatoria in base al genere.
Le parti coinvolte hanno sollevato questioni pregiudiziali circa la compatibilità di tale normativa con il diritto dell'Unione Europea, in particolare con la Direttiva 78/2000/CE (che si basava sulla Dir. 7/1978) e con i principi fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE, in particolare i principi di parità di trattamento e non discriminazione di cui agli artt. 20, 21, 23 e 34.
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### **Principali punti della sentenza**
1. **Interpretazione della Direttiva 78/2000/CE (ex Dir. 7/1978):**
La Corte ha analizzato se la normativa spagnola rispetti il principio di parità di trattamento tra uomini e donne, in particolare per quanto riguarda le prestazioni di sicurezza sociale. La Direttiva mira a eliminare le discriminazioni di genere e a garantire l'uguaglianza di trattamento.
2. **Applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell'UE:**
La Corte ha richiamato gli artt. 20 e 21 della Carta, che sanciscono rispettivamente il principio di uguaglianza e quello di non discriminazione, nonché l'art. 23 che tutela la parità tra uomini e donne.
3. **Risultato della pronuncia:**
La Corte ha stabilito che la normativa spagnola viola il principio di parità di trattamento in quanto attribuisce benefici pensionistici automatizzati alle sole donne con figli, mentre agli uomini tali benefici sono subordinati a condizioni aggiuntive. Tale disparità di trattamento si configura come discriminazione indiretta basata sul genere, che non può essere giustificata da motivi oggettivi o legittimi.
4. **Compatibilità con il diritto dell'UE:**
La Corte ha concluso che la normativa spagnola, come interpretata, non è compatibile con gli obblighi derivanti dalla Direttiva 78/2000 e dai principi fondamentali della Carta, in quanto perpetua stereotipi di genere e limita in modo ingiustificato l'accesso degli uomini a benefici pensionistici legati alla genitorialità.
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### **Implicazioni e commento**
- **Principio di parità di trattamento:** La sentenza rafforza il principio che le misure di sicurezza sociale devono essere applicate senza discriminazioni di genere, evitando che le condizioni di accesso siano più favorevoli ad un sesso rispetto all’altro senza giustificazioni obiettive.
- **Discriminazione indiretta e stereotipi di genere:** La decisione evidenzia come le normative che attribuiscono benefici pensionistici automatizzati esclusivamente alle donne con figli, senza una giustificazione oggettiva, possano configurare discriminazioni indirette. La Corte invita gli Stati membri a rivedere le proprie normative per evitare di perpetuare stereotipi di genere e discriminazioni.
- **Rispetto del principio di uguaglianza:** La pronuncia riafferma l'obbligo degli Stati di garantire pari trattamento tra uomini e donne, anche nel settore delle prestazioni pensionistiche, in conformità con le norme dell'UE e con gli obblighi internazionali di tutela dei diritti fondamentali.
- **Impatti pratici:** La sentenza potrebbe portare a una revisione delle normative pensionistiche spagnole e di altri sistemi nazionali europei, affinché siano più inclusive e rispettino i principi di uguaglianza e non discriminazione, eliminando differenze di trattamento basate esclusivamente sul genere.
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### **Conclusione**
La sentenza del 15 maggio 2025 rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro le discriminazioni di genere nel settore delle prestazioni sociali e pensionistiche. La Corte di Giustizia ha ribadito che le misure di integrazione pensionistica devono essere applicate in modo non discriminatorio, assicurando pari opportunità tra uomini e donne, e che le differenze di trattamento devono essere giustificate da motivi oggettivi e proporzionati.
Questa pronuncia rafforza il quadro normativo dell'UE in materia di parità di trattamento e sottolinea l'importanza di superare stereotipi di genere che penalizzano ingiustamente uno dei due sessi nel contesto delle politiche sociali e previdenziali.
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**Nota:** La sentenza rappresenta un precedente significativo che potrebbe influenzare future riforme normative negli Stati membri, favorendo sistemi previdenziali più equi e rispettosi dei principi di uguaglianza sanciti dall'UE e dalla Carta dei diritti fondamentali.
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)
15 maggio 2025 (*)
« Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 79/7/CEE – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale – Articolo 4, paragrafi 1 e 2 – Articolo 7, paragrafo 1 – Normativa nazionale che prevede un’integrazione della pensione concessa alle donne che beneficiano di una pensione contributiva di vecchiaia e che hanno avuto uno o più figli biologici o adottati – Possibilità di concedere tale integrazione agli uomini subordinatamente a condizioni aggiuntive – Discriminazione diretta fondata sul sesso – Articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Misure di azione positiva »
Nelle cause riunite C‑623/23 [Melbán] i e C‑626/23 [Sergamo] (i),
aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la prima, dallo Juzgado de lo Social n.º 3 de Pamplona (Tribunale del lavoro n.º 3 di Pamplona, Spagna), e, la seconda, dal Tribunal Superior de Justicia de Madrid (Corte superiore di giustizia di Madrid, Spagna), con decisioni del 21 settembre 2023 e del 13 settembre 2023, pervenute in cancelleria, rispettivamente, il 6 ottobre 2023 e il 12 ottobre 2023, nei procedimenti
UV (C‑623/23),
XXX (C‑626/23)
contro
Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS),
con l’intervento di:
OP (C‑623/23),
Ministerio Fiscal (C‑623/23),
LA CORTE (Decima Sezione),
composta da D. Gratsias, presidente di sezione, E. Regan e B. Smulders (relatore), giudici,
avvocato generale: R. Norkus
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per l’Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS), da A. Álvarez Moreno e A.R. Trillo García, in qualità di letrados;
– per il governo spagnolo, da M. Morales Puerta, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da I. Galindo Martín e E. Schmidt, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24), nonché degli articoli 20, 21, 23 e dell’articolo 34, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
2 Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie che contrappongono, da un lato, UV (C‑623/23), padre di due figli, e, dall’altro, XXX (C‑626/23), padre di tre figli, all’Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS) (Istituto nazionale di sicurezza sociale, Spagna) in merito al rifiuto, da parte di quest’ultimo, di concedere loro un’integrazione della pensione (in prosieguo: la «controversa integrazione della pensione»), prevista nel diritto nazionale a favore delle donne e degli uomini che hanno avuto uno o più figli, ma la cui concessione agli uomini è subordinata a condizioni aggiuntive.
Diritto dell’Unione
3 L’articolo 1 della direttiva 79/7 così enuncia:
«Scopo della presente direttiva è la graduale attuazione, nel campo della sicurezza sociale e degli altri elementi di protezione sociale di cui all’articolo 3, del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale, denominato qui appresso “principio della parità di trattamento”».
4 L’articolo 2 di tale direttiva prevede quanto segue:
«La presente direttiva si applica alla popolazione attiva – compresi i lavoratori indipendenti, i lavoratori la cui attività si trova interrotta per malattia, infortunio o disoccupazione involontaria e le persone in cerca di lavoro –, nonché ai lavoratori pensionati o invalidi».
