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22 maggio 2025

CGUE 2025 - La causa C-584/23 riguarda una questione sollevata dal giudice nazionale in merito alla conformità di una pratica di calcolo delle pensioni di invalidità permanente derivanti da infortunio sul lavoro con la normativa europea sulla parità di trattamento tra uomini e donne, in particolare con la Direttiva 79/7/CEE.

 

 

 


La causa C-584/23 riguarda una questione sollevata dal giudice nazionale in merito alla conformità di una pratica di calcolo delle pensioni di invalidità permanente derivanti da infortunio sul lavoro con la normativa europea sulla parità di trattamento tra uomini e donne, in particolare con la Direttiva 79/7/CEE.

**Contesto normativo**

La Direttiva 79/7/CEE ha come obiettivo l’attuazione del principio di parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale, vietando qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso. L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva, stabilisce che le misure di previdenza sociale devono essere applicate senza discriminazioni di genere e che, in presenza di differenze di trattamento, queste devono essere oggettivamente giustificate e proporzionate.

**Questioni giuridiche sollevate**

Il punto centrale della questione concerne il metodo di calcolo della pensione di invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro, in particolare:

- Se il calcolo basato sulla retribuzione effettiva alla data dell’infortunio possa configurarsi come discriminazione indiretta fondata sul sesso, considerando che le donne, a causa di specifiche condizioni di vita e di lavoro, potrebbero avere retribuzioni medie diverse rispetto agli uomini.

- Se la riduzione dell’orario di lavoro per l’affidamento di minori di età inferiore a dodici anni possa influire sulla determinazione della retribuzione e, di conseguenza, sui benefici pensionistici in modo da creare disparità di trattamento tra i generi.

**Analisi della Corte**

La Corte di Giustizia, nel suo commento, ha sottolineato alcuni punti chiave:

1. **Discriminazione indiretta e metodo di calcolo**

   La Corte evidenzia che il metodo di calcolo della pensione, basato sulla retribuzione effettiva alla data dell’infortunio, può, in determinate circostanze, costituire una forma di discriminazione indiretta qualora le differenze di retribuzione tra uomini e donne siano riconducibili a fattori sociali o di condizione di vita, come l’affidamento familiare e la riduzione dell’orario di lavoro.

2. **Giustificazione delle differenze di trattamento**

   La Corte ha ribadito che eventuali differenze di trattamento devono essere oggettivamente giustificate e proporzionate, anche considerando le esigenze di conciliazione tra vita lavorativa e familiare. Tuttavia, tali differenze non devono portare a disparità di trattamento che risultino discriminatorie.

3. **Compatibilità con la Direttiva 79/7/CEE**

   La Corte ha affermato che l’applicazione di misure che tengano conto delle condizioni di vita e di lavoro, come la riduzione dell’orario per motivi familiari, può essere compatibile con la direttiva, purché tali misure siano applicate in modo non discriminatorio e siano giustificate da circostanze oggettive.

4. **Calcolo della retribuzione e parità di trattamento**

   La Corte ha sottolineato che il metodo di calcolo della retribuzione deve essere equo e non creare disparità tra uomini e donne, tenendo conto delle differenze di retribuzione medie tra i generi e delle circostanze sociali che influenzano le retribuzioni.

**Conclusioni della Corte**

La Corte conclude che:

- Il metodo di calcolo della pensione basato sulla retribuzione effettiva alla data dell’infortunio può, in determinate condizioni, essere compatibile con il principio di parità di trattamento, purché siano adottate misure per evitare discriminazioni indirette.

- La riduzione dell’orario di lavoro per motivi familiari può essere presa in considerazione nel calcolo delle prestazioni previdenziali, ma deve essere applicata in modo non discriminatorio e con adeguate giustificazioni oggettive.

- È necessario un equilibrio tra la tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e il rispetto delle norme europee sulla parità di trattamento, evitando che le differenze di trattamento si traducano in discriminazioni illegittime.

---

**Implicazioni pratiche**

Questa sentenza fornisce importanti indicazioni per le autorità nazionali e le istituzioni previdenziali nell’elaborazione di modalità di calcolo delle pensioni che tengano conto di variabili sociali e familiari, garantendo che tali pratiche siano conformi ai principi di non discriminazione e di parità di trattamento previsti dal diritto europeo.

