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30 maggio 2025

Cassazione 2025- Nel commento della Corte di Cassazione del 2025 riguardante il tema del comporto e dell’onere della prova in relazione alle assenze dovute a malattia professionale, emergono alcune considerazioni fondamentali che chiariscono la posizione della giurisprudenza in materia.

 

Cassazione 2025- Nel commento della Corte di Cassazione del 2025 riguardante il tema del comporto e dell’onere della prova in relazione alle assenze dovute a malattia professionale, emergono alcune considerazioni fondamentali che chiariscono la posizione della giurisprudenza in materia.

**1. Il concetto di comporto e sua applicazione**  
Il comporto rappresenta il periodo massimo di assenza consentito al lavoratore senza che ciò comporti la risoluzione del rapporto di lavoro. La Cassazione ribadisce che il comporto può variare a seconda dei contratti collettivi applicabili e delle specifiche disposizioni normative. La sua corretta applicazione è fondamentale per la tutela del rapporto di lavoro e per la tutela dei diritti del lavoratore.

**2. L’onere della prova e la distinzione tra malattia comune e malattia professionale**  
Il principio cardine espresso dalla Corte è che, in presenza di assenze per malattia, spetta al lavoratore dimostrare che tali assenze sono riconducibili a una malattia professionale, e non a cause diverse. La distinzione tra malattia comune e malattia professionale è determinante, in quanto quest’ultima ha rilevanza specifica ai fini della tutela previdenziale e assicurativa, nonché ai fini della corretta computabilità delle assenze nel periodo di comporto.

**3. La prova della non computabilità delle assenze**  
La Cassazione stabilisce che spetta al lavoratore l’onere di dimostrare che alcune assenze non devono essere computate nel periodo di comporto perché causate da una malattia professionale. In altri termini, il lavoratore deve fornire elementi sufficienti a dimostrare che le assenze sono riconducibili a una malattia professionale, che di per sé esclude la loro computabilità nel calcolo del comporto.

**4. La prova della malattia professionale**  
Per dimostrare la natura professionale della malattia, il lavoratore può avvalersi di certificazioni mediche, relazioni sanitarie, diagnosi di specialisti e altri mezzi probatori idonei. La giurisprudenza sottolinea che la prova deve essere rigorosa, e la presenza di un certificato medico che riconosce la malattia come professionale costituisce un elemento importante, ma non esclusivo, della prova.

**5. La responsabilità del datore di lavoro e del datore di assicurazione**  
Il datore di lavoro e l’ente previdenziale hanno l’onere di dimostrare la corretta computabilità delle assenze nel periodo di comporto, mentre spetta al lavoratore dimostrare la natura professionale delle malattie che giustificano le assenze.

**6. Implicazioni pratiche**  
In concreto, il lavoratore che intende far valere che alcune assenze non devono essere computate nel comporto perché causate da malattia professionale deve produrre elementi probatori sufficienti. La mancata prova di tale natura esclude la possibilità di escludere tali assenze dal conteggio del comporto, che può portare alla risoluzione del rapporto di lavoro per superamento del periodo consentito.

**Conclusione**  
La pronuncia della Cassazione del 2025 chiarisce quindi che l’onere di dimostrare la non computabilità di alcune assenze per malattia professionale spetta al lavoratore. La corretta individuazione e dimostrazione della natura professionale della malattia sono elementi fondamentali per tutelare i diritti del lavoratore e per garantire un corretto conteggio del comporto. La giurisprudenza conferma l’importanza di un’attenta raccolta e produzione di prove da parte del lavoratore, nonché di un’accurata valutazione da parte dei giudici circa la natura delle assenze e la loro compatibilità con il periodo di comporto previsto dal contratto e dalla legge.


 

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