5 L’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva così dispone:
«La presente direttiva si applica:
a) ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti:
– malattia,
– invalidità,
– vecchiaia,
– infortunio sul lavoro e malattia professionale,
– disoccupazione;
(...)».
6 L’articolo 4 della medesima direttiva è così formulato:
«1. Il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto riguarda:
– il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi,
– l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi,
– il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni.
2. Il principio della parità di trattamento non pregiudica le disposizioni relative alla protezione della donna a motivo della maternità».
7 Ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 79/7:
«1. La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione:
(...)
b) i vantaggi accordati in materia di assicurazione vecchiaia alle persone che hanno provveduto all’educazione dei figli; l’acquisto di diritti alle prestazioni a seguito di periodi di interruzione del lavoro dovuti all’educazione dei figli;
(...)
2. Gli Stati membri esaminano periodicamente le materie escluse ai sensi del paragrafo 1 al fine di valutare se, tenuto conto dell’evoluzione sociale in materia, sia giustificato mantenere le esclusioni in questione».
Diritto spagnolo
8 Intitolato «Integrazione di maternità per le pensioni contributive del sistema di sicurezza sociale», l’articolo 60 della Ley General de la Seguridad Social (legge generale della sicurezza sociale), approvata dal Real Decreto Legislativo 8/2015 (regio decreto legislativo 8/2015), del 30 ottobre 2015 (BOE n. 261, del 31 ottobre 2015, pag. 103291) (in prosieguo: la «precedente LGSS»), al paragrafo 1 prevedeva quanto segue:
«È riconosciuta un’integrazione della pensione, per il loro apporto demografico alla sicurezza sociale, alle donne che abbiano avuto figli biologici o adottivi e siano titolari, nell’ambito di un qualsiasi regime del sistema di sicurezza sociale, di pensioni contributive di vecchiaia, di reversibilità o di invalidità permanente.
Detta integrazione, che avrà a tutti gli effetti natura giuridica di pensione pubblica contributiva, sarà costituita da un importo risultante dall’applicazione all’importo iniziale delle suddette prestazioni di un determinato coefficiente, che dipenderà dal numero di figli secondo la scala seguente:
a) in caso di due figli: 5%;
b) in caso di tre figli: 10%;
c) in caso di quattro o più figli: 15%.
(...)».
9 In seguito all’adozione del Real Decreto-Ley 3/2021, por el que se adoptan medidas para la reducción de la brecha de genero y otras materias en los ámbitos de la Seguridad Social y economico (regio decreto legge 3/2021, recante misure volte a ridurre il divario di genere e riguardanti altre materie rientranti nei settori della sicurezza sociale e dell’economia), del 2 febbraio 2021 (BOE n. 29, del 3 febbraio 2021, pag. 12268) (in prosieguo: il «regio decreto legge 3/2021»), la precedente LGSS è stata modificata (in prosieguo: la «LGSS modificata»). L’articolo 60 della LGSS modificata, intitolato «Integrazione alle pensioni contributive per ridurre il divario di genere», così dispone:
«1. Le donne che hanno avuto uno o più figli/e e sono titolari di una pensione contributiva di vecchiaia, di invalidità permanente o di reversibilità hanno diritto a un’integrazione per ciascun/a figlio/a, in considerazione dell’incidenza che, in generale, ha il divario di genere sull’importo delle pensioni contributive di sicurezza sociale delle donne. Il diritto all’integrazione per ciascun/a figlio/a è riconosciuto o mantenuto in favore della donna a condizione che non vi sia una richiesta e un riconoscimento dell’integrazione a favore dell’altro genitore e, se anche quest’ultimo è donna, tale integrazione verrà riconosciuta alla donna titolare della pensione pubblica di importo inferiore.
Affinché gli uomini abbiano diritto al riconoscimento dell’integrazione, è necessario che sia soddisfatta una delle seguenti condizioni:
a) avere riconosciuta una pensione di reversibilità in seguito al decesso dell’altro genitore dei figli/delle figlie in comune, a condizione che uno di essi abbia diritto a percepire una pensione per orfani;
b) essere titolari di una pensione contributiva di vecchiaia o di invalidità permanente e aver interrotto o visto la propria carriera lavorativa pregiudicata in occasione della nascita o dell’adozione, nel rispetto delle seguenti condizioni:
1) nel caso di figli/e nati/e o adottati/e entro il 31 dicembre 1994, avere più di 120 giorni di assenza di contributi tra i nove mesi precedenti la nascita e i tre anni successivi a tale data o, in caso di adozione, tra la data della sentenza del tribunale che dichiara l’adozione e i tre anni successivi a tale data, a condizione che la somma degli importi delle pensioni riconosciute sia inferiore alla somma delle pensioni che spettano alla donna;
2) nel caso di figli/e nati/e o adottati/e dal 1º gennaio 1995, che la somma delle basi contributive per i 24 mesi successivi al mese della nascita o al mese della decisione giudiziaria che dichiara l’adozione sia inferiore di oltre il 15% rispetto alla somma dei 24 mesi immediatamente precedenti, a condizione che la somma degli importi delle pensioni riconosciute sia inferiore alla somma delle pensioni che spettano alla donna.
(...)
3) Se entrambi i genitori sono uomini e soddisfano entrambi i requisiti di cui sopra, l’integrazione è concessa a colui che percepisce la pensione pubblica di importo inferiore.
(...)
2. La concessione dell’integrazione al secondo genitore comporta l’estinzione dell’integrazione già concessa al primo genitore e produce effetti pecuniari il primo giorno del mese successivo a quello della decisione (...).
Prima di emettere la decisione che concede il diritto al secondo genitore, viene sentito il genitore che percepisce l’integrazione.
3. Tale integrazione presenta sotto tutti gli aspetti la natura giuridica di una pensione pubblica contributiva.
L’importo dell’integrazione per figlio è stabilito nella corrispondente legge di bilancio generale dello Stato. L’importo da percepire è limitato a quattro volte l’importo mensile fissato per figlio e aumentato all’inizio di ogni anno della stessa percentuale prevista dalla corrispondente legge di bilancio generale dello Stato per le pensioni contributive».
10 Ai sensi della trentasettesima disposizione aggiuntiva della LGSS modificata, intitolata «Estensione temporale dell’integrazione delle pensioni contributive per la riduzione del divario di genere»:
«1. Il diritto all’integrazione delle pensioni contributive al fine di ridurre il divario di genere di cui all’articolo 60 sarà mantenuto finché il divario di genere nelle pensioni di vecchiaia, dovute nell’anno precedente, sarà superiore al 5%.
2. Ai fini della presente legge, per divario di genere delle pensioni di vecchiaia si intende la differenza percentuale tra l’importo medio delle pensioni di vecchiaia contributive dovute in un anno agli uomini e alle donne.
3. Al fine di garantire l’adeguatezza della misura correttiva introdotta per ridurre il divario di genere, il governo spagnolo deve, nell’ambito del dialogo sociale, effettuare una valutazione periodica, ogni cinque anni, degli effetti di tale misura.