**In sintesi**

La Corte di Giustizia ribadisce che le misure di previdenza sociale devono rispettare il principio di parità tra uomini e donne, considerando le circostanze sociali e familiari che possono influenzare le retribuzioni e le condizioni di lavoro, e che ogni differenza di trattamento deve essere giustificata da motivi oggettivi e proporzionati, per evitare discriminazioni indirette e garantire un’applicazione equa del diritto previdenziale.


 

 

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

10 aprile 2025 (*)

« Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale – Direttiva 79/7/CEE – Articolo 4, paragrafo 1 – Discriminazione indiretta fondata sul sesso – Metodo di calcolo della pensione per invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro – Presa in considerazione della retribuzione effettiva alla data dell’infortunio sul lavoro – Riduzione dell’orario di lavoro per l’affidamento di minori di età inferiore a dodici anni »

Nella causa C‑584/23,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Juzgado de lo Social no 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 3 di Barcellona, Spagna), con decisione del 18 settembre 2023, pervenuta in cancelleria il 21 settembre 2023, nel procedimento

Asepeyo Mutua Colaboradora de la Seguridad Social no 151,

KT

contro

Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS),

Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS),

KT,

Alcampo SA, succeduta alla Supermercados Sabeco SA,

Asepeyo Mutua Colaboradora de la Seguridad Social no 151,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da A. Kumin, presidente di sezione, F. Biltgen (relatore), presidente della Prima Sezione, e S. Gervasoni, giudice,

avvocato generale: R. Norkus

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 dicembre 2024,

considerate le osservazioni presentate:

–        per KT, da A. Abrain Cariñena, C. Llena Mollón e S. Torné Martí, abogadas;

–        per la Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS) e l’Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS), da M.P. García Perea e A.R. Trillo García, in qualità di letrados;

–        per il governo spagnolo, da S. Núñez Silva e A. Pérez‑Zurita Gutiérrez, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da I. Galindo Martín e E. Schmidt, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 8 TFUE, degli articoli 21 e 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), dell’articolo 4 della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24), e dell’articolo 5 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU 2006, L 204, pag. 23).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di due controversie, la prima, tra, da un lato, la Asepeyo Mutua Colaboradora de la Seguridad Social no 151 (in prosieguo: la «mutua Asepeyo») e, dall’altro, l’Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS) (Istituto nazionale di previdenza sociale, Spagna), la Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS) (Tesoreria generale della previdenza sociale), KT e la Alcampo SA, succeduta alla Supermercados Sabeco SA, e, la seconda, tra, da un lato, KT e, dall’altro, l’INSS, la TGSS, la mutua Asepeyo e la Alcampo, relativamente alla determinazione della base di calcolo della pensione di invalidità permanente totale che è stata versata a KT a seguito di un infortunio sul lavoro, verificatosi nel corso del periodo durante il quale quest’ultima usufruiva di una misura di riduzione dell’orario di lavoro.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 79/7

3        L’articolo 1 della direttiva 79/7 prevede che:

«Scopo della presente direttiva è la graduale attuazione, nel campo della sicurezza sociale e degli altri elementi di protezione sociale di cui all’articolo 3, del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale, denominato qui appresso “principio della parità di trattamento”».

4        L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva così dispone:

«1.      La presente direttiva si applica:

a)      ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti:

–        malattia,

–        invalidità,

–        vecchiaia,

–        infortunio sul lavoro e malattia professionale,

–        disoccupazione;

(...)

2.      La presente direttiva non si applica alle disposizioni concernenti le prestazioni ai superstiti, n[é] a quelle concernenti le prestazioni familiari, a meno che non si tratti di prestazioni spettanti per i rischi di cui al paragrafo 1, lettera a)».

5        L’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva è così formulato:

«Il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto riguarda:

–        il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi,

–        l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi;

–        il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonch[é] le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni».

 Direttiva 2006/54

6        L’articolo 1 della direttiva 2006/54, intitolato «Scopo», dispone che:

«Lo scopo della presente direttiva è assicurare l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.

A tal fine, essa contiene disposizioni intese ad attuare il principio della parità di trattamento per quanto riguarda:

(...)

c)      i regimi professionali di sicurezza sociale.

Inoltre, la presente direttiva contiene disposizioni intese a renderne più efficace l’attuazione mediante l’istituzione di procedure adeguate».

7        L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Ai sensi della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(...)

b)      “discriminazione indiretta”: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;

(...)

f)      “regimi professionali di sicurezza sociale”: regimi non regolati dalla direttiva [79/7] aventi lo scopo di fornire ai lavoratori, subordinati o autonomi, raggruppati nell’ambito di un’impresa o di un gruppo di imprese, di un ramo economico o di un settore professionale o interprofessionale, prestazioni destinate a integrare le prestazioni fornite dai regimi legali di sicurezza sociale o di sostituirsi ad esse, indipendentemente dal fatto che l’affiliazione a questi regimi sia obbligatoria o facoltativa».

 Diritto spagnolo

 Statuto dei lavoratori

8        L’articolo 37 della Ley del Estatuto de los Trabajadores (legge sullo Statuto dei lavoratori), nella versione risultante dal Real Decreto Legislativo 2/2015, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley del Estatuto de los Trabajadores (regio decreto legislativo 2/2015, recante approvazione del testo rifuso della legge sullo Statuto dei lavoratori), del 23 ottobre 2015 (BOE n. 255, del 24 ottobre 2015, pag. 100224; in prosieguo: lo «Statuto dei lavoratori»), rubricato «Riposo settimanale, giorni festivi e congedi», al paragrafo 6 dispone quanto segue:

«Chiunque si occupi direttamente, per motivi di tutela legale, di un minore di età inferiore a dodici anni o di una persona affetta da disabilità che non esercita un’attività retribuita ha diritto a una riduzione dell’orario di lavoro quotidiano pari nel minimo a un ottavo e nel massimo alla metà della durata del medesimo, con corrispondente riduzione della retribuzione.

(...)

Le riduzioni dell’orario di lavoro di cui al presente paragrafo costituiscono un diritto individuale dei lavoratori, uomini o donne. (...)».

 Decreto in materia di infortuni sul lavoro

9        L’articolo 60 del Reglamento de aplicación del texto refundido de la legislación de accidentes del trabajo (regolamento di attuazione del testo rifuso della normativa in materia di infortuni sul lavoro), nella versione risultante dal Decreto por el que se aprueba el texto refundido de la legislación de accidentes del trabajo y Reglamento para su aplicación (decreto recante approvazione del testo rifuso della normativa in materia di infortuni sul lavoro e del regolamento per la sua attuazione), del 22 giugno 1956 (BOE n. 197, del 15 luglio 1956; in prosieguo: il «decreto in materia di infortuni sul lavoro»), è così formulato:

«Il salario di base dell’indennità o della pensione nei casi in cui il lavoratore percepisca la sua retribuzione per unità di tempo è determinato conformemente alle seguenti regole:

(...)

2.      Il salario di base annuo della pensione o della pensione di invalidità permanente o di reversibilità è calcolato come segue:

a)      Salario giornaliero. L’importo percepito per una giornata normale di lavoro dal lavoratore alla data dell’infortunio è moltiplicato per i 365 giorni dell’anno.

(...)».

 Legge generale in materia di sicurezza sociale

10      L’articolo 237 della Ley General de la Seguridad Social (legge generale in materia di sicurezza sociale), nella versione risultante dal Real Decreto Legislativo 8/2015 por el que se aprueba el texto refundido de la Ley General de la Seguridad Social (Regio decreto legislativo 8/2015, recante approvazione del testo rifuso della legge generale in materia di sicurezza sociale), del 30 ottobre 2015 (BOE n. 261, del 31 ottobre 2015, pag. 103291; in prosieguo: la «legge generale in materia di sicurezza sociale»), al momento dei fatti del procedimento principale, così disponeva:

«1.      I periodi di congedo di una durata massima di tre anni di cui beneficiano i lavoratori, conformemente all’articolo 46, paragrafo 3, dello [Statuto dei lavoratori], in ragione dell’affidamento di ciascun figlio o minore collocato in famiglia affidataria permanente o sotto tutela a fini di adozione, sono considerati come periodo di contribuzione effettiva ai fini delle corrispondenti prestazioni di sicurezza sociale per pensione, invalidità permanente, decesso e reversibilità, maternità e paternità.

(...)

3.      I contributi versati nel corso dei primi due anni del periodo di riduzione dell’orario di lavoro per l’affidamento di minori previsto all’articolo 37, paragrafo 6, primo comma, dello [Statuto dei lavoratori], sono maggiorati fino al 100% dell’importo che sarebbe stato corrisposto se fosse stato mantenuto l’orario di lavoro senza detta riduzione, ai fini delle prestazioni di cui al paragrafo 1. (...)