4. Quando il divario di genere in un periodo di un anno sarà inferiore al 5%, il governo trasmetterà alle [Cortes Generales (Parlamento spagnolo)] un progetto di legge volto ad abrogare l’articolo 60, previa consultazione delle parti sociali».
11 La trentatreesima disposizione transitoria della LGSS modificata, intitolata «Mantenimento provvisorio dell’integrazione di maternità per le pensioni contributive del sistema di sicurezza sociale», così recita:
«Le persone che, alla data di entrata in vigore della modifica di cui all’articolo 60, percepivano l’integrazione di maternità a titolo di contributo demografico continuano a percepirla.
La percezione di tale integrazione di maternità è incompatibile con l’integrazione delle pensioni contributive per ridurre il divario di genere che potrebbe sorgere a seguito della concessione di una nuova pensione pubblica, in quanto le persone interessate possono scegliere l’una o l’altra.
Se l’altro genitore di uno dei figli che hanno dato diritto all’integrazione di maternità a titolo di contributo demografico chiede l’integrazione delle pensioni contributive per ridurre il divario di genere ed ha diritto a percepirlo, in applicazione dell’articolo 60 della presente legge (...), l’importo mensile che gli viene concesso è dedotto dall’integrazione di maternità percepita (...)».
12 L’articolo 3 della Ley Orgánica 3/2007 para la igualdad efectiva de mujeres y hombres (legge organica 3/2007 sulla parità effettiva tra donne e uomini), del 22 marzo 2007 (BOE n. 71, del 23 marzo 2007, pag. 12611), è così formulato:
«Il principio della parità di trattamento tra uomini e donne implica l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, in particolare la discriminazione basata sulla maternità, sull’assunzione di obblighi familiari e sullo stato civile».
13 L’articolo 11, paragrafo 1, di tale legge prevede quanto segue:
«Al fine di rendere effettivo il diritto costituzionale all’uguaglianza, i poteri pubblici adottano misure specifiche a favore delle donne volte a porre rimedio a situazioni manifeste di disuguaglianza di fatto rispetto agli uomini. Tali misure, che sono applicabili per tutto il tempo in cui tali situazioni persistono, devono essere in ogni caso ragionevoli e proporzionate rispetto all’obiettivo perseguito».
Controversie nel procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte
Causa C‑623/23
14 UV, padre di due figli, ha ottenuto dall’INSS una pensione di vecchiaia per un importo mensile lordo di EUR 1 637,08 con effetto dal 1º luglio 2021.
15 Il 16 giugno 2022, UV ha chiesto all’INSS di beneficiare, a decorrere dal 1º luglio 2021, dell’integrazione della pensione volta a ridurre il divario di genere prevista all’articolo 60 della LGSS modificata.
16 Con decisione del 14 novembre 2022, l’INSS ha respinto tale domanda, ritenendo che UV non soddisfacesse le condizioni previste da tale articolo 60.
17 Inoltre, con decisione del 22 dicembre 2022, con effetto dal 10 dicembre 2022, l’INSS ha concesso alla madre dei due figli interessati una pensione anticipata di vecchiaia pari a un importo mensile lordo di EUR 2 790,99, maggiorato della controversa integrazione della pensione pari a EUR 56 mensili.
18 UV ha proposto ricorso avverso la decisione del 14 novembre 2022 dinanzi allo Juzgado de lo Social n.º 3 de Pamplona (Tribunale del lavoro n.º 3 di Pamplona, Spagna), giudice del rinvio nella causa C‑623/23, deducendo che l’articolo 60 della LGSS modificata è contrario alla direttiva 79/7 in quanto opera una discriminazione fondata sul sesso.
19 L’INSS ricorda che, con la sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:1075), la Corte ha dichiarato che l’articolo 60 della precedente LGSS era discriminatorio e ritiene che tale articolo 60, che è stato modificato per tener conto di tale sentenza, sia ormai conforme ai requisiti della direttiva 79/7.
20 Il giudice del rinvio rileva, in via preliminare, che la controversa integrazione della pensione si aggiunge all’importo della pensione di vecchiaia, calcolato sulla base dei contributi versati nel corso della vita lavorativa, e rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 79/7 in quanto fa parte di un regime legale di protezione contro uno dei rischi elencati all’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva.
21 Esso ricorda, inoltre, che, sebbene UV si sia effettivamente dedicato all’educazione dei suoi due figli, l’INSS ha respinto la domanda di concessione della controversa integrazione della pensione con la motivazione che il non versamento dei contributi da parte di UV al sistema di sicurezza sociale non avrebbe raggiunto il periodo minimo previsto, per gli uomini, dall’articolo 60 della LGSS modificata, in quanto UV non ha infatti cessato di versare contributi per più di 120 giorni tra i nove mesi precedenti la nascita e i tre anni successivi.
22 Ritenendo, pertanto, di essere tenuto a statuire sulla questione se tale articolo 60 introduca una discriminazione fondata sul sesso contraria alla direttiva 79/7, il giudice del rinvio afferma che non vi è alcun dubbio che, alla luce dell’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, detto articolo 60 accorda un trattamento meno favorevole agli uomini rispetto alle donne, in quanto alle donne che beneficiano di una pensione di vecchiaia e che hanno avuto uno o più figli viene automaticamente riconosciuto il diritto alla controversa integrazione della pensione, mentre gli uomini che si trovano in una situazione analoga devono soddisfare condizioni aggiuntive attinenti, in particolare, a un’effettiva interruzione della loro carriera e dei loro contributi versati al sistema di sicurezza sociale.
23 Tuttavia, il giudice del rinvio si chiede, in primo luogo, se una siffatta disparità di trattamento fondata sul sesso possa essere giustificata dal fatto ben noto che, in Spagna, l’educazione dei figli è assicurata prevalentemente dalle donne, il che sarebbe il risultato di una discriminazione storica e strutturale nei loro confronti e produrrebbe un effetto pregiudizievole sulla loro carriera lavorativa e, di conseguenza, sul versamento dei contributi al sistema di sicurezza sociale. La controversa integrazione della pensione, prevista all’articolo 60 della LGSS modificata, sarebbe quindi volta a compensare uno svantaggio subito dalle donne nel corso della loro carriera, come risulterebbe dalla parte della motivazione del regio decreto legge 3/2021.
24 Ciò premesso, tale integrazione sarebbe riconosciuta senza distinzione a tutte le donne che hanno avuto figli, indipendentemente dal fatto che esse si siano effettivamente occupate dell’educazione dei figli e indipendentemente dall’importo della loro pensione, che potrebbe essere superiore all’importo della pensione media o addirittura alla pensione massima consentita in Spagna. Secondo il giudice del rinvio, non sembra quindi che tale misura sia realmente idonea a raggiungere l’obiettivo di ridurre il divario di genere in materia di pensioni di vecchiaia.