I contributi versati durante i periodi di riduzione dell’orario di lavoro previsti all’articolo 37, paragrafo 4, ultimo comma, e paragrafo 6, terzo comma, dello [Statuto dei lavoratori] sono maggiorati fino al 100% dell’importo che sarebbe stato corrisposto se fosse stato mantenuto l’orario di lavoro senza detta riduzione, ai fini delle prestazioni per pensione, invalidità permanente, decesso e reversibilità, nascita e affidamento di minori, rischio connesso alla gravidanza, rischio connesso all’allattamento e invalidità temporanea».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11      KT era dipendente della Alcampo come cassiera e usufruiva, dal 2 gennaio 2008, di una misura di riduzione dell’orario di lavoro ordinario di cui possono beneficiare i lavoratori che abbiano la tutela legale di un minore di età inferiore a dodici anni. Di conseguenza, il suo orario di lavoro ordinario, che era di 39,5 ore settimanali, è stato ridotto, inizialmente, dal 2 gennaio 2008 al 30 novembre 2017, al 50%, poi, dal 1º al 31 dicembre 2017, a 30 ore settimanali e, infine, a partire dal 1º gennaio 2018, a 20 ore settimanali. Tale misura di riduzione dell’orario di lavoro, con contestuale diminuzione proporzionale della retribuzione, doveva terminare il 6 ottobre 2019.

12      Il 13 aprile 2019 KT è stata vittima di un infortunio sul lavoro, che le ha causato una contusione all’anca e al ginocchio sinistri, a seguito del quale si è trovata, a partire dal 29 ottobre 2019, in una situazione di invalidità temporanea. Il 14 giugno 2019 il suo datore di lavoro l’ha licenziata, ponendo così fine al rapporto di lavoro. A seguito di complicazioni, KT ha dovuto subire un’operazione chirurgica il 1º febbraio 2021, consistente nell’impianto di una protesi totale al ginocchio sinistro.

13      Con decisione dell’INSS del 2 agosto 2021, è stato riconosciuto che KT soffriva di un’invalidità permanente totale derivante da infortunio sul lavoro, a causa della quale le è stata attribuita una pensione di invalidità permanente totale calcolata sulla base della sua retribuzione effettiva alla data dell’infortunio, vale a dire il 50% dell’importo corrispondente ad un’occupazione a tempo pieno, il cui importo è stato fissato a EUR 8 341,44 all’anno.

14      Dopo il rigetto da parte dell’INSS del suo reclamo avverso la decisione di quest’ultimo istituto del 2 agosto 2021, KT ha proposto, il 30 marzo 2022, un ricorso avverso tale decisione dinanzi allo Juzgado de lo Social n.o 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 3 di Barcellona, Spagna), giudice del rinvio, chiedendo che la base di calcolo della sua pensione di invalidità permanente totale fosse fissata a EUR 16 236 all’anno, sulla base di una retribuzione corrispondente a un’occupazione a tempo pieno, senza tener conto della misura di riduzione dell’orario di lavoro di cui quest’ultima usufruiva alla data dell’infortunio.

15      Dinanzi a detto giudice, KT sostiene che l’articolo 60 del decreto in materia di infortuni sul lavoro, in forza del quale la pensione di invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro è determinata sulla base della retribuzione effettiva del lavoratore alla data dell’infortunio, crea, per i lavoratori che, a tale data, usufruiscono di una misura di riduzione dell’orario di lavoro per occuparsi di un figlio minore e che subiscono una diminuzione proporzionale della loro retribuzione, una discriminazione indiretta fondata sul sesso. Infatti, ad usufruire di una siffatta misura di riduzione dell’orario di lavoro sarebbero maggiormente le lavoratrici, cosicché queste ultime sarebbero particolarmente svantaggiate, rispetto ai lavoratori, nel calcolo dei loro diritti ad una pensione di invalidità permanente.

16      Da parte sua, l’INSS sostiene dinanzi al giudice del rinvio che, se l’infortunio sul lavoro di KT fosse avvenuto nel corso dei primi due anni del periodo durante il quale quest’ultima usufruiva di una misura di riduzione dell’orario di lavoro, la pensione di invalidità sarebbe stata determinata sulla base di una retribuzione corrispondente ad un’occupazione a tempo pieno. È solo a partire dal terzo anno che si sarebbe dovuto prendere in considerazione, ai fini del calcolo della pensione di invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro, la retribuzione che il lavoratore percepiva effettivamente al momento del fatto generatore. In ogni caso, sarebbe pienamente giustificato determinare l’importo di una prestazione di sicurezza sociale in funzione della retribuzione effettiva del lavoratore, anche nel caso in cui si tratti di una misura di riduzione dell’orario di lavoro per occuparsi di un minore.