25 Date tali circostanze, il giudice del rinvio si chiede, in particolare, se, tenuto conto dell’esistenza di un simile divario, la concessione della controversa integrazione della pensione possa essere considerata una misura di azione positiva a favore delle donne.
26 A tal riguardo, esso evoca la possibilità che la misura prevista all’articolo 60 della LGSS modificata rientri tra le misure ammesse dall’articolo 157, paragrafo 4, TFUE, alla luce, in particolare, della sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:1075), che sembra escluderla.
27 Tuttavia, il giudice del rinvio non scarta l’ipotesi che, in considerazione dello scopo, perseguito dall’articolo 60 della LGSS modificata, di compensare le conseguenze finanziarie provocate dalla situazione delle donne nel mercato del lavoro per il fatto che esse hanno storicamente assunto un ruolo principale nell’educazione dei figli, gli uomini non si trovino, in realtà, nella stessa situazione delle donne, escludendo, pertanto, l’esistenza di una discriminazione tra loro.
28 Esso ritiene, inoltre, che la controversa integrazione della pensione prevista da tale articolo 60 non sia legata alla protezione specifica della donna in considerazione della gravidanza, del parto o della maternità, per cui non sembra rientrare nella deroga di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 79/7. Lo stesso varrebbe per la deroga prevista all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, in quanto la concessione di tale integrazione alle donne non sarebbe, per l’appunto, subordinata all’educazione dei figli.
29 In secondo luogo, qualora l’articolo 60 della LGSS modificata fosse contrario al principio della parità di trattamento, il giudice del rinvio si chiede quali sarebbero le conseguenze dell’accertamento di una simile contrarietà di tale articolo 60, il quale prevede che la controversa integrazione della pensione possa essere concessa a un solo genitore, ossia quello la cui pensione contributiva di vecchiaia è di importo inferiore.
30 Nel caso di specie, alla madre dei due bambini interessati sarebbe già stata concessa l’integrazione di cui trattasi. L’INSS ha pertanto sostenuto che, qualora fosse stata accertata una discriminazione fondata sul sesso ai sensi della direttiva 79/7, la concessione della controversa integrazione della pensione a favore del padre avrebbe dovuto comportare la cessazione del versamento di tale integrazione fino ad allora effettuato in favore della madre, in quanto l’importo della pensione contributiva di vecchiaia di quest’ultima sarebbe stato superiore a quello della pensione del padre.
31 Il giudice del rinvio, che precisa che la madre era stata citata a comparire in qualità di interveniente anche se non era comparsa in giudizio, è tuttavia del parere che il fatto di riconoscere tale integrazione unicamente al pensionato che percepisce la pensione con l’importo inferiore sarebbe tale da privare di qualsiasi effetto utile l’accertamento dell’esistenza di una discriminazione nel caso in cui la pensione con l’importo più alto sia quella percepita dal padre. Inoltre, il giudice del rinvio ritiene che l’articolo 60 della LGSS modificata preveda espressamente che detta integrazione possa essere versata solo a uno dei due genitori nel caso in cui entrambi soddisfino i requisiti di legge per ottenerla, per cui tale disposizione di tale articolo 60 non dovrebbe applicarsi quando la controversa integrazione della pensione è concessa al padre che non soddisfa le condizioni previste da una norma nazionale che introduce una discriminazione fondata sul sesso.
32 Date tali circostanze, lo Juzgado de lo Social nº 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro n.º 3 di Barcellona, Spagna) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la direttiva [79/7] debba essere interpretata nel senso che il principio di parità di trattamento che vieta qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, sancito dagli articoli 1 e 4 [di tale direttiva], non è rispettato da una norma nazionale come quella contenuta all’articolo 60 della [LGSS modificata], che sotto il titolo «Integrazione delle pensioni contributive per la riduzione del divario di genere», riconosce il diritto a un’integrazione delle pensioni contributive di vecchiaia e di invalidità permanente alle donne che abbiano avuto figli biologici o adottivi e siano titolari di tali pensioni, senza alcun altro requisito e a prescindere dall’importo della loro pensione, ma non lo riconosce alle stesse condizioni agli uomini che si trovino in una situazione identica, imponendo, per accedere all’integrazione della loro pensione di vecchiaia o di invalidità permanente, determinati periodi senza contributi o con contributi inferiori successivi alla nascita dei figli/delle figlie o all’adozione e, in particolare, nel caso di figli/e nati/e o adottati/e entro il 31 dicembre 1994, di avere più di 120 giorni di assenza di contributi tra i nove mesi precedenti la nascita e i tre anni successivi a tale data o, in caso di adozione, tra la data della sentenza del tribunale che dichiara l’adozione e i tre anni successivi a tale data, a condizione che la somma degli importi delle pensioni riconosciute sia inferiore alla somma delle pensioni che spettano alla donna, e nel caso di figli/e nati/e o adottati/e dal 1º gennaio 1995, la somma delle basi contributive per i 24 mesi successivi al mese della nascita o al mese della decisione giudiziaria che dichiara l’adozione sia inferiore di oltre il 15% rispetto alla somma dei 24 mesi immediatamente precedenti, a condizione che la somma degli importi delle pensioni riconosciute sia inferiore alla somma delle pensioni che spettano alla donna
2) Se la direttiva [79/7] imponga, come conseguenza della discriminazione derivante dall’esclusione del pensionato di sesso maschile, che gli sia riconosciuta l’integrazione della pensione di vecchiaia, sebbene l’articolo 60 della [LGSS modificata] preveda che l’integrazione possa essere concessa solo a uno dei genitori e, al contempo, che il riconoscimento dell’integrazione al pensionato di sesso maschile non debba comportare, come effetto della sentenza della Corte e dell’inadeguatezza della normativa nazionale rispetto alla direttiva [79/7], la revoca dell’integrazione riconosciuta alla pensionata donna, qualora essa soddisfi i requisiti previsti dalla legge di essere madre di uno o più figli».
Causa C‑626/23
33 Con decisione dell’INSS, notificata a XXX il 6 aprile 2022, a quest’ultimo, padre di tre figli, è stata attribuita una pensione di vecchiaia con effetto dall’11 gennaio 2022.
34 Ritenendo che l’importo di tale pensione fosse stato calcolato erroneamente e che tale importo dovesse includere anche la controversa integrazione della pensione, XXX ha presentato reclamo avverso tale decisione dinanzi all’INSS.
35 Poiché tale reclamo è rimasto senza risposta, il 16 settembre 2022 XXX ha proposto ricorso dinanzi allo Juzgado de lo Social no 4 de Madrid (Tribunale del lavoro n.º 4 di Madrid, Spagna), che, con sentenza del 15 febbraio 2023, è stato respinto in toto.
36 XXX ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al Tribunal Superior de Justicia de Madrid (Corte superiore di giustizia di Madrid, Spagna), giudice del rinvio nella causa C‑626/23, sostenendo che la disparità di trattamento tra uomini e donne risultante dall’articolo 60 della precedente LGSS è continuata con l’articolo 60 della LGSS modificata per quanto riguarda la concessione della controversa integrazione della pensione, in quanto il requisito dell’«interruzione della carriera lavorativa» è richiesto unicamente per gli uomini, in violazione della direttiva 79/7.