17      Il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla compatibilità con il diritto dell’Unione della normativa nazionale relativa al calcolo della pensione di invalidità permanente dei lavoratori derivante da infortunio sul lavoro. Poiché tale pensione è determinata sulla base della retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore alla data in cui si verifica l’infortunio, trattandosi di un lavoratore al quale è stata concessa una misura di riduzione dell’orario di lavoro al fine di consentirgli di occuparsi di un minore, è la retribuzione ridotta nella misura corrispondente che sarebbe presa in considerazione ai fini di detto calcolo. I dubbi in parola vertono sulla questione se tale norma in materia di sicurezza sociale, benché apparentemente neutra, crei una discriminazione indiretta fondata sul sesso, in quanto, statisticamente, una percentuale notevolmente più elevata di donne rispetto agli uomini si vedrebbe svantaggiata a causa del metodo di calcolo così previsto.

18      Il giudice del rinvio rileva che, nella sentenza del 16 luglio 2009, Gómez-Limón Sánchez-Camacho (C‑537/07, EU:C:2009:462, punto 62), la Corte ha dichiarato che la direttiva 79/7 non impone agli Stati membri di accordare vantaggi in materia di previdenza sociale alle persone che hanno allevato i propri figli oppure di prevedere diritti a prestazioni di previdenza sociale a seguito di periodi di interruzione dell’attività per allevare i figli. Tuttavia, tale sentenza non farebbe venir meno ogni dubbio sull’interpretazione del diritto dell’Unione.

19      In primo luogo, la Corte non avrebbe esaminato il punto se la normativa nazionale in discussione nel procedimento che ha dato luogo a detta sentenza creasse una discriminazione indiretta fondata sul sesso, a danno delle lavoratrici.

20      In secondo luogo, la Corte non avrebbe neppure esaminato l’esistenza di una discriminazione accertata sulla base di dati statistici. Orbene, i dati statistici della TGSS mostrerebbero che, sui 224 513 lavoratori che hanno usufruito, senza interruzione, tra il 2020 e il 2022 del diritto alla riduzione dell’orario di lavoro previsto all’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori, 202 403 (90,15%) erano donne e 22 110 (9,85%) erano uomini.

21      In terzo luogo, occorrerebbe tuttavia tener conto del fatto che, nel corso dei primi due anni durante i quali il lavoratore interessato usufruisce di una misura di riduzione dell’orario di lavoro, i contributi versati sono presi in considerazione al 100%, come se tale lavoratore fosse stato occupato a tempo pieno, costituendo tale vantaggio una prestazione contributiva della sicurezza sociale.

22      In tali circostanze, lo Juzgado de lo Social no 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 3 di Barcellona) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«[1)]      Se sia in contrasto con la normativa europea contenuta nell’articolo 4 della direttiva [79/7/CEE] e nell’articolo 5 della direttiva [2006/54/CE], la norma spagnola sulla determinazione della base di calcolo delle prestazioni per invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro, contenuta nell’articolo 60 [del decreto in materia di infortuni sul lavoro], in quanto si configurerebbe un’ipotesi di discriminazione indiretta fondata sul sesso, dal momento che sono soprattutto le donne a ridurre le ore di lavoro per occuparsi di minori e la prestazione [loro] riconosciuta è pertanto chiaramente inferiore [rispetto a quella riconosciuta agli uomini].

[2)]      Considerato che la norma spagnola che stabilisce la modalità di calcolo delle prestazioni per invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro – articolo 60, punto 2, [del decreto in materia di infortuni sul lavoro] – tiene conto della retribuzione effettivamente percepita al momento dell’infortunio, che il regime pubblico spagnolo di previdenza sociale prevede come una prestazione familiare contributiva – articolo 237, paragrafo 3, della [legge generale in materia di sicurezza sociale] – che [i contributi] siano calcolati con incremento [fittizio] al 100% durante i primi due anni del periodo di riduzione dell’orario di lavoro per occuparsi di un minore, previsto dall’articolo 37, paragrafo 6, dello [Statuto dei lavoratori], e che, secondo le statistiche, il 90% delle persone che chiedono detta riduzione sono donne, se le norme spagnole sopra indicate siano in contrasto con l’articolo 8 [TFUE], con gli articoli 21 e 23 della [Carta], con l’articolo 4 della direttiva 79/7/CEE e con l’articolo 5 della direttiva 2006/54/CE e costituiscano una discriminazione indiretta fondata sul sesso».

 Sulle questioni pregiudiziali

23      Con le sue due questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte di interpretare l’articolo 8 TFUE, gli articoli 21 e 23 della Carta, l’articolo 4 della direttiva 79/7 nonché l’articolo 5 della direttiva 2006/54.

24      Per quanto riguarda, da un lato, l’applicabilità delle direttive 79/7 e 2006/54 al procedimento principale, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che la pensione per invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro è prevista da una disposizione di diritto nazionale, ossia l’articolo 195, paragrafo 1, della legge generale in materia di sicurezza sociale, è concessa a qualsiasi persona dichiarata in stato di invalidità permanente che soddisfi i requisiti di iscrizione al regime legale di previdenza sociale spagnolo, indipendentemente da qualsiasi periodo di contribuzione precedente, e garantisce una protezione contro il rischio di infortunio sul lavoro nonché di invalidità.

25      Una siffatta prestazione rientra nella direttiva 79/7, dal momento che fa parte di un regime legale di protezione contro due dei rischi elencati all’articolo 3, paragrafo 1, di quest’ultima, vale a dire il rischio di infortunio sul lavoro e il rischio di invalidità, ed è direttamente ed effettivamente collegata alla protezione contro tali rischi. Per contro, la direttiva 2006/54 che, conformemente al suo articolo 1, secondo comma, lettera c), in combinato disposto con il suo articolo 2, paragrafo 1, lettera f), non si applica ai regimi legali disciplinati dalla direttiva 79/7, non è applicabile al procedimento principale.

26      Pertanto, solo la direttiva 79/7 è pertinente ai fini della risposta da apportare alle questioni sollevate.

27      Per quanto riguarda, dall’altro lato, le disposizioni del diritto primario dell’Unione menzionate nel testo delle questioni sollevate, occorre rilevare che l’articolo 8 TFUE prevede che, nelle sue azioni, l’Unione europea mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra uomini e donne, mentre gli articoli 21 e 23 della Carta sanciscono, rispettivamente, il principio di non discriminazione e il principio di parità tra donne e uomini.

28      Poiché i principi di parità di trattamento tra uomini e donne e di non discriminazione fondata sul sesso sono concretizzati, in materia di sicurezza sociale, all’articolo 4 della direttiva 79/7, in mancanza di precisazioni quanto ai motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi anche sull’interpretazione dell’articolo 8 TFUE nonché degli articoli 21 e 23 della Carta, occorre esaminare le questioni sollevate unicamente alla luce di tale direttiva.

29      In tali circostanze, si deve ritenere che, con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che prevede che la pensione di invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro sia calcolata sulla base della retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore alla data dell’infortunio, incluso il caso del lavoratore che usufruiva, a tale data, di una misura di riduzione dell’orario di lavoro per occuparsi di un minore, in una situazione in cui il gruppo di lavoratori che usufruiscono di una siffatta misura sarebbe costituito in larga maggioranza da donne.

30      A tal riguardo, occorre ricordare che, se è pacifico che il diritto dell’Unione rispetta la competenza degli Stati membri a organizzare i propri sistemi previdenziali e che, in mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, spetta alla normativa di ciascuno Stato membro determinare le condizioni di concessione delle prestazioni in materia previdenziale, resta tuttavia fermo che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione [sentenza del 30 giugno 2022, INSS (Cumulo di pensioni di invalidità professionale totale), C‑625/20, EU:C:2022:508, punto 30 e giurisprudenza citata].

31      Pertanto, il diritto dell’Unione non impedisce, in linea di principio, la scelta per uno Stato membro di fissare la pensione di invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro tenendo conto della retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore alla data dell’infortunio. Tuttavia, siffatta legislazione deve rispettare la direttiva 79/7, e in particolare l’articolo 4, paragrafo 1, della stessa, in forza del quale il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, per quanto riguarda, in particolare, il calcolo delle prestazioni [v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2022, INSS (Cumulo di pensioni di invalidità professionale totale), C‑625/20, EU:C:2022:508, punto 31].

32      É pacifico che una normativa nazionale come quella in discussione nel procedimento principale non stabilisce alcuna discriminazione direttamente fondata sul sesso, dal momento che essa si applica indistintamente ai lavoratori e alle lavoratrici. Occorre quindi esaminare se una siffatta normativa possa instaurare una discriminazione indirettamente fondata su tale criterio.