37 Il giudice del rinvio ritiene, pertanto, che sia necessario stabilire se l’articolo 60 della LGSS modificata sia compatibile con tale direttiva nonché con gli articoli 20, 21, 23 e l’articolo 34, paragrafo 1, della Carta.
38 A tal riguardo, detto giudice rileva che l’articolo 60 della precedente LGSS è stato modificato per tener conto degli insegnamenti emersi dalla sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:1075). La concessione dell’integrazione pensionistica, prevista all’articolo 60 della LGSS modificata e non più qualificata come «integrazione di maternità per le pensioni contributive del sistema di sicurezza sociale», bensì come «integrazione delle pensioni contributive per ridurre il divario di genere», sarebbe subordinata all’esistenza di uno o più figli e l’importo di tale integrazione varierebbe in base al numero di figli.
39 Peraltro, nella LGSS modificata, è stato previsto che detta integrazione non sarà più concessa quando la percentuale che rappresenta la differenza tra l’importo medio delle pensioni contributive percepite in un anno dagli uomini e dalle donne smetta di essere superiore al 5%.
40 Ciò premesso, a differenza delle donne che percepiscono una pensione di vecchiaia e che hanno avuto uno o più figli, le quali hanno automaticamente diritto all’integrazione della pensione prevista all’articolo 60 della LGSS modificata, gli uomini possono richiedere tale integrazione solo se sono soddisfatte alcune condizioni aggiuntive, relative o alla percezione di una pensione di vedovanza in seguito al decesso dell’altro genitore e alla concessione a uno dei figli di una pensione di orfano, oppure a un danno alla carriera lavorativa e, di conseguenza, al periodo di contribuzione al sistema di sicurezza sociale.
41 Secondo il giudice del rinvio, per quanto riguarda tali misure, che introducono una disparità di trattamento fondata sul sesso, non può essere sufficiente, per giustificarle, affermare che tali misure mirano a ripristinare l’uguaglianza sostanziale tra donne e uomini, ma deve inoltre essere dimostrato che il pregiudizio da esse arrecato al diritto formale alla parità di trattamento è proporzionato all’obiettivo perseguito.
42 Nel caso di specie, dalla motivazione del regio decreto legge 3/2021 si evince che la giustificazione della disparità di trattamento operata dall’articolo 60 della LGSS modificata risiede nell’obiettivo di ridurre il divario di genere esistente in materia di sicurezza sociale, che è il riflesso della situazione delle donne nel mercato del lavoro per aver storicamente assunto il ruolo principale nell’attività di educazione dei figli. Tale articolo 60 introdurrebbe quindi una misura di azione positiva a favore delle donne, alla quale gli uomini avrebbero comunque accesso purché si trovino in una situazione analoga.
43 Tuttavia, il giudice del rinvio esprime dubbi quanto al fatto che tale giustificazione sia sufficiente. Non solo le condizioni che disciplinano la concessione della controversa integrazione della pensione impedirebbero, di fatto, alla maggior parte degli uomini di accedere a tale integrazione, ma per di più tali condizioni non impedirebbero che detta integrazione sia concessa anche a donne la cui carriera lavorativa non sia stata pregiudicata dal fatto di provvedere all’educazione dei figli. Inoltre, dato che l’importo della controversa integrazione della pensione costituisce una percentuale dell’importo della pensione di vecchiaia, tale integrazione andrebbe maggiormente a beneficio delle persone con pensioni di vecchiaia elevate, mentre, secondo il giudice del rinvio, tali persone sono probabilmente le meno suscettibili di subire un danno alla loro carriera lavorativa per il fatto di provvedere all’educazione dei figli, dato che, tra l’altro, hanno i mezzi finanziari per impiegare terzi a tale scopo.
44 Il giudice del rinvio sottolinea infine che la LGSS modificata prevede ormai che, quando entrambi i genitori hanno diritto alla controversa integrazione della pensione, tale integrazione sia aggiunta solo alla pensione più bassa tra i due genitori. A questo proposito, sebbene, nel caso di specie, sia in discussione solo il diritto del padre a detta integrazione, si porrebbe comunque la questione se, per raggiungere l’obiettivo di ridurre il divario di genere in materia di pensioni di vecchiaia, come perseguito dalla LGSS modificata, nonché per garantire la compatibilità dell’articolo 60 di tale legge con l’articolo 23 della Carta o, eventualmente, con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 79/7, non sia sufficiente concedere l’integrazione della pensione unicamente al genitore che beneficia della pensione di vecchiaia di importo inferiore, indipendentemente dal sesso del genitore.
45 Date tali circostanze, il Tribunal Superior de Justicia de Madrid (Corte superiore di giustizia di Madrid) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se la direttiva [79/7] e gli articoli 20, 21 [, 23 e l’articolo] 34, paragrafo 1, della [Carta] debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede il diritto a un’integrazione della pensione per i titolari di pensioni contributive di vecchiaia che abbiano avuto figli biologici o adottivi, ma che viene concessa automaticamente alle donne, mentre per gli uomini è necessario o che siano titolari di una pensione di reversibilità in seguito al decesso dell’altro genitore e che uno dei figli sia titolare di una pensione per orfani, oppure che la loro carriera professionale sia stata interrotta o pregiudicata (nei termini previsti dalla legge e sopra descritti) in occasione della nascita o dell’adozione del figlio».
46 Con decisione del presidente della Corte del 13 dicembre 2023, le cause C‑623/23 e C‑626/23 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, e della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione nella causa C‑623/23 e sulla questione unica nella causa C‑626/23
47 In via preliminare, occorre rilevare che, nella causa C‑626/23, il giudice del rinvio chiede, con la sua questione, l’interpretazione non solo della direttiva 79/7, ma anche degli articoli 20, 21, 23 e 34, paragrafo 1, della Carta.
48 Per quanto riguarda gli articoli 20 e 21 della Carta, il primo sancisce il principio dell’uguaglianza di tutte le persone davanti alla legge, mentre il secondo vieta qualsiasi discriminazione fondata, in particolare, sul sesso. Inoltre, l’articolo 34, paragrafo 1, della Carta verte in particolare sul riconoscimento e sul rispetto, da parte dell’Unione europea, del diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale.
49 In tale contesto, occorre ricordare che la direttiva 79/7 concretizza il principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, per cui gli Stati membri devono agire nel rispetto di tale direttiva quando adottano misure che rientrano nel suo ambito di applicazione. Ne consegue che la questione sollevata dal giudice del rinvio nella causa C‑626/23 deve essere esaminata alla luce di detta direttiva e non delle disposizioni della Carta [v., in tal senso, sentenze del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punti 83 e 84, nonché del 2 settembre 2021, INPS (Assegni di natalità e di maternità per i titolari di permesso unico), C‑350/20, EU:C:2021:659, punti 46 e 47].