33      Conformemente alla giurisprudenza della Corte, nel contesto della direttiva 79/7, una discriminazione fondata indirettamente sul sesso deve essere intesa come l’applicazione di una disposizione, di un criterio o l’attuazione di una prassi apparentemente neutri che possano mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari [sentenza del 30 giugno 2022, INSS (Cumulo di pensioni di invalidità professionale totale), C‑625/20, EU:C:2022:508, punto 33 e giurisprudenza citata].

34      L’esistenza di un siffatto particolare svantaggio potrebbe essere accertata, segnatamente, se si dimostrasse che una normativa nazionale incide negativamente su una percentuale significativamente maggiore di persone di un sesso rispetto a persone dell’altro sesso [sentenza del 30 giugno 2022, INSS (Cumulo di pensioni di invalidità professionale totale), C‑625/20, EU:C:2022:508, punto 38 e giurisprudenza citata].

35      Nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, il giudice nazionale disponga di dati statistici, la Corte ha già affermato che il miglior metodo di raffronto consiste nel confrontare, da un lato, la percentuale di lavoratori su cui la norma in discussione incide all’interno della forza lavoro maschile e, dall’altro, la stessa percentuale all’interno della forza lavoro femminile [v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2022, INSS (Cumulo di pensioni di invalidità professionale totale), C‑625/20, EU:C:2022:508, punto 40 e giurisprudenza citata].

36      In tale contesto, spetta al giudice nazionale valutare l’affidabilità dei dati statistici prodotti dinanzi ad esso e determinare se questi ultimi possano essere presi in considerazione, vale a dire se, in particolare, non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e se siano sufficientemente significativi [v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2022, INSS (Cumulo di pensioni di invalidità professionale totale), C‑625/20, EU:C:2022:508, punto 41 e giurisprudenza citata].

37      Più in generale, sebbene, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, il giudice nazionale sia il solo competente ad accertare e valutare i fatti del procedimento principale, spetta tuttavia alla Corte fornire a tale giudice tutti gli elementi interpretativi rilevanti del diritto dell’Unione che possano essere utili per definire la controversia di cui è investito (v., in tal senso, sentenze del 25 febbraio 2025, Alphabet e a., C‑233/23, EU:C:2025:110, punto 34, e del 27 febbraio 2025, Apothekerkammer Nordrhein, C‑517/23, EU:C:2025:122, punto 56).

38      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che, conformemente all’articolo 60, paragrafo 2, del decreto in materia di infortuni sul lavoro, la pensione di invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro è calcolata prendendo in considerazione la retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore alla data dell’infortunio. Ne consegue che, nel caso in cui, a tale data, detto lavoratore usufruisse di una misura di riduzione dell’orario di lavoro, conformemente all’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori, la sua pensione di invalidità permanente deve essere calcolata con riferimento alla retribuzione percepita come corrispettivo di tale lavoro a tempo ridotto, e non con riferimento alla retribuzione corrispondente a un’occupazione a tempo pieno. Come risulta dai punti 17 e 20 della presente sentenza, il giudice del rinvio nutre dubbi quanto all’aspetto se una siffatta disposizione di diritto nazionale comporti una discriminazione indiretta fondata sul sesso.

39      I dubbi del giudice del rinvio si basano sulla duplice premessa secondo cui, da un lato, la norma di calcolo prevista all’articolo 60, paragrafo 2, del decreto in materia di infortuni sul lavoro svantaggia particolarmente il gruppo di lavoratori che ha usufruito di una misura di riduzione dell’orario di lavoro per occuparsi di un minore e, dall’altro, tale gruppo è in larga maggioranza costituito da lavoratrici. La domanda di pronuncia pregiudiziale indica, a tal riguardo, che oltre il 90% dei lavoratori che hanno usufruito, senza interruzione, tra il 2020 e il 2022 di una siffatta misura di riduzione dell’orario di lavoro erano donne.

40      Fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, occorre rilevare, al riguardo, in primo luogo, come sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, che la disposizione di diritto nazionale in discussione nel procedimento principale sembra tale da comportare le conseguenze sfavorevoli menzionate al punto 39 della presente sentenza per l’insieme dei lavoratori che hanno usufruito di una misura di riduzione dell’orario di lavoro, qualunque ne sia il motivo, e non solo per quelli che hanno usufruito di una siffatta misura per occuparsi di un minore.

41      In secondo luogo, una norma di calcolo come quella prevista all’articolo 60, paragrafo 2, del decreto in materia di infortuni sul lavoro comporta conseguenze sfavorevoli solo per i lavoratori la cui invalidità derivi da un infortunio sul lavoro verificatosi durante il periodo di riduzione dell’orario di lavoro.