50 Ciò premesso, con la prima questione nella causa C‑623/23 e con la questione unica nella causa C‑626/23, che occorre esaminare congiuntamente, i giudici del rinvio chiedono, in sostanza, se la direttiva 79/7, in particolare l’articolo 4 e l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della medesima, letta alla luce dell’articolo 23 della Carta, debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale in base alla quale, per ridurre il divario di genere in materia di prestazioni di sicurezza sociale conseguente all’educazione dei figli, alle donne che beneficiano di una pensione contributiva di vecchiaia e che hanno avuto uno o più figli è concessa un’integrazione della pensione, mentre la concessione di tale integrazione agli uomini che si trovano in una situazione identica è subordinata a condizioni aggiuntive legate al fatto che la loro carriera lavorativa sia stata interrotta o pregiudicata in occasione della nascita o dell’adozione dei figli.
51 Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 79/7, tale direttiva si applica ai regimi legali che assicurano una protezione, in particolare, contro la vecchiaia. Inoltre, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, terzo trattino, di detta direttiva, il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto riguarda il calcolo delle prestazioni.
52 Come rilevato dai giudici del rinvio, la Corte ha già dichiarato, in sostanza, ai punti 39, 41, 66 e 67 della sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:1075), che la direttiva 79/7 deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale che prevede il diritto a un’integrazione della pensione per le donne che abbiano avuto almeno due figli biologici o adottati e che fruiscano di pensioni contributive, in particolare, nel caso di invalidità permanente, nell’ambito di un regime del sistema di sicurezza sociale nazionale, mentre gli uomini che si trovano in una situazione identica non hanno diritto a una siffatta integrazione della pensione, in quanto una tale normativa costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, terzo trattino, di tale direttiva.
53 Nel caso di specie, dalle spiegazioni fornite dai giudici del rinvio emerge che la normativa nazionale che ha portato a tale sentenza, ossia quella derivante dall’articolo 60, paragrafo 1, della precedente LGSS, è stata modificata in particolare nel senso che, ormai, hanno diritto a una siffatta integrazione della pensione non più soltanto le donne, ma anche gli uomini, purché questi ultimi soddisfino ulteriori condizioni relative al fatto che la loro carriera lavorativa sia stata interrotta o pregiudicata in occasione della nascita o dell’adozione dei loro figli, in particolare, per quanto riguarda le controversie di cui ai procedimenti principali, quella di non aver versato contributi per più di 120 giorni tra i nove mesi precedenti la nascita dei loro figli e i tre anni successivi.
54 Come precisato dall’INSS e dal governo spagnolo, la LGSS modificata si basa, come risulterebbe dalla motivazione di tale legge, sulla presunzione che l’educazione dei figli sia a carico, in linea di principio, delle donne, a scapito della loro carriera lavorativa, presunzione che si basa sulla constatazione empirica che l’educazione dei figli da parte della madre incide in modo preponderante sulla carriera lavorativa di quest’ultima. Una presunzione del genere potrebbe essere confutata solo se fosse dimostrato che le condizioni applicabili agli uomini, previste all’articolo 60, paragrafo 1, della LGSS modificata, sono soddisfatte, la sussistenza di tali condizioni consentendo, pertanto, di ritenere che sia in realtà l’uomo a dedicarsi all’educazione dei figli.
55 A tal riguardo, in primo luogo, è giocoforza notare, da un lato, al pari dei giudici del rinvio e della Commissione europea, che le modifiche apportate alla precedente LGSS non hanno posto fine all’esistenza di un trattamento meno favorevole degli uomini rispetto alle donne.
56 Infatti, solo gli uomini, per avere diritto alla controversa integrazione della pensione, devono soddisfare le condizioni aggiuntive menzionate al punto 53 della presente sentenza. Pertanto, lo status di genitore non è sufficiente affinché gli uomini che percepiscono una pensione di vecchiaia possano vedersi concedere una simile integrazione, mentre lo è per le donne con lo stesso status.
57 Dall’altro lato, occorre verificare se la disparità di trattamento tra uomini e donne istituita dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale riguardi categorie di persone che si trovano in situazioni comparabili, in base alle considerazioni ricordate ai punti da 42 a 45 della sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:1075).
58 In particolare, la comparabilità delle situazioni deve essere valutata non da un punto di vista globale e astratto, bensì in modo specifico e concreto alla luce della totalità degli elementi che le caratterizzano, tenuto conto in particolare dell’oggetto e dello scopo della normativa nazionale che istituisce la distinzione di cui trattasi, nonché, eventualmente, dei principi e degli obiettivi del settore cui tale normativa nazionale appartiene [sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri), C‑450/18, EU:C:2019:1075, punto 45 e giurisprudenza citata].
59 Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte nonché dalla formulazione stessa di tale normativa risulta che quest’ultima ha l’obiettivo di ridurre il divario tra i sessi in materia di sicurezza sociale compensando il danno economico che le madri subiscono nella loro carriera lavorativa per il loro ruolo preponderante nell’educazione dei figli, danno che si tradurrebbe in particolare nel versamento di contributi inferiori al sistema di sicurezza sociale e quindi nella concessione di prestazioni previdenziali ridotte.
60 Ebbene, la Corte ha già dichiarato che, alla luce di tale obiettivo, non si può escludere che le lavoratrici e i lavoratori che si sono assunti la cura dei figli si trovino in una situazione comparabile, in quanto gli uni e le altre possono subire, per effetto del loro coinvolgimento nell’educazione dei figli, gli stessi svantaggi di carriera, valutazione che non è messa in discussione dalla circostanza, sottolineata dall’INSS e dal governo spagnolo, che i compiti connessi alla cura dei figli siano, in pratica, prevalentemente svolti dalle donne [v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri), C‑450/18, EU:C:2019:1075, punti da 50 a 52].
61 Ne consegue che una normativa nazionale come l’articolo 60, paragrafo 1, della LGSS modificata istituisce un trattamento meno favorevole degli uomini rispetto alle donne, anche se tali persone possono trovarsi in situazioni comparabili.
62 Una normativa del genere costituisce quindi una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7.
63 Occorre ricordare, in secondo luogo, che, secondo la giurisprudenza della Corte, una deroga al divieto, enunciato all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, di qualsiasi discriminazione diretta fondata sul sesso è possibile solo nei casi tassativamente elencati dalle disposizioni di tale direttiva [v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri), C‑450/18, EU:C:2019:1075, punto 54 e giurisprudenza citata].
64 A questo proposito, per quanto riguarda, da un lato, l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 79/7, secondo il quale il principio della parità di trattamento non pregiudica le disposizioni relative alla protezione della donna a motivo della maternità, è giocoforza osservare, come rilevato anche dal giudice del rinvio nella causa C‑623/23, che l’articolo 60, paragrafo 1, della LGSS modificata non contiene nulla che stabilisca un legame tra la concessione della controversa integrazione della pensione e la fruizione di un congedo di maternità o gli svantaggi di carriera che una donna subirebbe nella carriera per l’assenza dal servizio durante il periodo successivo al parto [v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri), C‑450/18, EU:C:2019:1075, punto 57].
65 Inoltre, come rilevato dalla Commissione, il fatto stesso che la controversa integrazione della pensione possa ormai essere concessa anche agli uomini, fatte salve le condizioni aggiuntive menzionate al punto 53 della presente sentenza, conferma tale osservazione.
66 Di conseguenza, un’integrazione della pensione come quella di cui trattasi nel procedimento principale non rientra nell’ambito di applicazione della deroga al divieto di discriminazione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 79/7.
67 Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, quest’ultima non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione i vantaggi accordati in materia di assicurazione vecchiaia alle persone che hanno provveduto all’educazione dei figli e l’acquisto di diritti alle prestazioni a seguito di periodi di interruzione del lavoro dovuti all’educazione dei figli.
68 A questo proposito, tuttavia, è sufficiente rilevare che, se è vero che l’articolo 60, paragrafo 1, lettera b), punti 1 e 2, della LGSS modificata impone agli uomini condizioni volte, in particolare, a limitare la concessione della controversa integrazione della pensione ai soli lavoratori maschi la cui carriera professionale sia stata interrotta o pregiudicata in occasione della nascita o dell’adozione dei figli, dalle precisazioni fornite dai giudici del rinvio risulta che, per quanto riguarda le donne, tale disposizione continua a non subordinare una siffatta concessione all’educazione dei figli o all’esistenza di periodi di interruzione della carriera professionale dovuti all’educazione dei figli [v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri), C‑450/18, EU:C:2019:1075, punto 62].
69 Di conseguenza, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 79/7 non può applicarsi a un’integrazione della pensione di tale tipo.
70 In terzo luogo, occorre esaminare se la discriminazione menzionata al punto 62 della presente sentenza, risultante dall’articolo 60, paragrafo 1, della LGSS modificata, possa essere giustificata in virtù dell’articolo 23 della Carta.
71 Tale articolo 23 dispone, al secondo comma, che il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato. Al riguardo, occorre precisare che tale disposizione riprende, «in una formula più breve», l’articolo 157, paragrafo 4, TFUE, ma «non [lo] modifica», come emerge dalle spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17).
72 Ai sensi di tale articolo 157, paragrafo 4, allo scopo di assicurare l’effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici diretti a facilitare l’esercizio di un’attività professionale da parte del sesso sottorappresentato ovvero a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali.
73 In tale contesto, l’INSS sostiene che l’articolo 60, paragrafo 1, della LGSS modificata rientra nell’ambito di applicazione di detta disposizione in quanto deve essere considerato come una misura di azione positiva che si inserisce nel perseguimento dell’obiettivo, la cui importanza è riconosciuta a livello dell’Unione, di colmare il divario tra uomini e donne in materia di pensioni di vecchiaia, risultante dal fatto che le donne hanno storicamente assunto un ruolo preponderante nell’educazione dei figli. L’INSS aggiunge che l’integrazione della pensione controversa fa parte di una serie di misure adottate dal Regno di Spagna che riguardano, tra l’altro, dispositivi volti a incoraggiare i genitori a condividere la responsabilità di conciliare la vita familiare e la vita lavorativa e quindi a raggiungere gli obiettivi di cui all’articolo 157, paragrafo 4, TFUE. L’articolo 60, paragrafo 1, della LGSS modificata consentirebbe quindi di integrare tali altre misure compensando gli svantaggi che le donne hanno subito nella loro carriera lavorativa, dovuti all’educazione dei figli e che si ripercuotono, alla fine della carriera, sulle pensioni di vecchiaia.
74 A tal riguardo, occorre ricordare che la Corte ha, in sostanza, dichiarato al punto 65 della sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:1075), che l’articolo 157, paragrafo 4, TFUE non può essere applicato a una normativa nazionale, quale l’articolo 60, paragrafo 1, della precedente LGSS, che si limita a concedere alle donne un’integrazione della pensione al momento della concessione di una pensione, senza porre rimedio ai problemi che esse possono incontrare nel corso della loro carriera lavorativa, poiché una simile integrazione della pensione non appare idonea a compensare gli svantaggi ai quali sarebbero esposte le donne aiutandole in tale carriera e ad assicurare così l’effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa.
75 Ebbene, le considerazioni esposte al punto precedente valgono anche per l’articolo 60, paragrafo 1, della LGSS modificata. Al riguardo, il fatto che tale disposizione integri, purché sia dimostrato, altri dispositivi che, dal canto loro, sono destinati a conseguire gli obiettivi enunciati all’articolo 157, paragrafo 4, TFUE non è, di per sé, tale da inficiare tale conclusione.
76 Pertanto, una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale non può essere giustificata in virtù dell’articolo 23 della Carta.
77 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione nella causa C‑623/23 e alla questione unica nella causa C‑626/23 dichiarando che la direttiva 79/7, in particolare l’articolo 4 e l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della stessa, letta alla luce dell’articolo 23 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale in base alla quale, per ridurre il divario di genere in materia di prestazioni di sicurezza sociale conseguente all’educazione dei figli, alle donne che percepiscono una pensione contributiva di vecchiaia e che hanno avuto uno o più figli è concessa un’integrazione della pensione, mentre la concessione di tale integrazione agli uomini che si trovano in una situazione identica è subordinata a condizioni aggiuntive legate al fatto che la loro carriera lavorativa sia stata interrotta o pregiudicata in occasione della nascita o dell’adozione dei figli.
Sulla seconda questione nella causa C‑623/23
Sulla ricevibilità
78 L’INSS e il governo spagnolo sostengono che la seconda questione nella causa C‑623/23, riguardante l’effetto che l’assegnazione della controversa integrazione della pensione al padre potrebbe avere sul mantenimento dell’integrazione già concessa alla madre, è irricevibile in quanto l’eventuale revoca di tale integrazione alla madre dei figli interessati non è in discussione nel procedimento principale.
79 A tal riguardo occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire [sentenza del 24 febbraio 2022, TGSS (Disoccupazione dei collaboratori domestici), C‑389/20, EU:C:2022:120, punto 23 e giurisprudenza citata].
80 Ne deriva che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenza del 24 febbraio 2022, TGSS (Disoccupazione dei collaboratori domestici), C‑389/20, EU:C:2022:120, punto 24 e giurisprudenza citata].
81 Nel caso di specie, è vero che la questione della revoca dell’integrazione della pensione concessa alla madre non sembra, in quanto tale, costituire oggetto del procedimento principale. Ciò premesso, ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 2, della LGSS modificata, «[l]a concessione dell’integrazione al secondo genitore comporta l’estinzione dell’integrazione già concessa al primo genitore (...)», dovendo allora detto genitore essere sentito «prima [che sia emessa] la decisione che concede il diritto al secondo genitore». Dalle precisazioni fornite dal giudice del rinvio risulta, peraltro, che la madre è stata citata a comparire nel procedimento principale in qualità di interveniente.