42      In terzo luogo, l’INSS e il governo spagnolo hanno rilevato in occasione dell’udienza dinanzi alla Corte che, secondo l’articolo 237, paragrafo 3, della legge generale in materia di sicurezza sociale, i contributi versati per un lavoratore che usufruisce di una misura di riduzione dell’orario di lavoro per occuparsi di un minore erano – al momento dei fatti di cui al procedimento principale, durante i primi due anni – maggiorati fino al 100% dell’importo del contributo corrispondente alla retribuzione in caso di tempo pieno, cosicché la prestazione di invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro verificatosi durante tale periodo è uguale a quella alla quale egli avrebbe diritto in caso di lavoro a tempo pieno, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare. Pertanto, l’applicazione della norma di calcolo prevista all’articolo 60, paragrafo 2, del decreto in materia di infortuni sul lavoro comporta conseguenze sfavorevoli per i lavoratori di cui al punto precedente solo a partire dal terzo anno del periodo di riduzione dell’orario di lavoro.

43      A tal riguardo, dalla giurisprudenza della Corte emerge che la disciplina concernente l’acquisizione di diritti alle prestazioni di sicurezza sociale durante periodi di interruzione del lavoro dovuti all’educazione dei figli rientra nella competenza degli Stati membri. La direttiva 79/7 non obbliga assolutamente questi ultimi ad accordare vantaggi in materia di sicurezza sociale alle persone che hanno allevato i propri figli oppure a prevedere diritti a prestazioni a seguito di periodi di interruzione dell’attività per allevare i figli (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2009, Gómez-Limón Sánchez-Camacho, C‑537/07, EU:C:2009:462, punti 61 e 62).

44      In tali circostanze, i dati statistici menzionati dal giudice del rinvio non consentono di stabilire che un gruppo di lavoratori particolarmente sfavoriti dalla normativa nazionale in discussione nel procedimento principale sia composto in maggioranza da donne che hanno usufruito di una misura di riduzione dell’orario di lavoro per occuparsi di un minore (v., per analogia, sentenza del 14 aprile 2015, Cachaldora Fernández, C‑527/13, EU:C:2015:215, punto 32).

45      Infatti, i dati statistici generali menzionati al punto 20 della presente sentenza si riferiscono al numero totale dei lavoratori che hanno usufruito senza interruzione, dal 2020 al 2022, di una misura di riduzione dell’orario di lavoro, conformemente all’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori, nonché alla loro suddivisione tra lavoratori e lavoratrici. Pertanto, tali dati statistici non riguardano l’insieme dei lavoratori specificamente svantaggiati dalla norma di calcolo prevista all’articolo 60, paragrafo 2, del decreto in materia di infortuni sul lavoro, né consentono di stabilire, a fortiori, le rispettive proporzioni di lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile che sarebbero svantaggiati dall’applicazione di detta disposizione di diritto nazionale, conformemente al metodo ricordato al punto 35 della presente sentenza.

46      Di conseguenza, l’articolo 60, paragrafo 2, del decreto in materia di infortuni sul lavoro, non può, sulla base degli elementi descritti nella domanda di pronuncia pregiudiziale, essere considerato come particolarmente svantaggioso per una determinata categoria di lavoratori, la quale sarebbe in maggioranza costituita da donne.

47      Nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio disponesse di elementi che consentano di stabilire che la normativa nazionale in discussione nel procedimento principale svantaggia in modo particolare le lavoratrici, esso dovrebbe inoltre verificare se quest’ultima persegua uno scopo legittimo e se sia necessaria e proporzionata a tale scopo.

48      Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa di uno Stato membro che prevede che la pensione di invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro sia calcolata sulla base della retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore alla data dell’infortunio, incluso il caso del lavoratore che usufruiva, a tale data, di una misura di riduzione dell’orario di lavoro per occuparsi di un minore, in una situazione in cui il gruppo di lavoratori che usufruiscono di una siffatta misura sarebbe costituito in larga maggioranza da donne.

 Sulle spese

49      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un infortunio sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a una normativa di uno Stato membro che prevede che la pensione di invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro sia calcolata sulla base della retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore alla data dell’infortunio, incluso il caso del lavoratore che usufruiva, a tale data, di una misura di riduzione dell’orario di lavoro per occuparsi di un minore, in una situazione in cui il gruppo di lavoratori che usufruiscono di una siffatta misura sarebbe costituito in larga maggioranza da donne.

Firme


*      Lingua processuale: lo spagnolo.

 

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