82 Date tali circostanze, non si può escludere che il giudice del rinvio, al fine di risolvere la controversia principale nel rispetto delle norme procedurali applicabili, debba tener conto dell’eventualità di una simile revoca. Di conseguenza, non risulta in modo manifesto che la compatibilità con il diritto dell’Unione di una simile revoca non abbia alcuna relazione con l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale.
83 Il governo spagnolo ritiene inoltre che la direttiva 79/7 non abbia alcuna relazione con l’oggetto della seconda questione nella causa C‑623/23, dato che il giudice del rinvio non ha precisato quale delle disposizioni di tale direttiva verrebbe violata se l’accertamento del carattere discriminatorio della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale comportasse la revoca della controversa integrazione della pensione concessa alla madre.
84 Al riguardo, è sufficiente osservare che i dubbi del giudice del rinvio attengono al fatto che, a suo parere, una simile revoca potrebbe privare di effetto utile l’accertamento del carattere discriminatorio di tale normativa nazionale effettuato alla luce della direttiva 79/7. Si può quindi comprendere il nesso che tale giudice stabilisce tra la revoca della controversa integrazione della pensione concessa alla madre e le esigenze derivanti da tale direttiva.
85 Ne consegue che la seconda questione nella causa C‑623/23 è ricevibile.
Nel merito
86 Con la seconda questione nella causa C‑623/23, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 79/7 debba essere interpretata nel senso che essa osta a che, nel caso in cui sia respinta la domanda di integrazione della pensione presentata da un padre in virtù di una normativa nazionale dichiarata costitutiva di una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi di tale direttiva, e in cui al padre debba, pertanto, essere concessa tale integrazione in base alle condizioni applicabili alle madri, una siffatta concessione comporta la revoca dell’integrazione della pensione già concessa alla madre, poiché, ai sensi di tale normativa, detta integrazione può essere concessa solo al genitore che percepisce una pensione di vecchiaia di importo inferiore e quando tale genitore è il padre.
87 Al riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, quando sia stata constatata una discriminazione, contraria al diritto dell’Unione, e finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, il rispetto del principio di uguaglianza può essere garantito solo mediante la concessione alle persone appartenenti alla categoria sfavorita degli stessi vantaggi di cui beneficiano le persone della categoria privilegiata. In un’ipotesi del genere, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione nazionale discriminatoria, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione da parte del legislatore, e deve applicare ai componenti del gruppo sfavorito lo stesso regime che viene riservato alle persone dell’altra categoria [sentenza del 14 settembre 2023, TGSS (Rifiuto dell’integrazione per maternità), C‑113/22, EU:C:2023:665, punto 41 e giurisprudenza citata].
88 Nel caso di specie, sebbene, per quanto riguarda la controversa integrazione della pensione, l’applicazione al padre dello stesso regime applicabile alla madre comporti la concessione di tale integrazione a tale padre e, al contempo, la revoca dell’integrazione già concessa a tale madre, in quanto, da un lato, la normativa nazionale prevede che detta integrazione possa essere concessa a un solo genitore, ossia a quello che percepisce la pensione il cui importo è inferiore, e, dall’altro, la madre percepisce la pensione di importo maggiore, tale revoca non può essere considerata come se privasse di effetto utile l’accertamento del carattere discriminatorio della normativa nazionale in base alla quale i padri erano privati di tale integrazione.
89 Infatti, una tale revoca è solo la conseguenza dell’applicazione, al padre, delle stesse condizioni applicabili alle madri per quanto riguarda la concessione della controversa integrazione della pensione.
90 Lo stesso varrebbe per la situazione, evocata dal giudice del rinvio, in cui il padre percepisse la pensione di importo maggiore e tale integrazione fosse, per tale motivo, concessa unicamente alla madre.
91 Spetta a tale giudice interpretare il proprio diritto nazionale e valutare se tale diritto consenta o meno il mantenimento dell’integrazione della pensione già concessa alla madre qualora il padre abbia diritto alla controversa integrazione della pensione alle stesse condizioni applicabili alle madri, fermo restando che detto giudice sembra ritenere che la condizione che prevede che tale integrazione sia concessa al solo genitore che percepisce la pensione di importo inferiore non sia applicabile «quando [detta] integrazione è concessa al padre che non soddisfa le condizioni previste da una norma nazionale che introduce una discriminazione fondata sul sesso».
92 Se il giudice del rinvio constata che il proprio diritto nazionale consente un siffatto mantenimento, nulla nel diritto dell’Unione impone di privare di un’integrazione della pensione come quella di cui trattasi nel procedimento principale la categoria delle persone che già ne beneficiano, come giustamente rilevato dalla Commissione (v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2011, Landtová, C‑399/09, EU:C:2011:415, punto 53).
93 Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione sollevata nella causa C‑623/23 dichiarando che la direttiva 79/7 deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che, nel caso in cui sia respinta una domanda di integrazione della pensione presentata da un padre in virtù di una normativa nazionale dichiarata costitutiva di una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi di tale direttiva, e in cui al padre debba, pertanto, essere concessa tale integrazione in base alle condizioni applicabili alle madri, una siffatta concessione comporti la revoca dell’integrazione della pensione già concessa alla madre, dal momento che, ai sensi di tale normativa, detta integrazione può essere concessa solo al genitore che percepisce la pensione di vecchiaia di importo inferiore e solo quando tale genitore è il padre.
Sulle spese
94 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:
1) La direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, in particolare l’articolo 4 e l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della medesima, letta alla luce dell’articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
dev’essere interpretata nel senso che:
essa osta a una normativa nazionale in base alla quale, per ridurre il divario di genere in materia di prestazioni di sicurezza sociale conseguente all’educazione dei figli, alle donne che percepiscono una pensione contributiva di vecchiaia e che hanno avuto uno o più figli è concessa un’integrazione della pensione, mentre la concessione di tale integrazione agli uomini che si trovano in una situazione identica è subordinata a condizioni aggiuntive legate al fatto che la loro carriera lavorativa sia stata interrotta o pregiudicata in occasione della nascita o dell’adozione dei figli.
2) La direttiva 79/7
dev’essere interpretata nel senso che:
essa non osta a che, nel caso in cui sia respinta una domanda di integrazione della pensione presentata da un padre in virtù di una normativa nazionale dichiarata costitutiva di una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi di tale direttiva, e in cui al padre debba, pertanto, essere concessa tale integrazione in base alle condizioni applicabili alle madri, una siffatta concessione comporti la revoca dell’integrazione della pensione già concessa alla madre, dal momento che, ai sensi di tale normativa, detta integrazione può essere concessa solo al genitore che percepisce la pensione di vecchiaia di importo inferiore e solo quando tale genitore è il padre.
Firme
* Lingua processuale: lo spagnolo.
i Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.
Causa C-626/23 (cause riunite C-623/23, C-626/23)
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